La mia vittoria sui francesi


Intervista al generale Giap di Jean Claude Pomonti - Traduzione di Elisabetta Horvat

Cinquant'anni fa i vietnamiti espugnarono il luogo dopo una cruenta battaglia. Il generale, oggi novantenne, racconta come l'Indocina venne liberata dai francesi.
A cinquant'anni di distanza, sembra un'icona vivente: il passo incerto, la figura fragile. Ma lo sguardo è diretto, e si fa intenso quando veniamo a parlare di strategia. Con mano ferma tratteggia su un foglio la carta del Vietnam, per spiegare come contro il parere generale ha cambiato il «piano operativo», per espugnare Dien Bien Phu, il 7 maggio 1954.
Il generale Vo Nguyen Giap, seduto sul divano del suo salotto, fa qualche pausa solo per cercare il termine giusto: parla correntemente il francese, ma ha poche occasioni per fare esercizio. «Dobbiamo assolutamente vincere», gli aveva detto il presidente Ho Chi Minh al momento di affidargli i pieni poteri operativi e inviarlo al suo quartier generale di campagna, non lontano dalla conca che i francesi, fin dal 1953, avevano trasformato in campo fortificato. «Mi ha detto queste precise parole: "Attaccherai soltanto quando sarai sicuro di vincere".»
Giap giunge sul posto il 12 gennaio 1954, e quarantott'ore dopo dà le disposizioni per la battaglia. La parola d'ordine è: «Rapido attacco, rapida vittoria», o anche «Tre notti e due giorni». «I comandanti vietnamiti erano tutti d'accordo. L'entusiasmo era generale, e ho lasciato che le mie truppe si disponessero per combattere; ma personalmente - aggiunge - non credevo a questo piano.»
Giap ordina di moltipllcare le operazioni di ricognizione. «Un comandante mi dice che in basso le postazioni d'artiglieria sono troppo esposte all'aviazione nemica. Il capo della divisione 312 mi segnala che il nemico ha rafforzato le sue difese. Ogni giorno, vengo a sapere che qualcosa è cambiato. I francesi scavano trincee, rafforzano le barriere di filo spinato e così via». Dien Bien Phu, spiega, era diventato un campo fortìficato. «Chiedo il parere del capo dei nostri consiglieri cinesi, e lui mi dice: "Ha ragione di ponderare il pro e il contro". Di fatto però, i cinesi preconizzano un'azione rapida». L'attacco è previsto per il 25 gennaio alle 17.00. Ma Giap si concede un rinvio di altre 24 ore, e ne approfitta per sondare il suo stato maggiore. «Il capo della logistica fa presente che siamo a 500 km dalle retrovie, e che un ulteriore rinvio comporterebbe difficoltà per i rifornimenti. E ha ragione: portare al fronte un chilo di riso per i soldati vuol dire consumarne quattro durante il trasporto. Non so se rendo l'idea: per il trasporto abbiamo utilizzato 260.000 portatori, più di 20.000 biciclette, 11.600 zattere, 400 camion e 500 cavalli».
Nonostante la sua propensione alle azioni rapide, Giap tiene duro, anche quando «i responsabili politici e della propaganda» presso le truppe gli fanno presente che qualora si cambiassero i piani, sarebbe molto difficile spiegarlo ai soldati. "Siamo sicuri della vittoria al 100%?" chiede allora Giap ai membri del suo stato maggiore. "Hanno avuto qualche difficoltà a rispondere" spiega. "allora, se voi non siete sicuri al 100%, io decido di cambiare il piano operativo e ordino di ritirare le truppe, artiglieria compresa." Il dibattito è chiuso.
"È stata la decisione più difficile della mia vita di comandante in capo" riassume Giap. Un colpo di genio però: l'attacco verrà sferrato ben due mesi dopo, 1l 13 marzo, e il Posto di Comando del generale de Castries sarà occupato il 7 maggio. "A distanza di tempo ho chiesto al capo dell'artiglieria vietnamita a Dien Bien Phu se quella scelta lo avesse sorpreso. "Assolutamente no. Ne sono stato felicissimo: la situazione era molto pericolosa." "Me lo ha detto dieci anni dopo" dice Giap ridendo. Quindi osserva: "Se non avessi cambiato i piani, saremmo andati incontro a una sconfitta totale, come hanno dimostrato gli sviluppi militari successivi".
È significativa soprattutto la prontezza con cui quel piccolo esercito, creato da Giap solo dopo la seconda guerra mondiale e già sottoposto a una serie di enormi sforzi, esegue gli ordini senza batter ciglio. L'autorità di Giap sembra indiscussa. Comanda alla divisione 308 di marciare verso Luang Prabang, la regia capitale del Laos, per «attirare l'aviazione francese». "Ho detto al capo della divisione 308 che lasciavo a lui il compito di fissare il numero di uomini da ingaggiare e di gestire la logistica". "Tutto chiaro. Eseguo gli ordini", mi ha risposto. In gioventù insegnante di storia ad Hanoi, Giap ha fatto tesoro delle esperienze degli strateghi vietnamiti che nel corso dei secoli hanno inflitto brucianti sconfitte agli invasori cinesi. Ma è anche un ammiratore di Napoleone, o più esattamente di Bonaparte. È diventato imperatore grazie alle sue doti militari, ma ha perso la battaglia politica», osserva.
Poi, dopo una pausa, esclama: «Il ritorno dall'isola d'Elba è formidabile!» In che senso? «La sua autorità personale», risponde senza esitare. Si riferisce alle truppe inviate da Luigi XVIII per sbarrare la strada all'imperatore, che invece passano dalla sua parte. Un'allusione ai rapporti stabiliti dal generale Giap con i suoi ufficiali e soldati? Nelle battaglie vinte da Bonaparte sottolinea l'elemento della «concentrazione delle truppe», e soprattutto l'«effetto sorpresa».
Dopo il rinvio dell'attacco contro Dien Bien Phu, gli era capitato di sentire il generale Henri Navarre capo del corpo di spedizione francese, dichiarare alla radio: "La marea offensiva del Vietminh è in fase di stanca». E aggiunge con un largo sorriso: «Quando lo abbiamo attaccato, il 13 marzo, Navarre è stato preso completamente di sorpresa.»
Tornando a Bonaparte, sottolinea una differenza importante: "Ho sempre detto che la nostra strategia militare era subordinata alla nostra lotta politica". A suo parere, questa riflessione denuncia i limiti dell'impresa napoleonica. Al tempo stesso però, Giap non nasconde la sua ammirazione per le qualità militari del francese. «Durante la campagna d'Italia aveva detto: "Dove passa una capra può passare un uomo. Dove passa un uomo può passare un battaglione"». Intende dire con questo che sulle montagne del Vietnam, dove poteva passare un portatore potevano passarne anche 10.000? E così come si trasportava una bicicletta si potevano portare a spalla pezzi d'artiglieria? Rammentando le 20.000 biciclette e i cannoni issati a forza di braccia sulle colline, il generale sorride di nuovo: «Si ricordi lo slogan: "Tutto per il fronte, tutto per la vittoria"...»

la Repubblica, 5 maggio 2004

Vo Nguyen Giap

Guerra del popolo Esercito del popolo


La guerra di liberazione del popolo vietnamita contro gli imperialisti francesi e gli interventisti americani (1945-1954)

1. Alcune premesse geografiche e storiche Il Viet Nam è uno degli Stati piú antichi del Sud-Est Asiatico.
Il Viet Nam si estende come un'immensa S sulle rive del Pacifico: comprende il Bac Bo al Nord, che forma col delta del Fiume Rosso una regione ricca di possibilità agricole e industriali, il Nam Bo al Sud, vasta pianura alluvionale bagnata dal Mekong ed essenzialmente agricola, e il Trung Bo al centro, lunga e stretta striscia di terra che collega i due delta. Per descrivere la configurazione del loro paese, i vietnamiti amano evocare un'immagine che è loro familiare : quella del bastone che porta una cesta di paddy (riso) su ciascuno dei suoi estremi.

Il Viet Nam conta circa 330.000 Km2 di territorio e 25 milioni di abitanti. Nel corso della sua storia plurimillenaria, il popolo vietnamita si è distinto per le sue eroiche tradizioni di lotta contro le aggressioni straniere. In particolare, nel XIII secolo, riuscì a spezzare l'invasione dei Mongoli che avevano esteso il loro dominio su tutta la Cina feudale.

Attorno alla metà del secolo XIX, gli imperialisti francesi intrapresero la conquista del paese. Nono stante una resistenza di diversi decenni, il Viet Nam fu progressivamente ridotto a una colonia, e formò successivamente, assieme alla Cambogia e al Laos, la Federazione dell'Indocina francese. Fin dall'epoca dell'instaurazione del dominio degli imperialisti francesi tuttavia, il movimento di liberazione nazionale del popolo vietnamita si sviluppò senza sosta, e numerose sollevazioni si succedettero le une alle altre, sempre soffocate ma ogni volta più potenti. Dopo la prima guerra mondiale, cominciò a costituirsi un forte movimento di massa che si estendeva a vasti strati intellettuali e piccolo-borghesi e che al tempo stesso penetrava in profondità tanto fra i contadini poveri quanto nella classe operaia che incominciava a formarsi. Con la fondazione del Partito Comunista Indocinese, l'attuale Partito dei Lavoratori del Viet Nam, si ebbe nel 1930 un nuovo sviluppo della lotta per la liberazione nazionale; il Partito Comunista faceva sua, infatti, la missione di guidare la lotta del popolo vietnamita contro gli imperialisti e la classe dei proprietari terrieri feudali, per il trionfo della rivoluzione nazionale e democratica.

Nel 1939 scoppiò la seconda guerra mondiale. La Francia non tardò ad essere occupata dai nazisti, e il Viet Nam a divenire una colonia dei fascisti giapponesi. Il Partito seppe valutare in tempo la situazione creata dalla nuova congiuntura: un nuovo ciclo di guerre e di rivoluzioni stava per aprirsi; promosse quindi in tutto il popolo l'obiettivo dell'allargamento del Fronte Nazionale Unito antimperialista, la preparazione dell'insurrezione generale armata e il rovesciamento degli imperialisti francesi e giapponesi, al fine di riconquistare l'indipendenza nazionale. Il 'Viet Nam Doc Lap Dong Minh (il Fronte dell'Indipendenza del Viet Nam), abbreviato: Viet Minh, fu fondato allo scopo di unire tutte le classi e gli strati sociali patriottici. Nella zona montagnosa del Bac Bo fu aperta la guerriglia, e una zona libera nacque.

Nell'agosto del 1945, l'Armata Rossa sovietica e le forze alleate ebbero ragione dell'Esercito giapponese, e la guerra mondiale ebbe termine. La sconfitta del fascismo tedesco e nipponico comportava un grave indebolimento del sistema capitalista. In seguito alla grande vittoria dell'Unione Sovietica sorsero numerose democrazie popolari. Ormai, il sistema socialista superava le frontiere di un nuovo paese, e in tutto il mondo si apriva una nuova fase storica.
Nel Viet Nam, di fronte a questa nuova congiuntura internazionale, il Partito Comunista Indocinese e il Fronte Viet Minh chiamarono la nazione all'insurrezione generale. Dappertutto il popolo si sollevò in massa. Manifestazioni e dimostrazioni di forza si susseguirono senza interruzioni, e nell'agosto la Rivoluzione scoppiò, neutralizzando le truppe nipponiche ormai del tutto disorientate, rovesciando l'amministrazione feudale filogiapponese, instaurando il potere popolare ad Hanoi e in tutto il paese, dalle città alle campagne, dal Bac Bo al Nam Bo. Il 2 settembre, ad Hanoi, la capitale, il Governo popolare provvisorio presieduto da Ho Chi Minh si presentò alla nazione, proclamò l'indipendenza del Viet Nam, e chiamò la nazione all'unità e alla vigilanza per la difesa del paese contro ogni tentativo imperialista di aggressione. Era sorta la Repubblica Democratica del Viet Nam, la prima democrazia popolare nel Sud-Est Asiatico.
Ma gli imperialisti intendevano uccidere sul nascere il regime democratico, e trasformare così daccapo il Viet Nam in una colonia. Erano passate appena tre settimane quando, il 23 settembre 1945, il Corpo di spedizione francese apri il fuoco a Saigon. L'intera nazione vietnamita si levò contro l'aggressione straniera. A partire da questo giorno, cominciava una guerra di liberazione nazionale che doveva proseguire per nove anni, al prezzo di inaudito eroismo e in mezzo a difficoltà inimmaginabili, per terminare infine con la meravigliosa vittoria del nostro popolo e con la cocente disfatta degli aggressori imperialisti a Dien Bien Phu.

Ma nel momento stesso in cui, nello straordinario entusiasmo sollevato dalla Rivoluzione d'Agosto, il popolo vietnamita si stringeva attorno al Governo provvisorio, intervenne un nuovo fattore a rendere più difficile e complessa la situazione politica. In base ad un accordo intervenuto tra gli alleati per la neutralizzazione delle forze giapponesi, le forze del Kuomintang cinese entrarono nella parte del Viet Nam posta a nord del 16° parallelo, e le forze inglesi sbarcarono a sud. Le truppe di Chiang Kai-shek approfittarono dell'occasione per depredare la popolazione e mettere a sacco il paese e aiutarono, con ogni mezzo, gli elementi più reazionari della borghesia e della classe dei proprietari terrieri vietnamiti, affiliati al Viet Nam Quoc Dan Dang (il Kuomintang vietnamita) e al Phuc Quoc filogiapponese (Partito della Restaurazione nazionale vietnamita). Forti dell'aiuto cinese, questi elementi suscitarono ovunque disordini, occuparono cinque province verso la frontiera, provocarono incidenti nel cuore stesso della capitale e si prepararono febbrilmente a rovesciare il potere popolare. Nel Sud, gli Inglesi si adoperavano attivamente per affrettare il ritorno de-gli imperialisti francesi. Mai sul suolo vietnamita vi erano state altrettante truppe straniere, ma mai il popolo vietnamita era stato altrettanto deciso a insorgere per la difesa della Patria.

