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Philip Marlowe

 

Raymond Chandler nacque a Chicago, Illinois, nel 1888; si trasferì in Gran Bretagna nel 1895, quando i suoi genitori divorziarono. Ritornò negli Stati Uniti nel 1912; nel 1917 si arruolò nell'esercito canadese e combatté in Francia.
Iniziò a scrivere pulp fiction per guadagnarsi da vivere e, dopo una parentesi lavorativa nel campo petrolifero, pubblicò il suo primo racconto nel 1933, sulla rivista Black Mask.
Il suo primo romanzo, Il grande sonno, è del 1939, cui seguì il contratto come sceneggiatore con la Paramount nel 1943. Scrisse nove romanzi, di cui uno incompiuto, e varie sceneggiature per Hollywood, tra cui La fiamma del peccato (Billy Wilder, 1944), The Unseen (Lewis Allen, 1945) e L'altro uomo (Alfred Hitchcock, 1951).
Precipitato nel tunnel dell'alcolismo, tentò il suicidio nel 1955, un anno dopo la morte della moglie.
Prima di aver ultimato l'ottavo romanzo della saga di Marlowe, morì di polmonite a La Jolla, nel 1959.

Pesantemente critico verso il romanzo poliziesco tradizionale, di scuola inglese, per la sua mancanza di realismo, seguì la strada della narrativa hard boiled, iniziata da Dashiell Hammett, e diede anche un importante contributo teorico rispetto a questa nuova scuola, definendone ambiti e caratteristiche: il saggio The Simple Art of Murder è stato pubblicato sulla rivista Atlantic Monthly nel 1944 (in Italia come premessa alla raccolta di racconti La semplice arte del delitto, Feltrinelli, 1976, che contiene anche il saggio di Oreste Del Buono riprodotto più sotto). Anche per questo Chandler viene spesso erroneamente indicato come padre della scuola, che invece ha proprio in Hammett il fondatore.

Il suo personaggio di gran lunga più famoso è l'investigatore Philip Marlowe, portato sullo schermo da attori come Dick Powell, Robert Mitchum, James Garner, Elliott Gould, ma soprattutto Humphrey Bogart. Quest'ultimo aveva già impersonato il Sam Spade di Hammett, e nell'immaginario queste due figure hanno teso quasi a sovrapporsi, a discapito del personaggio che prima di Marlowe aveva inaugurato la nuova stagione del poliziesco.

Considerato a lungo niente più di un brillante artigiano, Chandler è stato poi rivalutato come scrittore a tutto tondo; si è dedicata maggiore attenzione alla sua complessa biografia, che ne fa un vero e proprio intellettuale prestato al giallo; anche per il suo forte legame culturale con la Gran Bretagna (dove aveva studiato), sono state notate numerose affinità tematiche e simboliche con i modernisti.
Man mano che l'accettazione del giallo nell'ambito della letteratura in generale si fa sempre più diffusa, Chandler viene sempre più considerato un esponente, eccentrico se non marginale, del modernismo.
Nel 1955 con The Long Goodbye (Il lungo addio) ha vinto il Premio Edgar Award.

Innumerevoli gli omaggi a Marlowe, nel cinema e nella letteratura: ricordiamo solo il film Provaci ancora Sam (diretto nel 1973 da Herbert Ross, scritto e interpretato da Woody Allen; ma qui l'icona è Bogart) ed il bellissimo Triste, solitario y final dello scrittore argentino Osvaldo Soriano.

  • Il grande sonno (The Big Sleep, 1939), Feltrinelli, 1948, 2006; Mondadori, 1948, 1974, 2007, 2014
  • Addio mia amata (Farewell, my lovely, 1940), Feltrinelli, 1949, 2005, 2017; Bompiani, 1953, 1975; Garzanti, 1967; Mondadori, 1977, 2007
  • Finestra sul vuoto (The high window, 1942), Mondadori, 1963, 1984; Feltrinelli, 1990, 2009, 2013
  • In fondo al lago (The lady in the lake, 1943), Mondadori, 1947, 1980, o La signora nel lago o La donna nel lago, Feltrinelli, 1988, 2001, 2013
  • Troppo tardi (The little sister, 1949), Mondadori, 1950, 1981; o La sorellina, Feltrinelli, 1989, 2000, 2013
  • Il lungo addio (The long goodbye, 1953), Feltrinelli, 1949, 2013; Bompiani, 1955, 1986; Mondadori, 1970, 2006
  • Ancora una notte (Playback, 1958), Feltrinelli, 1949, 2013; Longanesi, 1959, 1967, 1975, 1993, 2013
  • Poodle Springs (Poodle Springs, completato da Robert B. Parker, 1989), Mondadori, 1990, 1992
  • Philip Marlowe investigatore, Mondadori, 1953: In fondo al lago, Il grande sonno, Troppo tardi, Finestra sul vuoto
  • Tutto Marlowe investigatore, Mondadori, 1970, 1988: Il grande sonno, Addio mia amata, Finestra sul vuoto, In fondo al lago, Il testimone
  • Romanzi e racconti 1933-1942, Mondadori, 2005


