LegAmbiente

Rapporto ecomafie 2007

È stato presentato il Rapporto Ecomafia 2007 di Legambiente, stilato ogni anno dal 1994 con la collaborazione di praticamente tutte le forze dell’ordine italiane. Il termine Ecomafia, coniato dalla stessa associazione ambientalista e ora entrato anche nel vocabolario della lingua italiana, indica tutte quelle forme di criminalità organizzata che operano in campo ambientale a scopo di lucro, contro ogni forma di legalità e spesso, come ha anche ricordato il Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso, contro ogni senso dell’etica e del rispetto umano.

Il rapporto 2007 ci dice che questo fenomeno è in continua espansione, che la criminalità ambientale “fattura” 23 miliardi di euro l’anno, e che ogni ora si commettono tre reati contro l’ambiente.

Il settore “principe” di questi traffici sono i rifiuti: la criminalità organizzata fa sparire ogni anno una montagna di rifiuti alta come il Gran Sasso (2.600 metri), spesso a sparire sono rifiuti speciali o ospedalieri, che magicamente nel trasporto diventano rifiuti urbani, in barba a tutte le norme di sicurezza per la nostra salute. Questi rifiuti o finiscono bruciati nella notte, con grande rilascio di sostanze tossiche (mai sentito parlare delle mozzarelle di bufala campane alla diossina?), sotterrati in discariche abusive non a norma, affondati in mare, oppure spediti all’estero. L’Agenzia delle Dogane ha sequestrato lo scorso anno 286 container che contenevano circa 9mila tonnellate di rifiuti, destinazione principe è la Cina, dove questi rifiuti, tutti ovviamente urbani, finiscono in villaggi sulle coste, dove ciò che si può viene riciclato e smaltito a mani nude e senza alcuna attenzione per la salute umana.

rapporto ecomafia 2007

i numeri e le storie
della criminalità ambientale

[premessa e introduzione: qui il testo integrale - v. sommario]


Il Comitato per la diffusione della cultura ambientale supporta la realizzazione e la diffusione dei volumi di saggistica, degli annuari e dei manuali di progettazione sostenibile pubblicati da Edizioni Ambiente. Promuove inoltre altre formule e iniziative per la diffusione della cultura ambientale.Partecipano al Comitato: Cobat, Consorzio Obbligatorio Batterie al Piombo Esauste e Rifiuti Piombosi, Coou, Consorzio Obbligatorio Oli Usati, Erreplast Srl, Piattaforma SpA, Tetra Pak Italiana SpA

A cura dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente Enrico Fontana, Antonio Pergolizzi, Nunzio Cirino Groccia, Francesco Dodaro, Stefano Ciafani, Peppe Ruggiero

hanno collaborato: Federica Andreucci, Francesca Biffi, Sergio Cannavò, Danilo Chirico, Mimmo Fontana, Elisabetta Galgani, Salvatore Granata, Tiziano Granata, Francesco Loiacono, Raffaele Lupoli, Toni Mira, Nino Morabito, Raffaella Musselli, Iole Nicolai, Gianpiero Pagliaro, Paola Tartabini, Mauro Veronesi

Le forze dell’ordine (Arma dei Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato e delle Regioni a statuto speciale, Guardia di Finanza, Polizia di Stato); le Capitanerie di Porto; l’Agenzia delle Dogane; i magistrati Giuseppe Bianco, Donato Ceglie, Maurizio de Lucia, Calogero Ferrara, Luca Ramacci; la Direzione Investigativa Antimafia, il direttore Cosimo Sasso; l’Istituto di ricerche Cresme, Roberto Mostacci e Sandro Polci; Valentina Romoli dei Ceag Lazio, Nicola Giudice dei Ceag Sicilia, Beni Trezza dei Ceag Campania, Rodolfo Ambrosio dei Ceag Calabria, Sergio Cannavò dei Ceag Lombardia

realizzazione editoriale Edizioni Ambiente srl - www.edizioniambiente.it e-mail redazione@reteambiente.it

sommario

premessa 7

Pietro Grasso introduzione 11

Roberto Della Seta presentazione 13

1. l’illegalità ambientale in italia 19

2. il nuovo abusivismo edilizio 25

3. il “sistema illegale” nella gestione dei rifiuti 35

4. la “rifiuti spa” 39

5. il business dell’ecomafia: mercato illegale e investimenti a rischio 50

6. i clan dell’ecomafia 53

7. i mercati globali dell’ecomafia 67

8. il ciclo del cemento 99

9. il ciclo dei rifiuti 187

10. il “racket degli animali” 299

11. archeomafia: l’aggressione criminale al patrimonio artistico archeologico 310

