inizio rosso e giallo


Eric Ambler


Eric Clifford Ambler (Londra, 1909 - 1998) è l'autore di alcune fra le più famose spy story e maestro del moderno romanzo di spionaggio. Non propriamente uno scrittore di gialli, dunque, ma uno dei grandi che ha affrontato con talento e creatività la letteratura di genere.
Non sempre, a dire il vero, con risultati eccellenti: Viaggio nella paura, ad esempio, è noioso e inconcludente.
Uno dei suoi romanzi più noti, comunque, Epitaffio per una spia, a dispetto del titolo è a tutti gli effetti un giallo, che ruota intorno non tanto a una vicenda spionistica quanto all'indagine per scoprire lo spione.
Laureatosi in ingegneria, Ambler lavorò nel settore della pubblicità fino alla seconda guerra mondiale, quando sarà arruolato nell'esercito britannico: vi resterà per ben sei anni, lavorando nelle squadre cinematografiche, scrivendo sceneggiature e partecipando alle riprese sui luoghi di battaglia (in questa occasione incontrerà John Huston).
Dopo il conflitto tenta senza successo l'esperienza hollywoodiana: scrive alcune sceneggiature, ma ritorna presto al romanzo. Decide quindi di rientrare in Europa nel 1958 e continua a scrivere numerosi romanzi fino al 1981.
Decisivo, si diceva, il contributo di Ambler a far uscire il thriller dal ghetto della letteratura considerata di serie B: lo farà con umorismo, grande capacità inventiva (sfruttando anche le proprie esperienze lavorative, sia nel campo ingegneristico che in quello dell'organizzazione cinematografica), raffinatezza stilistica, e coraggio intellettuale.
Senz'altro più vicino a Deighton e a Greene che a Fleming, si diverte a produrre funamboliche invenzioni, ma senza discostarsi da strutture narrative solide e credibili, in cui i protagonisti hanno una fondamentale dose di normalità, o, viceversa, sono ben più sradicati e bizzarri che eroi.

Vari libri hanno avuto nelle edizioni italiane titoli differenti.



  • Come a mosca cieca (Epitaph for a Spy, 1938) Corriere della sera, 1950; o Epitaffio per una spia, Garzanti, 1953, 1967; Mondadori, 1990; Adelphi, 2001
  • Spia per forza (Cause for Alarm, 1938), Il romanzo per tutti, 1951; o Motivo di allarme, Adelphi, 2006
  • A caccia di un'ombra (The Mask of Dimitrios, 1939), Mondadori, 1949; o La maschera di Dimitrios, Mondadori, 1967; Rizzoli, 1983; Adelphi, 2000
  • Viaggio nella paura (Journey into Fear, 1940), Adelphi, 2015
  • Czissar contro Scotland Yard e altri racconti (The Intrusions of Dr. Czissar, The Army of the Shadows, et al., 1939-40), Mursia, 2011
  • Uno strano processo (Judgement on Deltchev, 1951), Garzanti, 1976; o Il processo Deltchev, Adelphi, 2002
  • L'eredità Schirmer (The Schirmer inheritance, 1951), Garzanti, 1965; o Il caso Schirmer, Adelphi, 1999
  • Un pericolo insolito (Uncommon Danger, 1953), Garzanti, 1953, 1968
  • Quelli che vengono di notte (The night comers, 1957), i Romanzi del Corriere, 1959
  • La frontiera proibita (The dark frontier, 1958), Garzanti, 1960; Hobby & Work, 1997; Adelphi, 2007
  • Armi ai ribelli (Passage of arms, 1959), i Romanzi del Corriere, 1960
  • La luce del giorno o Topkapi - La luce del giorno (Topkapi - The light of day, 1962), Sugar, 1954; Mondadori, 1965, 1990; Adelphi, 2016
  • Saper uccidere (The ability to kill, 1963)
  • Una rabbia nuova (A kind of anger, 1964), Bompiani, 1966; Mondadori, 1993
  • Caccia alla spia : i migliori racconti di spionaggio (To catch a spy, 1965), Lerici, 1965; Garzanti, 1965
  • Una sporca storia (Dirty story, 1967), Mondadori, 1968, 1991
  • Ricatto internazionale (The intercom conspiracy, 1969), Mondadori, 1970, 1992
  • Il levantino (The Levanter, 1972), Mondadori, 1973, 1991; Adelphi, 2006
  • Doctor Frigo (Doctor Frigo, 1974), Mondadori, 1976, 1993
  • Le spie inquiete di Ambler, Garzanti, 1976: Uno strano processo, Epitaffio per una spia, L'eredità Schirmer
  • Non più rose (No more Roses, 1977), Mondadori, 1978
  • Mancanza di tempo (The Care of Time, 1981), Rizzoli, 1985; o Tempo scaduto, Adelphi, 2004