 


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Come accade quasi sempre, i racconti di uno scrittore, soprattutto nelle edizioni in altre lingue, vengono raggruppati con i criteri più vari: qui diamo conto solo di alcune iniziative editoriali:

  • I ricattatori non sparano (Blackmailers Don't Shoot, 1933), Garzanti, 1950; Feltrinelli, 2017 *
  • Gas di Nevada (Nevada Gas, 1935) Garzanti, 1950 *
  • Sangue spagnolo (Spanish Blood, 1935) Garzanti, 1950 *
  • In un giorno di pioggia (Killer in the Rain, 1935), Feltrinelli, 2014
  • Pistole al 'Cyrano' (Guns at Cyrano's, 1936) Garzanti, 1958 *
  • L'uomo a cui piacevano i cani e altri racconti: In un giorno di pioggia, L'uomo a cui piacevano i cani, Lo scomparso, Cercate la ragazza (The Man Who Liked Dogs, 1936), Feltrinelli, 1974, 1990, 2007
  • Vento rosso (Red Wind, 1938), Garzanti, 1958; Feltrinelli, 2012
  • Il re in giallo (The King in Yellow, 1938) Garzanti, 1950 *
  • Le perle sono una seccatura (Pearls are a Nuisance, 1939) Garzanti, 1950; Feltrinelli, 2014 *
  • Specialista in guai (Trouble is My Business, 1939) Garzanti, 1950 *
  • Aspetterò (I'll be Waiting, 1939) Garzanti, 1950 *
  • La polverina del professor Bingo (Professor Bingo's Snuff, 1951), Marcos y Marcos, 1990
  • Estate inglese (English Summer, 1957), Marcos y Marcos, 1989
  • La semplice arte del delitto: tutti i racconti, 2 volumi, Feltrinelli, 1962, 1969, 1977, 1982, 1988; Garzanti, 1973
  • Otto storie inedite Feltrinelli, 1964
  • Blues di Bay City e altri racconti: Blues di Bay City, Cercate la ragazza, La giada cinese, In montagna non c'è pace, Feltrinelli, 1966, 2007
  • Le nuove storie di Philip Marlowe, Mondadori, 1991
  • Parola di Chandler: le confessioni del creatore di Philip Marlowe, Milano libri, 1976; Fandango, 2011
  • Marlowe e io, Archinto, 1988
  • Parola di Marlowe, Il Canneto, 2016 (raccolta di citazioni)

  • * anche in La semplice arte del delitto

 

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    cinema:

  • The Falcon Takes Over (1942), di Irving Reis. Con George Sanders, Lynn Bari, James Gleason (da Farewell, My Lovely)
  • L'ombra del passato (Murder, My Sweet, 1945), di Edward Dmytryk. Con Dick Powell, Otto Kruger, Anne Shirley, Mike Mazu
  • Il grande sonno (The Big Sleep, 1946), di Howard Hawks. Con Humphrey Bogart, Lauren Bacall, Dorothy Malone
  • Una donna nel lago (Lady in the Lake, 1947), di Robert Montgomery. Con Robert Montgomery, Lloyd Nolan, Audrey Totter
  • La moneta insanguinata (The Brasher Doubloon, 1947), di John Brahm. Con George Montgomery, Nancy Guild, Conrad Janis, Roy Roberts
  • L'investigatore Marlowe (Marlowe,1969), dii Paul Bogart. Con James Garner, Rita Moreno, Carroll O'Connor, Jackie Coogan
  • Il lungo addio (The Long Goodbye, 1973), di Robert Altman. Con Elliott Gould, Sterling Hayden, Nina Van Pallandt
  • Marlowe, il poliziotto privato (Farewell, My Lovely, 1975), di Dick Richards. Con Robert Mitchum, Charlotte Rampling
  • Marlowe indaga (The Big Sleep,1978), di Michael Winner. Con Robert Mitchum, Joan Collins, James Stewart, Candy Clark
  • Marlowe - Omicidio a Poodle Springs (Poodle Springs, 1998), di Bob Rafelson. Con James Caan, Dina Meyer, David Keith

