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Marco D'Eramo
Il
tinello del dolce impero |
Alcuni connotati dell'Impero nel quale viviamo, e un'analisi
degli strumenti che ha adoperato.
Una recensione di: Victoria
de Grazia, Irresistible Empire, Belknap Press of Harvard
University Press.
In meno di un secolo «l'egemonia americana
ha lasciato tracce altrettanto particolari, se non altrettanto
durature, di quelle che l'impero romano impresse su un arco di
quattro secoli. Come il latino, l'estetica classica, il giudeo-cristianesimo,
i codici legali e il `pacchetto urbano' di acquedotti, fortificazioni
cittadine e colossei, questi residui sono diventati i mattoni
e la calce che la gente locale troverà, userà, avrà
a disposizione per farsi una ragione e capire l'irresistibile
ascesa e inesorabile declino dell'Impero del Mercato».
Così si conclude, dopo 480 densissime pagine, il libro
Irresistible Empire di Victoria de Grazia, storica della
Columbia University. Ma quali sono questi residui così
influenti quanto le maestose vie consolari dell'antica Roma? Sono
oggetti minuti, quotidiani, che ormai passano inosservati: i carrelli
dei supermercati, i detersivi, i dentifrici, i frigoriferi, l'acquisto
a rate. Ma ancora più a monte - come il latino - è
un linguaggio (quello del cinema, quello della pubblicità),
è la cultura, quella del consumo di massa: «Per
la maggior parte del `900, la cultura americana del consumo ha
agito come una forza rivoluzionaria, e le sue invenzioni sociali
e il suo messaggio sul diritto alle comodità sono stati
un dissolutore degli antichi legami potente quanto una rivoluzione
politica».
L'americano medio
Irresistible Empire ripercorre le tappe con cui gli Stati
uniti hanno imposto alle diverse, conflittuali tradizioni europee,
un unico modello di consumo e di società, il modo in cui
hanno «venduto» al Vecchio continente il proprio impero,
innanzitutto riuscendo a «vendere la propria tecnica di
vendere». Il libro ci ricorda quanto precoce fu quest'offensiva:
già nel 1926 si parlava d'«invasione di Hollywood».
Quel che gli USA riuscirono a imporre fu il livello di vita americano
come «criterio», come standard cui misurare la propria
esistenza. Così, quel che de Grazia ci racconta è
come rappresentanti di commercio, pubblicitari, attachés
commerciali, produttori cinematografici, gestori di supermercati
sono riusciti a imprimere nella mentalità europea la definizione
stessa di livello di vita. Nel 1929, secondo una ricerca di mercato
(altra invenzione statunitense), una famiglia americana di quattro
persone (padre, madre, figlio e figlia) spendeva il 12% del proprio
reddito in abbigliamento e, per esempio, il marito si comprava
ogni anno cinque camicie, due cravatte, due vestiti, 14 paia di
calzini di cotone, due paia di scarpe, mentre la mamma si comprava
8 paia di calze (di cui 4 di seta o naylon). A quel tempo una
simile ricerca sarebbe stata, ed era, impossibile in Europa, semplicemente
perché non esisteva «l'europeo medio». Ma già
negli anni `50 il governo francese era costretto a lanciare una
ricerca sulle abitazioni del proprio paese per scoprire che solo
il 18% degli alloggi francesi era dotato di bagno (contro il 90%
negli USA), che il 76% delle case era senza corrente, il 91% senza
frigorifero, il 90% senza lavatrice (e in Italia la situazione
era di gran lunga peggiore).
La lavatrice è un ottimo esempio della devastante efficacia
delle «Tre S» con cui gli USA hanno sottomesso l'Europa:
standardizzazione, semplificazione, specializzazione.
Contro le tre S si sono rivelate impotenti le ricorrenti litanie
contro la massificazione, l'anonimato, la perdita dell'originalità
individuale: «Meglio vivere in una casa standardizzata,
con scaldabagno, riscaldamento centrale e un bagno, piuttosto
che in una casa personalizzata, individuale e originale, senza
acqua calda, con stanze scaldate a stufa e una vasca di zinco
in cantina». Intanto un lettore italiano può riflettere
sul fatto che negli USA «l'anno della lavatrice»
fu il 1925 mentre da noi quest'elettrodomestico si diffuse solo
negli anni `60. Il fatto è che la lavatrice è resa
possibile solo da, e in, una particolare concezione della famiglia
e della donna. Qui de Grazia mette in atto il precetto di Michel
Foucault cui si richiama esplicitamente: «Affrontare
la politica alle spalle e traversare la società in diagonale».
