inizio rosso e giallo


Stieg Larsson


Marsilio ha da tempo attinto al filone del poliziesco scandinavo e fra gli autori che ha tradotto ce n'è uno di cui, purtroppo, non potremo leggere molto: lo svedese Stieg Larsson, infatti, nato nel 1954, è morto a soli 50 anni.


Ci ha lasciato unicamente la splendida trilogia Millennium (Uomini che odiano le donne, La ragazza che giocava con il fuoco, La regina dei castelli di carta), con protagonisti Mikael Blomkvist e Lisbeth Salander, rispettivamente giornalista indipendente e investigatrice privata (per brevità, perché è pazza e indefinibile, di una lucidità totalmente diversa, donna che odia gli uomini che odiano le donne), che indagano in profondità su scandali e malefatte dell'ordinato capitalismo nordico.

Larsson (che pure non ha mai fatto mistero delle proprie idee decisamente di sinistra) evita accuratamente di procedere per "tesi" e lascia che la narrazione si svolga intorno alla "normalità" di una società ricca, progredita, civile, ma di cui l'autore non nasconde la grande fragilità (integralismo cristiano, fascismo insinuante, violenza sotterranea): un'aderenza alla realtà che non toglie nulla alla qualità della storia, costruita con stile asciutto e al tempo stesso evocativo, che ricorda anche la tradizione del grande romanzo anglosassone.
I romanzi di Larsson sono rapidamente diventati un clamoroso caso editoriale e sono stati stampati in milioni di copie in tutto il mondo: una volta tanto best seller assolutamente di qualità.
Purtroppo le contraddizioni delle società scandinave messe a fuoco da Millennium sono emerse anche rispetto a Larsson: morto prima dell'esplosione di vendite, e quindi senza aver incassato un centesimo di diritti d'autore, sulla sua sempre più cospicua eredità si è aperta una vertenza giudiziaria, risolta dai tribunali (evidentemente anche in Svezia le coppie di fatto hanno ancora grossi problemi) senza il minimo riconoscimento a Eva Gabrielsson, la donna che era stata la compagna dello scrittore per moltissimi anni. Ma lei, forse, riuscirà lo stesso a far valere in qualche modo i propri diritti: pare che abbia il manoscritto del quarto episodio della saga...
Nel frattempo fratello e padre hanno commissionato un quarto episodio, uscito a firma David Lagercrantz (Quello che non uccide, 2015). Giustificato il sospetto che si trattasse di un'operazione commerciale (e sicuramente è così) con risultati mediocri analoghi agli apocrifi riguardanti Christie, Fleming, Stout, ecc., ma il libro è molto ben congegnato e non delude chi ha letto gli originali. E la storia continuerà. E anche il quinto capitolo (L'uomo che inseguiva la sua ombra, 2017) è accettabile.

Larsson è stato uno dei più acuti analisti del rigurgito neonazista che da tempo sta inquietando la Scandinavia, e ha fondato Expo, una rivista specializzata sui temi del razzismo.


I primi tre episodi di Millennium sono diventati film (con Noomi Rapace e Michael Nyqvist), decisamente meno belli dei libri.
In USA addirittura hanno già realizzato il remake del primo (sicuramente migliore dell'originale).

Maria Laura Giovagnini

«Tutta la verità su me e Stieg»

La trilogia Millennium è finita, purtroppo. Ma la saga privata di Stieg Larsson no. Purtroppo. Beffato dal destino - è morto a 50 anni nel 2004 senza neppure immaginare il successo planetario dei suoi gialli - continua a non riposare in pace. Ultimo capitolo: Anders Hellberg, un giornalista del Dn (il più diffuso quotidiano svedese), sostiene che non fosse molto padrone della lingua. Curiosa accusa, per uno che ha venduto 26 milioni di libri. Rinforzata però dal giudizio - altrettanto negativo - del giornalista Kurdo Bakhsi in Il mio amico Stieg Larsson, appena pubblicato in Svezia. Con un classico 2+2, è scattata subito l’insinuazione: a scrivere è stata la compagna, l’architetto Eva Gabrielsson. La stessa signora che - per una falla delle leggi svedesi - nonostante trent’anni di convivenza non si è vista riconoscere neppure una corona del patrimonio di diritti (l’equivalente di 120 milioni di euro) finiti nelle tasche del padre e del fratello di Larsson.

Allora, Eva: è lei la ghostwriter?
«Sarebbe come chiedere a una persona assolutamente innocente: “Allora, picchi ancora tua moglie nei weekend?”. O: “Visto che hai un nome musulmano, quando ti sei unito ad Al Qaeda?”».

