M. Roccella (CGIL)

I licenziamenti nei principali paesi dell'Unione europea



La disciplina dei licenziamenti presenta aspetti tecnici di estrema complessità in tutti i paesi dell'Unione europea. Quella che segue, è una descrizione essenzialissima, funzionale a confutare la communis opinio che la reintegrazione nel posto di lavoro sarebbe una bizzaria tutta italiana, frutto delle fantasie dirigistiche del legislatore di casa nostra. Essa al contrario, sia pure con modalità variabili da un paese all'altro, costituisce un rimedio alquanto diffuso nell''Unione europea e tende ad essere praticato anche in paesi (si v. l'esempio danese) che pure, in linea di principio, restano attestati su soluzioni di tipo risarcitorio.
Per inquadrare correttamente i termini della questione, non va trascurato che nella recentissima proposta di normativa comunitaria sui licenziamenti individuali formulata dalla Confederazione europea dei sindacati, la reintegrazione nel posto di lavoro è prefigurata come primo rimedio nei confronti di un licenziamento illegittimo.

A) Sistemi variamente incentrati sulla reintegrazione

Svezia. Il sistema svedese di tutela contro i licenziamenti illegittimi è in ampia misura accostatile a quello vigente in Italia. La legge svedese risale al 1974, richiede l'esistenza di un giustificato motivo per legittimare un licenziamento, prevede come sanzione fondamentale nei confronti del licenziamento privo di giustificato motivo la reintegrazione nel posto di lavoro. Il sistema è particolarmente severo sia perché: a) prevede, in linea di principio, la continuazione .dei rapporto di lavoro in pendenza della controversia giudiziaria; b) qualora ciò non accada ed il licenziamento sia poi giudicato illegittimo, il datore di lavoro sarà condannato a corrispondere tutte le retribuzioni dovute in relazione al periodo compreso fra la data del licenziamento e quella della reintegrazione, nonché al risarcimento dei danno per l'illegittimità del licenziamento, in quanto tale; c) l'applicabilità della sanzione è generalizzata, eccezion fatta per le imprese di piccolissima dimensione Ove la reintegrazione può essere giudicata impraticabile.
Va precisato che, qualora il datore di lavoro si rifiuti di dar corso all'ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro è destinato a venire meno; ma il datore andrà incontro a pesantissime sanzioni economiche, potendo essere chiamato al versamento di una somma ulteriore a titolo risarcitorio, che può arrivare sino a 48 mensilità di retribuzione.

Repubblica Federale Tedesca. In Germania la legge di tutela nei confronti dei licenziamenti individuali (Kundigungsschutzgesetz) risale al 1951 ed è imperniata su criteri molto simili a quelli della normativa italiana. li licenziamento dev'essere giustificato o da ragioni di tipo soggettivo (inerenti cioè alla persona ero al comportamento del lavoratore) o da ragioni di tipo economico (legate a moficazioni aziendali che comportano la soppressione di un certo posto di lavoro). In ogni caso la legge concepisce il licenziamento come una misura estrema (criterio dell'extrema ratio) ed impone al datore di lavoro di consultare il consiglio d'azienda prima di intimare qualsiasi licenziamento. Se il consiglio d'azienda si oppone al licenziamento, il lavoratore ha diritto di mantenere il posto di lavoro sino alla fine della controversia giudiziaria. La sanzione primaria nei confronti dei licenziamento privo di giustificato motivo è rappresentata dalla reintegrazione nel posto di lavoro. La legge, peraltro, riconosce al datore di lavoro la possibilità di provare, pur a fronte di un licenziamento illegittimo, che non può essere attesa 'un'ulteriore proficua collaborazione fra le parti': nel qual caso il giudice dichiarerà comunque sciolta la relazione contrattuale e condannerà il datore di lavoro al pagamento di un'indennità risarcitoria, secondo misure fissate (nel massimo) dalla legge stessa. In passato questa possibilità era largamente sfruttata dai giudici, con conseguente ampia prevalenza di soluzioni risarcitorie nelle controversie in materia. Dal 1985, viceversa, la Corte Federale del lavoro ha mutato giurisprudenza, chiarendo che una dichiarazione di illegittimità del licenziamento da parte del giudice di primo grado comporta il diritto del lavoratore ad essere reintegrato sino alla fine dei processo. Questo nuovo orientamento ha sortito l'esito di ridimensionare le soluzioni di tipo risarcitorio, restituendo alla reintegrazione nel posto di lavoro il carattere di un rimedio praticamente disponibile per il lavoratore.
La normativa tedesca si applica a tutti i lavoratori con anzianità di servizio di almeno sei mesi ed a tutte le imprese che superino la soglia dei cinque addetti. li governo Kohl aveva elevato la soglia a dieci addetti (col risultato di privare della tutela alcuni milioni di lavoratori); la soglia originaria è stata ripristinata dal governo Schroeder, con una legge entrata in vigore il 1 gennaio 1999.

