Rapporto EURISPES 2005
Italia a tempo determinato



Nel suo Rapporto 2005 sull'Italia l'Eurispes mette a fuoco l'immagine di un "Paese confuso e abulico, che tentenna sulla strada da intraprendere. Un Paese - dichiara il Presidente dell’Istituto di studi, Gian Maria Fara - schiacciato sul presente e incapace di proiettarsi nel futuro". Dunque "un’Italia alla ricerca di un progetto". Il Rapporto è voluminoso: 1300 pagine articolate in sei sezioni tematiche (Competitività, Lavoro, Economia, Democrazia e Istituzioni, Giustizia e Legalità, Società e Costume). Nei capitoli economici e sociali, l'Eurispes mette in guardia sul "ritorno di pericolose forme di disuguaglianza sociale, economica e culturale" e individua "segnali significativi di recessione, sia dal lato della domanda di beni di consumo e di investimento sia dal lato della produzione di beni e servizi". Tuttavia, si legge nel Rapporto "non mancano nel nostro Paese modelli di vitalità imprenditoriale e territoriale, casi di successo organizzativo, come il Lazio e la Campania, aree di eccellenza produttiva e tecnologica, modelli che attendono soltanto di essere replicati su scala nazionale, soprattutto in quei contesti dove è maggiore la fragilità di carattere sociale ed economico".

Nel periodo 2000-2004, il calo della produzione industriale è stato generalizzato (l’indice generale degli ordinativi totali segna una flessione di 7,9 punti) ed ha investito sia i settori a basso come quelli ad alto valore aggiunto: nel dettaglio, si sono registrati sensibili diminuzioni nei settori pelli e calzature (-15,6 punti), apparecchi elettrici e di precisione (-20,7), mezzi di trasporto (-22,6), mobili (- 6,3). Il sommerso è ormai vicino al 28% del Pil, corrispondente a 302 miliardi di euro. L’evasione fiscale ha raggiunto i 134 miliardi di euro nel 2004 e l’Eurispes stima che arriveranno a circa 145 nel 2005. "Se non si blocca questa spirale perversa - spiega Fara - vi è il rischio di dover assistere ad una profonda trasformazione della nostra società nella quale ad un ristretto ceto di privilegiati si contrapporrà un numero sempre più crescente di quasi poveri".

"L’andamento dell’inflazione analizzato dall’Istat - spiega ancora Fara - sembra non coincidere con la realtà del nostro Paese, dove aumenta esponenzialmente il credito al consumo e le famiglie si indebitano sempre di più. Il dato circa l’aumento del carovita è per l'Eurispes incontestabile: quasi la totalità degli intervistati ha avvertito un aumento dei prezzi nel corso del 2004 (96,7%) e la tendenza è confermata nel primo periodo del 2005 (85,6%)".



Italiani delusi dal centrodestra

I giudizi circa la politica economica del Governo confermano principalmente un sentimento di delusione nell’elettorato. Quasi due italiani su tre, ben il 64,6% giudica la politica italiana fallimentare, densa di promesse non mantenute e non corrispondente ai reali bisogni del Paese. Diffusa l’opinione che i punti previsti nel programma elettorale non sono stati realizzati e che la politica economica del Governo è stata fallimentare nel 2004 e non migliora nel 2005 (rispettivamente il 44,6% e il 40,6%). Inoltre, circa un cittadino su quattro (24%) ritiene l’attuale politica non corrispondente ai reali bisogni del Paese. I pareri positivi appaiono in netto decremento rispetto all’anno precedente: solo l’11,4% (contro il 17,8% del 2004) afferma che l’impostazione politica dell’esecutivo è appropriata e che gli effetti saranno tangibili nel lungo periodo; il 7,5% (il 7,4% nel 2004) si pronuncia per la piena soddisfazione delle scelte effettuate dal Governo.

