Marco Ponti

Treni ad alta follia

intervista di Paolo Forcellini   l'Espresso, n. 48 8.12.2005

Premessa: «Sono un ambientalista molto ma molto tiepido». Mette le mani avanti Marco Ponti, uno dei maggiori esperti europei di trasporti e docente al Politecnico milanese, di fronte alla richiesta de "L'espresso" di parlare del piano italiano per l'alta velocità ferroviaria (Av), nell'occhio del ciclone per le contestazioni in particolare, ma non solo, in Val di Susa. Ma anche se non accenna a sospette presenze di amianto nelle montagne da traforare o all'inquinamento delle valli, Ponti demolisce il progetto Av. Con ragionamenti da economista che non lasciano scampo.

Oggi si preferisce parlare di "alta capacità" anziché di "alta velocità": perché?

«I verdi hanno voluto che si usasse la nuova definizione per sottolineare che non si trattava di un progetto per correre più in fretta, ma per aumentare la capacità del sistema ferroviario nel suo complesso. Una solenne fesseria perché il sistema italiano è largamente sottoutilizzato. Su una linea normale a doppio binario possono transitare 240 treni al giorno, su una ad Av fino a 350. Non ha senso aggiungere su alcune tratte una tale enorme capacità, poiché non esiste una domanda di trasporto ferrovia rio di queste dimensioni. Si aggiunga che le linee ad Av sono costosissime».
Però altri paesi le hanno realizzate.
«Non è un caso che il progetto di Av sia iniziato in Francia. Là costava relativamente poco: tra Parigi e Lione ci sono pianure e colline molto dolci su cui è possibile sfruttare al meglio l'inerzia del treno. Poi i francesi hanno provato in tutti i modi a esportare il sistema, incontrando uno straordinario insuccesso, dagli Stati Uniti alla Corea. Noi invece insistiamo. Eppure le linee in Italia debbono correre tutte su viadotto o in galleria. E i costi salgono a livelli stratosferici. Inoltre, mentre l'Av francese è un'Av "leggera", solo per passeggeri, il modello che abbiamo scelto noi è misto, passeggeri e merci, e assai più dispendioso».
Perché questa opzione?
«L'unica spiegazione che mi so dare è: perche costa di più. Non ha infatti alcuna motivazione razionale: la capacità della rete esistente è molto esuberante rispetto alla domanda e le merci che viaggiano in ferrovia non hanno alcun bisogno di andare a 300 all'ora, bastano e avanzano i 180.
Oltretutto le gallerie hanno costi proporzionali al quadrato del loro raggio: farle un po' più larghe raddoppia la spesa. Ma se si vuole che i treni corrano veloci occorre che i trafori siano abbondanti, altrimenti si produce un "effetto ariete" che li rallenta.
Conclusione: o si fa come nel tratto Av tra Bologna e Firenze, che non viene ultimato perché i costi sono saliti in modo demenziale per fare gallerie ampie, oppure se ne fanno di normali, come nel progetto Frejus, ma allora i treni dovranno andare a non più di 120-150 all'ora. Alla faccia dell'Av».
Ma per i passeggeri spostarsi da una città all'altra in tempi più brevi è un gran progresso.
«Esiste già un'Av che non costa nulla allo Stato: i voli low-cost. Imbattibili sopra i 500 km. Per andare da Torino a Parigi difficilmente si prenderà la Torino-Lione. Ma ciò renderà ancor più improbabile quadrare i conti: l'Av ha bisogno di flussi enormi di traffico per essere giustificata. Ne siamo lontani. I treni giornalieri a lunga distanza tra Milano e Torino sono 30 e viaggiano mezzi vuoti; quelli previsti dalle stime ufficiali sul Frejus sono una dozzina».
La sua è una condanna senza appello per tutta I'Av, oppure si può salvare qualcosa?