Oreste Del Buono

Introduzione a La semplice arte del delitto


Nel febbraio del '55 Raymond Chandler - forse il maggior scrittore uscito dalle file del romanzo poliziesco - compì quello che un suo amico doveva definire "il meno efficiente tentativo di suicidio che si ricordi." Di quell'incidente si possiedono varie versioni, alcune delle quali tra le più fantasiose dovute allo stesso mancato suicida: il documento più sicuro è, tuttavia, il rapporto della polizia che Dorothy Gardiner e Kathrine Sorley Walker hanno parzialmente pubblicato, con l'omissione dei nomi dei funzionari coinvolti nel caso e con la maggiore discrezione possibile, nel loro Raymond Chandler Speaking. "Chandler drammatizzò in modo gravissimo la morte della moglie, la sua fervida immaginazione costituì uno dei moventi del gesto..." dice il rapporto.
La moglie, Pearl Cecily Hurlburt, era morta mi dicembre '54. Da allora Chandler aveva continuato a manifestare propositi suicidi: erano sposati da trent'anni e lui era senz'altro molto attaccato alla donna, ma certo la capacità di fantasticare ebbe molta influenza sulla condotta dello scrittore. Avvisati da lui stesso o dalla cognata circa i propositi suicidi, i poliziotti di La Jolla, California, continuarono per giorni a far pazientemente la spola tra la loro sede e la casa di Chandler per convincerlo a desistere. Ma il pomeriggio del 22 febbraio lo scrittore parve proprio deciso a far sul serio, la cognata tornò ad avvisare i poliziotti di La Jolla: anche se la faccenda cominciava a divenire monotona fu fatto il possibile per scongiurare l'irreparabile. Chandler era piuttosto simpatico a tutti: il funzionario di servizio lo chiamò al telefono, cercando d'intrattenerlo sino all'arrivo di un agente. Lo scrittore, più agitato del solito, interruppe, però, la conversazione e l'agente giunse alla soglia della sua casa in tempo per sentire risuonare due colpi di pistola. Una volta di più, tuttavia, Chandler non aveva fatto sul serio. Lo trovarono in bagno, seduto sotto la doccia, in vestaglia, pigiama e pantofole, la pistola in grembo. L'agente gli strappò l'arma di mano, ma non c'era troppo da preoccuparsi, era scarica. I due colpi erano finiti nel soffitto: lo scrittore aveva sparato in alto, mancando qualsiasi possibile bersaglio. "Chandler era disperato per la morte della moglie. L'8 febbraio era ricorso l'anniversario del loro matrimonio e tale ricorrenza non lo aveva certo aiutato a ristabilirsi mentalmente. Venne inviato al reparto psichiatrico dell'ospedale della contea, poi trasferito, per intervento di amici, in una cllnica privata..."
Nella prosa burocratica, ma insolitamente affettuosa del rapporto poliziesco è un poco un ritratto in sintesi del creatore di uno dei più celebri poliziotti del mondo, Philip Marlowe. Un ritratto delle contraddizioni che intessono, animano la sua opera, del paradosso stesso che è costituito dalla sua vita, dal suo esempio di uomo e scrittore. Raymond Chandler, a suo modo, è stato persine più notevole, sorprendente, insolito del suo personaggio preferito.
Chi non conosce Philip Marlowe? È l'eroe di romanzi polizieschi celebri come II grande sonno, La donna nel lago, Addio, mia amata, II lungo addio. Sullo schermo ha avuto di volta in volta i tratti di Dick Powell, George Montgomery, Bob Montgomery e persino Humphrey Bogart.
È il meno probabile realisticamente, anche se il più convincente artisticamente, dei grandi detectives. Davanti alla simpatia che è capace di suscitare, non solo il cavaliere Auguste C. Dupin di Edgar Allan Poe appare un fegatoso maniaco, non solo il poliziotto Lecoq di Emile Gaboriau appare un grossolano piedipiatti, non solo il sergente Cuff di Wilkie Collins appare un insopportabile sputasentenze, non solo l'infallibile Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle appare un'odiosa e arbitraria macchina calcolatrice, ma persino il padre Brown di Gilbert Keith Chesterton appare un'artificiosa macchietta, ma persino l'ispettore French di Freeman Wills Croft appare una mediacre nullità ma persino il commissario Maigret di Georges Simenon appare una specie di stucchevole sentina di bonomia e patetismo: la simpatia suscitata da Philip Marlowe sa di tenerezza e ammirazione, insieme, di rimpianto e compassione. Tenerezza perché è l'amico che tutti si vorrebbe possedere, ammirazione perché è l'eroe che tutti si vorrebbe essere, rimpianto perché è l'uomo ideale che tutti sappiamo non poter esistere, compassione perché, se per qualche scherzo del destino potesse esistere, sarebbe il più a malpartito, il più bistrattato, beffato, preso in giro da tutti, noi compresi.
L'investigatore privato Philip Marlowe, infatti, ci viene presentato come un uomo onesto.

