Fine agosto 2005: l'esercito israeliano sta ultimando le operazioni di sgombero dei territori e tutti i media riportano immagini e racconti dei coloni costretti ad andarsene.
I toni sono accorati, le scene commoventi, ed è bello vedere un'operazione di polizia che - il più delle volte - vede le due parti solidarizzare.
Ma.
Ma - e qui solo per decenza evito una formidabile bestemmia - perché non dire un paio di cose?

1. Queste poche migliaia di coloni (che peraltro hanno lavorato duro, e sofferto: chi lo nega?) hanno occupato una terra che era di altri. Punto.
E se i palestinesi li avessero cacciati o uccisi, avrebbero esercitato il sacrosanto diritto di chi ha visto il luogo in cui è nato occupato da altri.
(E un friulano lo può forse capire meglio di altri, ricordando che la Carnia era stata annessa al Reich e occupata dai cosacchi-caucasici. Kosakenland).

2. E questi giovani, e vecchi, e bambini, e madri, che piangono e si disperano, lo fanno perché "nella Bibbia c'è scritto che questa è la terra promessa agli ebrei."
Non si è mai visto un integralismo religioso così nefasto - altro che jihad islamica! - ma nessuno osa farlo presente.

E tutto è reso ancora più allucinante se si pensa che molti di questi israeliani hanno avuto parenti e amici deportati nei lager e sterminati.

Questi coloni sono dei malfattori e dei fanatici. Responsabili diretti (insieme ad altri, naturalmente) di decenni di sangue (musulmano, ebreo, cristiano, fa differenza?) sparso in Medio Oriente.

E se davvero non si vuole essere razzisti e antisemiti, occorre dirlo con chiarezza.

A. Burgos