    Film tratti dai suoi libri:

  • 1942, Terrore sul Mar Nero (Journey into Fear), di Norman Foster e Orson Welles, con Joseph Cotten, Dolores Del Rio, Agnes Moorehead
  • 1944, La Maschera di Dimitrios (The Mask of Dimitrios), di Jean Negulesco, con Peter Lorre, Sidney Greenstreet, Zachary Scott, Faye Emerson
  • 1947, Prigioniero della paura (The October Man), di Roy Ward Baker, con John Mills, Felix Aylmer, Edward Chapman, Frederick Piper
  • 1955, Pianura rossa (The Purple Plain), di Robert Parrish, sceneggiatura di Eric Ambler, con Gregory Peck, Maurice Denham, Bernard Lee
  • 1958, Titanic, latitudine 41 Nord (Titanic), di Roy Ward Baker, sceneggiatura di Eric Ambler, con Anthony Bushell, David McCallum, George Rose, Kenneth More
  • 1959, I giganti del mare (The Wreck of Mary Deare), di Michael Anderson, con Gary Cooper, Michael Redgrave, Charlton Heston, V. McKenna
  • 1964, Topkapi (Topkapi), di Jules Dassin, con Peter Ustinov, Melina Mercouri, Maximilian Schell, Robert Morley
  • 1975, La rotta del terrore (Journey Into Fear), di Daniel Mann, con Donald Pleasence, Vincent Price, Zero Mostel, Shelley Winters

 

Ranieri Carano

L'anello di congiunzione


Eric Ambler è l'anello di congiunzione mancante.
Non quello tra la scimmia e l'uomo, evidentemente, ma l'altro anello mancante, quello tra romanzo «serio» e romanzo giallo-spionistico-avventuroso.
Per la verità anche E. A. Poe potrebbe in linea strettamente teorica aspirare al titolo di «anello», ma ai suoi tempi - mancando il romanzo giallo-spionistico eccetera - non si sentiva neppure il bisogno d'un anello. Poe ha quindi diritto al titolo di inventore del romanzo giallo-eccetera, o meglio del racconto, ma non a quello di «anello»; si può perfino ritenere che non ci terrebbe molto, non essendo neppure a conoscenza di quale diatriba un poco sciocca sia sorta in tempi molto più recenti sulla necessità di separare i generi dai sottogeneri.
Chi non sente in modo angoscioso la necessità di separare il grano dal loglio letterario in maniera così aristotelica sa da sempre, per la verità, che il genere è uno solo e che esistono solo buoni scrittori e cattivi scrittori. C'è perfino da arrossire a tirar fuori assiomi simili, ma siccome la critica compatta o quasi - e non solo quella italiana - continua a praticare la segregazione in questo settore affidando le recensioni dei libri spionistico-polizieschi a giovanotti in attesa di promozione alle categorie superiori o a maniaci del genere relegandoli in piccoli recinti tipografici marginali delle pagine letterarie... insomma, siccome la situazione è ancora quella di una Rhodesia narrativa, gli assiomi possono ancora avere una loro violenza dirompente, benché la cosa sia davvero incredibile. In tale prospettiva riprende fiato e corpo anche la debole metafora dell'anello di congiunzione. Ambler è infatti forse l'unico autore di libri polizieschi, spionistici o genericamente avventurosi ammesso senza problemi nelle collane maggiori e recensito dai critici di prima fila: un onore, diciamo così, quasi mai accordato perfino alla testé scomparsa Dame Agatha Christie e al pensionato Simenon.

