Lenin

Meglio meno ma meglio

(1923) *

Per poter migliorare il nostro apparato statale, l'Ispezione operaia e contadina, a parer mio, non deve correr dietro alla quantità e non deve aver fretta. Finora abbiamo avuto così poco tempo per riflettere sulla qualità del nostro apparato statale e preoccuparcene, che sarebbe giusto dedicarsi con particolare attenzione e serietà alla sua organizzazione e concentrare nell'Ispezione operaia e contadina materiale umano di qualità realmente moderna, cioè non inferiore ai migliori modelli dell'Europa occidentale. Certo, per una repubblica socialista questa condizione è troppo modesta, ma il primo lustro ci ha resi piuttosto diffidenti e scettici. E involontariamente siamo propensi a esserlo verso coloro che troppo, e troppo alla leggera, blaterano, per esempio, sulla "cultura proletaria": per incominciare ci accontenteremmo della vera cultura borghese, ci basterebbe sbarazzarci dei tipi di cultura preborghese particolarmente odiosi, cioè della cultura burocratica, feudale, ecc. Nei problemi della cultura è soprattutto dannoso aver fretta e voler fare le cose in grande. Molti nostri giovani letterati e comunisti se lo dovrebbero ficcare bene in testa.

Così, riguardo all'apparato statale dobbiamo trarre dall'esperienza precedente la conclusione che sarebbe meglio andare più adagio.

Nell'apparato statale la situazione è a tal punto deplorevole, per non dire vergognosa, che dobbiamo innanzi tutto pensare seriamente al modo di combatterne i difetti, ricordando che questi difetti hanno le loro radici nel passato, che, sebbene abbattuto, non è stato superato, non è ancora una fase della cultura appartenente a un passato ormai remoto. Pongo qui il problema della cultura, proprio perché in questi problemi bisogna considerare come acquisito soltanto ciò che è entrato a far parte della cultura, della vita, ciò che è diventato un abito. E da noi si può dire che quanto di buono esiste nell'organizzazione sociale non è oggetto di profonda riflessione, non è compreso, sentito; è stato afferrato in fretta, non è stato messo alla prova e confermato dalla esperienza, non è stato consolidato, ecc. E non poteva certo essere altrimenti nel periodo della rivoluzione, e con un ritmo di sviluppo cosi vertiginoso che ci ha condotti in cinque anni dallo zarismo al regime sovietico.

Bisogna riflettere quando si è ancora in tempo. Bisogna compenetrarsi di salutare diffidenza verso ogni progresso troppo rapido, verso qualsiasi millanteria, ecc., bisogna pensare a controllare quei passi in avanti che proclamiamo ogni ora, che facciamo ogni minuto, e che poi ad ogni secondo si rivelano instabili, precari e non compresi. La cosa più nociva sarebbe qui la fretta. La cosa più nociva sarebbe partire dal presupposto che sappiamo pur qualcosa, oppure che disponiamo di un numero più o meno rilevante di elementi per costruire un apparato veramente nuovo che meriti veramente il nome di socialista, di sovietico, ecc.

Questo apparato da noi non esiste, e perfino gli elementi che abbiamo sono ridicolmente pochi; non dobbiamo dimenticare che per costruire questo apparato non bisogna risparmiare il tempo e che occorrono molti, moltissimi anni.

Di quali elementi disponiamo per costruire un tale apparato? Di due soltanto. In primo luogo, degli operai, impegnati nella lotta per il socialismo. Questi elementi non sono abbastanza istruiti. Essi vorrebbero darci un apparato migliore, ma non sanno come farlo, non possono farlo; non hanno finora potuto acquisire la cultura che è indispensabile per farlo. E la cultura è quel che occorre. L'irruenza, l'impeto, l'audacia o l'energia, o in generale qualità umane anche migliori non servono a nulla. In secondo luogo, gli uomini che sanno, che sono istruiti e che sanno insegnare, sono da noi, in confronto a tutti gli altri Stati, in numero piccolo sino al ridicolo.

E qui non bisogna dimenticare che siamo ancora troppo propensi a compensare (o a immaginare di poter compensare) questa mancanza di cognizioni con lo zelo, con la fretta, ecc...