Gran Bretagna. È in vigore dal 1978 (Employment Protection Consolidation Act) una legislazione, la quale prevede che il primo rimedio a disposizione dell'autorità giudiziaria nei confronti del licenziamento illegittimo sia rappresentato dalla reintegrazione nel posto di lavoro. li giudice può disporre un ordine di reintegrazione in senso stretto (reinstatement), oppure può condannare il datore di lavoro a riassumere il lavoratore ingiustamente licenziato in un posto diverso, purché comparabile a quello in cui il lavoratore era occupato prima dei licenziamento (reengagement). Il sistema britannico riconosce una certa discrezionalità al giudice rispetto all'emanazione di un ordine di reintegrazione (nelle due forme indicate): si dovrà tenere in considerazione la domanda del lavoratore licenziato, il fatto che egli abbia in qualche misura contribuito a causare il licenziamento, la concreta praticabilità di un eventuale ordine di reintegrazione. La reintegrazione, comunque, non viene considerata impraticabile per il mero fatto che il datore di lavoro abbia già provveduto ad assumere altro lavoratore in luogo del licenziato.
Se il giudice ritiene non praticabile l'emanazione di un ordine di reintegrazione, opterà per una sanzione di tipo risarcitorio. La stessa sanzione, con una speciale maggiorazione, viene applicata al datore di lavoro inadempiente all'ordine di reintegrazione.
Il sistema opera senza soglie .dimensionali, ma escludendo dalla protezione lesale i lavoratori con anzianità di servizio inferiore a due anni. Per questo aspetto la legislazione britannica è stata considerata di carattere indirettamente discriminatorio dalla Corte di giustizia e dovrebbe essere modificata. Il criterio dei due anni di anzianità di servizio è stato introdotto dal governo Thatcher. Precedentemente l'esclusione riguardava i lavoratori con meno di un anno di anzianità di servizio. li governo Blair si è impegnato a ripristinare questa soglia più ridotta, estendendo in tal modo il campo di applicazione della legislazione protettiva.
Una tutela rafforzata, sia dal . punto di vista processuale sia con riguardo alla misura dell'eventuale risarcimento, si applica nel caso di licenziamento discriminatorio per ragioni di carattere sindacale.
Olanda. Nel panorama europeo il sistema olandese presenta caratteristiche peculiari. Dal 1945 il potere di licenziamento è condizionato dalla necessità di ottenere un'autorizzazione amministrativa da parte della pubblica autorità competente, chiamata a valutare la ragionevolezza delle ragioni addotte dal datore di lavoro. Qualora l'autorizzazione sia negata, l'eventuale licenziamento è considerato nullo ed il datore di lavoro sarà tenuto a continuare a pagare la retribuzione al lavoratore sino a quando non intervenga altra causa di estinzione dei rapporto..
Dalle statistiche disponibili risulta che il sistema di autorizzazione amministrativa preventiva ha tutelato abbastanza efficacemente la posizione dei lavoratori, quanto meno fungendo da deterrente nei confronti di comportamenti arbitrari dell'impresa.

B) Sistemi con prevalenza di soluzioni risarcitorie

Danimarca. Quello danese viene presentato di solito come un sistema dove l'imprenditore avrebbe mano libera in materia di licenziamenti. Niente di meno vero. È vero piuttosto che in Danimarca, per consolidata tradizione, le regole di protezione dei lavoro sono poste dai contratti collettivi, piuttosto che dal legislatore. Il riferimento più significativo è rappresentato dal c.d. Accordo fondamentale il quale, in materia di licenziamenti, prevede sia la regola dei giustificato motivo, sia la possibilità di contestare la legittimità dei licenziamento dinanzi ad uno speciale collegio arbitrale, specificamente competente, in materia di licenziamenti.
Nel 1981 l'Accordo fondamentale è stato emendato proprio allo scopo di introdurre la possibilità per il collegio arbitrale di disporre la reintegrazione nel posto di lavoro a fronte di un licenziamento privo di giustificato motivo (oggettivo o soggettivo). Resta vero che, nell'esperienza pratica dei collegio, arbitrale, tendono nettamente a prevalere soluzioni di tipo economico. La modifica del 1981, ad ogni modo, segnala che anche in sistemi comunemente considerati molto sensibili alle ragioni dell'impresa l'idea di reintegrazione nel posto di lavoro a fronte di un licenziamento ingiustificato è tutt'altro che sconosciuta.

Spagna. Nel sistema spagnolo la reintegrazione nel posto di lavoro a fronte di un licenziamento illegittimo è prevista solo quando il licenziamento colpisca un rappresentante del personale nell'impresa. In questo caso la regola o era in maniera rigida e comporta, a carico dei datore di lavoro eventualmente inadempiente all'ordine di reintegrazione, l'obbligo di pagare retribuzione e contributi sino a quando la reintegrazione non abbia avuto effettivamente corso.
La regola generale, viceversa, consente al datore di lavoro di scegliere fra la reintegrazione e il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento dei danno (secondo importi graduati dalla legge in ragione dell'anzianità di servizio del licenziato).

Francia. Il sistema francese è simile a quello spagnolo, anche se la reintegrazione opera in tutti i casi di licenziamenti discriminatori e non solo quando il licenziamento sia discriminatorio per ragioni sindacali. In generale il licenziamento privo di giustificato motivo comporta l'applicazione di una sanzione di tipo risarcitorio: la legge ne definisce l'importo minimo (sei mensilità di retribuzione), che è comunque dovuto, anche quando il danno effettivo subito a seguito dei licenziamento sia minore. Non viene invece stabilito un importo massimo: il lavoratore ha diritto alla riparazione integrale dei danno subito a seguito di un licenziamento ingiustificato, potendo ottenere in giudizio la condanna del datore di lavoro al pagamento di importi anche assai elevati.
Per comprendere bene il sistema francese di tutela della c.d. job security va comunque tenuto conto che in Francia (come pure in Germania) esistono regole assai più severe delle nostre in materia di licenziamenti collettivi. Le imprese non soltanto sono tenute a rispettare la procedura di informazione e consultazione preventiva prevista da una direttiva comunitaria, ma hanno anche l'obbligo di predisporre un piano sociale atto ad attenuare le conseguenze del licenziamento per i lavoratori coinvolti..

febbraio 2000