2. Esposizione sommaria dello svolgimento della guerra di liberazione nazionale All'inizio della guerra, gli imperialisti francesi contavano di trovare appoggio nelle truppe britanniche per riconquistare il Nam Bo, e servirsene quindi come di un trampolino per la loro marcia sul Nord. Erano vergognosamente capitolati di fronte ai fascisti giapponesi, ma, a guerra finita, consideravano un diritto incontestabile il tornare da padroni nella loro vecchia colonia. Si rifiutavano di ammettere che nel frattempo la situazione era radicalmente mutata.
Nel settembre del 1945, le truppe coloniali francesi, armate dagli Inglesi e ben presto rafforzate dal Corpo di spedizione francese posto al comando del generale Leclerc, iniziarono, con l'appoggio diretto dell'esercito britannico, l'aggressione a Saigon. La popolazione del Nam Bo si sollevò immediatamente per combattere, ma, data l'estrema debolezza delle sue forze armate, il potere popolare dovette ritirarsi nelle campagne, pur dopo eroici combattimenti nelle vie di Saigon e delle altre grandi città. Anche la quasi totalità degli agglomerati e delle vie di comunicazione importanti esistenti nel Nam Bo e nella parte meridionale del Trung Bo cadevano in seguito nelle mani del nemico.
I colonialisti credevano di essere sul punto di concludere la riconquista del Nam Bo, e il generale Leclerc dichiarava che avrebbe posto termine all'occupazione e alla "pacificazione" nel giro di dieci settimane. Ma gli avvenimenti presero tutt'altra piega. La popolazione del Sud, con l'appoggio dell'intero paese, prosegui la lotta, e in tutte le campagne del Nam Bo la guerriglia andò sempre più rafforzandosi, le sue basi moltiplicandosi ed estendendosi, cosicché il potere popolare poté consolidarsi ed affermarsi progressiva-mente durante i nove anni della Resistenza, fino al ristabilimento della pace.
Il nostro Partito, consapevole che l'invasione del Nam Bo era solo la prima fase del piano d'aggressione degli imperialisti francesi, assunse la guida dell'intera nazione per la preparazione di una resistenza di lunga durata, e adottò, al fine di unire tutte le forze ostili all'imperialismo francese, una politica lungimirante, volta ad ottenere l'adesione di tutte le persone da cui poteva essere ottenuta, a neutralizzare tutte le persone suscettibili di essere neutralizzate, ad ampliare il Fronte nazionale unito attraverso la creazione del Lien Viet (Fronte di Unione Nazionale del Viet Nam), a organizzare con la massima urgenza elezioni generali a suffragio universale per costituire la prima Assemblea Nazionale della Repubblica Democratica del Viet Nam, col compito di votare una Costituzione e di formare un governo di resistenza largamente rappresentativo, comprendente anche il Viet Nam Quoc Dan Dang (il Kuomintang vietnamita). Era nostra cura evitare in quel momento ogni scontro con le truppe di Chiang Kai-shek.
Il problema del Corpo di spedizione francese era allora quello di sapere se gli sarebbe stato possibile tornare con facilità nel Nord Viet Nam. La cosa non si presentava possibile, poiché al Nord le nostre forze erano più forti che non al Sud. D'altro canto, il nostro Governo intendeva ad ogni costo salvaguardare la pace per consolidare l'appena costituito potere popolare e per ricostruire il paese devastato da lunghi anni di guerra. In queste situazioni ebbero luogo negoziati fra il nostro Governo e i colonialisti francesi che si conclusero con l'Accordo preliminare del 6 marzo 1946. In base a questa convenzione, limitati contingenti di truppe francesi venivano autorizzati a stanziarsi in un certo numero di località del Nord Viet Nam per sostituire, congiuntamente all'esercito vietnamita, le truppe di Chiang Kai-shek. In cambio, il governo francese riconosceva il Viet Nam in quanto Stato libero, dotato di un proprio governo, di una propria assemblea nazionale, di un esercito e di finanze proprie, e si impegnava a ritirare le sue truppe dal Viet Nam entro un periodo di cinque anni. Per quanto riguarda lo statuto politico del Nam Bo, avrebbe dovuto essere determinato da un referendum.

I rapporti fra la Repubblica Democratica del Viet Nam e la Francia si trovavano allora ad una svolta: sarebbe stata consolidata la pace o sarebbero riprese le ostilità? I colonialisti consideravano l'Accordo preliminare come un espediente provvisorio per introdurre una parte delle loro truppe nel Nord Viet Nam, una manovra dilazionatrice del loro piano per una estensione generalizzata delle ostilità. Inevitabilmente quindi i colloqui della Conferenza di Da Lat misero capo ad un risultato negativo e quelli della Conferenza di Fontainebleau ad un fragile modus vivendi. In tutto questo periodo, d'altro canto, i colonialisti fautori della guerra non desistevano dal perseguire la loro tattica di progressivo allargamento delle loro posizioni locali. Invece di osservare l'armistizio, continuavano le loro operazioni di polizia nel Nam Bo, vi istallavano un governo fantoccio locale, mentre, nel Bac Bo, davano luogo a provocazioni ed attaccavano diverse province, mettevano a sacco e massacravano la popolazione del centro minerario di Hongai, creando dappertutto una atmosfera di tensione e facendo preparativi per ulteriori azioni di forza.
Il nostro Governo, fedele alla sua politica di pace e di indipendenza, cercò in tutti i modi di regolare pacificamente i conflitti che via via insorgevano, e numerosi appelli richiesero l'uno dopo l'altro al governo francese, allora presieduto dalla SFIO (Section Française de l'Internationale Ouvrière, cioè il Partito Socialista), un mutamento di politica, per evitare una guerra che sarebbe stata di pregiudizio per entrambe le parti. Al tempo stesso, ci adopravamo attivamente per rafforzare le nostre retrovie e per fare i preparativi necessari nell'eventualità di una guerra di resistenza. Buoni risultati furono ottenuti nell'incremento della produzione, fu prestata grande attenzione al rafforzamento della difesa nazionale, i reazionari del Viet Nam Quoc Dan Dang furono eliminati dalla lotta politica e le regioni cadute in loro mano liberate.
Nel novembre del 1946, la situazione si aggravò. I colonialisti attaccarono Haiphong. Dopo avere impegnato combattimenti nelle strade, le nostre truppe si ritirarono nei sobborghi. Nel dicembre, i colonialisti provocarono un clima di tensione ad Hanoi: massacro di civili, occupazione di certi servizi pubblici, proclama di un ultimatum per il disarmo dei nostri gruppi di autodifesa, e rivendicazione di provvedere essi stessi al mantenimento dell'ordine nella città. Infine passarono apertamente al conflitto armato. I colonialisti avevano preso deliberatamente la via della guerra, ed avevano scelto al tempo stesso la via della loro disfatta.
Il 19 dicembre, la Resistenza si estese a tutto il paese. Il giorno successivo, in nome del Partito e del Governo, il Presidente Ho Chi Minh lanciò un appello al popolo invitandolo a levarsi contro il nemico, a schiacciarlo e a salvare la Patria, a combattere fino all'ultima goccia di sangue, e a respingere categoricamente ogni nuova forma di schiavitù.

Nel momento in cui le ostilità si estesero in tutto il paese, il rapporto di forze si presentava in questi termini. Dal punto di vista materiale, il nemico era incontestabilmente più forte di noi. Le nostre truppe ebbero quindi l'ordine di attaccare tutte le sue guarnigioni per indebolirlo ed impedirgli una troppo rapida estensione, ma in seguito, quando le condizioni ci sarebbero diventate sfavorevoli, di ripiegare con la maggior parte degli effettivi verso le retrovie, per preservare le nostre forze in previsione di una resistenza di lunga durata. I più gloriosi e notevoli combattimenti si svolsero ad Hanoi: le nostre truppe riuscirono a mantenere saldamente un vasto settore della capitale per due interi mesi prima di ritirarsene indenni.
In quei giorni di pericolo per la Patria, tutto il popolo vietnamita era indissolubilmente unito in una lotta a morte: aveva risposto all'appello del Partito, aveva risolutamente scelto la via della Libertà e dell'Indipendenza. Il Governo centrale si ritirò nella zona montuosa del Viet Bac, furono create zone militari ben presto raggruppate in interzone, furono rafforzati i poteri delle autorità locali per ottenere la mobilitazione del popolo ed organizzarne la Resistenza.
Il nostro governo continuava ad invitare quello francese a non persistere nell'errore e a riprendere negoziati di pace, ma, col pretesto dei negoziati, il governo francese richiedeva il disarmo delle nostre truppe. La nostra risposta ai colonialisti fu una intensificazione della Resistenza.
In effetti, l'alto comando francese ammassava truppe e preparava febbrilmente una ragguardevole offensiva-lampo nella speranza di por fine alla guerra. Nell'ottobre del 1947, lanciò una grande campagna contro la nostra base principale, il Viet Bac, per decapitare la Resistenza ed annientare le nostre forze regolari. Ma questa grande operazione si risolse in uno scacco cocente, e le forze del Corpo di spedizione subirono gravi perdite senza riuscire a molestare i nostri organi dirigenti, né a intaccare le nostre unità regolari. Il nemico dunque assisté al fallimento della sua strategia basata su una offensiva-lampo volta ad ottenere una decisione rapida; il nostro popolo invece divenne ancora più deciso a perseverare sulla via della resistenza di lunga durata.

Il nemico infine comprese che la guerra sarebbe stata di lunga durata, e mutò, a partire dal 1948, strategia: impiegò le sue forze nella "pacificazione" e nel rafforzamento delle regioni già occupate, soprattutto nel Nam Bo, in base al principio di combattere i Vietnamiti con i Vietnamiti e di mantenere la guerra con la guerra. Organizzò quindi un Governo centrale fantoccio, inquadrò unità militari collaborazioniste, si diede ad un aperto saccheggio economico. Riuscì così ad ampliare progressivamente la zona di occupazione del Nord e ottenne il controllo della maggior parte del delta del Fiume Rosso. In tutti questi anni, il Corpo di spedizione francese attuò una grande dispersione delle sue forze, ottenendo il controllo di migliaia di posizioni di varia importanza. Ma le difficoltà militari e finanziarie, ogni giorno più numerose, indussero progressivamente gli imperialisti francesi ad aprire la via all'intervento degli imperialisti americani.

Il cambiamento della strategia nemica ci indusse a promuovere, mediante l'intensificazione della guerriglia, una strategia che faceva delle sue retrovie le nostre posizioni avanzate. Le nostre unità si disperdevano in compagnie autonome che operavano in profondità nella zona controllata dal nemico per scatenarvi la guerriglia, stabilirvi basi e proteggere il potere popolare locale. Si trattava di una guerra di estrema durezza che si combatteva a tutti i livelli: militare, economico, politico. Il nemico organizzava operazioni di polizia; noi lottavamo contro queste operazioni. Organizzava truppe collaborazioniste vietnamite e installava autorità-fantoccio; noi mantenevamo saldo il potere popolare locale, rovesciavamo i notabili collaborazionisti, eliminavamo i traditori, e facevamo un'attiva propaganda per ottenere il disgregamento delle forze ausiliarie. Pazientemente e progressivamente, creavamo basi di guerriglia grandi e piccole. Sulla carta del teatro di operazioni, oltre alla zona libera, cominciavano ad apparire, nel cuore stesso delle regioni occupate, "zone rosse" (basi di guerriglia, cosí chiamate perché colorate in rosso sulle carte) che si estendevano incessantemente e incessantemente si moltiplicavano. Il suolo della Patria veniva liberato pollice per pollice sul fronte stesso delle retrovie. In questa guerra non vi era niente di definito, il fronte passava ovunque si trovasse il nemico, non era da nessuna parte, era dappertutto. In seguito alla nostra nuova strategia, il tentativo nemico di mantenere la guerra con la guerra e di combattere i Vietnamiti con i Vietnamiti si scontrò con gravi difficoltà e fece fiasco.
Il centro di gravità del fronte si spostava progressivamente verso le retrovie nemiche, mentre la zona libera si rafforzava ininterrottamente e il nostro esercito diventava sempre più forte nel corso stesso della lotta. Più la guerriglia si sviluppava, più aumentavano le nostre formazioni locali e più diveniva facile raggruppare le nostre forze. Alla fine del 1948 e all'inizio del 1949, fummo in grado per la prima volta di promuovere piccole campagne che inflissero al nemico perdite sensibili. Gli imperialisti cominciarono a preoccuparsi seriamente, e la commissione di inchiesta presieduta dal generale Revers concluse i suoi lavori con un rapporto alquanto pessimistico che concludeva sulla necessità di sollecitare più ampie forme di aiuto dagli Stati Uniti.

Il 1949 vide lo splendido trionfo della Rivoluzione cinese e la nascita della Repubblica Popolare della Cina. Questo grande avvenimento storico, che modificò la fisionomia dell'Asia e del mondo, influenzò in modo considerevole la guerra di liberazione del popolo vietnamita. Uscito dall'isolamento che gli era stato imposto dal nemico, il Viet Nam si trovava d'ora innanzi geograficamente collegato al campo socialista.
All'inizio del 1950, la Repubblica Democratica del Viet Nam fu ufficialmente riconosciuta dalla Repubblica Popolare della Cina, dall'Unione Sovietica e dagli altri paesi fratelli. L'anno successivo, nel corso del suo II Congresso, il Partito Comunista Indocinese decise di mutare la sua denominazione e divenne il Partito dei Lavoratori del Viet Nam. Il Fronte Viet Minh e il Lien Viet (Fronte di Unione Nazionale del Viet Nam) procedettero alla loro fusione. Nel 1953, il Partito e il Governo decisero di realizzare la riforma agraria per dare nuovo impulso alle forze produttive e per dare più vigoroso slancio alla Resistenza. L'insieme di tutti questi fatti contribuì a mutare in nostro vantaggio la fisionomia della guerra.

In effetti, il 1950 segnò un nuovo sviluppo della nostra resistenza di lunga durata. Durante l'inverno, nel corso della campagna della frontiera, demmo inizio alla nostra prima controffensiva relativamente importante, che consegui la liberazione delle province di Cao Bang, Lang Son e Lao Ky. Subito dopo aprimmo una serie di operazioni offensive sul fronte del delta.
Il nemico subì nuove sconfitte, fu inviato in Indocina il generale De Lattre de Tassigny, e l'aiuto militare accordato dagli Stati Uniti, in base ad un accordo siglato nel 1950, continuò ad aumentare incessantemente. La guerra di aggressione, scatenata all'inizio dai colonialisti francesi, diventava a poco a poco una guerra sostenuta dal dollaro americano e dal sangue francese. Era veramente la sporca guerra.
Nel suo piano, approvato da Washington, il generale De Lattre intendeva attuare la costruzione di una solida linea di fortificazioni nel delta del Fiume Rosso per sostenere i nostri attacchi e organizzare unità militari da lanciare in violente operazioni di polizia al fine di "pacificare" ad ogni costo la zona occupata. Sperava cosí di potere creare i presupposti di una offensiva che avrebbe permesso alle forze francesi di riprendere l'iniziativa e di portare l'attacco contro la nostra zona libera. Nell'ottobre del 1951, il nemico occupò Hoa Binh. La nostra risposta fu l'immediata apertura della campagna di Hoa Binh: da un lato, operavamo con azioni di contenimento e di annientamento sulla linea frontale di combattimento; dall'altro, approfittando della debolezza del dispositivo nemico, le nostre divisioni si infiltravano nelle stesse retrovie del delta del Fiume Rosso per attuarvi attacchi frontali. Le nostre basi di guerriglia, già ampliate, si ingrandivano ulteriori liberando complessivamente 2 milioni di abitanti Binh fu liberata, e il piano De Lattre fallì.
Nel 1952, lanciammo una campagna nel Nord-Ovest e liberammo vasti territori fino a Dien Bien Phu. All'inizio del 1953, unità di volontari vietnamiti aprirono, in cooperazione con l'esercito di liberazione del Pathet-Lao, la campagna dell'Alto Laos, che ottenne la liberazione della provincia di Sam Neua.
La fisionomia dei diversi teatri di guerra si presentava, sinteticamente, in questi termini:
Il fronte principale era quello del Nord Viet Nam, ove si erano svolte la maggior parte delle battaglie di rilievo. All'inizio del 1953 pressoché la totalità della regione montuosa, vale a dire più di due terzi del territorio del Nord Viet Nam, era libera. Il nemico occupava ancora Hanoi e il delta del Fiume Rosso, o più esattamente le grandi città e le più importanti vie di comunicazione; le nostre basi di guerriglia infatti - la nostra zona libera - comprendevano già quasi i due terzi dei villaggi e delle località di questa regione. Nel Centro e nel Sud Viet Nam continuavamo a detenere saldamente vaste zone libere e a sviluppare al tempo stesso, e in misura notevole, le nostre basi di guerriglia nella zona occupata.
La fisionomia dei teatri di operazione si era notevolmente modificata: la zona di occupazione nemica si riduceva gradualmente, mentre la più importante base della Resistenza, la zona libera del Nord Viet Nam, si era progressivamente ampliata e consolidata. Le nostre forze mantenevano costantemente l'iniziativa delle operazioni, e il nemico era costretto in una situazione quanto mai difficile e pericolosa.