Per rinnovare il nostro apparato dobbiamo a ogni costo porci il compito, in primo luogo, di imparare; in secondo luogo, di imparare; in terzo luogo, di imparare, e poi di controllare ciò che si è imparato affinché la scienza non rimanga lettera morta o frase alla moda (come da noi, e non v'è nessuna ragione di nasconderlo, accade molto spesso), affinché la scienza diventi realmente carne della nostra carne, sangue del nostro sangue, affinché essa diventi in modo completo e reale parte integrante della nostra vita. In una parola, dobbiamo avanzare non le esigenze che avanza la borghesia dell'Europa occidentale, ma quelle che sono degne di un paese che si è posto il compito di divenire un paese socialista.

Conclusione di quanto è stato detto: noi dobbiamo far sì che l'ispezione operaia e contadina, che è uno strumento per il. miglioramento del nostro apparato, diventi un organismo veramente esemplare.

Per essere all'altezza del compito che le è affidato, l'Ispezione deve attenersi alla regola: misurare sette volte prima di tagliare.

Per costituire questo nuovo Commissariato del popolo è quindi necessario che effettivamente quanto vi è di meglio nel nostro regime sociale sia utilizzato con la massima cautela, riflessione e cognizione di causa.

È quindi necessario che i migliori elementi esistenti nel nostro regime sociale - cioè, innanzi tutto, gli operai d'avanguardia e, in secondo luogo, gli elementi veramente istruiti, per i quali si può essere certi che non prenderanno nessuna parola per oro colato e non ne pronunceranno nessuna contraria alla loro coscienza - non indietreggino di fronte a qualsiasi difficoltà, non abbiano paura di riconoscerla e di lottare per raggiungere il fine che si sono seriamente posti.

Da ormai cinque anni ci facciamo in quattro per migliorare il nostro apparato statale, ma è stato soltanto un dimenio inutile, che in cinque anni non ha dimostrato altro che di servire a nulla e di essere persino dannoso. Il dimenio ci dava l'impressione che si stesse lavorando, ma in realtà si ingorgavano i nostri uffici e i nostri cervelli.

Bisogna, infine, che le cose cambino.

Bisogna imporsi la regola: meglio pochi, ma buoni. Bisogna imporsi la regola: meglio avere un buon materiale umano fra due o anche fra tre anni piuttosto che lavorare affrettatamente, senza alcuna speranza di ottenerlo.

So che sarà difficile attenersi a questa regola e applicarla alla nostra realtà. So che la regola opposta si farà strada attraverso migliaia di fessure. So che sarà necessario resistere energicamente, che bisognerà dimostrare una diabolica tenacia e che il lavoro in questo campo, almeno per i primi anni, sarà diabolicamente ingrato; tuttavia sono convinto che solo mediante questo lavoro potremo raggiungere il nostro scopo e che solo dopo averlo raggiunto creeremo una repubblica veramente degna di essere chiamata sovietica, socialista, ecc. ecc.

Probabilmente molti lettori avranno trovato che le cifre da me riportate a mo' d'esempio nel mio articolo sono troppo piccole. Sono convinto che si possono citare molti calcoli per dimostrarlo. Ma credo che al di sopra di tutti questi e di qualsiasi altro calcolo dobbiamo porre una cosa sola: l'interesse che ha per noi una qualità realmente esemplare.

Penso che proprio ora sia infine giunto il momento in cui si deve lavorare con la massima serietà per migliorare il nostro apparato statale, il momento in cui l'aspetto più dannoso di questo lavoro sarebbe la fretta. E vorrei quindi mettere ben in guardia contro l'aumento di queste cifre. Al contrario, secondo me, bisogna essere particolarmente cauti con le cifre. Diciamolo pure: il Commissariato del popolo per l'Ispezione operaia e contadina non gode ora di nessun prestigio. Tutti sanno che non esistono organismi peggio organizzati dell'Ispezione operaia e contadina e che, nelle condizioni attuali, è inutile pretendere qualcosa da questo Commissariato del popolo. Dobbiamo fermamente ricordarcene, se realmente ci proponiamo di formare nel corso di alcuni anni un organismo che, in primo luogo, dev'essere esemplare e, in secondo luogo, deve ispirare a tutti la più assoluta fiducia e, infine, dimostrare a tutti che abbiamo veramente giustificato il lavoro di un così alto organismo qual è la Commissione centrale di controllo. A parer mio, dobbiamo senz'altro, irrevocabilmente, respingere tutte le norme generali sul numero degli impiegati. Dobbiamo scegliere gli impiegati dell'Ispezione operaia e contadina in maniera del tutto particolare e basandoci esclusivamente su un esame severissimo. A che varrebbe, infatti, creare un Commissariato del popolo che lavori alla bell'e meglio, che non ispiri la minima fiducia e la cui parola non goda nemmeno di un'ombra di prestigio? Ritengo che evitare tutto questo sia il nostro compito più importante nel corso del lavoro di riordinamento che ci proponiamo di fare.