12. l’assalto ai fiumi 327

13. l’italia in fumo 331

14. ecomafie al contrario 334

15. la voce dei magistrati 359 Pino Bianco, Donato Ceglie, Maurizio de Lucia, Gery Ferrara

16. gli osservatori ambiente e legalità di legambiente 373

17. le attività dei centri di azione giuridica di legambiente 378

bibliografia


premessa

Pietro Grasso
Procuratore nazionale Antimafia

Il fenomeno delle ecomafie rappresenta uno dei modi con cui, pur nella continuità degli obiettivi tradizionali e del controllo del territorio, le strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso si sono adeguate alle nuove frontiere delle più moderne attività imprenditoriali. Già da qualche tempo, infatti, la presenza delle organizzazioni criminali non si manifesta più unicamente attraverso il compimento di delitti di sangue.
I delitti strutturali di queste organizzazioni, oggi, sono quelli silenziosi e invisibili della penetrazione nell’economia e nel mercato.
Le organizzazioni mafiose si inseriscono in qualsiasi traffico, lecito o illecito, purché sia redditizio e consenta di investire flussi di denaro, ricavandone ingenti profitti.
I cicli del cemento e dei rifiuti rappresentano oggi due ambiti di attività per i quali cresce l’allarme sociale nel nostro paese proprio perché costituiscono il campo d’azione privilegiato delle cosiddette ecomafie.
In particolare, con riferimento a talune specifiche aree, l’iniziale coinvolgimento di gruppi di criminalità organizzata di tipo mafioso che avevano a disposizione nel territorio cave, terreni e manodopera a basso costo, ha favorito il rapido decollo di un vero e proprio mercato illegale.
Osservando però l’evoluzione di questo mercato notiamo che, accanto agli esponenti delle famiglie mafiose, il mondo dei rifiuti si è andato popolando sempre più di una varietà di casi, non ha un precedente criminale, ma si collega con i criminali: in generale si tratta di imprese legali, uomini d’affari, funzionari pubblici, operatori del settore dei rifiuti, mediatori, faccendieri, tecnici di laboratorio, imprenditori nel settore dei trasporti. Questi soggetti sono inseriti nei gangli essenziali del mercato legale ma iniziano a fare dell’illegalità, della simulazione, dell’evasione sistematica di qualsiasi regola e della corruzione, le regole ispiratrici della propria condotta.
L’impressione generale suggerisce che il grosso affare dell’emergenza rifiuti non sia semplicemente il frutto di un’attività criminale occasionale, ma sia legato a un preciso orientamento di alcuni settori del mondo produttivo, sia locale che nazionale, desiderosi, come può essere logico per un’impresa, di ridurre i costi - conseguentemente aumentando i profitti - e disponibili a far ciò anche attraverso una costante violazione delle regole del gioco. Se tutto ciò potrebbe essere giustificato nell’ottica di un’impresa, diventa però criminale dal punto di vista della violazione delle leggi e, soprattutto, riprovevole da un punto di vista etico.
La consapevolezza dell’importanza assunta dal settore dei rifiuti per la criminalità organizzata può essere tutta riassunta in poche parole, di straordinaria efficacia, pronunciate da un mafioso. Questi, durante una conversazione intercettata, affermò: “Buttiamoci sui rifiuti: trasi munnizza e niesci oro”. Penso che questa espressione - in dialetto ma, ritengo, comprensibilissima - più di molte parole, dia l’esatta misura del precipuo interesse, da parte della criminalità mafiosa, per il settore dei rifiuti.
Anche per le ragioni ora sinteticamente indicate è più che mai opportuno - e tale opportunità è già stata manifestata ormai da anni - intervenire sul piano legislativo.
Notevoli passi avanti furono fatti mediante l’introduzione del reato di gestione illecita dei rifiuti che consente di disporre di armi legali per poter contrastare il fenomeno dell’inquinamento, anche se occorrono certi requisiti.