Gli imperialisti francesi sprofondavano sempre più nella guerra d'aggressione. L'aiuto americano, che nel 1950 e nel 1951 copriva solamente il 15% delle spese di guerra, ne copriva nel 1952 il 35%, nel 1953 il 45%, per raggiungere ben presto 1'80% nel 1954. Ma la situazione del Corpo di spedizione francese permaneva sempre senza uscita. Nell'autunno del 1953, approfittando dell'armistizio in Corea, gli imperialisti americani e francesi si 'sforzarono di accrescere le loro forze armate nell'Indocina, allo scopo di prolungare e di estendere le ostilità.
Decisero di sostenere il piano Navarre che si proponeva di annientare le nostre forze regolari, di occupare tutto il Viet Nam, da trasformare in una colonia e in un base militare franco-americana, nella speranza di por fine vittoriosamente alla guerra nel giro di 18 mesi. Si trattava in effetti del piano degli oltranzisti Laniel-Dulles. Proprio in vista della realizzazione della prima fase del piano, il generale Navarre ammassò nel Nord più della metà delle forze mobili operanti nel teatro di guerra indocinese, ivi compresi i rinforzi appena arrivati dalla Francia, e le lanciò all'attacco contro la nostra zona libera, paracadutando delle truppe a Dien Bien Phu per farne il trampolino di lancio per una ulteriore offensiva.
Il nemico intendeva concentrare le forze ; noi lo obbligammo a disperderle. Demmo inizio ad una serie di violente offensive contro le posizioni lasciate relativamente allo scoperto e lo obbligammo a disperdere le truppe un po' dovunque per parare i nostri colpi. Creammo così le condizioni favorevoli per l'attacco di Dien Bien Phu, il più potente campo trincerato dell'Indocina, giudicato imprendibile dallo stato maggiore franco-americano. Decidemmo di strangolare il nemico entro Dien Bien Phu. Vi facemmo affluire il nostro corpo di combattimento, e mobilitammo le risorse umane e materiali delle retrovie per garantirci la vittoria in prima linea. Dopo 55 giorni e 55 notti di combattimenti, l'Esercito popolare del Viet Nam realizzò il più importante fatto d'armi di tutta la guerra di liberazione: la distruzione della guarnigione di Dien Bien Phu. Questa grande battaglia, che modificò il corso degli avvenimenti, contribuì in modo decisivo al successo della Conferenza di Ginevra.
Nel luglio del 1954, la conclusione degli Accordi di Ginevra ristabiliva la pace in Indocina sul rispetto, della sovranità, dell'indipendenza, e dell'integrità territoriale del Viet Nam, della Cambogia e del Laos. In seguito a questi Accordi il Nord Viet Nam si trova oggi, coi suoi 13 milioni di abitanti, interamente libero. Questo successo costituiva il coronamento di quasi un secolo di lotta per la liberazione nazionale, e in particolare dei nove anni della dura guerra di resistenza sostenuta dal popolo vietnamita. Segnò invece la vergognosa disfatta degli imperialisti francesi e americani, e dei loro lacché. Ma ancora oggi la metà del nostro paese vive sotto il giogo degli imperialisti americani e dell'autorità di Ngo Dinh Diem. Lungi dall'essere compiuta, la lotta del nostro popolo per la sua liberazione nazionale prosegue, con metodi pacifici.

3. I problemi fondamentali della nostra guerra di liberazione La guerra di liberazione del popolo vietnamita era una guerra giusta, che mirava a riconquistare l'indipendenza e l'unità della Patria, ad ottenere e ad assicurare ai contadini il diritto alla terra, e a difendere le conquiste della Rivoluzione di Agosto. Così questa guerra fu anzitutto una guerra di popolo. Educare, mobilitare, organizzare, armare tutto il popolo in modo che partecipasse alla Resistenza fu un problema decisivo.
Il nemico della nazione vietnamita era l'imperialismo aggressore, questo il nemico da abbattere. Ma nella misura in cui ormai da lungo tempo era collegato ai proprietari fondiari feudali, l'obbiettivo antimperialista non poteva assolutamente dissociarsi dall'obbiettivo antifeudale. D'altro canto, in un paese coloniale arretrato come il nostro, in cui i contadini rappresentano l'enorme maggioranza della popolazione, la guerra di popolo doveva essenzialmente presentarsi nella forma di una guerra sostenuta dai contadini sotto la guida della classe operaia. Mobilitare e organizzare tutto il popolo significava mobilitare e organizzare le masse contadine, e il problema della terra assumeva importanza decisiva. Quindi, alla luce di una analisi esauriente, la guerra di liberazione del popolo vietnamita si presenta, nella sua essenza, come una rivoluzione nazionale democratica popolare armata, i cui due obbiettivi fondamentali ed essenziali consistevano nel rovesciamento dell'imperialismo e della classe dei proprietari fondiari feudali.
L'obbiettivo antimperialista era peraltro basilare.

Paese coloniale arretrato, appena sollevatosi per proclamare la propria indipendenza ed instaurare il potere popolare, il Viet Nam disponeva solamente di forze armate organizzate di recente, senza esperienza e male equipaggiate. Di contro il nemico era costituito da una potenza imperialista che, nonostante la recente occupazione tedesca, conservava tuttavia un potenziale economico e militare piuttosto considerevole, e che godeva inoltre di un attivo sostegno da parte degli Stati Uniti. Sul piano materiale, il rapporto di forze metteva in chiara evidenza la nostra debolezza e la potenza del nemico. La guerra di liberazione del popolo vietnamita doveva dunque, per poter creare le condizioni della vittoria, caratterizzarsi come una resistenza di lunga durata particolarmente ardua. Ogni concezione nata dall'impazienza e mirante ad ottenere una vittoria rapida non poteva essere che un grave errore. Era necessario invece attenersi risolutamente alla strategia della resistenza di lunga durata, esaltare la volontà di cercare la salvezza mediante le proprie forze, preservare ed accrescere a poco a poco le nostre forze, attaccando reiteratamente e distruggendo progressivamente quelle nemiche. Era necessario accumulare migliaia di piccoli successi per pervenire ad una grande vittoria. Solo a questo prezzo era per noi possibile modificare il rapporto di forze, passare dall'iniziale inferiorità alla superiorità e conseguire la vittoria finale.
Il nostro Partito seppe ben presto identificare le caratteristiche di questa guerra: guerra di popolo e guerra di lunga durata. La risoluzione di tutti i problemi che sorsero durante la dura guerra di resistenza fu basata su questa valutazione, che ci condusse infine alla vittoria.

Dal punto di vista della direzione militare, tanto la nostra strategia quanto la nostra tattica dovevano essere adeguate ad una guerra di popolo e ad una resistenza di lunga durata.
Abbiamo già posto in evidenza come la nostra strategia consistesse nel sostenere una lotta a lunga scadenza. In via di principio una guerra di questo tipo comporta diverse fasi, la fase difensiva, la fase dell'equilibrio delle forze e quella della controffensiva generale. In concreto, il suo svolgimento può essere, secondo le condizioni particolari proprie di ciascuna parte, più mosso e complesso. Solo una guerra di lunga durata poteva consentirci di sfruttare al massimo i nostri vantaggi politici, di superare i nostri limiti materiali, in modo da uscire dalla iniziale debolezza e da divenire più forti. Preservare ed accrescere le forze è il principio a cui ci siamo attenuti, attaccando solo quando la vittoria era certa, evitando battaglie che avrebbero potuto costarci perdite, rifiutandoci ad ogni azione avventuristica. Era imperativamente necessario applicare la parola d'ordine: rafforzarci sempre di più attraverso il combattimento stesso.
Anche le forme di combattimento dovevano essere adeguate alla situazione, era nostro compito in altri termini portare al massimo lo spirito combattivo e vincere la superiorità materiale del nemico con l'eroismo delle nostre truppe. Forma essenziale, soprattutto all'inizio della guerra, fu la guerriglia, che ottenne nel teatro operativo vietnamita grandi vittorie: poteva essere applicata tanto sulla montagna quanto nel delta, con armi buone o mediocri, a volte anche senza armi, e doveva infine permetterci di procurarci l'equipaggiamento a spese del nemico. Ovunque fosse presente il nemico, là tutta la popolazione vi prendeva parte: ogni comune aveva il suo dispositivo di difesa, così come ogni distretto aveva le sue truppe regionali che combattevano sotto la direzione del comitato locale del Partito e del potere popolare, coordinando la propria azione con l'esercito regolare al fine di logorare o di annientare le truppe nemiche.
Con lo sviluppo delle nostre forze, la guerriglia si trasformò ben presto in guerra di movimento - una forma di guerra di movimento ancora fortemente impregnata delle caratteristiche della guerriglia, ma che doveva divenire in seguito, sul fronte principale, quello del Nord, la forma essenziale di combattimento. In questo processo di sviluppo della guerriglia e di acquisizione di una sempre maggiore importanza della guerra di movimento, il nostro esercito popolare si rafforzò sempre più. Da combattimenti impegnati con gli effettivi di un drappello o di una compagnia, passò successivamente a campagne di notevole ampiezza, che rendevano necessaria l'entrata in azione di diverse divisioni. A poco a poco, il suo armamento migliorò, essenzialmente mediante le armi strappate al nemico, agli imperialisti francesi e americani.
Dal punto di vista militare la guerra di liberazione del popolo vietnamita ha provato che un esercito popolare, insufficientemente equipaggiato, ma in lotta per una giusta causa, e in possesso di una strategia ed una tattica corrente, è assolutamente in grado di vincere un esercito moderno di aggressori imperialisti.

Per quanto concerne la direzione dell'economia di guerra, nel quadro di un paese agricolo impegnato in una resistenza di lunga durata come nel caso del Viet Nam, il problema delle retrovie non poteva porsi se non nella forma dell'edificazione di basi di resistenza nelle campagne. L'incremento e la difesa della produzione, lo sviluppo dell'agricoltura erano problemi di estrema importanza, tanto per l'approvvigionamento del fronte, quanto per il progressivo miglioramento delle condizioni di vita della popolazione. Anche il problema dell'industria bellica era naturalmente all'ordine del giorno.
La politica agraria del Partito svolgeva un ruolo determinante nell'edificazione delle basi rurali e nel consolidamento delle retrovie, in modo da dare ulteriore impulso alla Resistenza. Questo problema faceva tutt'uno d'altro canto con l'obbiettivo antifeudale della rivoluzione. La questione nazionale in un paese coloniale si presenta essenzialmente come questione contadina; l'accrescimento delle forze della Resistenza era quindi intimamente connesso con la risoluzione del problema agrario.
La Rivoluzione d'Agosto aveva rovesciato lo Stato feudale. Con la riduzione dei tassi di affittanza e dei tassi di interesse il potere popolare assicurò ai contadini i primi vantaggi materiali. Le terre accaparrate dagli imperialisti e dai traditori furono confiscate e suddivise. Le terre e le risaie comunali furono ripartite in modo più equo. A partire dal 1953, il Partito, ritenendo necessario promuovere in modo più attivo il conseguimento dell'obbiettivo antifeudale, decise di realizzare la riforma agraria nel corso stesso della guerra di resistenza - linea che si rivelò corretta, malgrado certe insufficienze nell'applicazione, e che fu coronata da successo. Gli effettivi vantaggi materiali di cui vennero a godere i contadini accrebbero ancora di più nel popolo e nell'esercito la entusiastica volontà di proseguire nella guerra di resistenza.
Grazie a questa corretta politica agraria, la vita del popolo è, nonostante le innumerevoli difficoltà della guerra di resistenza, in generale migliorata, non solo nelle vaste zone libere del Nord, ma perfino nelle basi di guerriglia del Sud.
La guerra di liberazione del popolo vietnamita ha provato che l'edificazione di basi di resistenza nelle campagne è particolarmente importante, e che la rivoluzione antimperialista e la rivoluzione antifeudale sono intimamente collegate e non possono in alcun modo venire dissociate.