«Sono un economista, ma non del genere "conta fagioli" (bean counter), come direbbero gli americani. Si può costruire qualcosa pure con obiettivi non economici. Tra Milano e Roma, e pure fino a Napoli, anche considerato che una parte è già stata realizzata, forse è sensato finire la linea ad Av: nella spina dorsale del paese l' Av ha anche un significato politico. Forse ha un senso pure ultimare l' Av tra Milano e Verona, ma solo perché ne è già stato costruito un pezzo: là la domanda è infatti già molto inferiore. Inoltre, mentre tra Milano e Roma le distanze medie viaggiate sono di 250 km, tra Torino e Venezia siamo a 90: ciò riduce l'opportunità di costruire linee veloci su questo asse. E su tratte come la Venezia-Trieste con quattro "pendolini" al giorno si soddisfa la domanda per secoli».
Tra i valichi previsti per I'Av vi sono quello dei Giovi e quello del Brennero. Che ne pensa?
«Pollice verso per il primo: ci sono già quattro binari neppure lontanamente saturi.
Quanto al Brennero, la linea è bene in ordine dalla parte italiana e ci sarebbe "solo" il costo della nostra quota del valico, tre miliardi. Un investimento ragionevole per far passare treni merci più pesanti.»
Prolungare I'Av da Napoli a Reggio Calabria?
«È previsto dalla legge Obiettivo ed è pura follia. Le Ferrovie hanno già detto di no due volte a questa ipotesi che succhierebbe circa 22 miliardi. Inascoltate. Una radicale ristrutturazione della linea esistente costerebbe un decimo e sarebbe più che sufficiente. Ma questa pazzia si completa e trova giustificazione in un'altra pazzia: il passaggio dei treni sul Ponte di Messina. Così ci saranno costi raddoppiati rispetto a un ponte per soli veicoli su gomma.»
C'è qualche tratta prossima alla saturazione?
«La Padova-Venezia, ad esempio, ma ormai è quasi finito il raddoppio. E in ogni caso si possono mettere in atto molte misureper allontanare la saturazione: costruire treni merci più pesanti (ora sono da 300 tonnellate, negli Usa ce ne sono da 2 mila); utilizzare treni passeggeri a doppio piano; creare sistemi di blocco più sofisticati che consentano frequenze maggiori».
È sostenibile finanziariamente il progetto Av?
«Si è partiti promettendo che si sarebbe ripagato al 60 per cento. Poi si è scesi al 40 e infine è stato stabilito che bastava il 40 dei costi, esclusi quelli per i "nodi" in prossimità delle città, molto dispendiosi. Secondo le mie simulazioni si arriverebbe al 20 per cento; altri stimano iI 23. Il sistema è destinato al default: pagherà lo Stato. Molti di questi lavori verranno inaugurati ma poi non ci saranno i soldi per proseguirli e saranno ri-inaugrati a ogni tornata elettorale. La Torino-Lione è un monumento alla dissipazione: costerà almeno 13 miliardi, come 3 o 4 ponti sullo Stretto. Werner Rothengatter, presidente mondiale degli esperti di trasporti, nel suo "Megaprojects" ha però calcolato che alla fine i costi di queste grandi opere aumentano in media del 30-40 per cento».
Ammetterà che queste opere accrescono però conoscenze tecnologiche e occupazione...
«Non lo ammetto. Per sviluppare l'innovazione si deve puntare sulle tecnologie, non sul cemento. Quanto all'occupazione, oggi le grandi opere hanno un moltiplicatore modesto: non si mobilitano più, come nell'Ottocento, i braccianti. È poi evidente che il nostro è un territorio con un grande valore turistico per il futuro. Quindi ci sono modi più redditizi per spendere. A meno che qualcuno non si riprometta, per se stesso, grandi affari sulle grandi opere».