L’attuale fenomenologia della criminalità ambientale, sempre più criminalità di impresa e di profitto, consiglia l’introduzione di ulteriori modifiche all’attuale impianto normativo fra le quali appare indispensabile l’attribuzione della competenza alla Direzione Distrettuale Antimafia in ordine ad alcune fattispecie delittuose, analogamente a quanto già accade per le altre forme di crimine organizzato quali il traffico di droga, il contrabbando di t.l.e. (tabacchi lavorati esteri) e la tratta degli esseri umani.
Su tale direttrice già si è mosso il legislatore – e, speriamo, questa volta con esito positivo, visto che il tentativo operato nella precedente legislatura è fallito – con la presentazione di una specifica proposta di legge che prevede, fra l’altro, l’introduzione nel Codice penale dei Delitti contro l’ambiente e contenente, fra gli altri, anche una nuova figura di delitto associativo.
Ma accanto all’inserimento di nuove tipologie di delitto o all’inasprimento delle sanzioni per le attuali, l’esperienza induce a ritenere che sarebbe particolarmente importante anche l’introduzione di un sistema premiale che favorisca la deflazione del procedimento penale in relazione agli interventi di ripristino ambientale posti in essere dall’indagato. Il problema fondamentale è, infatti, bonificare l’ambiente mediante il ripristino e la ripulitura delle aree dei siti inquinati.
La strada ora intrapresa è sicuramente giusta, in specie per quanto concerne l’attribuzione della competenza alla Direzione Distrettuale Antimafia, sulla quale si riverbera, poi, quella della Direzione Nazionale Antimafia.
Tale rilievo è ancor più vero se si considera che il fenomeno ecomafia - contraddistinto dalle peculiarità sopra ricordate e tenuto conto che, specie il fenomeno dello smaltimento dei rifiuti risente, al pari e forse più di altri, dell’effetto “globalizzazione” - travalica i confini nazionali e coinvolge organizzazioni e strutture a carattere transnazionale.
Nella relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti della XIII legislatura si notava che “per poter offrire un adeguato contrasto a questo nuovo inquietante agire della criminalità organizzata, a questa cultura imprenditoriale che ignora, nel nome del maggiore profitto, beni fondamentali della vita, quali la salute e l’ambiente, non si può agire isolatamente, ma occorre una forte e convinta collaborazione tra Stati e tra i vari organismi preposti alle attività di contrasto e controllo. Ancora occorre, mediante la promozione di una nuova cultura di contrasto da esercitare nei confronti anche delle forze sociali e culturali, anticipare i percorsi dei traffici illegali per poter così isolare quelli che, con grande lucidità ed efficacia, sono stati indicati come i ‘ladri’ del futuro”.
E proprio nelle generali attività di contrasto e prevenzione dei crimini ambientali un ruolo di primaria importanza viene svolto, oltre che dalle Forze di Polizia anche a carattere locale, da alcune importanti associazioni come Legambiente.
Esse contribuiscono, con la loro opera, a monitorare il territorio e a favorire programmi di educazione ambientale che pongano anche all’attenzione dei giovani queste tematiche. È importante, infatti, che l’osservanza delle norme ambientali avvenga non tanto - o non solo - per timore delle sanzioni per i trasgressori ma per un’accresciuta forma di educazione alla legalità.
Ovviamente è necessario che tutte le istituzioni diano un sostegno forte e chiaro alle attività, ai progetti e alle iniziative di sensibilizzazione e informazione su questi argomenti, in maniera da far crescere sempre di più nei cittadini e nei giovani la consapevolezza dei propri diritti, primo fra tutti quello di vivere in un ambiente sano e in una società fondata sul rispetto della legalità.
Dunque, si tratta di coalizzare tutte le istituzioni, che hanno il dovere di farlo, e i cittadini, che devono sentire questo spirito di collaborazione contro i criminali che imbrattano, che deturpano e che rendono invivibile la nostra meravigliosa terra.
Tutti insieme contro i “ladri” del nostro - e dei nostri figli e nipoti - futuro.