Gli operai che facciamo partecipare al lavoro come membri della Commissione centrale di controllo devono essere irreprensibili come comunisti, e penso che bisognerà istruirli per lungo tempo per insegnar loro i metodi e gli obiettivi del loro lavoro. Inoltre un determinato numero di impiegati della segreteria, che dovranno essere messi alla prova tre volte prima di essere assunti, dovrà cooperare a questo lavoro. Infine, i quadri che, in via di eccezione, decideremo di nominare subito come funzionari dell'Ispezione operaia e contadina devono soddisfare alle seguenti condizioni:

- in primo luogo, devono essere presentati da parecchi comunisti;
- in secondo luogo, devono sostenere un esame per provare che conoscono il nostro apparato statale;
- in terzo luogo, devono sostenere un esame per dimostrare che conoscono i principi della nostra teoria sull'apparato statale, le basi della scienza dell'amministrazione, del disbrigo delle pratiche, ecc.;
- in quarto luogo, devono lavorare in stretto contatto coi membri della Commissione centrale di controllo e della loro segreteria, in modo da poter rispondere interamente del lavoro di tutto l'apparato.

So che questi requisiti presuppongono condizioni eccezionali e sono incline a temere che la maggioranza dei "pratici" dell'Ispezione operaia e contadina dichiarerà inattuabili queste esigenze o se ne farà beffe. Ma io chiedo a qualsiasi attuale dirigente dell'Ispezione operaia e contadina o a chiunque abbia a che fare con essa di rispondermi in coscienza: quale è l'utilità pratica di un Commissariato del popolo come l'Ispezione operaia e contadina? Credo che la domanda lo aiuterà a trovare il senso della misura. O non vale la pena di occuparsi di riorganizzare - come si è fatto tante volte - un'impresa così disperata come l'Ispezione operaia e contadina, oppure bisogna realmente porsi il compito di creare in maniera lenta, difficile, insolita, e non senza ripetuti controlli, un qualcosa di veramente esemplare, capace di infondere rispetto a tutti, e non solo perché i gradi e i titoli lo richiedono.

Se non ci si vuole armare di pazienza, se non si vuole dedicare a questo lavoro alcuni anni, è meglio non accingervisi neppure.

A parer mio, di tutti gli organismi che abbiamo già sfornato in questo campo - istituti superiori del lavoro e simili - bisogna sceglierne pochissimi, controllare se l'impostazione del lavoro è seria e continuare questo lavoro soltanto in modo che sia realmente all'altezza della scienza moderna e ci dia tutte le garanzie. E allora non sarà un'utopia sperare di ottenere nel corso di alcuni anni un organismo che sia in grado di adempiere il suo compito, di lavorare cioè sistematicamente, con perseveranza, al miglioramento del nostro apparato statale, avendo la fiducia della classe operaia, del Partito comunista russo e di tutta la popolazione della nostra repubblica.

Il lavoro preparatorio si potrebbe già cominciare fin d'ora. Se il Commissariato del popolo dell'Ispezione operaia e contadina fosse d'accordo col piano di questa riorganizzazione, potrebbe fin d'ora prendere i provvedimenti necessari per poter lavorare sistematicamente fino alla loro completa attuazione, senza fretta e senza rifiutarsi di rifare ciò che è già stato fatto una volta.

Qualsiasi decisione presa a metà sarebbe in questo caso estremamente dannosa. Ogni norma che stabilisse il numero dei funzionari dell'Ispezione operaia e contadina partendo da qualsiasi altra considerazione sarebbe in sostanza basata sulle vecchie considerazioni burocratiche, sugli antichi pregiudizi, su ciò che è già stato condannato e suscita lo scherno generale, ecc..


In sostanza, la questione si pone nei seguenti termini:

O dimostriamo ora di aver appreso seriamente qualcosa sull'edificazione dello Stato (dovremmo pure aver imparato qualcosa in cinque anni!), oppure dimostriamo di non essere maturi, e allora non vale la pena di accingersi all'opera.