"Suppongo che Marlowe sia realmente una specie di me stesso segreto," disse una volta Chandler a un giornalista inglese. "Io non sono in grado di vederlo chiaramente, oggettivato, come gli altri, ma posso trovare molto di me in lui. Siamo tutt'e due soli, sentimentali, cinici, tutt'e due incorruttibili..."

La differenza tra autore e personaggio sta nel fatto che, se Marlowe avesse deciso d'ammazzarsi perché definitivamente stanco di combattere il vizio, gli imbrogli, la disonestà o anche soltanto - soltanto? soprattutto - l'ineluttabilità della morte, ci sarebbe riuscito al primo colpo, non avrebbe avuto un polso tanto tremolante e riluttante da scrostare il soffitto del bagno invece di sfondare la lempia.
Ne II lungo addio, Marlowe - è il poliziotto, l'eroe stesso a raccontare, nei romanzi di Chandler - dice: "I suicidi si preparano in ogni specie di modi, alcuni con l'alcool, altri con elaborati pranzi a base di champagne, alcuni in abito da sera, altri senza abiti del tutto. La gente si è ammazzata sui muri, in una fossa, netta stanza da bagno..." Chandler scelse per sé la stanza da bagno, nella sua casa di California, che non riusciva a considerare più sua da quando due mesi prima era morta la compagna di trentanni della sua vita. L'arma era vecchia, arrugginita, con solo due proiettili in dotazione. Chandler premette il grilletto due volte. E non accadde nulla. Chandler conservò la vita e perse la dignità. "Il suicidio che riesce è una tragedia," disse al suo intervistatore inglese, un anno dopo quel fallimento, "ma il suicidio che fallisce è una farsa. Il meno che possa pensare la gente è una mancanza di convinzione... Credo che ognuno abbia diritto a porre termine alla proprio vita quando questa gli pare di troppo. Ma non ci riproverò..." È strano e quasi commovente ripensare a queste vecchie dichiarazioni di Chandler dopo che la vita gli è stata tolta naturalmente da anni.