introduzione

Roberto Della Seta
Presidente nazionale di Legambiente

Mai come quest’anno, il Rapporto Ecomafia di Legambiente è un’opera collettiva. Coordinato, come sempre, dal nostro Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità, sotto la guida di Enrico Fontana, questo volume, arricchito dalla premessa del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, raccoglie i contributi di magistrati impegnati in prima linea nella lotta al crimine organizzato e nella tutela dell’ambiente: Donato Ceglie, sostituto procuratore della Repubblica a Santa Maria Capua Vetere (Caserta); Pino Bianco, della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria; Maurizio de Lucia, della Dda di Palermo; Gery Ferrara, impegnato nella Procura del capoluogo siciliano; il “nostro” Luca Ramacci, copresidente dei Centri di azione giuridica di Legambiente e sostituto procuratore a Tivoli (Roma).
Il lavoro di ricerca si è avvalso delle analisi fornite dalla Direzione Investigativa Antimafia e dall’Agenzia delle Dogane; del consueto approfondimento del Cresme, curato da Roberto Mostacci e Sandro Polci, sul fenomeno dell’abusivismo edilizio; del giornalismo d’inchiesta di Danilo Chirico e Toni Mira, veri e propri inviati sul fronte dell’ecomafia.
Alla redazione di questo Rapporto hanno lavorato, come sempre, molti legambientini/e, insieme a buona parte della redazione de La Nuova Ecologia, il mensile della nostra associazione.
I loro nomi, con i ringraziamenti - a cominciare da quelli alle forze dell’ordine - sono nelle pagine dedicate agli autori: da quelli “storici”, come Nunzio Cirino Groccia, Stefano Ciafani e Peppe Ruggiero, alle nuove leve, come Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Ufficio Ambiente e Legalità, e Francesco Dodaro.
Ma la vera novità è un’altra: da quest’anno, il Rapporto Ecomafia torna, stabilmente, ad essere un libro, pubblicato dalla casa editrice Edizioni Ambiente. Una collaborazione grazie alla quale nascerà una vera e propria collana editoriale: VerdeNero, questo il titolo scelto, che vedrà i migliori
autori di “noir” italiani alle prese con le storie vere raccontate nelle diverse edizioni del Rapporto Ecomafia. Anche in questo caso, l’elenco degli autori è lungo e voglio lasciare la curiosità di andarli a “scoprire” nella pagine che presentano la nuova collana, in fondo al volume.
Dietro questo Rapporto c’è l’impegno di molti cittadini, ognuno nel proprio ruolo, dalla società civile alle forze dell’ordine fino alla magistratura, che vogliono affermare i valori della legalità e della tutela dell’ambiente. Anche quando è rischioso, quando “non conviene”. E c’è la loro speranza di vivere in un paese che questi valori li condivida davvero e li difenda. Legambiente è orgogliosa di offrire a tutti questi cittadini l’opportunità di far sentire la propria voce, di mostrare i risultati del proprio impegno. E chiede, anzi pretende dal Governo e dal Parlamento, di ascoltare il vero e proprio grido di dolore che viene da questa Italia onesta.
Un’Italia che ama il paese in cui vive e che vuole più strumenti legislativi, più mezzi, più disponibilità per difenderne le straordinarie risorse ambientali, storiche e archeologiche.
Vuole farlo insieme, nel segno di quella coesione sociale che è la più grande alleata del nostro modo d’intendere l’ambientalismo: dolce, civile, solidale e patriottico.


presentazione

Enrico Fontana
Responsabile dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente

L’aumento dei traffici nazionali e internazionali di rifiuti.
L’industria del mattone illegale che aggredisce, sempre di più, le aree soggette a vincoli paesaggistici e ambientali. Le alleanze tra clan mafiosi per gestire il business delle corse clandestine di cavalli. L’annuale “immersione” nel mare dell’illegalità ambientale che Legambiente rinnova da tredici anni, rimanda, con i numeri e le storie di questo Rapporto Ecomafia 2007, le immagini di un paese in cui si gioca una partita per molti aspetti decisiva. Da una parte loro, i “nuovi barbari” del saccheggio ambientale; dall’altra le forze dell’ordine, la magistratura, le associazioni, i cittadini che non perdono il coraggio della denuncia. Da una parte una rete di criminalità organizzata sempre più agguerrita e famelica; dall’altra una rete di “legalità organizzata” man mano più consapevole della propria mission: preservare le risorse naturali e paesaggistiche del nostro paese, difendere la salute dei cittadini, promuovere la buona economia, quella rispettosa delle regole, solidale e sostenibile.
Legambiente non è abituata a fare sconti nel suo lavoro di ricerca e di denuncia: al momento la vittoria sembra loro, degli ecomafiosi che impinguano i propri forzieri. Quest’anno il giro d’affari complessivo dell’industria ecocriminale (tra fatturato illegale, in crescita, e investimenti a rischio) sfiora la cifra record di 23 miliardi di euro. Non è mai stato così alto.
E cresce pure la montagna di rifiuti speciali, pericolosi e non, che ogni anno non viene registrata nel ciclo legale di smaltimento: siamo arrivati a 26 milioni di tonnellate, per una “vetta” di 2.600 metri, la più alta da quando Legambiente ha iniziato a stimare, nel Rapporto Ecomafia del 2001, il volume dei rifiuti che alimentano traffici e smaltimenti illeciti.
Sono le ragioni del profitto, dell’arricchimento facile e ad ogni costo a far muovere, sul terreno dell’illegalità ambientale, ecomafiosi, imprenditori senza scrupoli, faccendieri, colletti bianchi, amministratori pubblici, come conferma la Direzione Investigativa Antimafia nel suo contributo a questo Rapporto Ecomafia. Anche se queste attività illecite hanno come conseguenza quella di avvelenare le falde idriche e l’aria che respiriamo. Ne sanno qualcosa i cittadini ostaggio dei clan criminali in quella che Legambiente ha ribattezzato come la “terra dei fuochi”: il triangolo dei veleni, tra Qualiano, Giugliano e Villaricca, in provincia di Napoli, dove si continuano a smaltire, in una sostanziale impunità, rifiuti di ogni tipo.
Eppure lo Stato, quando decide di reagire, ottiene risultati importanti. Grazie all’introduzione del delitto ambientale di organizzazione di traffico illecito di rifiuti (previsto dall’art. 53 bis del “decreto Ronchi”, oggi sostituito dall’art. 260 del Codice dell’ambiente), le forze dell’ordine e la magistratura hanno colpito duro. Il 2006 è l’anno dei record, per il maggior numero d’inchieste (18), di provvedimenti cautelari - compresi gli arresti - eseguiti (ben 126, quasi tutti da parte del Comando per la Tutela dell’Ambiente dell’Arma dei Carabinieri) e di persone denunciate (417).
Dal 2002 al marzo 2007, le inchieste concluse dalle forze dell’ordine sono state 70. Hanno portato complessivamente all’arresto di 463 trafficanti, 1.594 persone denunciate, 453 aziende coinvolte. I traffici scoperti hanno interessato l’intero territorio nazionale, con l’unica eccezione della Valle d’Aosta.
Un discorso a parte meritano i traffici internazionali di rifiuti.
L’allarme lanciato da Legambiente già nel Rapporto Ecomafia 2005 ha trovato significative conferme nelle tre maxi operazioni delle forze dell’ordine e della magistratura che da luglio 2006 a marzo 2007 hanno svelato consistenti traffici illegali che hanno riguardato paesi come Cina, India, Siria, Croazia, Austria, Norvegia, Francia e alcuni paesi del Nord Africa. L’Agenzia delle Dogane ha sequestrato, sempre nel 2006, circa 286 container con oltre novemila tonnellate di rifiuti. Oltre 70 le aziende coinvolte.
I numeri raccontano più di ogni parola. Grazie al contributo delle forze dell’ordine (Corpo Forestale dello Stato, Corpi Forestali delle Regioni e Province autonome, Comando per la Tutela dell’Ambiente dell’Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato), Legambiente ha elaborato anche quest’anno le statistiche relative all’illegalità ambientale.
Nel corso del 2006 si sono consumati, nel nostro paese, tre reati contro l’ambiente ogni ora (nel 2005 sono state accertate dalle forze dell’ordine 23.660 infrazioni, l’anno scorso 23.668). Cresce l’incidenza nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, stabilmente ai primi quattro posti della classifica degli ecoreati: qui viene denunciato il 45,9% dei reati ambientali, contro il 44,9% del 2005.