Aumenta il disagio sociale

Il moltiplicarsi dei fattori di rischio e di incertezza rende ancora più pesante la situazione di disagio sociale ed economico di una quota consistente di nuclei familiari. L’Eurispes ha calcolato che oltre 4 milioni 700mila famiglie italiane (circa il 22% delle famiglie totali) e oltre 14 milioni di individui siano sicuramente poveri o quasi poveri. Nella “società del rischio” - si legge nel Rapporto - è dunque possibile individuare un nuovo attributo per la povertà, ossia “fluttuante”, volendo indicare con questo temine una precaria condizione socio-economica culturale e assistenziale che riguarda individui o nuclei familiari che si trovano all’interno di una magmatica area di esclusione-inclusione sociale e che rapidamente possono “fluttuare”, appunto, all’interno di fasce di reddito e di condizione sociale contigue. Basta osservare la distribuzione delle famiglie italiane per classi di reddito: il 32,1% delle famiglie (6.933.100 nuclei) ha un reddito inferiore a 17.500 euro; il 18,5% (3.998.000 nuclei) appartiene alla classe di reddito compresa tra i 17.500 e i 25.000 euro; il 19,5% (4.212.000 nuclei) ha un reddito tra i 25.000 e i 35.000 euro; infine, il 29,9% ovvero 6.447.000 famiglie ha un reddito superiore ai 35.000 euro."

La perdita del potere di acquisto delle retribuzioni

Nel periodo 2001-2004, la perdita di potere d’acquisto delle retribuzioni, a causa dell’inflazione e dell’effetto fiscal drag, è stata pari al 23,9% per gli impiegati, al 20,4% per gli operai, al 19,5% per i dirigenti e al 17,6% per i quadri.

Giovani e lavoro: troppa precarietà

L'Eurispes rileva che circa la metà della nuova occupazione, in gran parte giovanile, è atipica e per la prima volta nel nostro Paese i nuovi lavoratori portano i caratteri di una precarietà e di una incertezza che di fatto non trovano sostegno nel sistema previdenziale, né in quello creditizio, né in quello professionale. L’incertezza del posto di lavoro è lamentata dalla stragrande maggioranza dei lavoratori “atipici” (73,1%). Ben il 68,6% di essi si ritiene insoddisfatto del proprio contratto, mentre il 72,3% ritiene di non essere garantito in materia di tutele sociali.

Una parte estremamente maggioritaria dei lavoratori atipici lavora per un solo datore di lavoro e svolge la propria attività presso la sede dell’azienda per cui lavora, dove è tenuto a recarsi quotidianamente. Lungi dal caratterizzare una fase temporanea della propria vita lavorativa, l’atipicità è per la maggior parte dei collaboratori una condizione che dura da molto tempo, senza riuscire a sfociare in un rapporto di lavoro stabile. Si afferma nel Rapporto che "il lavoratore a tempo determinato è una metafora del nostro Paese. L’Italia dei lavoratori a progetto è, paradossalmente, un Paese senza un progetto, incagliato nel quotidiano".

"Siamo di fronte - conclude Fara - ad un Paese a propulsione segmentata e a dissolvenza di identità. L’Italia infatti non sembra più in grado di conservare il proprio patrimonio industriale ricchissimo di risorse umane, saperi professionali e contenuti simbolici. Ma l’incedere declinante dell’economia nazionale - sottolinea il Presidente dell’Eurispes - non deve impedire di rilevare la presenza di aree di eccellenza produttiva e tecnologica nel nostro Paese, in cui vigono modelli organizzativi all’avanguardia e dove la ricerca e lo sviluppo dell’innovazione tecnologica rappresentano una missione strategica da assolvere quotidianamente. C’è un’Italia che va, un’Italia che ha saputo intercettare con caparbietà, tratti di genialità e sapienza organizzativa, importanti segmenti produttivi e traiettorie di mercato in Italia e all’estero, adottando combinazioni efficaci di capitale e di lavoro. È l’Italia delle eccellenze. Si tratta di un’eccellenza che non conosce confini territoriali, presente nelle regioni meridionali come il quelle settentrionali, dove sigle societarie e acronimi, spesso sconosciuti al grande pubblico, esprimono volumi di affari e fatturati invidiabili".



 

Rapporto EURISPES 2004

Appena il 33,6% delle persone intervistate gradisce Berlusconi, mentre il 44,6% pensa dà un giudizio fallimentare sulla politica economica e il 32,7% afferma di non fare nessun affidamento sul governo per il risanamento dei conti pubblici e la riforma delle pensioni. Per non parlare poi della fiducia nell'esecutivo. La fotografia dell’Italia 2004 raccolta dall'Istituto di statistica di Gian Maria Fara è una bordata, un rapporto che racconta un Paese sempre più allo sbando. Un rapporto che ha fatto arrabbiare la destra, messa alle strette dai dati, che adesso accusa uno degli Istituti più seri di fare campagna elettorale per l'Ulivo.