Credo che con il materiale umano di cui disponiamo non peccheremmo di immodestia se supponessimo di aver imparato abbastanza per poter creare sistematicamente ed ex novo almeno un Commissariato del popolo. È vero che questo Commissariato del popolo deve da solo dare una fisionomia a tutto il nostro apparato statale.

Bisogna bandire un concorso per due o più manuali sull'organizzazione del lavoro in generale, e del lavoro amministrativo in particolare. Si può prendere come base il libro di Iermanski, benché egli, sia detto fra parentesi, si distingua per un'evidente simpatia per il menscevismo e sia incapace di compilare un manuale adatto per il potere sovietico. Inoltre si può prendere come base il recente libro di Kergentsev; infine possono essere utili alcuni testi già esistenti.

Bisogna mandare alcune persone preparate e coscienziose in Germania o in Inghilterra per raccogliere le pubblicazioni esistenti e per studiare questo problema. Dico in Inghilterra, nel caso in cui non sia possibile mandarle in America o nel Canada.

Occorre nominare una commissione che prepari uno schema di programma di esami per coloro che vogliono entrare nell'Ispezione operaia e contadina, e anche per i candidati a membri della Commissione centrale di controllo.

Naturalmente, questi lavori e altri simili non intralceranno il lavoro né del commissario, né dei membri del collegio dell'Ispezione operaia e contadina, né del presidium della Commissione centrale di controllo.

Parallelamente bisognerà nominare una commissione che proceda alla scelta dei candidati a membri della Commissione centrale di controllo. Spero che per queste mansioni troveremo un numero più che sufficiente di candidati, sia fra gli impiegati esperti di tutte le amministrazioni che fra gli studenti delle nostre scuole sovietiche. Non credo sarebbe giusto escludere a priori l'una o l'altra categoria. Probabilmente dovremo dare la preferenza a una composizione eterogenea per questo organismo, che deve assommare in sé molte qualità e requisiti diversi, sicché la compilazione dell'elenco dei candidati richiederà un lavoro molto serio. Per esempio, non sarebbe soprattutto desiderabile che il nuovo Commissariato del popolo fosse composto di gente di un solo tipo, di funzionari, diciamo, o ne fossero esclusi uomini con qualità di agitatori, o altri il cui tratto caratteristico è la socievolezza o la capacità di penetrare in ambienti che funzionari di questo tipo abitualmente non frequentano, ecc.

Credo che esprimerò meglio il mio pensiero se paragonerò il mio progetto con le organizzazioni di tipo accademico. I membri della Commissione centrale di controllo dovranno, sotto la guida del loro presidium, studiare sistematicamente tutti gli incartamenti e i documenti dell'Ufficio politico. In pari tempo dovranno distribuire razionalmente il loro tempo fra le varie operazioni di controllo sul disbrigo degli affari nei nostri organismi, incominciando dai più piccoli per giungere fino ai massimi organismi statali. Infine farà parte del loro lavoro lo studio della teoria, cioè della teoria dell'organizzazione del lavoro a cui essi intendono dedicarsi e l'attività pratica sotto la guida di compagni anziani o di professori degli istituti superiori di organizzazione del lavoro.

Ma credo sarà loro assolutamente impossibili limitarsi a questo lavoro accademico. Essi dovranno al tempo stesso prepararsi ad un lavoro che non mi periterei di definire addestramento alla caccia, non dirò degli imbroglioni, ma di qualcosa di simile, e escogitare speciali accorgimenti per non rivelare le proprie mosse e tener segreti i propri metodi, ecc..

Negli organismi dell'Europa occidentale simili proposte susciterebbero uno sdegno inaudito, un sentimento di indignazione morale, ecc.; ma io spero che non siamo ancora burocratizzati a tal punto da essere così suscettibili. La Nep non ha ancora potuto conquistarsi un così grande rispetto che ci si possa scandalizzare al solo pensiero che qualcuno possa essere colto sul fatto. La Repubblica sovietica è stata creata da così poco tempo e vi si è ammonticchiato un tal mucchio di ciarpame di ogni genere che è poco probabile che a qualcuno venga in mente di scandalizzarsi al pensiero che si possa frugare in questo mucchio ricorrendo a qualche astuzia, mediante esplorazioni che talvolta devono risalire a origini abbastanza lontane o seguire vie traverse; e se a qualcuno venisse in mente di scandalizzarsi possiamo essere certi che gli rideremo tutti dietro di cuore.