Luci e ombre per quanto riguarda il ciclo illegale del cemento.
La nuova stagione delle “ruspe demolitrici” è stata caratterizzata da eventi significativi, come l’abbattimento dell’ecomostro di Copanello, in Calabria. E per quanto riguarda gli appalti, è arrivata, nel dicembre del 2006, la sentenza definitiva di condanna della Cassazione per uno dei più gravi ecoscandali siciliani: la costruzione, abusiva, della diga dell’Ancipa, denunciata da Legambiente nel 1989. Diminuisce, inoltre, secondo i dati elaborati dal Cresme, il numero di case costruite abusivamente, che scendono a quota 30 mila (per il 2007 si prevede un’ulteriore flessione). È l’effetto positivo della fine di un’era, quella dei condoni. Anche se ancora oggi una casa su dieci viene costruita illegalmente, per un giro d’affari stimabile in circa 2 miliardi di euro.
E le nuove costruzioni abusive, concentrate soprattutto al Sud, rispondono, come osserva sempre il Cresme, a “strategie di profitto ben concertate e mature”, con interessi diretti dei clan mafiosi e una vera e propria “organizzazione imprenditoriale” alle spalle.
Tornano ad aumentare, invece, le infrazioni accertate dalle forze dell’ordine riferibili all’intero ciclo illegale del cemento: sono state 7.038 nel corso del 2006, con un incremento di circa l’8% rispetto al 2005. Un dato che risente del numero, crescente, di cave e attività estrattive illegali sequestrate.
E che non è azzardato mettere in relazione anche con l’incremento complessivo della produzione edilizia, arrivata nel 2006 a 331.000 unità abitative (il 10% in più rispetto al 2005). Nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Sicilia, Calabria, Puglia e Campania) si consuma quasi la metà dei reati relativi al ciclo del cemento, il 49% per l’esattezza.
Preoccupa, in questo scenario, il terzo posto conquistato dal Lazio nella classifica nazionale.
In aumento, seppur minimo, i furti di opere d’arte: sono stati 1.212, contro i 1.202 del 2005. Ancora una volta la regione maggiormente colpita è il Piemonte, seguita da Lazio, Lombardia e Campania. Va sottolineata, infine, la vera e propria epidemia di corse clandestine di cavalli in Sicilia, Campania e Puglia. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio reati contro gli animali dell’Ente Nazionale Protezione Animali (Enpa), nel 2006 sono stati 15 i casi accertati e perseguiti nell’ambito di inchieste su corse clandestine e truffe di ippica, scommesse e doping. Il giro d’affari annui delle corse, secondo l’Enpa, si aggira intorno a 1,2 miliari di euro. Le indagini della magistratura hanno individuato anomale alleanze fra clan mafiosi notoriamente in conflitto fra loro: a Messina, l’alleanza fra Cosa Nostra e ‘ndrangheta; in Campania, fra clan camorristi; in Puglia, fra clan rivali del barese.
Numeri, storie, testimonianze. Questo Rapporto Ecomafia 2007 ha raccolto, ancora una volta, nella maniera più obiettiva e approfondita possibile, i risultati del lavoro di chi è impegnato, ogni giorno, nella tutela dell’ambiente in cui viviamo.
Ci sono state, dalla presentazione del precedente Rapporto, iniziative importanti. E sono stati assunti impegni sicuramente positivi: gli stanziamenti, nell’ultima legge Finanziaria, per sostenere la demolizione delle costruzioni abusive e rendere più efficace la lotta all’ecomafia; l’istituzione, nell’agosto 2006, dell’Osservatorio sui crimini ambientali presso il Ministero dell’Ambiente; l’annuncio, da parte del ministro della Cultura, di un deciso rafforzamento delle attività d’indagine e di repressione contro chi aggredisce i beni paesaggistici del nostro paese. È arrivato dall’Unione Europea un segnale forte, con l’approvazione, da parte della Commissione, di una proposta di direttiva che prevede l’obbligo di introdurre, nei diversi paesi della Ue, la tutela penale dell’ambiente.
Tutto vero e tutto importante. Ma non basta. L’Italia, più di altri paesi europei, subisce l’aggressione dei fenomeni di ecocriminalità, anche per la presenza pervasiva delle organizzazioni mafiose. E deve essere difesa adeguatamente da chi ha la responsabilità politica e istituzionale di farlo. È per queste ragioni che rinnoviamo, con forza, l’appello rivolto al Governo e al Parlamento affinché sia approvato, quanto prima, il disegno di legge che introduce i delitti contro l’ambiente nel nostro Codice penale, atteso ormai da dieci anni.
Il tempo è davvero scaduto.