Alberto Burgos

INVALSI? No grazie

Dicesi INVALSI l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell'Istruzione, cioè un istituto di ricerca con personalità giuridica di diritto pubblico che agisce sotto il patrocinio del Ministero dell'Istruzione, avente come scopo principale la "valutazione del sistema scolastico italiano, con le seguenti principali attività:

  • verifiche sistematiche e periodiche sulle abilità e conoscenze degli studenti, e sulla qualità dell'offerta didattica e formativa delle istituzioni; in particolare gestisce il Sistema Nazionale di Valutazione (SNV);
  • preparazione annuale dei testi della prova scritta nazionale volta a verificare i livelli di apprendimento conseguiti dagli studenti nell'esame di Stato al terzo anno della scuola secondaria di primo grado (comunemente nota come Test INVALSI)."

  • L'idea, in altre parole, sarebbe quella di dotare il sistema scolastico italiano di uno strumento per valutare organicamente, e con periodicità regolare, il livello di preparazione raggiunto dagli studenti italiani.
    Insomma, un obiettivo neanche disprezzabile, ma...

    Mentre nei sistemi formativi più avanzati - a partire da quello degli USA, notoriamente patria dei sistemi "oggettivi" di misurazione, dall'intelligenza alla bellezza - ormai da tempo si vanno abbandonando le tendenze neopositiviste, in Italia si ricorre con qualche decennio di ritardo proprio a quei metodi d'impronta anglosassone rivelatisi decisamente inefficaci: dismesse (apparentemente, pensate un po' a Fioroni...) le vecchie abitudini democristiane, si guarda con entusiasmo alla modernità e all'efficienza: l'Europa, la mondializzazione, richiedono merito e riconoscimento del merito!
    Così qualche tecnocrate ha leggiucchiato qua e là e si è convinto che la formazione scolastica si può, anzi si deve, misurare.
    A partire dall'Italiano e dalla Matematica gli studenti italiani, grandi e piccini, vedranno finalmente riconosciute le loro prestazioni (già, viene proprio usato questo termine), e non grazie allo sguardo benevolo del docente tutto preso dall'ansia di fare bella figura, quanto alle magnifiche sorti e progressive garantite dalla oggettività.
    Nientemeno.
    Chissà, la Matematica - per definizione - sarà anche contenta di essere misurata, ma come la mettiamo con quelle cose strane e imprevedibili che sono le parole?

    Dice: ma avrà la sua importanza la quantità di errori ortografici e grammaticali che si fanno strada nei testi scritti dai fanciulli d'Italia. Certo, ma è da questo che si rileva oggettivamente la preparazione di un allievo?
    La lingua è un sistema autoreferenziale, o, piuttosto, uno strumento per comunicare?
    Chi scrive vorrebbe anche fondare un Comitato per la Salvaguardia del Congiuntivo, ma, di fronte alla potenza devastante di Facebook, si accontenterebbe che i propri allievi fossero in grado di scrivere perché e non xké, va bene e non ok, magari nell'ambito di pensieri propri, maturati leggendo, o meglio, divertendosi leggendo.
    Perchè i Test INVALSI, che vengono propinati (pardon, somministrati) addirittura come prova d'esame, non si limitano ad erigersi come custodi delle regole (senza peraltro interrogarsi su cos'è quell'organismo mutevole e fluido che è la grammatica), ma si pongono addirittura come guardiani della "comprensione del testo".
    Sì, perché le domande hanno anche lo scopo di misurare quanto un bambino o un ragazzo hanno effettivamente capito di un testo. Perchè non esistono l'opera aperta, la libertà d'interpretazione, la sublime ambiguità delle parole, il diritto al paradosso, et cetera: no, tutto dev'essere chiaro, e misurabile.
    Così se un fanciullo degenerato dichiarasse, spuntando l'apposita casella, la propria simpatia per il feroce Silvestro piuttosto che per l'insopportabile Titti, verrebbe immediatamente sanzionato, e, si spera, debitamente punito.
    E non, appunto, a causa dell'ottusa malvagità di un cattivo maestro o di un sadico prof, ma in base a criteri oggettivi, resi tali dalla soggettiva stupidità di qualche burocrate ministeriale che non ha mai passato le sue giornate in mezzo ai veri banchi di scuola.

    Non importa se:

  • l'italiano meravigliosamente cambia da Bolzano a Napoli a Firenze
  • i computer in dotazione sono pochi e obsoleti
  • centinaia restano gli istituti bisognosi di robuste ristrutturazioni
  • si allarga sempre più la distanza dei ragazzi dalla scuola, vista sempre più spesso (anche dai genitori-avvocati) come fastidioso intermezzo in una giornata da dedicarsi a tutt'altro.

    Ciò che conta, nella patria del diritto - che è sempre prima sostanza che forma, è che siano rispettate le convenzioni (decise da chi?!), che i presidi possano esibire il fatto che il loro istituto sia nella media nazionale, che i fanciulli sappiano ben distinguere i buoni dai cattivi. Che, insomma, la cera sia passata a modino sul pavimento, in modo da occultare lo sporco.

    E così noi insegnanti saremo finalmente tranquilli: l'ordine regna sui fogli bianchi, dunque perché sbatterci a cercare di capire il mondo che cambia?

    P.S. Un piccolo particolare: l'enfasi con cui l'istituzione scolastica sta magnificando i test INVALSI è esplicitamente foriera del superamento delle attuali modalità d'esame alla fine della terza media (ma chi è quell'imbecille che l'ha voluta chiamare "scuola secondaria di primo grado" ?), che, appunto verrebbero sostituiti da un bel pacco di test ministeriali. Proprio un bel pacco.

    11.11.2011