Ricevuto. Ma, in qualche modo, aiutava Larsson?
«Sì. Senza arrivare a scrivere al posto suo. Ho fatto un po’ di controlli, di verifiche. Il mio apporto maggiore è stato dargli il mio studio sullo sviluppo urbanistico di Stoccolma (mi aveva impegnata per più di un anno). “Posso averlo per il mio libro?”. “Certo, è finito”: così Stieg l’ha incorporato in varie parti della trilogia. Ho collaborato anche ad altre ricerche sulla politica, sui gruppi neonazisti, però il grosso delle informazioni l’avevamo raccolto durante tutta la vita. Se non fosse stato già pronto, lui non sarebbe riuscito a buttar giù tre tomi simili in 24 mesi, al ritmo di uno ogni 8! Le analisi non riguardavano solo le vicende, ma anche le psicologie dei protagonisti. Se capisci com’è uno, puoi anche prevedere come si comporterà. Abbiamo discusso dei singoli personaggi, delle singole affermazioni... Ci confrontavamo quando ne aveva voglia, altrimenti lo lasciavo andare avanti da solo: non si disturba il processo creativo. Era lui a dirmi “Ti voglio parlare di questo!” Non mi sono mai imposta. Sarebbe stato togliere il pennello dalle mani del pittore»

Ma la sua sintassi scricchiolava o no?
«Stieg sapeva scrivere. Sapeva scrivere molto bene e con stili differenti, a seconda del soggetto. Hellberg è solo uno che, negli anni Novanta, ha supervisionato qualche suo pezzo alla T.T., l’agenzia nazionale di stampa dove tutti e due lavoravano. Helberg non può avere letto nient’altro che Stieg abbia scritto allora. Sono stupefatta che una conoscenza così limitata sia utilizzata per tirare conclusioni estreme. Le ragioni per un comportamento simile può spiegarle soltanto lui. Ecco la sua mail, se lo vuol sentire». Eva ci dà l’indirizzo web di Hellberg: ha assimilato assai bene la lezione di Larsson e sa che ogni buon giornalista deve fare controlli incrociati. «Non prendo neppure in considerazione Hellberg. Quello di cui devo occuparmi è Kurdo».

Kurdo Bakshi? L’amico di Stieg che è anche un personaggio della trilogia e che ha appena pubblicato in Svezia un libro?
«Esatto. Il libro l’ha letto per me il mio avvocato, io mi sono limitata alle interviste che ha rilasciato. Alla tv svedese ho definito la sua tesi calunniosa e ho detto che ammazza la personalità di Stieg. Definirlo “un cattivo reporter che non seguiva le regole del lavoro giornalistico, pieno di prestigio ma così scadente nello scrivere che lui stesso doveva finirgli i pezzi” è stata una bugia che ha fatto insorgere i colleghi alla T.T. e a Expo (il magazine di denuncia che Larsson aveva fondato e su cui è ricalcata la rivista Millennium dei romanzi, ndr): c’è stata una tempesta mediatica. I recensori osservano: è evidente che Kurdo non conosceva Stieg. Questo testo, scritto malamente e con un contenuto orribile e falso, dovrebbe essere ritirato. Ma Eva Gedin della Nordstedts (la casa editrice svedese della trilogia, ndr) lo definisce “un ritratto affettuoso e rispettoso” e i Larsson dicono che è “onesto e caldo”...»

Perché non scrive lei una biografia?
«Ho appena consegnato le bozze di un libro sul mio primo anno senza Stieg, che sarà pubblicato in autunno: quando lui è morto, così all’improvviso (un attacco di cuore dopo aver salito a piedi sette piani per arrivare in redazione, ndr), sono diventata una zombie. Il cervello ha avuto uno slittamento. Lo shock talvolta ti fa regredire a un livello primitivo: non riuscivo a mangiare e, per dormire almeno qualche ora, mi sdraiavo per terra. Come un animale. Gli amici non se la sentivano di lasciarmi mai sola. Ci sono voluti 12 mesi per riprendermi. Ma lei mi stava chiedendo di un’eventuale biografia... No, non intendo scriverla. Mi sono limitata a intervenire sulla sceneggiatura di un film danese sulla vita di Stieg. Sarà quello a spiegare da dove veniva, quali eventi e quali persone l’hanno portato a diventare l’uomo che è stato. E a confermare che i valori espressi nella trilogia erano genuini e reali, non un trucco da scrittore per vendere libri. In Spagna l’hanno già riconosciuto»

In Spagna?
«L’Observatorio de la violencia de Género, una fondazione legale madrilena, ha attribuito alla memoria di Stieg un premio per la sua lotta contro la violenza sulle donne e contro i tanti, terribili modi per discriminarle. E anche l’International Press Club di Madrid gli ha appena dedicato un premio per la battaglia in difesa dei valori umani usando sia la strada del giornalismo sia quella della letteratura.»

In Svezia è cambiato qualcosa dopo che la sua esperienza ha dimostrato il limite della legge sulle convivenze?
«Ancora nessun risultato concreto, ma la Sinistra ha di nuovo proposto in Parlamento di cambiare la legge.»

I rapporti con il fratello e il padre di Stieg oggi come sono?
«I Larsson hanno cambiato avvocato alla fine del 2009 e, da quel momento, il mio legale e il loro hanno ripreso a parlarsi con continuità.»

Che speranze ha, adesso? Di ottenere finalmente il controllo artistico dell’opera di Stieg? E parte dei diritti d’autore?
«Sono colloqui confidenziali, non posso anticipare nulla.»

Ma che cosa ha combinato nella vita precedente, Eva, per avere un karma attira-avvoltoi?

«Non mi sono mai comportata in modo meschino o disonesto. Forse gli avvoltoi hanno semplicemente pensato che fossi già morta... Non facendo i conti con la lezione di forza e ottimismo che ho appreso da Stieg: “Ogni cosa è possibile, per ognuno, in ogni momento”, era il suo motto. L’eredità più preziosa che poteva lasciarmi.»

Corriere della Sera, 4 febbraio 2010