Dal punto di vista politico, l'unione di tutto il popolo, la mobilitazione di ogni energia a sostegno della Resistenza presentavano un problema di fondamentale importanza: era il problema del Fronte nazionale unito contro gli imperialisti e i loro lacché, i traditori vietnamiti.
Nel Viet Nam il nostro Partito ha conseguito un grande successo nella sua politica di fronte. Fin dagli anni difficili della seconda guerra mondiale, diede vita alla Lega per l'Indipendenza del Viet Nam. In questo periodo, e analogamente nei primi anni della guerra di resistenza, il Partito abbandonò temporaneamente la parola d'ordine della rivoluzione agraria e si limitò a promuovere la riduzione dei tassi di affittanza e dei tassi di interesse, il che permise di neutralizzare una parte della classe dei proprietari terrieri e di ottenere l'appoggio alla nostra causa dei suoi elementi patriottici.
All'indomani della Rivoluzione d'Agosto, il Partito, mediante la sua politica per la piú ampia unità del fronte unito, neutralizzò gli elementi esitanti della classe dei proprietari terrieri e arginò così il sabotaggio dei fautori del Viet Nam Quoc Dan Dang (Partito nazionalista del Viet Nam).
Più tardi, quando lo sviluppo stesso della Resistenza impose categoricamente la riforma agraria, il Partito attuò una suddivisione della classe dei proprietari terrieri, stabilendo per ogni categoria di proprietari un trattamento adeguato al loro atteggiamento politico, in base al principio della liquidazione del regime di appropriazione feudale delle terre.
Il Fronte unito ottenne anche grandi successi nella realizzazione dell'unità di tutti i gruppi nazionali e importanti risultati nella conquista dell'appoggio delle confessioni religiose.
Il Fronte nazionale unito doveva costituire un vasto organismo politico: doveva ottenere l'adesione di tutte le forze da cui poteva essere ottenuta, neutralizzare tutte quelle che potevano essere neutralizzate, dividere tutte quelle che potevano essere divise, rivolgere il momento fondamentale della lotta contro il nemico fondamentale della rivoluzione, l'imperialismo invasore. Doveva inoltre essere fondato sull'alleanza degli operai e dei contadini e posto sotto la direzione della classe operaia. Nel Viet Nam l'alleanza degli operai e dei contadini ha dietro a sé un brillante passato e solide tradizioni, nella misura in cui il Partito della classe operaia è stato il solo partito politico a combattere risolutamente in ogni circostanza per l'indipendenza nazionale, ed il primo ad avanzare la parola d'ordine "la terra a chi la lavora" e a lottare fermamente per tradurla nella realtà. Tuttavia nei primi anni della Resistenza, in mancanza di una adeguata valutazione di tutta l'importanza della questione contadina, non fu accordata sufficiente attenzione al problema della alleanza degli operai e dei contadini. Questa lacuna fu successivamente colmata, soprattutto a partire dal momento in cui il Partito decise, mediante la realizzazione della riforma agraria, di fare dei contadini gli autentici padroni delle campagne. Con la vittoria nella guerra di resistenza e i successi ottenuti nella riforma agraria, il Partito ha reso l'indipendenza alla metà del paese e dato la terra ai contadini; l'alleanza degli operai e dei contadini si è così andata rafforzando di giorno in giorno.
La guerra di liberazione del popolo vietnamita ha provato che, di fronte ad un nemico potente e aggressivo, la vittoria può essere assicurata solo dall'unità di tutta Ia nazione nell'ambito di un solido ed ampio Fronte nazionale unito basato sull'alleanza degli operai e dei contadini.

4. Le ragioni del successo Nel Viet Nam la guerra di liberazione ha conseguito una grande vittoria. Nel Nord, ormai completamente libero, gli imperialisti sono stati scacciati, la classe di proprietari terrieri liquidata, e la popolazione avanza a passi sicuri sulla via dell'edificazione del socialismo, il che costituirà al tempo stesso un saldo appoggio per la riunificazione pacifica della Patria.
La guerra di liberazione del popolo vietnamita è stata vittoriosa perché era una guerra giusta, sostenuta per l'indipendenza e l'unità della Patria, per i veri interessi della nazione e del popolo. Questo suo carattere ha indotto tutto il popolo a partecipare attivamente alla Resistenza e a tollerare ogni sacrificio per la vittoria finale.
La guerra di liberazione del popolo vietnamita è stata vittoriosa perché avevamo a disposizione una forza armata rivoluzionaria di popolo, il valoroso Esercito popolare del Viet Nam. Edificato sulla base della linea politica del Partito, il nostro Esercito, che aveva sempre condotto un perseverante lavoro politico nei confronti dei suoi membri, fu sempre animato da una combattività a tutta prova e seppe sempre applicare la strategia e la tattica della guerra popolare. Sviluppatosi dal nulla, il nostro Esercito contava nelle sue file l'élite operaia, contadina, studentesca ed intellettuale rivoluzionaria, e si era formato dalle organizzazioni patriottiche delle masse popolari. Nato dal popolo, ha combattuto per il popolo, esercito diretto dal Partito della classe operaia.
La guerra di liberazione del popolo vietnamita è stata vittoriosa poiché avevamo a disposizione un solido ed ampio Fronte Nazionale Unito, che riuniva tutte le classi rivoluzionarie, tutte le nazionalità del paese, tutti i patrioti, edificato sulla base dell'alleanza degli operai e dei contadini, e sotto la direzione del Partito.
La guerra di liberazione del popolo vietnamita è stata vittoriosa poiché avevamo a disposizione un potere popolare nato dalla Rivoluzione d'Agosto e sempre più saldamente radicato. Questo potere si manifestava nella forma di un governo d'alleanza di classe, di alleanza di classi rivoluzionarie, e soprattutto di alleanza degli operai e dei contadini; si trattava dunque di una dittatura democratica popolare, di fatto della dittatura degli operai e dei contadini, sotto la direzione del Partito. Il potere popolare aveva fatto tutto quanto stava in lui per mobilitare ed organizzare tutto il popolo nella lotta di resistenza, ed aveva inoltre ottenuto vantaggi materiali effettivi per il popolo, non solo nelle zone liberate, ma anche nelle basi di guerriglia poste nelle retrovie nemiche.

Tutti questi elementi hanno fatto sì che la guerra di liberazione del popolo vietnamita sia stata coronata da una grande vittoria; tuttavia l'elemento fondamentale è consistito nel fatto che questa guerra è stata organizzata e diretta dal Partito della classe operaia: il Partito Comunista Indocinese divenuto oggi il Partito dei Lavoratori del Viet Nam. È stato il Partito che, alla luce del marxismo-leninismo, ha proceduto ad una corretta analisi della società vietnamita e del rapporto di forze esistente tra il nemico e noi, per definire gli obbiettivi fondamentali della rivoluzione nazionale democratica popolare, per decidere l'apertura della lotta armata e la linea generale della guerra di liberazione: la resistenza di lunga durata, la salvezza mediante le proprie forze. Il Partito ha inoltre correttamente risolto i problemi posti dall'organizzazione e dalla direzione di un esercito popolare, di un potere popolare, di un Fronte nazionale unito, e ha instillato nel popolo e nell'esercito una conseguente coscienza rivoluzionaria, persuadendo la nazione intera a superare ogni difficoltà, a tollerare ogni privazione, e a combattere fino in fondo la lunga e dura guerra di resistenza. Il nostro Partito, con alla sua testa il presidente Ho Chi Minh, ha pienamente acquisito il diritto di dirigere la classe operaia, il popolo e la nazione. Il Presidente Ho Chi Minh, guida del Partito e della Nazione, è il simbolo stesso delle tradizioni di lotta e di indomabilità del popolo vietnamita.
Se la guerra di liberazione del popolo vietnamita ha conseguito una grande vittoria, ciò lo si deve anche al fatto che non abbiamo combattuto soli, ma con il sostegno dei popoli progressisti del mondo intero, in primo luogo di quelli dei paesi fratelli e dell'Unione Sovietica in particolare. La vittoria del popolo vietnamita non potrebbe essere concepita, qualora la si dissociasse dai prestigiosi successi dei paesi socialisti e del movimento di liberazione nazionale, dalle vittorie dell'Armata Rossa Sovietica durante la seconda guerra mondiale, e del popolo cinese nel corso degli ultimi anni, dalla simpatia infine e dal sostegno dei popoli amanti del progresso, fra cui il popolo francese sotto la guida del Partito Comunista Francese, e i popoli d'Asia e d'Africa.

La vittoria del popolo vietnamita è la vittoria di un paese coloniale piccolo e debole, privo di esercito regolare, che si è levato in una lotta armata contro l'aggressione di una potenza imperialista in possesso di un esercito moderno e spalleggiata dagli imperialisti americani. Questo paese coloniale è riuscito a instaurare e a salvaguardare un regime di democrazia popolare e si è aperto la strada verso il socialismo. Si tratta di uno dei grandi avvenimenti storici del movimento di liberazione nazionale e del movimento rivoluzionario proletario che si sono determinati nella nuova con-giuntura internazionale venutasi a creare dopo la seconda guerra mondiale, nell'epoca di transizione dal capitalismo al socialismo, nell'epoca della disgregazione dell'imperialismo. La guerra di liberazione del popolo vietnamita ha contribuito a mettere in evidenza questa nuova verità storica: nell'odierna congiuntura internazionale, un popolo debole che si levi a combattere risolutamente per la sua libertà è del tutto in grado di battere i suoi nemici, quali che siano, e di strappare la vittoria finale.
Questa grande verità guida ed esalta nell'ora attuale il popolo vietnamita sul cammino della lotta per la pace, il socialismo, l'unità e l'indipendenza della Patria, cammino che lo condurrà infallibilmente a nuove vittorie.

II. Guerra del popolo esercito del popolo L'Esercito popolare del Viet Nam festeggia il 22 dicembre 1959 il quindicesimo anniversario della sua fondazione. Vorrei in questa occasione parlarvi brevemente sul tema della lotta e dell'edificazione delle forze armate rivoluzionarie del Viet Nam. Vorrei al tempo stesso porre in evidenza i punti fondamentali caratteristici della linea politica militare del Partito d'avanguardia della classe operaia e del popolo vietnamita, il Partito Comunista Indocinese diventato oggi il Partito dei Lavoratori del Viet Nam.
Come è stato chiarito dal marxismo-leninismo, "la storia di ogni società fino ai nostri giorni è stata la storia delle sue lotte di classe." Queste lotte possono assumere tanto l'aspetto politico quanto quello armato, nella misura in cui la lotta armata non è che la continuazione della lotta politica. In una società divisa in classi distinguiamo due tipi di politica : la politica delle classi e delle nazioni sfruttatrici ed oppressive e quella delle classi e delle nazioni sfruttate ed oppresse. Possiamo anche quindi distinguere due tipi di guerre, due tipi di Stati, di eserciti diametralmente opposti, gli uni rivoluzionari, popolari e giusti, gli altri controrivoluzionari, antipopolari e ingiusti.
La Rivoluzione d'Ottobre russa ha segnato l'avvento di un nuova era nella storia dell'umanità. Ha fatto la sua apparizione uno Stato di tipo nuovo, quello della dittatura del proletariato, quello degli operai e dei contadini, dei lavoratori, e dei popoli sovietici finalmente liberi. Anche un esercito di tipo nuovo faceva la sua apparizione, l'Armata Rossa, autentico esercito di popolo, posto sotto la direzione del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Nato nel seno della Rivoluzione d'Ottobre e temprato nelle battaglie che le tennero dietro, l'Armata Rossa doveva diventare in breve tempo il piú potente esercito del mondo, sempre pronto a difendere la Patria sovietica, primo stato degli operai e dei contadini.

In Asia, la rivoluzione nazionale democratica del popolo cinese assumeva, dopo la prima guerra mondiale e sotto la felice influenza della Rivoluzione russa, uno sviluppo prestigioso. Per ottenere la propria libertà il popolo cinese si levava con coraggio per diverse decine di anni nella lotta armata. In questa guerra rivoluzionaria, intessuta tutta di eroismo e di sacrifici, è sorto e si è sviluppato l'Esercito di liberazione cinese, anch'esso esercito di tipo nuovo, autenticamente popolare, posto sotto la direzione del Partito Comunista Cinese.
Con i suoi quindici anni l'Esercito popolare del Viet Nam è un esercito rivoluzionario giovane. Si è sviluppato nel corso della guerra di liberazione nazionale del popolo vietnamita dal cui stesso seno è sorto, ed ha attualmente il compito glorioso di difendere l'edificazione socialista nel Nord e di contribuire al tempo stesso a farne una potente base per la riunificazione pacifica del paese. Anch'esso è un esercito di tipo nuovo, un esercito autenticamente popolare, posto sotto la direzione del Partito della classe operaia del Viet Nam.
In URSS, in Cina e in Viet Nam le guerre e gli eserciti rivoluzionari si assomigliano, per le loro fondamentali caratteristiche comuni: la loro natura popolare e rivoluzionaria, la giusta causa di cui sono al servizio.

La guerra e l'esercito rivoluzionari vietnamiti hanno tuttavia caratteristiche specifiche. Fin dall'inizio infatti, nell'Unione Sovietica, la guerra rivoluzionaria ha trovato collocazione nell'ambito di una rivoluzione socialista; si è svolta d'altro canto in un paese indipendente, dotato di una economia industriale moderna già abbastanza sviluppata, e che, sotto il regime socialista, ha avuto ulteriore e continuo sviluppo. Quanto alla guerra della Cina, permase durante un lungo periodo nell'ambito della rivoluzione democratica nazionale di un paese semicoloniale, paese inoltre immensamente vasto e popolato da più di seicento milioni di abitanti.
La guerra rivoluzionaria del Viet Nam viceversa, benché si ponesse, come quella cinese, gli obbiettivi della rivoluzione nazionale democratica, se ne differenziava per il fatto di svolgersi in un paese coloniale, paese inoltre molto piú piccolo della Cina tanto per l'estensione quanto per la popolazione.
Così la storia della lotta armata e dell'edificazione delle forze armate nel Viet Nam non è altro che la storia di una piccola nazione sottoposta alla dominazione coloniale, priva di un vasto territorio e di una popolazione numerosa, che ha dovuto levarsi, nonostante l'iniziale mancanza di un esercito regolare, contro le forze aggressive di una potenza imperialista, riuscendo infine a trionfarne, liberando la metà del paese e riuscendo ad avviarlo sulla via del socialismo. Quanto alla politica militare del Partito d'avanguardia della classe operaia vietnamita, fu un'applicazione del marxismo-leninismo alle concrete condizioni della guerra di liberazione in un paese coloniale.

1 Il Viet Nam è uno dei paesi del Sud-Est Asiatico che ha una storia molto antica. Con i suoi 330.000 km2 e i suoi 25 milioni di abitanti, con la sua posizione geografica che si stende lungo il Pacifico, è oggi uno degli avamposti del mondo socialista.
Nel corso della sua storia plurimillenaria, la nazione vietnamita ha resistito vittoriosamente a più riprese alle invasioni dei signori feudali cinesi, e può essere orgogliosa delle sue tradizioni di lotta e di indomabilità per la salvaguardia della sua indipendenza.
L'imperialismo francese, dopo avere invaso il Viet Nam nella seconda metà del secolo XIX, ne fece una colonia. Da allora, la lotta contro l'imperialismo francese si estese sempre più, i sollevamenti, malgrado la repressione, si succedettero gli uni agli altri, ottenendo la partecipazione di strati sempre più ampi appartenenti a tutte le classi sociali.
Nel 1930 fu fondato il Partito Comunista Indocinese, e il movimento di liberazione nazionale prese, sotto la sua direzione ferma e lungimirante, nuovo slancio. Dopo dieci anni di eroica lotta politica il Partito promuove, quasi agli inizi della seconda guerra mondiale, la preparazione della lotta armata, aprendo la guerriglia e cercando di creare una zona libera. Il movimento antigiapponese per la salvezza nazionale sfocia, nel suo irresistibile slancio, nelle gloriose giornate della Rivoluzione d'Agosto 1945. L'intero popolo vietnamita, levatosi come un solo uomo nella insurrezione vittoriosa, instaura, favorito dai grandi avvenimenti che caratterizzano in quel periodo la situazione internazionale - la vittoria dell'Armata Rossa Sovietica e delle forze alleate sul fascismo nipponico - il potere popolare. Nasce la Repubblica Democratica del Viet Nam, la prima democrazia popolare del Sud-Est Asiatico.
La situazione politica del Viet Nam era allora particolarmente difficile e complessa. Le truppe di Chiang Kai-shek erano penetrate nel Nord e quelle della Gran Bretagna nel Sud del paese per disarmare i giapponesi che, durante il periodo immediatamente successivo alla capitolazione, mantenevano ancora tutto il loro armamento. In queste condizioni gli imperialisti francesi scatenarono, all'indomani della creazione della Repubblica Democratica, una guerra di riconquista, nella speranza di ristabilire il loro dominio sul Viet Nam.