La nostra nuova Ispezione operaia e contadina non sarà affetta, speriamo, da quel che i francesi chiamano pruderie, e che noi possiamo chiamare affettazione ridicola o ridicola presunzione, la quale torna a tutto vantaggio della nostra burocrazia - presa nel suo insieme - sia sovietica che di partito. Sia detto fra parentesi, la burocrazia esiste da noi non solo negli organismi sovietici, ma anche in quelli di partito.

Se più sopra ho scritto che dobbiamo studiare e ancora studiare negli istituti per l'organizzazione superiore del lavoro, ecc., ciò non vuol dire affatto che io intenda questo "studio" in maniera più o meno scolastica, o mi limiti a pensare a uno studio unicamente scolastico. Spero che nessun vero rivoluzionario sospetti che nello "studio" in questo caso non voglia comprendere qualche tiro semischerzoso, qualche astuzia, qualche tranello o qualcosa del genere. So che in uno Stato austero e serio dell'Europa occidentale quest'idea susciterebbe veramente orrore, e nessun funzionario per bene acconsentirebbe di metterlo in discussione. Ma io spero che non ci siamo ancora burocratizzati a tal punto, e che la discussione di questa idea susciterà in noi soltanto buon umore.

Perché infatti non unire l'utile al dilettevole? Perché non servirsi di un tiro scherzoso o semischerzoso per scoprire qualcosa di ridicolo, di dannoso, semiridicolo, semidannoso, ecc.?

Mi pare che se la nostra Ispezione operaia e contadina terrà conto di queste considerazioni ci guadagnerà non poco e che la lista dei casi nei quali la nostra Commissione centrale di controllo o i suoi colleghi dell'Ispezione operaia e contadina hanno raggiunto alcuni dei più brillanti successi sarà di molto arricchita grazie alle gesta dei nostri futuri "ispettori" e "controllori" in posti che non è decoroso ricordare in manuali austeri e rispettabili.

Come è possibili fondere organismi di partito con organismi sovietici? Non c'è qui qualcosa di inammissibile?

Pongo questa domanda non a nome mio, ma a nome di coloro a cui ho accennato sopra, quando ho detto che da noi esistono dei burocrati non solo negli organismi sovietici, ma anche in quelli di partito.

E perché mai non fonderli se gli interessi della causa lo esigono? Vi è forse qualcuno che non abbia avuto occasione di osservare che in un Commissariato del popolo come quello degli affari esteri questo è estremamente utile ed è stato praticato sin dall'inizio? L'Ufficio politico non discute forse da un punto di vista di partito una quantità di problemi piccoli e grandi circa le "mosse" da noi compiute in risposta alle "mosse" delle potenze estere, allo scopo di prevenirne, diciamo, le astuzie, per non dir di peggio? Questa fusione elastica di un organismo sovietico con un organismo di partito non è forse la sorgente della forza eccezionale della nostra politica? Penso che ciò che si è dimostrato utile, che si è affermato ed è ormai entrato nell'uso comune tanto da non sollevare più alcun dubbio, sarà almeno altrettanto opportuno (anzi credo sarà molto più opportuno) per tutto il nostro apparato statale. L'ispezione operaia e contadina dovrà appunto occuparsi di tutto il nostro apparato statale, e la sua attività dovrà toccare tutti - senza eccezione - gli organismi statali sia locali che centrali, commerciali o puramente burocratici, educativi o di archivio, teatrali, ecc., in una parola, tutti, senza la più piccola esclusione.

Perché dunque per un organismo con funzioni così ampie, il quale inoltre deve essere straordinariamente duttile nelle forme della sua attività, non ammettere un tipo particolare di fusione, cioè quella dell'organismo di controllo di partito con l'organismo di controllo sovietico?

Non vi vedrei nessuno ostacolo. Credo inoltre che tale fusione sia la sola garanzia per la riuscita del lavoro. Credo che tutti i dubbi in proposito possano spuntar fuori dagli angoli più polverosi del nostro apparato e che bisogna rispondere in un modo solo: con lo scherno.

