Mario Calabresi

Usa, spiati gli amici e i libri di chi viaggia all'estero

Il governo americano sta raccogliendo milioni di informazioni sui suoi cittadini che viaggiano all'estero, sui loro comportamenti, sulle abitudini, i compagni di viaggio, gli amici da cui vengono ospitati e perfino sui libri che leggono. Che la lotta al terrorismo avesse spinto il Department of Homeland Security a controllare chi esce ed entra dai confini degli Stati Uniti, per prevenire minacce alla sicurezza nazionale, era cosa nota.

Così com'era conosciuta l'esistenza del sistema computerizzato Ats (Automated Targeting System). Ma l'estensione di questo immenso database, il più grande che l'Amministrazione abbia mai creato, e il numero dei dettagli che verranno conservati per almeno quindici anni non era immaginabile. L'intrusione nella privacy del cittadino comune, da parte del sistema Ats, è senza precedenti e mette in discussione, secondo i gruppi per i diritti civili, le libertà fondamentali degli americani.

La storia, raccontata ieri dal Washington Post, è emersa quando un gruppo di attivisti di queste associazioni ha chiesto di poter avere copia dei file che riguardavano i loro viaggi. Così hanno scoperto che non solo c'erano gli itinerari ma che i dettagli raccolti arrivavano ad indicare che in valigia uno di questi aveva un libro che parlava della marijuana, oppure che un piccolo simbolo con la foglia di questa pianta era stato visto su una piccola torcia elettrica che aveva nella borsa.

L'Automated Targeting System viene utilizzato per monitorare i viaggiatori dalla metà degli anni Novanta, ma il sistema ha cominciato ad espandersi in modo esponenziale dopo l'11 settembre, in particolare nel 2002. Normalmente il database del Department of Homeland Security contiene il cosiddetto Pnr (Passenger Name Record), in cui sono registrati nomi, voli aerei, itinerari, informazioni sulle carte di credito utilizzate, numeri di telefono e indirizzi e-mail, indirizzi e prenotazioni di alberghi e automobili e perfino il tipo di letto richiesto in albergo. Ma oggi si scopre che c'è di più, che in caso di controllo più approfondito alla frontiera sono conservati nell'archivio anche i numeri di telefono che gli agenti trovano sul cellulare, il tipo di libri trovati in valigia, gli indirizzi e gli appuntamenti in agenda e perfino le attività svolte al di fuori dal viaggio.

Zakariya Reed, un vigile del fuoco di Toledo in Michigan, ha raccontato di essere stato fermato e trattenuto almeno sette volte nell'ultimo anno al confine con il Canada e che gli è stato chiesto conto delle sue opinioni politiche, espresse in una serie di articoli pubblicati su un giornalino locale, in cui criticava la politica americana in Medio Oriente. Articoli che durante uno dei fermi gli sono stati mostrati alla ricerca di spiegazioni.

L'Amministrazione ieri si è difesa, sottolineando che il sistema non viola nessuna legge, e i funzionari del Dipartimento della Sicurezza sostengono che il database è necessario per permettere agli agenti dell'immigrazione di poter capire alle frontiere se si trovano di fronte ad una potenziale minaccia. Ma le organizzazioni per la difesa dei diritti civili sostengono che è allarmante la capacità di intrusione del governo nelle vite delle persone comuni. Soprattutto che questo avviene all'insaputa dei cittadini e nessuno è in grado di intervenire se ci sono errori o se vengono raccolte informazioni sbagliate.

Per questo denunciano la violazione del Privacy Act, che impedirebbe di raccogliere informazioni sulle persone che si frequentano o i libri che si leggono. "Il governo federale - ha detto al Washington Post John Gilmore, un attivista di San Francisco i cui dati sono stati richiesti dall'Identity Project, un gruppo che si occupa del diritto alla privacy - sta cercando di costruire una società sorvegliata. Lo sta facendo con le migliori o peggiori intenzioni, ma questo sta succedendo senza il nostro consenso e senza che ci sia consapevolezza".

Un lavoro a cui contribuiscono le compagnie aeree e di navigazione di tutto il mondo, tanto che uno dei soggetti evidenzia come siano state raccolte informazioni su un suo viaggio che si era svolto tutto all'estero, senza partire o arrivare negli Stati Uniti. Ann Harrison, direttore della comunicazione di un azienda di tecnologie della Silicon Valley, che è tra coloro che hanno ottenuto di vedere il proprio fascicolo personale, ha raccontato di averci trovato i dettagli dei suoi spostamenti compiuti in Europa. Un altro ha scoperto la registrazione del numero di telefono di sua sorella a Tokyo.

La linea dell'Amministrazione americana è però netta, e sostiene che tutto questo è necessario per prevenire nuovi attentati terroristici sul suolo degli Stati Uniti. Il segretario dell'Homeland Security, Michael Chertoff, nell'estate dell'anno scorso si era difeso dalle accuse di intrusione nella privacy dei cittadini sottolineando che "se abbiamo imparato qualcosa da ciò che è accaduto l'11 settembre è che abbiamo bisogno di collegare nel modo migliore possibile ogni dettaglio che riguarda minacce potenziali. Dopo gli attentati del 2001, usando le carte di credito e i tabulati telefonici siamo riusciti a identificare i collegamenti tra i terroristi e le persone che erano legate a loro. Ma non sarebbe meglio riuscire a farlo prima che un dirottatore salga a bordo?"

la Repubblica 23 settembre 2007