Il popolo vietnamita, in risposta all'appello del Partito e del Governo con alla testa il Presidente Ho Chi Minh, si levò come un solo uomo per difendere la Patria. Aveva così inizio una guerra sacra per la liberazione del paese. Non era tuttavia persa ogni speranza di regolamento pacifico: nel marzo del 1946 fu concluso un Accordo preliminare in vista della cessazione delle ostilità tra i governi della Repubblica Democratica del Viet Nam e della Francia. Ma i colonialisti francesi vi vedevano solo un mezzo di dilazione, e così violarono senza vergogna l'Accordo appena sottoscritto occupando una dopo l'altra diverse regioni. Nel dicembre del 1946 la guerra si estendeva a tutto il paese. Sarebbe infuriata per nove anni, i nove anni successivi alla fine della seconda grande guerra, ma sarebbe terminata con la brillante vittoria del popolo vietnamita.

La nostra guerra di liberazione fu una guerra di popolo, una guerra giusta. Questa caratteristica essenziale ne avrebbe determinato le leggi e ne avrebbe deciso l'esito finale.
Il generale Leclerc, primo comandante del Corpo di spedizione francese, riteneva nei primi tempi che le operazioni per la rioccupazione del Viet Nam avrebbero costituito solo una passeggiata militare. I generali francesi considerarono debole, e certo limitata nel tempo, la resistenza contro cui si scontrarono all'inizio nel Sud, e continuarono a pensare che sarebbero state loro necessarie tutt'al più dieci settimane per occupare e pacificare tutto il Sud Viet Nam. Quale la ragione di affermazioni di questo genere? I colonialisti francesi ritenevano che per far fronte alla loro aggressione fosse necessario un esercito, e di fatto l'esercito a disposizione del Viet Nam era appena stato creato, era ancora numericamente debole, male organizzato, inquadrato da ufficiali e da sottufficiali senza esperienza, dotato di un equipaggiamento ad un tempo vecchio ed insufficiente, con una scorta di munizioni molto limitata, senza carri armati, aerei, né artiglieria. Come sostenere una seria resistenza con un esercito di questo tipo, come respingere gli attacchi della potente II Divisione blindata? Tutt'al più avrebbe esaurito la sua scorta di munizioni prima di decidersi a deporre le armi. Di fatto l'Esercito vietnamita era allora debole sotto ogni punto di vista, privo di tutto ; i colonialisti sotto questo aspetto avevano ragione. Ma un fatto fondamentale e determinante sfuggiva necessariamente alle loro considerazioni, il fatto che l'esercito vietnamita fosse, benché materialmente molto debole, un esercito di popolo. Il fatto era che la guerra del Viet Nam non si limitava ad opporre due eserciti; provocando le ostilità, i colonialisti aggressori si scontravano con l'opposizione di tutto il paese, e di fatto tutto il popolo vietnamita si levò contro di loro. L'incapacità di valutare questa profonda verità fece credere ai generali francesi alla possibilità di conseguire una facile vittoria, mentre invece andavano incontro ad una sicura sconfitta. Presumevano di riuscire in una tranquilla riconquista, mentre il popolo del Viet Nam doveva avere ragione delle loro forze.

Vi sono strateghi borghesi che ancora oggi si meravigliano dell'esito della guerra di Indocina, e si domandano quali siano i motivi che hanno consentito alla nazione vietnamita di sconfiggere una potenza imperialista come la Francia, spalleggiata dagli interventisti americani. Hanno tentato di spiegare questa straordinaria realtà attraverso la correttezza della strategia e della tattica adottate, attraverso le forme di combattimento adeguate al tipo di guerra e attraverso l'eroismo dell'Esercito popolare del Viet Nam. Evidentemente questi fattori hanno contribuito tutti al felice esito della guerra di resistenza, ma alla domanda: come ha potuto vincere il popolo vietnamita?, la risposta più esatta e più completa, la risposta migliore può essere solo questa: il popolo vietnamita ha vinto perché la sua guerra di liberazione era una guerra di popolo.
Quando la resistenza si estese a tutto il paese il Partito Comunista Indocinese nelle sue direttive sottolineò che avrebbe dovuto essere opera di tutto il popolo: questa linea racchiude tutto il segreto della vittoria.
La nostra guerra di resistenza era una guerra di popolo, poiché i suoi obbiettivi politici consistevano nello spezzare il giogo imperialista per riconquistare l'indipendenza nazionale e nel rovesciare la classe di proprietari feudali per dare la terra ai contadini, in altri termini nel risolvere radicalmente le due contraddizioni della società vietnamita, - contraddizione fra la nazione e l'imperialismo da un lato, contraddizione tra il popolo, essenzialmente i contadini, e la classe dei proprietari feudali dall'altro, - e nell'aprire la via del socialismo alla rivoluzione vietnamita.
Il Partito così, dirigendo con fermezza la strategia e la tattica della rivoluzione nazionale democratica, indicò al popolo gli obbiettivi da raggiungere: indipendenza e democrazia. Non era d'altro canto sufficiente avere individuato obbiettivi del tutto conformi alle aspirazioni fondamentali del popolo; era ancora necessario ricorrere ad ogni mezzo per illuminare le masse popolari, per educarle ed incoraggiarle, per organizzarle nella lotta per la salvezza nazionale. Il Partito tutto si consacrò a questo lavoro, al collegamento di tutte le forze nazionali, all'ampliamento e al consolidamento del fronte nazionale unito, il Fronte Viet Minh poi Fronte Lien Viet, magnifico esempio della più ampia unione degli strati popolari nella lotta antimperialista in un paese coloniale. Questo fronte in effetti comprendeva le forze patriottiche di tutte le classi e di tutti gli strati sociali, anche dei proprietari terrieri progressisti, tutte le nazionalità del paese, maggioritarie o minoritarie, patrioti appartenenti ad ogni confessione religiosa. "L'unione, la grande unione, per la vittoria, la grande vittoria": questa parola d'ordine fu lanciata dal Presidente Ho Chi Minh e divenne, durante la lunga e dura guerra di resistenza, una realtà, una grande realtà.

Avevamo di fronte una guerra di popolo che si svolgeva in un paese colonizzato da lunga data. Così il fattore nazionale fu qui di importanza fondamentale: era necessario ottenere l'appoggio di tutte le forze in grado di dare il loro contributo per rovesciare gli imperialisti e i loro lacché. D'altro canto questa guerra si svolgeva in un paese agricolo arretrato, in cui i contadini rappresentavano la grande maggioranza della popolazione e le forze essenziali tanto della Rivoluzione quanto della Resistenza. Era quindi necessario che i rapporti fra la questione nazionale e la questione contadina fossero definiti chiaramente, e che la soluzione per fasi successive del problema agrario, strumento fondamentale di mobilitazione delle grandi masse contadine, fosse considerata uno fra i fattori essenziali e decisivi della vittoria. Il Partito, sempre attento agli interessi dei contadini, incominciò col promuovere la riduzione dei tassi di affittanza e di interesse; in seguito, appena la situazione si fu stabilizzata, promosse con grande decisione la mobilitazione delle masse per realizzare, mediante la riforma agraria, la distribuzione della terra ai contadini, e quindi salvaguardare e rafforzare la Resistenza.
Nel corso degli anni di guerra si manifestarono diverse tendenze sbagliate, sia che ci si occupasse unicamente dell'organizzazione e dell'incremento delle forze armate, trascurando la mobilitazione e l'organizzazione delle masse popolari; sia che ci si occupasse della mobilitazione del popolo per la guerra, senza preoccuparsi con serietà dei suoi interessi immediati e quotidiani, sia ancora che si badasse a soddisfare gli interessi immediati della popolazione in generale, senza accordare sufficiente attenzione a quelli dei contadini. Il Partito ha lottato con decisione contro tutte queste tendenze sbagliate. Per portare la guerra di resistenza alla vittoria, era necessario preoccuparsi del rafforzamento dell'esercito, badando tuttavia a non trascurare la mobilitazione e l'educazione del popolo, l'allargamento e il consolidamento del Fronte nazionale unito; era necessario mobilitare le masse per la guerra di resistenza, badando tuttavia a non trascurare la soddisfazione dei loro interessi immediati, il miglioramento delle loro condizioni di vita, soprattutto per quanto riguardava le masse contadine. Un Fronte nazionale unito, che si basasse, sotto la direzione del Partito, sull'alleanza degli operai e dei contadini, era così un'assoluta necessità.

Gli obbiettivi della guerra popolare vietnamita richiedevano l'adozione di una strategia e di una tattica appropriate, che si basassero sulle caratteristiche del nemico e nostre, sulle concrete condizioni del campo di battaglia, e sul rapporto delle forze in campo. In altri termini, una strategia e una tattica adatte a una guerra di popolo in un paese coloniale economicamente arretrato.
In primo luogo, questa strategia doveva essere la strategia di una guerra di lunga durata. Non che tutte le guerre rivoluzionarie, tutte le guerre popolari debbano necessariamente assumere questo carattere; se fin dall'inizio le condizioni sono favorevoli al popolo e il rapporto di forze è favorevole alla rivoluzione, la guerra rivoluzionaria può risolversi vittoriosamente in un breve giro di tempo. Ma la guerra di liberazione del popolo vietnamita aveva inizio in condizioni del tutto differenti: avevamo a che fare con un nemico molto più forte e questo rapporto di forze ci privava, con ogni evidenza, della possibilità di impegnare battaglie decisive subito dopo l'apertura delle ostilità e, a maggior ragione, delle possibilità di bloccare l'aggressione fin dalle prime operazioni di sbarco sul nostro territorio. In breve, una vittoria rapida ci era preclusa.
Solo mediante una lunga e dura guerra di resistenza avremmo a poco a poco potuto logorare le forze del nemico, e al tempo stesso rafforzare le nostre, così da far pendere progressivamente la bilancia delle forze in nostro favore e da strappare infine la vittoria. Non c'era per noi altra via.
La strategia e la parola d'ordine della resistenza di lunga durata furono fissate dal Partito Comunista Indocinese fino dai primi giorni della guerra di liberazione. In questo spirito l'Esercito popolare del Viet Nam prese l'iniziativa, dopo aver impegnato duri e ostinati scontri per le strade delle grandi città, di ripiegamenti strategici verso le campagne, per potervi mantenere le basi e preservare le forze.
La guerra rivoluzionaria di lunga durata comportava schematicamente diverse fasi, la fase della difensiva, quella dell'equilibrio delle forze, infine quella della controffensiva; ma la realtà concreta era naturalmente più complessa. Furono necessari parecchi anni di guerriglia sempre più intensa ed estesa per realizzare l'equilibrio delle forze e per sviluppare il nostro potenziale bellico. Passammo alla controffensiva quando lo permisero la situazione interna e internazionale, all'inizio mediante una serie di operazioni su scala locale, quindi con operazioni di più ampia portata, che avrebbero poi condotto alla decisiva vittoria di Dien Bien Phu.
L'applicazione della strategia della guerra di resistenza di lunga durata richiedeva un grande lavoro educativo, una grande lotta ideologica nel popolo e fra i membri del Partito, un gigantesco sforzo organizzativo dal duplice punto di vista economico militare, sacrifici ed eroismi inauditi nell'esercito come nel popolo, al fronte come nelle retrovie. A volte si manifestavano tendenze errate, miranti a bruciare le tappe per terminare più rapidamente la guerra e ad impegnare importanti forze in rischiose avventure militari. Ma il Partito le corresse con una lotta ostinata e perseverò nella via prefissata. Nei momenti difficili sorsero anche certe esitazioni, ma il Partito le fronteggiò con energia e mantenne salda la sua determinazione di lotta e la fiducia nella vittoria finale.

La guerra popolare di lunga durata del Viet Nam richiedeva anche forme di combattimento adeguate: adeguate alla natura rivoluzionaria della guerra, al rapporto di forze in quel tempo nettamente favorevole al nemico, alle ancora molto deboli basi materiali e tecniche dell'Esercito popolare. La guerriglia era questa forma di combattimento adeguata. È possibile affermare che la guerra di liberazione del popolo vietnamita fu una lunga ed ampia guerriglia che andò via via facendosi sempre più complessa fino a dar luogo, negli ultimi anni della guerra di resistenza, ad una guerra di movimento.
La guerriglia è la forma tipica della guerra combattuta dalle masse popolari di un paese economicamente arretrato, in lotta contro un esercito d'aggressione fortemente equipaggiato e ben sostenuto. Il nemico è forte, lo si evita; è debole, lo si attacca; al suo armamento moderno si oppone, per conseguire la vittoria, un eroismo illimitato che si traduce in operazioni di logoramento e di annientamento del nemico, secondo le circostanze ; si attua al tempo stesso una combinazione delle operazioni militari con l'azione politica ed economica; non vi è linea di demarcazione fissa, il fronte è dappertutto, là dove si trova il nemico.
Concentrazione di truppe, per realizzare una schiacciante superiorità ove il nemico si trovi abbastanza allo scoperto e per poter così distruggere le sue forze vive; iniziativa, duttilità, rapidità, sorpresa, prontezza nell'attacco e nel ripiegamento. Finché il rapporto strategico di forze permane sfavorevole, concentrare risolutamente le proprie truppe per ottenere una superiorità assoluta in un combattimento in un dato luogo a un dato momento. Logorare a poco a poco il nemico con piccole vittorie, e al tempo stesso preservare ed accrescere le proprie forze. Concretamente, non perdere assolutamente di vista che l'obbiettivo fondamentale dei combattimenti consiste nella distruzione del potenziale umano del nemico e che bisogna quindi evitare combattimenti, che, volti alla conservazione ad ogni costo del terreno, abbiano come conseguenza delle perdite. E ciò al solo fine di potere recuperare in seguito i territori occupati e di poter liberare completamente il paese.
Nella guerra di liberazione vietnamita, la guerriglia si estese in tutte le regioni temporaneamente occupate dal nemico. Ogni abitante divenne un soldato; ogni villaggio una fortezza; ogni cellula di Partito, ogni Comitato amministrativo di comune uno stato maggiore.
Tutto il popolo partecipava alla lotta armata combattendo, secondo i principi della guerriglia, in piccoli drappelli, ma sempre secondo una sola e stessa linea, secondo le stesse direttive, quelle del Comitato Centrale del Partito e del Governo.
A differenza di numerosi altri paesi che sostennero guerre rivoluzionarie, il Viet Nam nei primi anni di lotta non impegnò, né l'avrebbe potuto, battaglie regolari, ma si attenne alla guerriglia. Tuttavia, a prezzo di mille difficoltà e di sacrifici innumerevoli, la guerriglia andò progressivamente sviluppandosi per dar vita a una forma di guerra di movimento di sempre più ampia portata e che, pur conservando certe caratteristiche della guerriglia, comprendeva già campagne regolari in cui avevano una parte sempre più grande gli attacchi a posizioni fortificate. Limitandosi inizialmente a piccoli scontri con effettivi di un drappello o di una compagnia per annientare gruppi più o meno ridotti di forze nemiche, il nostro esercito passò in seguito a combattimenti di maggiore ampiezza con effettivi di un battaglione o di un reggimento per distruggere una o più compagnie nemiche; infine diede vita a campagne sempre più ampie, mettendo in campo diversi reggimenti, e quindi diverse divisioni, per finire a Dien Bien Phu dove il Corpo di spedizione francese perse 16.000 uomini delle sue truppe scelte. Questo processo di sviluppo permise al nostro esercito di progredire con passo sicuro sulla via della vittoria.
Guerra di popolo, guerra di lunga durata, guerra di guerriglia che a poco a poco si sviluppano in una guerra di movimento, questi gli insegnamenti più preziosi della guerra di liberazione del Viet Nam. Fu seguendo questa linea che il Partito guidò la guerra di resistenza alla vittoria. Dopo tremila giorni di combattimento, di difficoltà e di sacrifici, il nostro popolo fu in grado di sconfiggere gli imperialisti francesi e gli interventisti americani. Oggi nella metà del paese che è stata liberata, piú di quattordici milioni di compatrioti cicatrizzano, con la creatività del loro lavoro, le terribili ferite lasciate in eredità dalla guerra, ricostruiscono il paese ed edificano il socialismo, mentre continua in tutto il paese la lotta per portare a compimento la rivoluzione nazionale democratica e per riunificare la Patria sulla base dell'indipendenza e della democrazia.