Ambler, oggi, ha quasi settant'anni, essendo nato nel 1909. Non è quindi un autore così vicino agli esordi da poter seminare perplessità tra la critica circa la collocazione da assegnargli. Niente affatto. È in attività di servizio fin dai primi anni trenta, quando ancora scriveva racconti nel tempo libero lasciatogli dal mestiere poco gradito di copywriter pubblicitario. E, bisogna aggiungere, fin dal principio non ha nascosto le sue propensioni «aberranti»: A coffin for Dimitrios, per esempio, è uno dei suoi primi romanzi e, come tutti sanno, non ha nulla della «recherche» e molto della ricerca poliziesca. Il fatto che egli sia sfuggito fin dall'inizio ai custodi del ghetto suggerisce quanto meno il possesso di un bagaglio stilistico non indifferente, la presenza di un involucro formalmente ineccepibile e di un'obbligatoria razione d'introspezione psicologica all'epoca richiesta, e in ultima analisi una struttura narrativa solida a tutti gli effetti e non solo a quelli rigidamente «gialli».
È doveroso dire che l'inserimento immediato di Ambler tra le fila dei «buoni» venne forse facilitato dal disorientamento della critica di fronte agli exploit che proprio in quegli anni si permetteva un autore già consacrato come Graham Greene: Una pistola in vendita, L'agente confidenziale e perfino Il potere e la gloria non erano certo opere ortodosse sotto il profilo delle Belle Lettere, cariche come sono di suspense.
Prima ancora un altro autore, oggi ritenuto un po' fatuo ma allora al di sopra di ogni sospetto, Maugham, aveva seminato qualche panico tra le schiere della critica con un curioso romanzo (Ashenden, or the British Agent) che oggi verrebbe agevolmente definito spionistico, ma allora sfuggiva a ogni classificazione. Prima di lui c'era stato solo uno scrittore grandissimo come Conrad con The Secret Agent a fare un romanzo di spionaggio, ignorando tuttavia di farlo perché il genere non esisteva ancora - nel 1907 - e di conseguenza neppure esisteva una censura critica. Esattamente come per Poe e i suoi gialli inconsapevoli.
Ma ai tempi - Greene, e anche a quelli di Ashenden, il pastrocchio era già fatto; c'era già l'inferno dei cattivi autori polizieschi, il limbo delle Christie e dei Van Dine, e l'empireo dei buoni prosatori. I Maugham e i Greene pazzerelloni potevano far scandalo, ma anche creare perplessità, allentare il rigido cordone sanitario. Cosa che puntualmente avvenne; per cui pare di poter affermare e ribadire come Ambler abbia probabilmente profittato del momentaneo sbigottimento della polizia di frontiera; e insieme a lui qualche cialtroncello autentico - Alistair McLean, per esempio - poi rapidamente espulso dal paese dei «buoni». Ma lì, nel paese dei «buoni» Ambler c'è rimasto. Anche quando la rigida politica di «apartheid» ha ripreso il sopravvento, senza tentennamenti rilevanti, fino ai giorni nostri. Si deve quindi ammettere che ha delle qualità specifiche, al di là delle generiche ammissioni di accettabilità stilistica.
Il qualcosa di più che assicura ad Ambler un posto sicuro nel cuore dei critici togati e - quel che più conta - in quello dei lettori non faziosi si deve probabilmente cercare soprattutto nel suo straordinario lavoro di aggiornamento politico-sociale mai trascurato, o rallentato, nel corso di quaranta densissimi anni di attività creativa. Ambler è infatti un narratore vero con lo spirito di un giornalista autentico. Un corrispondente estero, chiaramente, considerato che l'Inghilterra ha sempre avuto pochissimo rilievo nelle sue trame. I suoi interessi, e di conseguenza i suoi romanzi, hanno sempre avuto sfondi perfettamente coerenti con il progresso dei tempi: dai Balcani, zona caldissima dell'anteguerra, al Medio Oriente degli anni cinquanta e sessanta, all'America Latina e alle repubbliche delle banane del successo più recente, Doctor Frigo.