L'idea soggiacente è che il soggetto del mercato sia non
l'individuo, ma la famiglia: «Già dagli anni
`20 era assodato per gli esperti americani di mercato che l'unità
familiare era centrale nel consumo di massa, che le donne erano
le alacri api dell'innovativo shopping a orientamento familiare
e che l'amore familiare era un legame ubiquo e fondamentale che
il venditore poteva sfruttare per profitto».
La famiglia fordista
Questa famiglia veniva vista come un'impresa fordista, con i suoi
macchinari (elettrodomestici), il suo bilancio, i suoi investimenti,
da gestire razionalmente. Di questa famiglia fordista il manager
era la donna. Nella famiglia tradizionale europea sarebbe stato
impensabile che il marito sparecchiasse o lavasse i piatti, come
invece avveniva negli USA. Qui De Grazia entra in uno dei nodi
più delicati dell'offensiva culturale americana e ci mostra
come fin dall'inizio essa abbia parlato alle donne facendo balenare
loro l'evitabilità del destino di mani screpolate dalla
lessiva, di ore e ore ai fornelli (cibi precotti, moulinex, friggitrici,
tostapane). Ci mostra che la trascuratezza del socialismo verso
gli agi della vita quotidiana è dovuta alla matrice maschile
del movimento operaio per cui tra la miseria e l'automobile non
c'era nulla, non c'erano fon, né arricciacapelli né
aspirapolvere, né lucidatrici, né lavastoviglie.
È alla donna che si rivolge la pubblicità. Lei il
target che dagli anni `20 prende di mira Eleanor Lansdowne
Resor, la grande creativa dell'agenzia J. Walter Thompson (la
n. 1 al mondo), dai cui scripts emana «la calma sicurezza
che la dimensione della vita contemporanea non comporta la perdita
dell'intimità, la pubblicità dei bisogni non comporta
la perdita della privacy, né la standardizzazione dei prodotti
la perdita dell'individualità». Come dice un
testo dell'epoca, «se l'oggetto di studio idoneo per
l'umanità è l'uomo, quello idoneo per il mercato
è la donna». È quest'immagine di famiglia
e di donna che la pubblicità, ma ancor più Hollywood
ha imposto al mondo.
La famiglia fordista però può permettersi la lavatrice
solo con gli acquisti a rate, un'altra grande invenzione americana:
ancora oggi in Germania l'uso della carta di credito è
assai difficoltoso. E anche le rate sono possibili solo a un certo
livello di stipendio. C'è voluto che le retribuzioni medie
dei lavoratori europei raddoppiassero tra la fine della guerra
e gli anni '70 perché i consumi di massa si diffondessero.
Con le lavatrici e le lavastoviglie, i detersivi diventano per
la casa quello che la benzina è per l'auto. Infatti «i
detergenti sono merci insolitamente utili per riflettere su processi
più ampi, in questo caso niente di meno che il declino
e l'ascesa delle grandi potenze.»
La rivoluzione degli enzimi
Le grandi tappe della modernità diventano il 1952 (lancio
di Omo), 1968 lancio di Ariel (primo detersivo «con gli
enzimi»). E proprio nel maggio `68 francese (quei «figli
di Marx e della CocaCola» di cui parlava Jean-Luc Godard),
uno slogan detersivo - «L'autotrasformazione lava più
bianco della rivoluzione» - suscita in de Grazia una
riflessione che ci porta al nodo cruciale di Irresistible Empire:
«Nello stesso momento, primavera 1968, in cui centinaia
di migliaia di giovani attivisti dimostravano, scioperavano, facevano
barricate per protestare contro la guerra in Vietnam, per ribellarsi
contro lo stato, la scuola, i militari, la chiesa e altre burocrazie
autoritarie, e per condannare l'artificiosità, lo spreco
e l'alienazione della società dei consumi, tutta un'altra
e più vasta mobilitazione procedeva sotto gli slogan delle
corporazioni multinazionali: la sua base erano milioni di famiglie,
la sua fortezza la casa, la sua utopia pile stirate profumanti
di lavatrice.»