2 Dopo aver descritto a grandi linee la guerra di liberazione sostenuta dal popolo vietnamita contro gli imperialisti francesi e americani, parlerò dell'Esercito popolare del Viet Nam.
Forza armata del popolo vietnamita, è nato e si è sviluppato nel fuoco della guerra di liberazione nazionale. I distaccamenti di autodifesa creati dai Soviet del Nghe An che riuscirono a conservare il potere per alcuni mesi durante l'ondata rivoluzionaria degli anni 1930-1931 costituirono il primo embrione. Tuttavia la creazione di forze armate rivoluzionarie non fu presa in reale considerazione se non all'inizio della seconda guerra mondiale, quando la preparazione dell'insurrezione armata assunse una posizione di primo piano nelle nostre preoccupazioni. Le nostre formazioni militari e paramilitari fecero allora la loro prima apparizione in occasione della sollevazione di Bac Son e nelle basi rivoluzionarie della regione di Cao Bang.

Dopo la creazione della sezione dell'Esercito di Salvezza nazionale, il 22 dicembre 1944 fu creata un'unità che prese il nome di sezione di propaganda dell'Esercito di Liberazione del Viet Nam. La nostra base di guerra, organizzata nella illegalità, era allora limitata ad alcuni distretti delle province di Cao Bang, Bac Can, Lang Son, nella giungla del Nord. Quanto alle forze armate rivoluzionarie, non comprendevano ancora globalmente se non unità popolari di autodifesa e pochi gruppi e sezioni interamente sollevati dal lavoro produttivo. I loro effettivi si accrebbero rapidamente e all'inizio del 1945, quando si verificò il colpo di forza dei fascisti giapponesi contro i colonialisti francesi, potevano già essere annoverate alcune migliaia di guerriglieri. Quando poi il potere popolare fu instaurato nelle regioni rurali delle sei province del Viet Bac, dichiarate zona libera, le preesistenti organizzazioni militari si fusero per dare vita all'Esercito di liberazione del Viet Nam.

Durante l'Insurrezione di Agosto, l'Esercito di liberazione contribuì, assieme al popolo e ai distaccamenti di autodifesa, a conseguire la conquista del potere, e vide i suoi effettivi in rapido aumento, grazie all'incorporazione delle forze paramilitari che si erano costituite nel corso delle gloriose giornate d'Agosto. Con un materiale quanto mai eterogeneo, strappato ai Giapponesi e ai loro miliziani Bao-an, - solo fucili, di sedici tipi differenti, fra cui vecchi modelli francesi, e perfino moschetti delle forze zariste recuperati dai Giapponesi - questo giovane esercito così male equipaggiato dovette immediatamente far fronte all'aggressione del Corpo di spedizione francese dotato di un armamento moderno. In contropartita di un materiale tanto arretrato, l'esercito e il popolo vietnamita dovevano mostrare di possedere una totale abnegazione e un eroismo sovrumano.
Se i nemici andavano all'attacco di regioni in cui erano stanziate nostre truppe, ne subivano la resistenza; se poi dilagavano in ampie zone sprovviste di formazioni regolari, era il popolo stesso a levarsi contro la loro avanzata con armi rudimentali, bastoni, lance, falci, archi, balestre, fucili ad avancarica. Fin dai primi giorni si videro dunque sorgere tre tipi di formazioni militari: le organizzazioni paramilitari o guerrigliere, le truppe regionali e le unità regolari, espressione, sul piano organizzativo, della politica di mobilitazione generale del popolo in armi; queste diverse formazioni cooperavano strettamente per annientare il nemico.
Contadini, operai e intellettuali affluirono nei ranghi delle forze armate della Rivoluzione. Quadri direttivi del Partito e dell'apparato statale si improvvisarono ufficiali. La grande difficoltà da risolvere era il problema dell'equipaggiamento. In tutto il Viet Nam non vi era una sola officina di materiale bellico, e da circa ormai un secolo ogni forma di detenzione e di uso di armi era stata sempre rigorosamente proibita dall'amministrazione coloniale; importarne era infine impossibile, per l'ostilità dei paesi limitrofi alla Repubblica Democratica del Viet Nam. Unica fonte di rifornimento, il fronte: era necessario prendere il materiale al nemico per rivolgerglielo contro. Così, pur proseguendo l'aggressione contro il Viet Nam, il Corpo di spedizione francese assolveva un altro compito: diventava, suo malgrado, il fornitore di armi francesi e anche americane dell'esercito popolare vietnamita. Malgrado i prodigiosi sforzi, le officine belliche, costruite in seguito con mezzi di fortuna, non furono mai in grado di soddisfare a tutti i nostri bisogni, e quindi gran parte del nostro materiale militare continuò a provenire dal bottino di guerra.

Ho già accennato al fatto che all'inizio l'Esercito vietnamita non poté impegnarsi in combattimenti che superassero il livello di effettivi di un drappello o di una compagnia. Le forze regolari, a un certo momento, avevano dovuto parzialmente frazionarsi in compagnie autonome per favorire l'estensione della guerriglia, anche se, parallelamente, erano stati conservati battaglioni mobili per azioni di maggiore importanza. Dopo ogni combattimento vittorioso le forze armate popolari facevano un passo avanti.
Temprandosi nei combattimenti, stimolate dalle vittorie, le formazioni dei guerriglieri crearono le condizioni per un accrescimento delle truppe regionali, accrescimento che a sua volta, favoriva lo sviluppo delle forze regolari. Per nove anni di seguito, il nostro esercito popolare si è rafforzato, attraverso questo sistema eroico e irto di difficoltà, con la sua stessa volontà di vincere ad ogni costo, divenendo un esercito
forte di centinaia di migliaia di uomini, articolato in reggimenti e in divisioni, e tendente ad una progressiva standardizzazione dell'organizzazione e dell'equipaggiamento. Questa forza, politicamente sempre più cosciente e sempre meglio organizzata militarmente, riuscì a combattere e a sconfiggere i cinquecentomila uomini del Corpo di spedizione francese equipaggiati e riforniti dagli Stati Uniti.

L'Esercito vietnamita è effettivamente un esercito nazionale. Combattendo l'imperialismo e i traditori che si erano posti al suo servizio, ha combattuto per l'indipendenza nazionale e l'unità del paese. Conta nelle sue file i migliori figli del Viet Nam, i patrioti più sinceri provenienti da tutte le classi rivoluzionarie, da tutte le nazionalità indipendentemente dalla loro consistenza numerica. È un degno simbolo del risveglio irresistibile della coscienza nazionale e dell'unità di tutto il popolo vietnamita nella lotta contro l'aggressore imperialista.
Il nostro esercito è un esercito democratico. Infatti combatte per gli interessi democratici del popolo, per la difesa del potere democratico popolare. Informato a principi democratici nella sua organizzazione politica, è retto con disciplina rigorosa ma liberamente accettata.
Il nostro esercito è un esercito di popolo. Del popolo difende gli interessi fondamentali, in primo luogo quelli dei lavoratori, degli operai e dei contadini. Dal punto di vista della sua composizione sociale comprende una grande maggioranza di combattenti scelti d'origine contadina e operaia, e di intellettuali fedeli alla causa rivoluzionaria.
È un autentico esercito di popolo, l'esercito dei lavoratori, degli operai e dei contadini, diretto dal Partito della classe operaia. Durante tutta la guerra di liberazione nazionale i suoi obbiettivi di lotta furono gli stessi del Partito e del popolo: l'indipendenza della nazione e la terra a chi la lavora. Da quando è tornata la pace, l'esercito ha la missione, in quanto strumento della dittatura del proletariato, di difendere la rivoluzione socialista e l'edificazione del socialismo nel Nord, di sostenere la lotta politica per la riunificazione pacifica del paese e di contribuire al consolida-mento della pace nell'Indocina e nel Sud-Est Asiatico.
Nel primo di dieci punti del suo Giuramento d'onore, il combattente dell'Esercito popolare del Viet Nam giura:
"di sacrificarsi senza riserve per la Patria, di lottare per la causa dell'indipendenza nazionale, della democrazia, del socialismo, sotto la direzione del Partito dei Lavoratori vietnamiti e del Governo della Repubblica Democratica, per la costruzione di un Viet Nam pacifico, riunificato, indipendente, democratico e prospero, e per dare il proprio contributo al rafforzamento della pace nel Sud-Est Asiatico e nel mondo."
È quanto esattamente fa che l'Esercito popolare del Viet Nam sia un autentico figlio del popolo, che, in cambio, non gli lesina né affetto né appoggio. È questa la fonte inesauribile della sua forza.
L'Esercito popolare del Viet Nam è stato creato dal Partito, che non ha mai cessato di preoccuparsi del-la sua formazione e della sua educazione. L'Esercito quindi è sempre stato e sempre rimarrà sotto la direzione del Partito, poiché essa sola ha potuto farne un esercito rivoluzionario, un autentico esercito di popolo. Dal momento della sua creazione, e per tutto il corso del suo sviluppo, l'azione direttiva del Partito si è concretata organizzativamente. L'esercito ha sempre avuto i suoi commissari politici, e, in seno alle unità, i capi militari e politici si assumono le responsabilità che sono di loro pertinenza, sotto la direzione del Comitato del Partito di grado corrispondente.
L'esercito popolare è lo strumento del Partito e dello Stato rivoluzionario per la realizzazione degli aspetti militari degli obbiettivi della rivoluzione. La coscienza profonda degli obbiettivi del Partito, l'illimitata fedeltà alla causa della nazione e della classe operaia, e uno spirito di sacrificio senza riserve sono per l'esercito principi fondamentali e inalienabili. Così il lavoro politico che si svolge nelle sue file ha un'importanza fondamentale. Il lavoro politico è l'anima dell'esercito. Mira, attraverso l'insegnamento dell'ideologia marxista-leninista, ad elevarne la coscienza politica e il livello ideologico, rafforzando la posizione classista dei quadri e dei soldati. Il lavoro politico ha fatto sì che l'esercito abbia compreso, durante la guerra di liberazione, tutta l'importanza della politica di resistenza di lunga durata e della necessità imprescindibile di contare solo sulle proprie forze per superare ogni difficoltà. Il lavoro politico ha anche consentito all'esercito di comprendere fino in fondo il significato della mobilitazione delle masse per la successiva realizzazione della riduzione delle rendite e della riforma agraria, provvedimenti che a loro volta ebbero un effetto decisivo sul morale delle truppe. Dall'inizio della nuova fase, apertasi con il ristabilimento della pace, il lavoro politico s'impernia sulla linea della rivoluzione socialista al Nord e della lotta per la riunificazione del paese.
Ma non è tutto. Il lavoro politico riguarda anche la corretta esecuzione, in seno all'esercito, delle linee programmatiche del Partito e del Governo, l'instaurazione di buoni rapporti con la popolazione e tra gli uomini di truppa e di quadri. Mira anche a mantenere e a rafforzare la combattività, a unificare l'autentico patriottismo con l'internazionalismo proletario, a sviluppare l'eroismo rivoluzionario e la grande tradizione del nostro esercito, espressa dal motto: "risoluto a combattere, determinato a vincere." Il lavoro politico assume la forma tanto del lavoro di propaganda e di educazione delle masse, quanto del lavoro di organizzazione delle istanze del Partito nell'ambito dell'esercito. Abbiamo sempre rivolto una attenzione speciale al rafforzamento, nelle unità militari, delle organizzazioni del Partito, cui hanno aderito dal 35 al 40% degli ufficiali e degli uomini di truppa, e fino al 90% dei quadri.
L'Esercito popolare del Viet Nam ha sempre prestato la massima attenzione a stabilire e a mantenere buoni rapporti col popolo. A fondamento di ciò sta la identità nei loro obbiettivi di lotta: popolo ed esercito sono completamente votati nella lotta contro il nemico, per salvare la Patria e garantire il pieno successo nell'opera di liberazione della nazione e della classe operaia. Il popolo costituisce per l'esercito ciò che l'acqua è per il pesce: questa espressione è piena di significato. Il nostro Esercito ha combattuto al fronte, ma ha anche fatto del suo meglio per educare e aiutare il popolo. Il combattente vietnamita si è sempre preoccupato di osservare il punto 9 del suo Giuramento d'onore.

"Nei contatti col popolo conformarsi alle tre raccomandazioni:
• Rispettare il popolo
• Aiutare il popolo
• Difendere il popolo...
per guadagnarsene la fiducia e l'affetto, e per realizzare una perfetta intesa tra il popolo e l'esercito."

Il nostro esercito ha sempre organizzato giornate di aiuto ai contadini nei lavori dei campi, e nella lotta contro le inondazioni o la siccità. Ha sempre mantenuto un atteggiamento corretto nelle relazioni col popolo: mai è stato di pregiudizio ai suoi beni, fossero anche solamente un ago o una gugliata di filo. In particolare durante la guerra di resistenza, fece di tutto per difendere, nelle retrovie del nemico, la vita ed i beni di tutti; nelle regioni appena liberate, poi, il rispetto rigoroso delle consegne del Partito e del Governo gli guadagnò l'appoggio senza riserve delle più ampie masse, anche nelle regioni abitate dalle minoranze nazionali e nei villaggi cattolici. Dopo il ritorno della pace, migliaia di quadri e soldati hanno preso parte ai grandi movimenti per la realizzazione della riforma agraria, per la collettivizzazione agricola e la trasformazione socialista dell'artigianato, dell'industria e del commercio privato. Ha preso parte attivamente all'opera di riassestamento dell'economia. Ha partecipato alle giornate di lavoro straordinario per l'edificazione socialista, alla costruzione delle vie di comunicazione, all'opera di dissodamento delle terre per la costruzione di fattorie di stato. Ha costruito da sé le sue caserme.