Chandler ncaque a Chicago il 23 luglio 1888. Suo padre, Maurice Benjamin Chandler, era americano di Philadelphia, Pennsylvania, sua madre, Florence Darf Thornton era, invece, europea, di Waterford, Irlanda. I genitori divorziarono quando lui aveva appena otto anni. La madre si portò il bambino a Londra: fu allevato al Dulwich College ed ebbe, quindi, un'educazione schiettamente europea, visse per qualche tempo anche in terra francese e tedesca.
Fece le sue prime prove di giornalista in The Academy, The Westminster Gazette, e The Spectator a Bloomsbury, prima di far ritorno, a ventiquattro anni, in patria. Ma presto doveva riattraversare l'oceano per prestar servizio durante la prima guerra mondiale nella prima divisione canadese e poi nel Royal Flying Corps, incaricato soprattutto di organizzare svaghi delle truppe e pic-nic degli ufficiali. Smobilitato nel '19, si stabilì definitivamente in California, sempre accompagnato, protetto e probabilmente dominato dalla madre. Per sposarsi, per sposare l'amatissima Cissy più anziana, di sette anni, e più esperta, di due matrimoni, di lui, attese la morte della madre. Eppure Pearl Cecily Hurlburt aveva già divorziato da quattro anni dal suo secondo marito. Fu una moglie e una madre per Chandler, una donna capace di circondare del suo affetto un essere forse più sensibile che debole, ma marchiato dalla sensibilità peggio che da un'effettiva debolezza. Un essere che alle ferite detta vita sapeva contrapporre solo la sua fervida immaginazione, con il risultato spesso di esasperarle in pericolose proiezioni invece di medicarle.
Dal '19 al '32, Chandler cambiò spesso occupazione, tipo di lavoro; poteva anche cavarsela, stupido non era ed era capace anche di dimostrare un certo talento pratico, ma gli capitava dì stancarsi, di cambiare idea, instabile, inquieto, apprensivo, con un certo gusto malato per l'apprensione in sé e per sé. Leggeva parecchio, aveva sempre letto parecchio. Negli ultimi tempi soprattutto riviste poliziesche che divorava nella fioca luce notturna di qualche alberguccio, soprattutto Black Mask, il cui direttore, il capitano Joseph T. Shaw, chiedeva con piglio e inflessibilità veramente militareschi a ogni collaboratore azione e soltanto azione, una convulsa successione di violenze e di colpi di scena. Il suo autore preferito era Dashiell Hammett, un ex investigatore privato dell'agenzia Pinkerton, che, essendo stato costretto a lasciare la professione per una lesione ai polmoni riportata in guerra, s'era dato alla letteratura, improvvisandosi narratore efficace, essenziale, stilista ruvido ma quasi perfetto, da non sfigurare a volte nei confronti dello stesso Hemingway. Hammett raccontava storie che gli erano capitate quando era detective o che erano capitate a suoi colleghi o che gli saebbero potuto, comunque, capitare.
Attraverso quelle storie secche, martellanti, feroci appariva una realtà americana già avviata a diventare leggenda, la convulsa società del proibizionismo e della grande crisi economica, una società marcia eppure vitale. Quando il primo racconto di Chandler, Blackmailers Don't Shoot apparve nel '33 su Black Mask, la bibbia periodica del genere, Hammett aveva già pubblicato, oltre a tutta una serie di testi brevi, I suoi capolavori romanzeschi, Red Harvest nel '29 e The Maltese Falcon nel '30, aveva già posto alla ribalta il suo straordinario eroe, l'investigatore privato Sani Spade. Chandler ha sempre proclamato il suo debito nei riguardi di Hammett, di cui - ancora vivo, a quei tempi, ma già spento dai dolori fisici e morali della vita, dalle persecuzioni politiche e fiscali - è arrivato a pronunciare una toccante commemorazione. I ricattatori non sparano è, quindi, tutto d'impronta hammettiana. Deliberatamente, senza mezze misure, Chandler rinnova quel tentativo di narrazione oggettiva, un'oggettività che si spinge verso la tensione maggiore.