Il nodo è che la penetrazione, la pervasività della
«rivoluzione americana» è stata tale che perfino
l'antiamericanismo si esprime oggi in americano. Se oggi in molti
campi l'Europa si presenta (o cerca di presentarsi) come un'alternativa
agli Stati Uniti è grazie all'unificazione dell'Europa
che gli USA hanno compiuto con le armi certo ma anche imponendo
un mercato europeo comune. Come la protesta No global si organizza
per Internet, cioè attraverso un'invenzione del Pentagono,
così la rete Al Jaizeera contrasta il monopolio
USA dell'informazione adottando le tecniche tv americane. Avviene
in tutti i campi quel che de Grazia descrive nel primo capitolo
sulla diffusione dei Rotary Club in Europa: inventata a Chicago,
quest'istituzione si diffonde negli anni '20 anche nella Germania
di Weimar dove però la base sociale rotariana è
più aristocratica, più intellettuale, meno commerciale,
e dove soprattutto il Rotary diventa uno strumento per affermare
i valori del «Vecchio continente» contro la massificazione
del nuovo: il cerchio si chiude con il cantore della Kultur
germanica, Thomas Mann, che era rotariano e scriveva testi per
il bollettino del Club.
Non a caso, alla fine del volume, dopo le note e la bibliografia,
de Grazia confessa: «Uno scrive sempre lo stesso libro,
una questione primordiale che tarla il cervello. Il mio libro
è sul potere e le sue due facce - consenso e forza, persuasione
e violenza, bastone e carota, soft e hard power». Se
gli americani sono riusciti a imporre il loro impero, durante
il XX secolo, è stato negando di essere un impero: «l'impero
per spasso (for fun)», «l'impero a invito».
La loro cultura ha conquistato il mondo negando di essere cultura
(il cinema americano si vede come un'industria, non come un'arte).
Hanno propagandato l'America non facendo propaganda («La
propaganda attraverso il divertimento» diceva Billy Wilder).
«Mentre altri paesi USAvano la propaganda per perseguire
i loro interessi, con un pesantissimo uso di slogan statali, invece
per perseguire la sua missione globale l'America usava la pubblicità,
usando essenzialmente mezzi privati, il sofisticato consiglio
delle sue industrie della comunicazione.»
Tra coercizione e persuasione
Negli anni `50 è l'agenzia J. Walter Thompson che organizza
la campagna pubblicitaria per conto della Nato, a colpi di slogan
(«Buona notte, dormi bene, la Nato ti protegge). «I
veri statisti dell'America sono stati John Ford e Walt Disney,
il suo diplomatico più prestigioso Paperino.»
Irresistible Empire racconta la sinergia, la sagacia, la lungimiranza
con cui i vari spezzoni della classe dirigente americana hanno
cooperato tra loro per imporre un'organizzazione della produzione-
il fordismo in fabbrica -, delle categorie mentali (le Majors
di Hollywood come organizzazione fordista dell'immaginario), dell'organizzazione
sociale - la famiglia come unità fordista del consumo -
della distribuzione - il supermercato come catena di montaggio
dell'acquisto, come grande metafora della democrazia commerciale,
dove ogni consumatrice è uguale all'altra consumatrice,
ognuna col suo carrello; e infine delle merci - McDonalds è
il fordismo e la standardizzazione nell'alimentazione. È
illuminante il capitolo sul piano Marshall: in termini di capitale
l'aiuto americano rappresentò solo il 5% degli investimenti,
ma fu decisiva la sua opera di coercizione politica, d'ingegneria
sociale, d'imposizione di un modello.
Il problema è che oggi siamo nell'era del postfordismo
e che, secondo molti indicatori (sanità, tempo libero,
speranza di vita) l'Europa è davanti agli Stati Uniti.
Non è più Ford che invade l'Europa con la Taunus,
ma sono Toyota, Bmw e Daimler che impiantano fabbriche negli USA.
Persino negli Stati uniti sembra in crisi la cultura dei malls.
Sembra esaurita la spinta propulsiva dell'Impero del Mercato,
forse perché ha compiuto la sua missione, siamo tutti cittadini
americani, i francesi hanno abbandonato la casquette
per il berretto da baseball, i turisti italiani si aggirano
per Manhattan in scarpe da ginnastica con tute da jogging
(griffate), lo star system si riproduce tradotto in tutti
gli idiomi locali. Nello stesso tempo, o forse proprio per questo,
le «americanate» non sembrano più tanto divertenti
e l'impero, da Abu Ghraib a Guantanamo è sempre meno spassoso
(fun).
il manifesto 26
maggio 2005
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