SEMPRE PIÙ POVERI



È la percezione che tutti avevamo avuto: stipendi fermi, potere d'acquisto dimezzato e prezzi impazziti, non si arriva alla fine del mese.
Ora questa «sensazione» è nero su bianco. Dice l'Eurispes che due milioni e quattrocento nuclei familiari (il 10% del totale) stanno andando verso la povertà. La classe media è proletariato. I primi a pagarne le spese sono gli impiegati che hanno perso il 19,7% di potere d'acquisto negli ultimi due anni, seguono gli operai (-16%), i dirigenti (-15,4%), i quadri (-13,3%). “Anche i ceti che si ritenevano esenti da improvvisi rovesci di fortuna - scrive Glan Maria Fara - possono precipitare, nonostante le reti di protezione welfaristica e assistenziale, al di sotto della soglia di povertà”. Le famiglie già povere sono due milioni e mezzo. A questo si aggiunge un dato: l'arrivo del primo figlio comporta in media una diminuzione del reddito tra il 18% e il 45% ed una spesa aggiuntiva compresa tra i 500 e gli 800 euro.

In questo ultimo anno qualcosa è cambiato, e in peggio: se a gennaio 2003 il 37,5% delle persone percepiva un eccessivo rincaro dei prezzi, oggi questa percentuale sale al 59,1%. Il 48% degli intervistati avverte poi un netto peggioramento dell'economia. Quanto poi alle prospettive per il futuro ben il 56,4% non prevede che nel 2004 avrà possibilità di risparmio. E non perché non voglia o come riflesso degli scandali di borsa, ma proprio perché non può e non potrà. “I ceti medi - dice l'Eurispes - sono costretti per la prima volta dopo decenni a difendersi dal pericolo di un’incalzante proletarizzazione. La società dei tre terzi che avevamo paventato qualche anno fa è diventata una realtà: un terzo di supergarantiti, un terzo di poveri e un terzo a rischio povertà. In questo quadro solo il 5,5% degli italiani prevede di risparmiare, mentre il 33% non è sicuro di riuscirci.

È anche allarme per la competitività: l'Italia è scesa al 41° posto nella classifica mondiale. L'industria continua a produrre beni poco innovativi e a scarso contenuto tecnologico». Nel periodo 2000-2003 sono diminuiti alcuni dei settori traino: cuoio e pelli ( -15,9 punti), macchine elettriche (-18,5), mezzi di trasporto (-17,9) e tessile ( -10). Inoltre, l'export è diminuito del 2,8% in valore e dello 0,9% in quantità.

LA SFIDUCIA



Lo abbiamo detto all'inizio. Solo il 33% della popolazione crede ancora nel governo; ma otto italiani su dieci (86% ) hanno fiducia nel Capo dello Stato rimasto come “ultima agenzia di senso». E nonostante i continui attacchi della destra anche la magistratura gode ancora di rispetto (52,4%) e così l'Unione europea (58,5%). Pochissime le aspettative nei confronti di politici e Parlamento: solo il 36% dichiara di confidare in questa istituzione.
Per quanto riguarda i partiti poi un'altra sorpresa salta fuori dal cilindro. Gli italiani pensano che Tangentopoli goda ancora di ottima salute. Il 46,5% pensa che nulla sia cambiato dai tempi di «mani pulite». Peggio: un cittadino su quattro pensa che la corruzione sia, se possibile, più diffusa. Corrotti - secondo l'opinione comune - sono dirigenti, funzionari, impiegati della Pubblica amministrazione. Ma al secondo posto nella “gerarchia dei mascalzoni” si colloca il governo indicato dal 12% degli intervistati.

LAVORO NERO


Il lavoro nero resta una piaga. Secondo l'Eurispes sono cinque milioni e seicentomila i lavoratori irregolari nel nostro Paese. A questo si aggiungono un milione e 200mila persone che svolgono in nero una doppia attività.
Nel biennio 2003-2004 il peso del sommerso sul PIiI italiano oscillerà infatti intorno al 27%, per un valore stimato in oltre 300 miliardi di euro sia per il 2003 che per il 2004. E gli effetti sull'economia si sentono: evasione fiscale connessa al sommerso è salita infatti nel 2002 a 129 miliardi, e crescerà ancora nel prossimo biennio oltre i 130 miliardi di euro. Con un'incidenza sul PiI di circa il 27%, cioè di oltre un quarto dell'economia ufficiale, il nostro paese conquista così, subito dietro alla Grecia, il top della classifica tra i principali paesi industrializzati. L'economia in nero supera in quota percentuale di tre volte quella degli Stati Uniti e della Svizzera ed è nettamente superiore alla media OCSE del 16,7%.