Nell'oggettività di Hammett c'era molto di cinematografico: il narratore si comportava almeno apparentemente con l'imparzialità di una macchina da presa, ovvero riproduceva con la massima fedeltà i fatti nudi e crudi senza indulgere a commenti o comunque i tentativi di interpretazione capaci di rivelare, o anche soltanto far sospettare una soggettività diversa separata dall'amalgama delle vicende. I fatti nudi e crudi, dunque la mera esteriorizzazione della condotta umana in determinate circostanze: almeno apparentemente, s'è detto, perché anche l'oggettività di Hammett avrebbe potuto essere assoluta, totale solo in teoria, nel caso che l'ex investigatore privato dell'agenzia Pinkerton si fosse dilettato di poetica.
In realtà la narrativa è sempre scelta, e tutte le volte che si sceglie si rinuncia all'imparzialità. Quindi, già netta dura e dinamica superficie delle storie di Hammett s'incideva un'incrinatura tutt'altro che realistica, quella specie di donchisciottesco impulso che pare aver dominato la vita del romanziere della violenza.
In Chandler, subito dal primo racconto, pur di piglio così hammettiano, non si tratta più di un'incrinatura ma d'una piaga che tende a espandersi, purulenta, a contagiare tutto. Il suo primo eroe, l'investigatore privato Mallory, capelli ricci e neri con una sfumatura di grigio leggera, occhi grigi distanti, naso sottile, mascelle quadrate ma bocca piuttosto delicata, passa attraverso delitti, esplosioni di furore omicida, in un mondo corrotto e perduto, patisce e sanguina, spieiato all'occorrenza ma inguaribilmente sentimentale: è il ritratto iniziale d'una galleria di romantici paladini. Tra cui, naturalmente, campeggia Philip Marlowe, il maggiore tra questi investigatori privati dai piedi forse non piatti ma dal cuore indubbiamente dolce, persine troppo dolce.
Al successo, e al capolavoro vero e proprio, Chandler pervenne con il suo primo romanzo, The Big Sleep che uscì nel '39, dieci anni esatti dopo l'uscita del primo romanzo di Hammett. Il grande sonno è un'avventura celebre: chi non l'ha ancora letta in libro - e ha perso molto - l'ha almeno apprezzata sullo schermo nella versione sceneggiata da William Faulkner, diretta da Howard Hawks e interpretata da Humphrey Bogart.
Philip Marlowe ci conquista subito, capelli castani scuri, occhi neri, bell'aspetto, ordinato, pulito, ben raso e sobrio, il figurino dell'investigatore privato elegante, un personaggio compito e memorabile, su cui si ha l'impressione di sapere sempre troppo poco. Tra le lettere raccolte in Raymond Chandler Speaking qualcuno concerne direttamente il nostro eroe preferito. Interrogato al proposito, Chandler rispondeva in data aprile '51 a uno dei suoi lettori: "È molto gentile da parte vostra dimostrare tanto interesse per i fatti della vita di Philip Marlowe. La data di nascita è incerta, credo che a un certo punto dica di avere trentotto anni, ma questo è successo molto tempo fa, e oggi non pare più vecchio di allora. Non è nato in una località del Midwest ma in un posticino della California, Santa Rosa, una cinquantina di miglia a nord di San Francisco... Marlowe non ha mai parlato dei suoi genitori e forse non possiede parenti al mondo. Se necessario si può rimediare. Ha fatto i suoi anni di college... Non so perché sia venuto nella California del sud, forse perché tanti lo fanno, anche se non tutti, poi, si fermano. Pare abbia fatto esperienza come investigatore per una compagnia d'assicurazioni e poi agli ordini del procuratore distrettuale della contea di Los Angeles... Le circostanze in cui ha perso quest'ultimo impiego mi sono ben note, ma non posso specificarle. Vi basti sapere che si era dimostrato un poco troppo efficiente in un'epoca e in un luogo in cui l'efficienza era l'ultima cosa desiderata da quelli che comandavano... "