L'esercito popolare del Viet Nam si è sempre preoccupato di stabilire e mantenere buoni rapporti tanto fra quadri e soldati, quanto fra gli stessi quadri. Ufficiali e uomini di truppa, provenienti dalle classi lavoratrici, servono ambedue la causa della nazione e della classe operaia, anche se, evidentemente, con le funzioni e responsabilità specifiche, che in nessun caso hanno messo in discussione i rapporti di cameratismo fondati sulla eguaglianza politica e la fraternità di classe. I quadri amano i loro soldati, ed è loro dovere non solo guidarli nel lavoro e negli studi, ma anche prendere in considerazione i loro problemi personali, i loro desideri, le loro iniziative. Quanto ai soldati, debbono rispettare i loro superiori ed eseguire correttamente tutti i loro ordini. Gli ufficiali dell'esercito popolare debbono essere di esempio sotto tutti i punti di vista. Mostrarsi risoluti, coraggiosi, assicurare la disciplina e la democrazia interna, realizzare una perfetta unità tra gli uomini, tutto ciò fa parte dei loro compiti. Nei confronti delle loro unità debbono comportarsi come capi, come dirigenti. Base di questi rapporti tra uomini di truppa ed ufficiali, fra i quadri, o fra gli stessi soldati, è la solidarietà nel combattimento, il reciproco affetto che nasce tra compagni d'armi, questo amore ad un tempo puro e sublime, messo alla prova e foggiato nella battaglia per la difesa della Patria e del popolo.

Come richiede il punto 2 del Giuramento d'onore: il combattente è tenuto ad eseguire rigorosamente gli ordini dei suoi superiori e a dedicarsi corpo ed anima all'immediato e stretto adempimento degli ordini che gli sono affidati.

L'Esercito popolare del Viet Nam pratica una stretta disciplina e insieme un'ampia democrazia interna.
È chiaro che la guerriglia esigeva una disciplina severa, poiché, se è vero che richiedeva ai quadri e ai dirigenti di lasciare ad ogni unità o ad ogni regione un certo margine di iniziativa per intraprendere ogni azione giudicata opportuna, non è men vero che a un certo livello si rivelavano sempre necessari un comando unificato e una direzione centralizzata.
Una disciplina di questo genere non è in alcun modo in contraddizione con la democrazia interna delle nostre truppe. L'applicazione dei principi del centralismo democratico è di regola, tanto nella vita delle cellule, dei Comitati esecutivi di Partito di differente grado quanto nelle riunioni plenarie delle unità combattenti. I fatti hanno mostrato che quanto più la democrazia è rispettata all'interno delle unità, tanto più se ne rafforza l'unione, si eleva il senso di disciplina, gli ordini vengono eseguiti. È la combattività dell'esercito a trarne il massimo giovamento.

Il ristabilimento della pace ha creato nel Viet Nam una situazione nuova. Il Nord è completamente libero, mentre il Sud vive sotto il giogo degli imperialisti americani e dei loro agenti. Mentre il Nord è entrato nella fase della rivoluzione socialista, nel Sud continua la lotta per la liberazione dei ceppi coloniali e feudali. Trascurare il problema delle forze di difesa nazionale sarebbe - di fronte ai problemi della salvaguardia della pace e dell'edificazione socialista, dell'opera necessaria a fare del Nord un saldo baluardo per la riunificazione pacifica del paese - cosa assurda, tanto più che l'Esercito popolare deve far fronte alle mire belliciste degli imperialisti americani e dei loro lacché, e quindi deve progressivamente costituirsi secondo i criteri di un esercito regolare moderno.

In primo luogo è importante porre in evidenza come, pur nel processo di trasformazione in un esercito regolare e moderno, l'esercito regolare vietnamita resti purtuttavia un esercito rivoluzionario, un esercito di popolo. È quanto differenzia radicalmente l'esercito regolare moderno di popolo del Nord dall'esercito di Ngo Dinh Diem, anch'esso regolare e moderno, ma controrivoluzionario, antipopolare, strumento dei nemici del popolo. L'Esercito popolare deve necessariamente dedicare la massima attenzione al rafforzamento della direzione del Partito e del lavoro politico; deve lavorare per ottenere un consolidamento ancora maggiore dell'unità tra i quadri e i soldati, tra le truppe e il popolo; deve elevare il senso di disciplina liberamente accettata, e al tempo stesso salvaguardare la democrazia interna. In questo senso il Partito non ha mai cessato, nel corso degli ultimi anni, di accordare una particolare importanza alle attività delle sue organizzazioni per il lavoro politico nell'Esercito. Ufficiali, sottufficiali e uomini di truppa, hanno tutti seguito i corsi di educazione politica intesi a chiarire meglio i compiti della rivoluzione socialista e della lotta per la riunificazione nazionale, a consolidarne la funzione di classe e a rafforzarne l'ideologia marxista-leninista. Si tratta qui di un problema particolarmente importante, tanto più che l'Esercito popolare si è sviluppato in un paese agricolo, e conta nelle sue fila una grossa maggioranza di braccianti e di piccoli borghesi delle città. Certo i nostri combattenti hanno goduto di un'educazione politica perseverante, ed il loro morale si è temprato nella lotta; ma malgrado questo, resta pur sempre necessaria la lotta contro l'influenza dell'ideologia borghese e piccolo-borghese. Grazie al rafforzamento del lavoro ideologico, l'esercito è diventato un efficace strumento al servizio della dittatura del proletariato, di una fedeltà illimitata alla causa della rivoluzione socialista e della riunificazione nazionale. I nuovi progressi realizzati sul piano politico hanno trovato piena espressione nel movimento "superiamo con rapidi passi le norme del programma," ampio movimento di massa che si sviluppa nelle nostre truppe, parallelamente allo sviluppo del movimento di emulazione socialista fra i lavoratori del Nord Viet Nam.

È cosa della massima importanza trasformare, mediante un continuo rafforzamento della sua coscienza politica, l'Esercito popolare in un esercito regolare moderno. Favorito dallo sviluppo verificatosi negli ultimi anni della guerra di resistenza, il nostro esercito, formato dapprima solo di forze di fanteria, si è trasformato in un esercito composto da differenti armi. In questo senso se il problema del miglioramento, dell'equipaggiamento e della tecnica è importante, quello dei quadri e dei soldati che se ne debbono servire lo è ancora maggiormente. Il nostro esercito si è sempre preoccupato del perfezionamento degli ufficiali e dei sottufficiali di estrazione operaia e contadina, o intellettuali rivoluzionari provati nella lotta. L'esercito cerca di aiutarli ad elevare il loro livello culturale e tecnico, così che possano divenire capaci ufficiali e sottufficiali di un esercito regolare moderno.
Per elevare la combattività dell'esercito, per realizzare una adeguata centralizzazione del comando e uno stretto coordinamento fra le varie armi, è indispensabile porre in vigore regolamenti adeguati ad un esercito regolare. Non è che non si sia fatto nulla in questo ambito durante gli anni della resistenza; si tratta piuttosto di portare a compimento la messa a punto dei regolamenti già esistenti. L'essenziale è di non perdere di vista che ogni innovazione ai regolamenti deve trarre ispirazione dal carattere popolare dell'esercito e dalla necessità assoluta di mantenere la direzione del Partito. Assieme ai regolamenti generali, è stato promulgato anche lo statuto degli ufficiali; un computo in denari si è sostituito alla vecchia indennità in natura; il problema delle ricompense e delle decorazioni ha trovato regolamentazioni complementari. Tutte queste misure hanno avuto l'effetto di rafforzare la disciplina e l'unità fra le truppe, e di accentuare il senso di responsabilità presso gli ufficiali, i sottufficiali e i soldati.
L'istruzione militare costituisce, assieme all'educazione politica, un compito di fondamentale importanza nell'edificazione dell'esercito in tempo di pace. Acquisiscono particolare importanza tanto il problema del modo di sostenere il combattimento quanto quello di reperire un pensiero tattico e principi tattici adeguati. Si tratta di fare la sintesi delle esperienze passate, di analizzare esattamente le condizioni concrete del nostro esercito dal punto di vista dell'organizzazione e dell'equipaggiamento, ed insieme le condizioni della nostra base economica, del terreno del paese, terreno di foreste e di giungle, di pianure e di risaie. Si tratta di assimilare esattamente la scienza militare moderna degli eserciti dei paesi fratelli. Imponenti e continui sforzi s'impongono nell'ambito dell'istruzione delle truppe e della formazione dei quadri.
Per molti anni l'Esercito popolare del Viet Nam era basato sulla coscrizione volontaria: quadri e soldati si impegnavano volontariamente a tempo indeterminato, e l'esercito ingrossava le sue file mediante l'afflusso della gioventù migliore, sempre pronta a rispondere all'appello della Patria. Dopo il ritorno della pace si è reso necessario il ricorso al servizio militare obbligatoria; sostituzione che ha ricevuto accoglienze particolarmente calorose da parte della popolazione. Buona parte dei volontari hanno raggiunto, dopo il congedo, campi e fabbriche; altri prestano servizio in unità distaccate al lavoro produttivo, prendendo così parte attiva all'edificazione socialista. L'attuazione della coscrizione obbligatoria si realizza sulla base del consolidamento e dello sviluppo delle organizzazioni di autodifesa già esistenti nei comuni, nelle fabbriche, nelle scuole. I membri di queste organizzazioni paramilitari sono preparati non solo a unirsi all'esercito, di cui costituiscono una riserva di eccezionale importanza, ma anche a garantire la sicurezza e la difesa delle regioni in cui si trovano.
Come durante la guerra di liberazione nazionale, nel cui fuoco era nato e sorto, l'Esercito popolare non avrebbe potuto essere dissociato dalla realtà della guerra di liberazione, così, attualmente, il suo sviluppo non potrebbe essere in alcun modo dissociato dall'edificazione del socialismo nel Nord, né dalla lotta del popolo per un Viet Nam riunificato, indipendente e democratico. Certo dell'affetto e dell'appoggio popolare, in questi giorni di pace come in guerra, l'Esercito popolare condurrà in porto il suo compito: difendere la pace e la Patria.

3 Come si è già detto, la storia della guerra di liberazione nazionale del popolo vietnamita, la storia dell'esercito popolare del Viet Nam è la storia della vittoria di una nazione debole, di un popolo coloniale levatosi contro le forze d'aggressione di una potenza imperialista. Questa vittoria è anche la vittoria del marxismo-leninismo applicato alla lotta rivoluzionaria armata di un paese coloniale, la vittoria del Partito della classe operaia nella direzione rivoluzionaria tanto nel-la sua fase nazionale democratica quanto nella sua fase socialista.
Il Partito d'avanguardia della classe operaia vietnamita, con alla testa il Presidente Ho Chi Minh, la grande guida del popolo e della nazione, ha saputo organizzare e dirigere il popolo vietnamita ed il suo esercito fino alla vittoria. Mediante un uso corretto del marxismo-leninismo, applicato alla rivoluzione nazionale democratica in un paese coloniale, il Partito ha operato una analisi esatta delle contraddizioni della società e ha chiaramente definito gli obbiettivi fondamentali della rivoluzione. A proposito del problema della guerra di liberazione nazionale, ha saputo esaminare dialetticamente i rapporti di forze presenti e individuare la strategia e la tattica appropriate. Sempre mediante un uso corretto del marxismo-leninismo, ha creato e diretto un eroico esercito popolare, e non ha mai cessato di instillare lo spirito rivoluzionario, l'autentico patriottismo proletario nel popolo e nell'esercito.
Il Partito ha saputo assimilare le preziose esperienze della Rivoluzione d'Ottobre che ha mostrato, mediante la costituzione dell'Armata Rossa Sovietica, il cammino della libertà non solo ai lavoratori dei paesi capitalistici, ma anche ai popoli coloniali. Anche le esperienze della Rivoluzione e dell'Esercito di liberazione cinese hanno arricchito le teorie della rivoluzione democratica nazionale, della guerra e dell'esercito rivoluzionario in un paese semicoloniale. Il loro prestigioso esempio ha sempre illuminato il cammino della lotta e delle vittorie del popolo vietnamita. Facendo proprie le inestimabili esperienze dell'Unione Sovietica e della Cina Popolare, il nostro Partito ha tuttavia sempre tenuto conto della concreta realtà della guerra rivoluzionaria quale si svolgeva nel Viet Nam, il che gli ha consentito di arricchire a sua volta le teorie della guerra e dell'esercito rivoluzionario.
Nell'ora attuale le forze dei paesi socialisti, l'Unione Sovietica alla testa, hanno raggiunto sul piano internazionale una potenza fin qui sconosciuta; il movimento di liberazione nazionale si trova d'altro canto in pieno sviluppo in tutto il mondo: le possibilità di realizzare una pace durevole nel mondo sono quindi più grandi. Ciononostante l'imperialismo continua sempre i preparativi di guerra e cerca di rafforzare le alleanze militari aggressive. Così mentre la situazione internazionale conosce una certa distensione, il Sud-Est Asiatico permane uno dei focolai di tensione mondiali. L'imperialismo americano non desiste dal rafforzare il suo intervento militare e politico nel Sud del nostro paese. Una analoga politica interventista persegue anche nel Laos, cercando di fare di questo paese una colonia ed una base militare in vista di una nuova guerra di aggressione.
Il popolo vietnamita, profondamente amante della pace, fa ogni sforzo, assieme al suo esercito, per attuare una politica di disarmo, diminuire la tensione e instaurare una pace durevole. Ma il popolo vietnamita deve al tempo stesso, assieme al suo esercito, raddoppiare la vigilanza, rafforzare la sua combattività, sviluppare il suo potenziale difensivo, e contribuire a rinsaldare i legami fraterni tra i popoli e le forze armate rivoluzionarie dei paesi socialisti. Il popolo vietnamita ed il suo esercito sono fermamente decisi ad adempiere ai loro sacri obblighi: difendere l'opera della rivoluzione socialista e dell'edificazione del socialismo nel Nord del paese, proseguire la lotta per la riunificazione pacifica della Patria, tenersi pronti a spezzare ogni tentativo imperialista di provocare una guerra d'aggressione, e contribuire alla salvaguardia della Pace nel Sud-Est Asiatico e nel mondo.