I romanzi inclusi in questa raccolta sono abbastanza emblematici : appartengono tutti al «periodo di mezzo» del nostro autore, quello che va dall'immediato dopoguerra all'inizio degli anni sessanta. È un periodo politicamente ambiguo, apparentemente caratterizzato da un quieto assestamento dopo lo sconquasso della guerra, ma in realtà ferocemente turbato da un clima di restaurazione selvaggia e di chiusura assoluta : stalinismo, maccartismo, e via via per li rami fino al degasperismo ottuso di casa nostra. Ma, si può dire, l'ottusità repressiva è carattere saliente di tutta l'Europa post-bellica, non solo delle superpotenze in fase di reciproca diffidenza. Ed ecco che Ambler, come al solito attento osservatore di tutte le realtà politiche e nazionali, in Uno strano processo ci da un ritratto plausibilissimo di un paese dell'Est europeo nella fase di transizione tra il disordinato fervore politico seguito all'occupazione nazista e la presa di potere comunista. Il processo è un puro pretesto, anche se ricco di spunti inquietanti volti a dimostrare come la verità da accertare sia in definitiva composta da molte verità contrastanti; quello che conta è proprio il clima di mistero e terrore che avvolge una società in fase di rapido cambiamento. Un giallo «processuale», quindi, ancorato però a una precisa situazione politica.
Ne L'eredità Schirmer l'appiglio pare del tutto diverso: si tratta di rintracciare l'erede di una fortuna che ha origini lontanissime nel tempo e nello spazio. Eppure, a un certo punto della storia, ci ritroviamo in un paese e in una situazione non molto lontani e diversi da quella di Uno strano processo. La vicenda ci porta in Grecia in un momento vicino alla fine della guerra civile, quando gli ultimi seguaci di Markos hanno scarse possibilità di sopravvivere: o il banditismo vero e proprio, o la resa senza alcuna garanzia di sopravvivenza. E la storia tragica del paese si sovrappone di forza all'appassionante quiz successorio e notarile; alla fine lo travolge.
Epitaffio per una spia, malgrado il titolo, è soprattutto un classico giallo a eliminazione. D'accordo, una spia c'è, ma la sua attività ha ben poca importanza nell'economia della vicenda. Importa invece sapere chi è la spia, scoprirla tra un nugolo di sospetti, secondo i canoni più tradizionali del giallo «all'inglese». E, forse, ancora di più importa capire perché in un paese formalmente democratico come la Francia della IV Repubblica si possa formare una pesante atmosfera da stato poliziesco. Così su di una intelaiatura ammirevole da giallo d'enigma compaiono gli spettri incombenti dell'Indocina e dell'Algeria, gli amari rigurgiti di un impero in dissoluzione.
Adesso siamo davvero alla fine. Le scarse notazioni esposte potrebbero bastare a chiarire la giusta consacrazione di Ambler anche da parte di una critica non molto illuminata. Il pregiudizio verso un sottogenere che, a essere onesti, viene sommamente agevolato dalla modestia estrema dei suoi facitori, non può reggere nei confronti di un autore che, da ogni punto di vista, fa senz'altro da anello di congiunzione non più mancante.

prefazione a: Le spie inquiete di Ambler, Garzanti, 1976