L'abbiamo detto: se avesse deciso di togliersi la vita, Marlowe ci sarebbe riuscito. Chandler non c'è riuscito. Era più debole in tutto, nei confronti del suo personaggio: in coraggio, forza fisica, aspetto. Tranne in una cosa, forse: nel cuore. Abbiamo il sospetto che Marlowe sia, tutto sommato, di cuore più dolce del suo stesso autore.
A un altro lettore richiedente informazioni sul suo personaggio, Chandler rispondeva in data ottobre '51: "Non credo che il mio amico Philip Marlowe s'interessi molto della questione se abbia o no una mente matura. E ammetto che la cosa non riesce a interessare neppure me... Se l'essere in rivolta contro una società corrotta vuol dire essere immaturi, allora Philip Marlowe è estremamente immaturo. Se il vedere lo sporco dove c'è significa una mancanza di coscienza sociale, allora Philip Marlowe è terribilmente mancante di coscienza sociale. Certo Marlowe è un fallimento, e lo sa. È un fallito perché non ha soldi. Un uomo senza tare fisiche che non può condurre una vita decorosa è sempre un fallito, fallito anche moralmente... Alla lunga scommetto che siamo tutti più o meno falliti, altrimenti non avremmo il mondo che abbiamo. Ma ricordatevi che Marlowe non è una persona reale, è una creatura della fantasia. Si trova, dunque, in una posizione falsa perché ce l'ho messo io. Nella vita reale un tipo come lui non farebbe il detective più di quanto potrebbe fare il rettore d'università. I nostri investigatori privati nella vita reale sono o ex poliziotti con molta esperienza pratica e il cervello d'una tartaruga o miserabili piccoli mercenari sempre affannati a correre in giro cercando di scoprire la pista di qualcuno..."
Chandler fu buono e caro, ma, insomma, almeno ai danni del suo eroe si sfogò. Cominciando dalla disagiata professione che gli impose.
Philip Marlowe, naturalmente, funziona benissimo come detective, risolve tutti i casi che gli vengono affidati, ma di pagina in pagina la sua tristezza di non potere cambiare il mondo aumenta, pare spogliarlo d'ogni possibile gioia, soffocarlo. I suoi soldi, se li suda, spesso se li sanguina, e non sono mai molti; certe volte, se non erriamo, non ci sono neppure; il delitto non pagherà sempre, la giustizia quasi mai.
Tra un delitto e l'altro, Marlowe pare incontrare un certo successo con le donne, questo non lo si può negare, ma non diremmo che ne approfitti troppo. Anzi, fa lo schizzinoso, si tira indietro. Un altro giornalista inglese chiese a Chandler perché Marlowe non si lasciasse mai andare. "'Perderebbe qualcosa con la promiscuità," fu la risposta, "C'è qualcuno che passa il tempo a scrivere sul sesso. Io no." È vero che nelle avventure più recenti Marlowe ha una relazione, ma proprio l'ultimo racconto di Chandler, che pubblichiamo in questa raccolta ci rassicura o, per essere più esatti, c'inquieta al proposito: sebbene sia sulla trentina ormai, la fiamma di Marlowe, Anne Riordan, capelli rosso tiziano, occhi verde mare, si confessa vergine, offrendoglisi una volta di più. Macché, Marlowe dichiara di essere un uomo onesto e di non meritarla; le donne che si hanno e quelle che non si hanno vivono in mondi diversi. Peccato, Marlowe, era l'estrema occasione per te: o subito o mai più.
The Pencil è uscito postumo. Il creatore di Philip Marlowe è morto il 26 marzo '59 a La Jolla e s'è portato nella tomba l'innamorato troppo puro e virtuoso.
Chandler non ha scritto molto: era un lavoratore coscienzioso, uno stilista che s'accaniva sulla pagina con un preciso impegno ed evidenti ambizioni. Dobbiamo aggiungere: e con evidenti risultati.