Prefazione all'edizione cubana

È per noi un altissimo onore premettere poche parole a questo libro basato sugli scritti del generale Vo Nguyen Giap, attualmente vice-primo ministro, ministro della difesa nazionale e comandante in capo dell'esercito popolare della Repubblica Democratica del Viet Nam. Il generale Giap parla con l'autorità che gli conferiscono la sua lunga esperienza personale e quella del Partito nella lotta di liberazione. Quest'opera, che ha di per sé un'attualità permanente, riveste il massimo interesse in considerazione della tumultuosa serie di avvenimenti verificatisi in questi ultimi tempi in quella regione dell'Asia, e delle controversie sorte sull'adeguato ricorso alla lotta armata come mezzo per risolvere le contraddizioni insanabili esistenti tra sfruttatori e sfruttati in determinate situazioni storiche.
I combattimenti che sostennero con tanto successo e per lunghissimi anni gli eserciti eroici e l'intero popolo del Viet Nam, si ripetono ora; il Viet Nam del Sud è sul piede di guerra; la parte del paese tornata al suo legittimo padrone, il popolo vietnamita, è sempre più prossima alla vittoria. Anche quando i nemici imperialisti minacciano l'invio di migliaia di uomini, i temerari parlano dell'impiego dell'arma atomica tattica e il generale Taylor viene nominato ambasciatore presso la cosiddetta "Repubblica del Viet Nam del Sud," nonché, tacitamente, comandante supremo delle forze che tenteranno di liquidare la guerra del popolo; anche così nulla potrà impedire la loro disfatta. A brevissima distanza, nel Laos, è scoppiata la guerra civile, provocata sempre dalle manovre dei nordamericani, sostenuti, in un modo o nell'altro, dagli alleati di sempre, mentre il regno neutrale di Cambogia, che fa parte, come i fratelli Laos e Viet Nam, della cosiddetta ex-Indocina Francese, è oggetto di violazioni di frontiera e di attacchi permanenti, a motivo della sua salda posizione di difesa della neutralità e del proprio diritto a vivere da nazione sovrana.
Per tutti questi motivi l'opera che presentiamo varca i limiti di un semplice episodio storico determinato, per acquistare validità per tutta quella zona; e, inoltre, i problemi che il libro suscita hanno un'importanza tutta particolare per la maggior parte dei popoli dell'America Latina sottoposti al dominio dell'imperialismo nordamericano, senza contare l'enorme interesse che potrebbe avere la sua conoscenza per tutti i popoli dell'Africa, che di giorno in giorno sostengono lotte sempre più aspre, ma sempre ripetutamente vittoriose, contro colonialisti d'ogni specie.
Il Viet Nam ha caratteristiche tutte sue particolari; una civiltà antichissima e una lunga tradizione di regno indipendente, con tratti distintivi propri e con una cultura autonoma. Nella prospettiva della sua storia millenaria, l'episodio del colonialismo francese non è che una goccia d'acqua. Indubbiamente le sue qualità fondamentali e quelle opposte dell'aggressore sono analoghe, in linea di massima, alle contraddizioni insanabili che si presentano in tutto il inondo soggetto, e analoghe sono le forme di soluzione; Cuba, senza conoscere questi scritti, né gli altri che sono apparsi con la narrazione delle esperienze della rivoluzione cinese, iniziò il cammino della sua liberazione con metodi simili e con il successo che oggi è dato a tutti di vedere.
Quest'opera, perciò, pone questioni di interesse generale per il mondo in lotta per la propria liberazione. Si possono riassumere così: la fattibilità della lotta armata in condizioni particolari che abbiano annullato i metodi pacifici della lotta di liberazione; di che genere la lotta armata debba essere in località con ampie estensioni di terreno favorevole alla guerra di guerriglia e con popolazione contadina maggioritaria o comunque ingente.
Benché il libro sia basato su una ricompilazione di vari articoli, una sua certa unità è innegabile, mentre certe ripetizioni non fanno che apportare un maggior vigore all'insieme.
Nel testo si tratta della guerra di liberazione del popolo vietnamita; della definizione di questa lotta come guerra del popolo e del suo braccio esecutivo come esercito del popolo; dell'esposizione delle grandi esperienze del Partito nella direzione della lotta armata e nell'organizzazione delle forze armate rivoluzionarie. Il capitolo conclusivo tratta dell'episodio definitivo della contesa, Dien Bien Phu, in cui le forze di liberazione si qualificano maggiormente e passano alla guerra di posizione, sbaragliando anche su questo terreno il nemico imperialista.
L'opera si apre con la narrazione di come, al termine della guerra mondiale conclusasi con il trionfo dell'Unione Sovietica e delle potenze alleate d'Occidente, la Francia si beffò di tutti gli accordi, creando una situazione di tensione estrema in tutto il paese. I metodi pacifici e razionali di risolvere le controversie dimostrarono sempre più la loro inutilità, finché il popolo non imboccò la strada della lotta armata in cui, date le caratteristiche del paese, il maggior ruolo toccò ai contadini. Era infatti una guerra di caratteristiche contadine, per i luoghi fondamentali dell'azione e per la composizione fondamentale dell'esercito, ma era una guerra diretta dall'ideologia del proletariato, confermando ancora una volta l'alleanza operaia-contadina come fattore fondamentale della vittoria. Anche se nei primi momenti, a motivo delle caratteristiche della lotta anticolonialista e antimperialista, si trattò di una lotta di tutto il popolo e di una gran moltitudine di persone la cui estrazione non corrispondeva esattamente alle definizioni classiche del contadino povero o dell'operaio, tuttavia si inseriva ottimamente nella lotta di liberazione; un po' per volta si vennero a definire i rispettivi campi e cominciò la lotta antifeudale, che intanto acquistava il suo autentico carattere antimperialista, anticolonialista e antifeudale, dando come risultato l'instaurarsi di una rivoluzione socialista.
La lotta di massa fu utilizzata in tutto il corso della guerra dal Partito vietnamita. Fu utilizzata, in primo luogo, perché la guerra di guerriglia non è altro che un'espressione della lotta di massa e non la si può pensare isolata dal suo mezzo naturale, che è il popolo; guerriglia, in questo caso, significa l'avamposto numericamente inferiore della gran maggioranza del popolo che non possiede armi, ma che, nella sua avanguardia, appunto, esprime la volontà del trionfo. La lotta di massa fu inoltre utilizzata nelle città, in ogni momento, come arma imprescindibile per lo sviluppo della lotta; è anche importante far notare che mai, in tutto il corso dell'azione per la liberazione del popolo vietnamita, la lotta di massa abdicò minimamente ai suoi diritti per accogliere determinate concessioni del regime; non parlamentò mai su mutue concessioni, chiari la necessità di ottenere determinate libertà e determinate garanzie senza alcuna contropartita, evitando cosi che in molti settori la guerra si facesse anche più crudele di quanto già non la rendessero i colonialisti francesi. Questo significato della lotta di massa nel suo carattere dinamico, senza compromessi, dà un'importanza fondamentale alla comprensione del problema della lotta di liberazione nell'America Latina.
Il marxismo fu applicato coerentemente alla situazione storica concreta del Vietnam e proprio per questo i vietnamiti, guidati da un Partito d'avanguardia, fedele al suo popolo e conseguente nella sua dottrina, strapparono una vittoria tanto clamorosa contro gli imperialisti.
Le caratteristiche della lotta, il fatto cioè di dover cedere terreno e attendere molti anni prima di vedere il frutto della vittoria finale, con alti e bassi, flussi e riflussi, sono quelle tipiche di una guerra prolungata.
Per tutto il tempo della lotta si può dire che il fronte si sia trovato dov'era il nemico; a un dato momento il nemico occupava quasi tutto il paese e il fronte era disseminato in tutti i punti dove si trovava il nemico; in seguito si ebbe una delimitazione delle linee di combattimento e allora si ebbe un fronte principale, ma la retroguardia nemica costituiva costantemente un altro terreno di battaglia per le bande in lotta, tanto che la guerra fu totale e mai i colonialisti riuscirono a mobilitare agevolmente, su un solido terreno-base, le proprie truppe d'aggressione contro le zone liberate.
La parola d'ordine "
dinamismo, iniziativa, mobilità, decisione istantanea di fronte alle situazioni nuove" è la somma sintesi della tattica guerrigliera e in queste poche parole si esprime tutta la difficilissima arte della guerra popolare.
In certi momenti le nuove guerriglie, organizzatesi sotto la direzione del Partito, si trovavano però in luoghi in cui la penetrazione francese era fortissima e la popolazione era terrorizzata; in questi casi veniva costantemente praticata quella che i vietnamiti chiamano "la propaganda armata." La propaganda armata non è altro che la presenza delle forze di liberazione in determinati luoghi allo scopo di dimostrare il proprio potere e la propria imbattibilità, immerse nel gran mare del popolo come il pesce nell'acqua. La propaganda armata, perpetuandosi nella zona, catalizzava le masse con la sua presenza e rivoluzionava immediatamente la regione, acquistando nuovi territori da aggiungere a quelli già in mano all'esercito del popolo. E fu così che proliferarono le basi e le zone guerrigliere in tutto il territorio vietnamita; in questo caso la tattica si riassumeva in una parola d'ordine che si può esprimere così: se il nemico si concentra, perde terreno, se si disperde, perde forza; nel momento in cui il nemico si concentra per attaccare di prepotenza, bisogna contrattaccare in tutti i luoghi in cui il nemico ha dovuto rinunciare all'impiego sparso delle proprie forze; se il nemico si volge ad occupare determinate località a piccoli gruppi, il contrattacco avrà luogo a seconda della correlazione in atto in quelle località, ma ancora una volta la forza fondamentale dell'urto nemico si troverà dispersa. Questo è uno degli insegnamenti base che si possono ricavare dalla guerra di liberazione del popolo vietnamita.
Durante la lotta si sono avute tre fasi che, in genere, caratterizzano lo sviluppo della guerra del popolo; si comincia con guerriglie di piccola entità, di straordinaria mobilità, perfettamente diluibili nella geografia fisica e umana della regione; col passar del tempo si producono processi quantitativi che, a un dato momento, danno luogo al salto qualitativo che è la guerra di movimento. A questo punto si hanno in azione gruppi più compatti, che dominano intere zone, e, per quanto dispongano di mezzi maggiori e di una miglior capacità di colpire il nemico, la mobilità resta pur sempre la loro caratteristica fondamentale. Passato un altro periodo di tempo, quando siano maturate le condizioni opportune, si giunge alla tappa conclusiva della lotta, cioè al momento in cui l'esercito si consolida, arrivando persino alla guerra di posizione, come accadde appunto a Dien Bien Phu, puntello della dittatura coloniale.
Nel corso della contesa che, dialetticamente, si sviluppa fino a culminare, con l'attacco a Dien Bien Phu, nella guerra di posizione, si creano zone liberate o semiliberate dal nemico che vengono così a costituire territori dì autodifesa. L'autodifesa è concepita dai vietnamiti anche in senso attivo, come parte di un'unica lotta contro il nemico; le zone di autodifesa si possono difendere da sole contro attacchi di portata limitata, fornendo intanto uomini all'esercito del popolo, mantenendo la sicurezza interna alla regione, mantenendo la produzione e assicurando gli approvvigionamenti alla linea del fronte. L'autodifesa non è che una minima parte di un insieme, ma con caratteristiche speciali: non si potrà mai considerare la zona di autodifesa come un punto a sé stante, ossia, come una regione in cui le forze popolari tentano di difendersi dagli attacchi del nemico mentre tutto il territorio esterno a tale zona resta calmo e tranquillo. Se così accadesse, il focolaio verrebbe agevolmente localizzato, attanagliato e soffocato, a meno che non si passi immediatamente alla prima fase della guerra di popolo, cioè alla lotta delle guerriglie.
Come s'è già detto, tutto il processo della lotta vietnamita dovette basarsi soprattutto sui contadini. In un primo momento la lotta, senza una definizione chiara nei suoi contorni, veniva condotta esclusivamente nell'interesse della liberazione nazionale, ma, un po' alla volta, cominciarono a delimitarsi i vari campi, e la lotta si trasformò in una tipica guerra contadina, mentre si fissava la riforma agraria e si venivano approfondendo le contraddizioni e, anche, la forza dell'esercito del popolo; si ebbe insomma la manifestazione della lotta di classe all'interno della società in guerra. La guerra era diretta dal Partito al fine di annullare la maggior quantità possibile di nemici e di sfruttare al massimo le contraddizioni con il colonialismo degli amici poco sicuri. E così, combinando accortamente le contraddizioni, il Partito riuscì ad approfittare di tutte le forze espresse da questi urti, in modo da conseguire il successo nel minor tempo possibile.
Il compagno Vo Nguyen Giap ci parla anche dello stretto vincolo che lega il Partito all'esercito, dicendoci come, in questa lotta, l'esercito non sia che una parte del Partito guida della lotta. Ci parla anche dello stretto legame esistente a sua volta tra l'esercito e il popolo; come l'esercito e il popolo non siano che la medesima cosa, il che si viene sempre più comprovando con la magnifica sintesi che soleva ricordare Camilo: "l'esercito è il popolo in uniforme." Il corpo armato, durante la lotta e dopo, ha dovuto adottare una tecnica nuova, una tecnica che permettesse di avere la meglio sulle nuove armi del nemico e di respingere ogni genere di offensiva.
Il soldato rivoluzionario ha una disciplina consapevole. Durante tutto il processo, egli si caratterizza essenzialmente per la propria autodisciplina. Intanto nell'esercito del popolo, rispettando tutte le norme dei codici militari, deve esserci una gran democrazia in-terna e una grande uguaglianza nella ripartizione dei beni necessari agli uomini nella lotta
In tutte queste trattazioni, il generale Nguyen Giap insegna ciò che noi già abbiamo avuto modo di conoscere per nostra propria esperienza, esperienza di cui ci si rende conto dopo qualche anno dalla conquista della vittoria da parte delle forze popolari vietnamite, ma che rafforza l'idea della necessità di una profonda analisi dei processi storici del momento attuale. Ciò deve essere fatto alla luce del marxismo, utilizzando tutta la sua capacità creativa, per poterlo adattare alle mutate circostanze dei vari paesi, in tutto dissimili tra loro nell'aspetto esteriore della conformazione, ma identici nella struttura colonizzata, nell'esistenza di un potere oppressivo imperialista e di una classe associata all'imperialismo con strettissimi vincoli. Dopo un'accurata analisi, il generale Giap giunge alla seguente conclusione: "
Nell'attuale congiuntura mondiale, una nazione, anche se piccola e debole, che si levi come un solo uomo sotto la direzione della classe operaia per lottare risolutamente per l'indipendenza e la democrazia, è davvero in grado, moralmente e materialmente, di sconfiggere qualsiasi aggressore. In condizioni storiche determinate, questa lotta può conseguire il successo attraverso una lotta armata di lunga durata - la resistenza di lunga durata."
Queste parole sintetizzano le caratteristiche generali ché deve assumere la guerra di liberazione nei territori soggetti.
Crediamo che la miglior dichiarazione per concludere questa prefazione sia la medesima che usano gli editori di questo libro e che noi accettiamo in pieno: "
Tutti i nostri amici, come noi ancora soggetti alle mire e alle minacce dell'imperialismo, possono trarre da Guerra del popolo esercito del popolo, ciò che ne traiamo noi: nuove ragioni per credere e per sperare."

Comandante Ernesto "Che" Guevara

L'Avana, 1964


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