Il Brennero è più urgente

Andrea Boitani e Marco Ponti

Il Sole - 24 Ore 22/11/2005

Tralasciando preoccupazioni ambientaliste ed esasperati localismi, occorre capire se la Tav Torino-Lione sia veramente così strategica per l'Italia o se vi siano altre grandi opere ferroviarie più urgenti.
Il progetto si compone, in realtà, di tre parti. Quella al centro dell'attenzione è solo la tratta di valico italo-francese, di 79,5 km. Quasi interamente in galleria (64 km), collegherebbe St. Jean de Maurienne in Francia e Bussoleno in Piemonte. In queste due località vi sarebbe la connessione con la linea storica, almeno finché le tratte tra Bussoleno e Torino e tra St. Jean e Lione non saranno completate.
E da qui la prima osservazione: date le caratteristiche del progetto, la parte di valico sarà fruibile solo quando sarà completata, tra il 2018 e il 2020. Fino ad allora, i treni continueranno a percorrere la linea storica. Quanto è lecito che sia differita la disponibilità di un'infrastruttura per continuare a definirla strategica? Secondo le stime del Gli (Gruppo di lavoro intergovernativo italo-francese) lo stato della domanda di traffico sulla tratta Torino-Lione (nel'97) era così riassumibile: 10,1 milioni di tonnellate di merci per anno e 1,3 milioni di passeggeri per anno, di cui il 60% in transito notturno. Nel 2004 il traffico merci è sceso a 8,5 Mtonn/anno. Il traffico passeggeri era ed è rimasto irrisorio. La concorrenza dei voli low cost tra Genova, Milano o Torino e Parigi rende prevedibile un'ulteriore diminuzione del traffico passeggeri. Pochi sono i passeggeri che vanno soltanto da Torino a Lione e viceversa.
Tenendo conto della realizzazione dei valichi ferroviari svizzeri del Gottardo e del nuovo Loetschberg, il traffico merci sulla linea storica per il valico di Modane salirebbe a 12,1 Mtonn/anno nel 2015. Una previsione ottimistica, che non ha considerato la diminuzione di traffico degli ultimi anni. Con il potenziamento della linea esistente, la capacità della tratta potrebbe arrivare a 20 Mtonn/anno. Se venisse realizzato e se ogni camion in transito per i valichi stradali venisse tassato per ulteriori 100 euro, la domanda ferroviaria per Modane potrebbe salire fino a 16,9 Mtonn/anno nel 2015.
Con la realizzazione del progetto Av (mantenendo la tassa sui camion), la domanda potrebbe arrivare fino a 21,1 Mtonn/anno. Ma su queste previsioni di domanda bisogna fare la tara: esse infatti non contano che la domanda tende a crescere in valore, ma non altrettanto in peso (si commerciano beni più pregiati e meno materie prime). La capacità della nuova linea sarebbe di 40 Mtonn/anno, da aggiungere alle 10 della linea storica così com'è o delle 20 della linea storica potenziata. Dunque, se si realizza la Av, la capacità sarebbe di 50-60 Mtonn/anno contro una domanda, se va bene, di 21,1. Inoltre si sta raddoppiando la linea ferroviaria costiera con la Francia, che non è molto distante dalla Val di Susa, quindi altra capacità aggiuntiva. Si realizzerebbe, dunque, un'opera per far rimanere inutilizzata dal 58 al 65% delle sue capacità.
Il costo della sola tratta di valico stimato dalla società Ltf (aggiornato al 2003) è di 6,7 miliardi, con una crescita dal 2000 (stime Gli) del 17 per cento. Applicando lo stesso tasso di crescita medio annuo, oggi le previsioni dovrebbero essere di un costo pari a 7,46 miliardi; l'Italia si farà carico del 63% dei costi non coperti dalla Ue e la Francia del 37 per cento. Per la tratta italiana è stimabile un costo di 4,6 miliardi, cui vanno aggiunte le spese per adeguare il nodo di Torino e quelle per il potenziamento della linea storica.
Le previsioni più accreditate ritengono che il costo per il bilancio pubblico italiano dovrebbe aggirarsi intorno ai 13 miliardi. Probabile poi che i costi lieviteranno: l'esperienza internazionale insegna che i costi delle opere ferroviarie sono in media più alti del 30% rispetto alle previsioni. Se così fosse, il costo per il bilancio italiano salirebbe a circa 17 miliardi. Non c'è forse il rischio che un costo così ingente porterà ritardi nei finanziamenti e quindi nella realizzazione dell'opera? Secondo quali criteri può definirsi strategica un'opera i cui costi, peraltro sottostimati, superano largamente i benefici, stimati generosamente?
Un altro punto interessante scaturisce dall'analisi sui costi-benefici del valico del Brennero. L'analisi, condotta da ricercatori del Politecnico di Milano, sottostimando la crescita della domanda e sovrastimando i costi, ha mostrato come il valore attuale netto per la collettività di tale opera sarebbe positivo, anche tenendo conto del costo opportunità dei fondi pubblici. In effetti, il quadruplicamento dell'asse ferroviario del Brennero, ha costi finanziari inferiori alla Torino-Lione: nel 2003 si stimava un costo complessivo (per il 50% di competenza italiana) di 2,6 miliardi.
Anche rivalutandolo allo stesso tasso annuo con il quale si è rivalutato il costo della Torino-Lione, si arriverebbe a 3 miliardi, 3,9 applicando l'extra-costo del 30 per cento. Già oggi, la domanda sia per le merci che per i passeggeri è più alta e ha un più elevato tasso di crescita sulla tratta Verona-Monaco che non sulla Torino-Lione. Infine, l'opera potrebbe essere completata nel 2011 e non nel 2020, fatti salvi i ritardi consueti.
Ma se tante risorse pubbliche verranno impgnate per la Torino-Lione, che cosa resterà per il Brennero? Qualcuno dirà che bisogna fare l'una e l'altra opera e altre ancora. Ma, date le limitate risorse a disposizione, questo significa dispersione dei finanziamenti e rallentamento delle realizzazioni, anche delle opere utili e urgenti.