Nel suo celebre manifesto del romanzo poliziesco realista che pure qui pubblichiamo, Chandler riconosce appunto a Hammett il merito di avere iniziato il gran rinnovamento, ma sostiene che non ci si può accontentare neppure dei risultati del maestro - e parla proprio come se questi fosse morto, mentre Hammett era, invece, destinato a sopravvivergli sino agli inizi del '61.
Quindi, è chiaro che il creatore di Philip Marlowe si considera ancora più realista, ancor più oggettivo, ancora più imparziale.
Un autentico realista, sostiene Chandler, dovrebbe descriverci il mondo com'è, un mondo non molto fragrante, ma il mondo in cui viviamo; dovrebbe freddamente saper trarre dal movimento afferrato, dal ritratto fermato sulla pagina canovacci interessanti e persino divertenti: non è strano che un uomo venga ammazzato, ma è strano, a volte, che venga ammazzato per così poco e che la sua morte sia il marchio di quella che chiamiamo civiltà.
Chandler ha nel complesso della sua opera deviato dal miraggio realistico, sprofondando sia pure con ironia ed eleganza in una specie di compiacimento, di narcisismo, di malattia, è affogato in un sogno, il sogno partorito, alimentato, esasperato da un eccesso di sensibilità.
Il male nel sogno di Chandler finisce per avere a tratti lo stesso carattere utopistico del bene. Queste, però, non sono limitazioni di carattere artistico, almeno per noi. È chiaro che intendiamo il termine realistico nell'unico suo significato plausibile, quello di una precisa corrente letteraria, non quello - in uso nella confusione odierna di parole e concetti - di raggiungimento di un risultato di verità poetica. Altrimenti anche Chandler è realista: infatti, esprime, e piuttosto efficacemente, compiutamente, a tratti, la propria realtà, la realtà d'una debolezza, d'uno scompenso, d'una nevrosi, né più né meno di come Hammett ha espresso, e piuttosto efficacemente, compiutamente, a tratti, la propria realtà, la realtà d'una forza, d'una solitudine, d'una disperazione. La prosa di Chandler è più riflessa, manierata, quella di Hammett è più grezza, rudimentale, tra l'una e l'altra intercorre una differenza pari a quella intercorrente tra il jazz freddo e il primo jazz, una differenza di strumenti come di consapevolezza: Chandler non ha avuto il coraggio di Hammett, in lui qualcosa non è mai arrivato a maturazione, o, più esattamente, - è arrivato a corrompersi artificialmente prima di maturare, ma ha avuto una maggiore astuzia e una maggiore vocazione letterarie.
In questa raccolta di tutti i suoi racconti migliori, quelli da lui non rinnegati e non sviluppati in romanzi - Chandler è stato un inesausto rifinitore delle proprie pagine, non s'è mai accontentato della prima soluzione, ha sempre cercato di elaborare il più possibile i suoi accostamenti dì parole - si può percepire la sua natura poetica forse ancora più chiaramente che nelle composizioni lunghe, i romanzi, in cui lo schema poliziesco finisce pur sempre per imporre una certa macchinosità, una certa puerilità. Si guardi, a esempio, una storia come I'I'll be waiting che nella sua brevità intensa è esemplare: una storia commovente, irriducibile sotto l'etichetta d'un genere di letteratura amena.
Protagonista di Aspetterò non è Philip Marlowe, ma pur sempre un detective, il poliziotto privato d'un albergo, per l'esattezza: Tony Reseck, un ometto d'origine polacca, piccolo, di mezz'età, panciuto, occhi grigio mare e belle dita da prestigiatore. Di solito dopo l'una di notte l'atrio dell'albergo è regno suo, ma ora Reseck non riesce a restarvi solo, c'è una ragazza dai capelli rossi che non sa dormire e indugia attaccata alla radio. Reseck s'interessa a lei: c'è qualcosa che non torna nelle faccende di questa ragazza. Naturalmente, lui è un uomo cauto e, quando qualcuno lo chiama fuori dell'albergo, qualcuno dai modi troppo sbrigativi, esigenti, sicuri, qualcuno che si porta dietro una masnada di sicari, Reseck dice di sì alle intimazioni, assicura che allontanerà la ragazza, lo farà, non vuole guai, è pronto ad abbandonarla in balìa dei suoi cacciatori. Lo dice, ma non lo fa: non è un fegataccio Reseck, eppure non lo fa, li vuole, i guai. Resta ad aspettarli accanto alla ragazza che finalmente si è addormentata, che continua a dormire, immobile, con quell'abbandono raccolto di molte donne e dì tutti i gatti, il respiro impercettibile sommerso dal mormorto della radio. Anzi, Reseck, si appoggia addirittura alla spalliera d'una sedia e chiude tranquillamente gli occhi. Un racconto che vale, sempre per noi, The Killers di Ernest Hemingway. Un racconto tragico, roco, gentile: Tony Reseck è più ancora di Philip Marlowe vicino a Raymond Chandler, quasi troppo vicino.
Ma Aspetterò non è l'unico pezzo di questa raccolta che meriti la segnalazione. Ognuno di questi racconti ha un suo impulso, una sua giustificazione, un suo affascinante movimento stilistico. Questa raccolta può costituire per chi non ha mai letto Chandler o per chi ne ha letto solo qualche libro frettolosamente, l'occasione di far la conoscenza con un vero scrittore. Molto superiore a quel James M. Cain, l'autore di Serenade e di The Postman Always Rings Twice, che tanta influenza ha avuto sulla narrativa letteraria e cinematografica europea, da Pavese a Visconti, due nomi, tanto per fare un esempio, che hanno iniziato la carriera sotto il suo segno.
Chandler ha un'altra dignità e un'altra sincerità, un'altra grazia. Non butta giù sceneggiature, ma scrive sempre, è sempre impegnato sino alle estreme sue risorse e possibilità nell'elaborazione e sfruttamento di un linguaggio che, in gara con le stilizzazioni d'un Ring Lardner, d'un Damon Runyon, persino d'un sofisticato Jerome D. Salinger, permetta di restituire ironicamente la cadenza del pensiero, il costume di un'epoca insieme con l'incalzare dei fatti.