Un altro dubbio: è opportuno unire lo studio con l'esercizio delle proprie funzioni? Mi pare che non solo sia opportuno, ma obbligatorio. In generale, nonostante il nostro atteggiamento rivoluzionario verso i princìpi sui quali poggiano gli ordinamenti degli Stati europei occidentali, noi siamo riusciti a lasciarci contagiare da tutta una serie dei più dannosi e ridicoli pregiudizi, e in parte il contagio ce l'hanno di proposito portato i nostri cari burocrati, i quali hanno intenzionalmente speculato sul fatto che sarebbero riusciti a far buona pesca nelle torbide acque di questi pregiudizi, e vi sono riusciti a tal punto che fra noi solo coloro che sono completamente ciechi non hanno visto come questa pesca era largamente praticata.

In tutti i campi delle relazioni sociali, economiche e politiche noi siamo "terribilmente" rivoluzionari. Ma quando si tratta di rispettare i gradi, di osservare le forme e i riti amministrativi, il nostro "rivoluzionarismo" è spesso sostituito dal più stantio tradizionalismo. In questo campo si può osservare spesso un fenomeno estremamente interessante: il grandioso balzo in avanti nella vita sociale si unisce ad una mostruosa timidezza di fronte ai più piccoli cambiamenti.

E ciò è comprensibile, perché i più audaci passi in avanti sono stati fatti su un terreno che da lungo tempo era riservato alla teoria, su un terreno che era stato coltivato principalmente e persino quasi esclusivamente in modo teorico. Il russo si sfogava in casa contro l'odiosa condizione di impiegatuccio, si sfogava con elucubrazioni teoriche estremamente ardite, e queste elucubrazioni teoriche estremamente ardite acquistavano quindi un carattere eccezionalmente unilaterale. Nel nostro paese vivevano l'una accanto all'altra, in buona armonia, l'audacia teorica nelle costruzioni generali e una sorprendente timidezza per la più insignificante delle riforme burocratiche. Una grandiosa rivoluzione agraria mondiale è stata elaborata con un'audacia sconosciuta in altri Stati, e in pari tempo mancava la fantasia per una riforma burocratica di infimo ordine; mancava la fantasia o la pazienza per applicare a questa riforma le tesi generali che davano risultati così "brillanti" quando erano applicate a questioni di carattere generale.

Perciò la nostra vita odierna unisce in sé, in misura sorprendente, i tratti dell'audacia più temeraria e della timidezza mentale di fronte ai cambiamenti più insignificanti.

Penso che non sia stato altrimenti in nessuna delle rivoluzioni realmente grandi, in quanto le rivoluzioni realmente grandi nascono dall'antagonismo tra il vecchio, tra la tendenza a rielaborare il vecchio e la più astratta aspirazione al nuovo, che deve essere talmente nuovo da non contenere in sé nemmeno un briciolo di antico.

E quanto più questa rivoluzione è repentina, tanto più a lungo dureranno tali contraddizioni.

Il tratto generale della nostra vita odierna è il seguente: noi abbiamo distrutto l'industria capitalistica, ci siamo sforzati di distruggere dalle fondamenta gli istituti medioevali, la grande proprietà fondiaria, e al suo posto abbiamo creato la piccola e piccolissima proprietà dei contadini, che seguono il proletariato per la fiducia che hanno riposto nei risultati della sua opera rivoluzionaria. È tuttavia difficile reggersi su questa fiducia fino alla vittoria della rivoluzione socialista nei paesi più progrediti, perché la classe dei piccoli e piccolissimi contadini, specialmente durante la Nep, si mantiene per necessità economica a un livello estremamente basso di rendimento del lavoro. Inoltre, la situazione internazionale ha fatto sì che oggi la Russia è stata respinta indietro, e che, in generale, il rendimento del lavoro è ora considerevolmente inferiore a quello dell'anteguerra. Le potenze capitalistiche dell'Europa occidentale, in parte consapevolmente, in parte spontaneamente, hanno fatto tutto il possibile per respingerci indietro, per utilizzare gli elementi di guerra civile in Russia al fine di rovinare il più possibile il nostro paese. Appunto una soluzione simile della guerra imperialistica si presentava, naturalmente, come cosa che offriva considerevoli vantaggi: se non rovesceremo il regime rivoluzionario in Russia ne renderemo in ogni caso difficile lo sviluppo verso il socialismo. Così press'a poco ragionavano quelle potenze, e, secondo il loro modo di vedere, non potevano ragionare diversamente. Il risultato che hanno ottenuto è che il compito che si erano prefisso è stato risolto a metà. Non rovesciarono il nuovo regime creato dalla rivoluzione, ma non gli permisero di fare subito un passo in avanti tale da giustificare le previsioni dei socialisti e da permettergli di sviluppare con grandissima rapidità le forze produttive, di sviluppare tutte quelle possibilità, che messe assieme, avrebbero dato il socialismo, di dimostrare a tutti in modo evidente, lampante, che il socialismo racchiude in sé forze gigantesche e che l'umanità è ora passata in una nuova fase di sviluppo, che racchiude in sé possibilità magnifiche.