LA MAFIA INGRASSA


Se gli italiani impoveriscono, la mafia fa buoni affari. Ammonterà a quasi 100 miliardi di euro il bilancio delle quattro cupole criminali per il 2004. I maggiori proventi verranno dal traffico di imprese (17.520 milioni di euro), da estorsione e usura (13.520), dalla prostituzione (5.104), dal traffico di armi (4.774 milioni di euro). È la 'ndrangheta, nel 2004, a detenere il primato degli affari per quanto riguarda il traffico di droga (22.340 milioni di euro), seguita da Cosa nostra (18.224), Camorra (16.459) e Sacra corona unita.
Mentre sul fronte dell'impresa (appalti pubblici truccati e compartecipazione in imprese in genere) è Cosa Nostra ad avere la leadership con un fatturato di 6.468 milioni di euro, seguita a ruota dalle altre organizzazioni.


Quattro milioni di adulti obesi



Con 4 milioni di adulti obesi e 16 milioni in soprappeso, +25% rispetto al 1994, l’Italia segue un trend comune a tutti i Paesi europei e «ingrassa in misura esponenziale». Nella penisola la nuova «epidemia» riguarda più gli uomini delle donne, con il 9,2% di maschi obesi e il 42,4% in soprappeso contro l’8,8% e il 26% delle femmine. Tra queste, specie se giovanissime, vince invece il sottopeso. L’allarme cresce soprattutto perché le complicanze dell'obesità sono spesso associate (sindrome plurimetabolica): il 14,8% degli obesi over 18 soffre infatti di almeno due malattie tra cardiopatia, diabete e ipertensione, e il 2% le abbina tutte e tre. In Italia i costi sanitari dell'obesità ammontano a 22,8 miliardi di euro, pari al 6-7% della spesa sanitaria totale (in USA la percentuale è del 12%), e il 65% della cifra riguarda la spesa ospedaliera. Elevati anche i costi sociali: il 75,5% dei connazionali obesi lascia l'attività lavorativa, il 7,2% la riduce e il 12,5% la cambia.

Immigrazione: ancora 800milla clandestini

Sarebbero 800mila gli immigrati extracomunitari clandestini attualmente presenti in Italia. Complessivamente la presenza straniera nel nostro paese ammonterebbe a 3.400.000 (2.600.000 i regolari), ossia il 16% della popolazione italiana. La stragrande maggioranza degli 800 mila lavoratori irregolari, che preferisce o è costretta a rimanere nella clandestinità, è composta da persone impegnate nell'agricoltura (soprattutto nel mezzogiorno), nei servizi (bar e ristorazione), nell'edilizia (manovali} e da una quota non irrilevante di persone che ritengono transitoria la loro presenza in Italia. Il 54,6% dei permessi di soggiorno è ottenuto per motivi di lavoro, «più che sufficiente per far considerare gli immigrati una risorsa». AI 30 giugno 2002, erano 116.123 le ditte individuali intestate ad un cittadino extracomunitario. La Lombardia in testa con 21 mila imprese, al secondo posto la Toscana con 13 mila e al terzo l'Emilia Romagna con 10 mila.

Dilaga la televisione, calano i giornali



Calano i quotidiani (-4,4%), crescono i settimanali (+5,4%) ed i mensili (+4,8%), ma soprattutto aumenta il pubblico televisivo. È quanto emerge dal Rapporto Italia 2004 dell'Eurispes in merito alla diffusione della stampa. Sono diverse le grandi testate nazionali che nel 2002 hanno perso lettori: La Stampa (-15,5%), il Sole 24-Ore (-12,3%), il Giornale (-11,2%), la Repubblica (-1,3%), diversamente dal Resto del Carlino (+10,9%) e la Gazzetta dello Sport (+5,5%). Dunque si legge meno e sono soprattutto gli uomini (-5%) rispetto alle donne (-3,4%) che indirizzano le loro preferenze verso i mensili (+51,6%) ed i settimanali (+54,5%). Qualche nome? Al primo posto si colloca Tv sorrisi e canzoni, seguita, con un distacco di tre milioni di lettori, da Famiglia Cristiana. E tra i settimanali il palmares per il maggior incremento di lettori nel 2002 spetta con un balzo dell'11,2% a Chi. Tra i mensili, i più venduti risultano essere: Max (+29,9% ) e Focus (+9,3%).