Guido Sacconi *

Energia: più verde, più equa



Le questioni energetiche sono questioni di democrazia. Se l'Europa di domani sarà un attore globale per la pace e il progresso, molto lo dovremo alle scelte politiche che faremo in questo campo



Leggendo le anticipazioni fatte dal Presidente Barroso a proposito del pacchetto energia che la Commissione presenterà al Consiglio di Primavera, è impossibile trattenere una certa delusione. Ho visto che lo stesso giudizio è stato espresso da alcune ONG ambientaliste, come Legambiente e WWF. Si poteva, si doveva fare di più.
Ma non sono d'accordo, come alcune associazioni di impresa suggeriscono, che sia una roadmap per il niente.



Gli obbiettivi indicati sono sicuramente poco ambiziosi, ma voglio andare oltre la questione delle cifre. Preferisco ricordare che il punto centrale, quello che troppo spesso viene trascurato, é uno: il mercato comune. Le sue regole, i suoi attori.
È qui che si gioca la partita; è agendo su questi fattori che si può riaprire la possibilità di lavorare efficacemente per raggiungere gli obbiettivi di riduzione delle emissioni.
Le regole sono vecchie, gli attori sono pochi, sempre gli stessi.



In questi anni abbiamo sentito troppe volte dichiarazioni sull'importanza di una riforma del sistema energetico europeo; ma quasi mai ci si è posti il problema di come ridisegnare questo settore affinché gli obbiettivi siano realmente conseguiti.
Il mercato energetico europeo è attualmente costruito intorno ai vecchi monopolisti nazionali, che lottano con le unghie e con i denti per garantirsi una posizione predominante sul nascente mercato comune.



Una riforma del "come" produrre energia, non può prescindere dal "chi" la produrrà. Il compito più importante dell'Europa è costruire un quadro normativo chiaro affinché possano nascere nuovi attori del sistema. La nascita di "produttori di energia verde" è impossibile nell'attuale incertezza di prospettive. Senza garanzie non è possibile spostare risorse, costruire piani di investimenti, strategie industriali, progetti di ricerca.



Un tema che ritengo particolarmente importante è quello che generalmente viene definito il "mix energetico". Ad ogni Stato membro viene difatti riconosciuto il diritto di scegliere la propria via per uscire dall'era dei combustibili fossili. Ma sappiamo anche che per rendere una tecnologia veramente competitiva è necessaria una massa critica di conoscenze e investimenti che spesso non è realizzabile in un solo stato.
La dimensione europea sarà quindi indispensabile per indirizzare gli sforzi nei campi più promettenti, dove sia possibile creare degli standard efficienti ed esportabili.



Un'ultima cosa, forse la più importante: le questioni energetiche sono questioni di democrazia. Democrazia in Europa e democrazia internazionale. Non possiamo affrontare questi temi ponendoci solo dal punto di vista dell'efficienza del mercato. E non possiamo nemmeno limitarci a guardare all'aspetto ambientale.
Non esistono solo soluzioni più o meno efficienti, più o meno verdi: esiste anche un gradiente politico e valoriale. Ci sono soluzioni eque e soluzioni inique, soluzioni di destra e soluzioni di sinistra. Se l'Europa di domani sarà un attore globale per la pace e il progresso, molto lo dovremo alle scelte politiche che faremo nel campo dell'energia.



Il petroliere George W. Bush ha dichiarato che bisogna consumare meno benzina. E se lo dice lui, vuol dire che la situazione sta davvero diventando insostenibile.
In questi giorni sta emergendo sul fronte-carburanti la duplicità del problema: da una parte la sempre maggiore difficoltà di approvvigionamento. Dall'altra la violazione delle regole di mercato da parte dei produttori e distributori.
Le riforme annunciate dal Governo Italiano, unitamente alle denuncie dell'Antitrust, mettono in luce le malattie del sistema italiano. Un sistema che peggiora i difetti ben noti che si riscontrano a livello globale. Fin dagli albori il mercato del petrolio si è strutturato intorno a pochi soggetti che controllavano tutto il processo: estrazione, raffinazione e distribuzione.



Il passaggio alle energie rinnovabili potrebbe permettere di superare l'iper concentrazione di mezzi nelle mani di pochissimi attori multinazionali. Per loro natura le energie rinnovabili portano vantaggi se sono generate da impianti di piccole dimensioni e diffusi sul territorio. Sono quindi difficilmente gestibili da grandi monopolisti.
Ma, come dicevo all'inizio, anche le grandi lobbies multinazionali stanno rivedendo le proprie strategie. E non solo per la paura suscitata dalla crisi del gas russo.
Qualcosa si sta muovendo: nelle molte audizioni sull'energia che si sono svolte al Parlamento Europeo si è manifestato in modo sempre più evidente il divergere degli interessi tra la lobby del petrolio e quella dell'auto.

L'industria automobilistica sa benissimo quali saranno i rischi (e i costi) della fine del petrolio. E sta cercando di sganciarsi dall'abbraccio mortale con la lobby dell'oro nero. È un processo costoso e lento, ma è in corso.
Ed anche le compagnie petrolifere stanno ristrutturandosi e spostano giganteschi investimenti verso le energie rinnovabili. Già adesso, per esempio, sono tra le maggiori finanziatrici della ricerca nel campo delle tecnologie per la produzione di energia solare.
L'obiettivo della politica europea e italiana deve essere quello di stabilire in tempi brevissimi le regole per il nuovo mercato delle energie. È necessario che le rinnovabili non finiscano nelle mani di pochi soggetti. Se non agiremo in tempo, rischiamo che tra trent'anni si debba intervenire per sconfiggere il trust dell'energia solare.

* già Europarlamentare PSE, Commissione Ambiente del Parlamento Europeo