Il sistema delle relazioni internazionali ha preso oggi una forma che uno degli Stati europei - la Germania - è asservito agli Stati vincitori. Inoltre, parecchi Stati, tra i più vecchi dell'Occidente, avendo vinto la guerra, hanno avuto la possibilità di sfruttare la vittoria per fare alle loro classi oppresse diverse concessioni che, pur essendo poco importanti, ritardano il movimento rivoluzionario e creano una sembianza di "pace sociale".

Nello stesso tempo, una serie di paesi, Oriente, India, Cina, ecc., a causa appunto dell'ultima guerra imperialistica, sono stati definitivamente gettati fuori dai loro binari. Il loro sviluppo si è adeguato definitivamente allo sviluppo del capitalismo europeo. È incominciato in essi un fermento simile a quello che si ha in Europa. È ormai chiaro per il mondo intero che essi sono stati trascinati su una vita di sviluppo che non può non portare a una crisi del capitalismo mondiale nel suo insieme.

Ci troviamo così, nel momento attuale, davanti alla domanda: saremo noi in grado di resistere con la nostra piccola e piccolissima produzione contadina, nelle nostre condizioni disastrose, fino a che i paesi capitalistici dell'Europa occidentale non avranno compiuto il loro sviluppo verso il socialismo? Ed essi tuttavia non lo compiono come ci attendevamo. Essi lo compiono non attraverso una "maturazione" uniforme del socialismo, ma attraverso lo sfruttamento di alcuni Stati da parte di altri, attraverso lo sfruttamento del primo Stato vinto nella guerra imperialistica, unito allo sfruttamento di tutto l'Oriente. L'Oriente d'altra parte, è entrato definitivamente nel movimento rivoluzionario appunto in seguito a questa prima guerra imperialistica, ed è stato trascinato definitivamente nel turbine generale del movimento rivoluzionario mondiale.

Quale tattica prescrive dunque tale situazione per il nostro paese? Evidentemente la seguente: dobbiamo essere estremamente cauti per poter conservare il nostro potere operaio, per poter mantenere sotto la sua autorità e sotto la sua guida i nostri piccoli e piccolissimi contadini. Dalla nostra parte c'è il vantaggio che tutto il mondo sta già passando a un movimento da cui dovrà nascere la rivoluzione socialista mondiale. Ma vi è anche lo svantaggio che gli imperialisti sono riusciti a scindere tutto il mondo in due campi, e che inoltre questa scissione si complica per il fatto che la Germania, paese capitalistico effettivamente sviluppato e colto, incontra estreme difficoltà per rimettersi in piedi. Tutte le potenze capitalistiche del cosiddetto Occidente la beccano e non le permettono di rialzarsi. E d'altra parte tutto l'Oriente, con le sue centinaia di milioni di lavoratori sfruttati e ridotti all'estremo limite della sopportazione, è messo in condizioni tali che le sue forze fisiche e materiali non possono essere messe a confronto con le forze fisiche materiali e militari di uno qualsiasi degli Stati più piccoli dell'Europa occidentale.

Possiamo noi salvarci dall'incombente conflitto con questi Stati imperialistici? Possiamo noi sperare che gli antagonismi e i conflitti interni fra i floridi Stati imperialistici dell'Occidente e i floridi Stati imperialistici dell'Oriente ci diano un periodo di tregua per la seconda volta come ce l'hanno dato la prima volta, allorché la campagna della controrivoluzione dell'Europa occidentale, volta ad appoggiare la controrivoluzione russa, fallì a causa delle contraddizioni esistenti nel campo dei controrivoluzionari d'Occidente e d'Oriente, nel campo degli sfruttatori orientali e degli sfruttatori occidentali, nel campo del Giappone e dell'America?

A questa domanda, io penso, dobbiamo rispondere che la soluzione dipende qui da troppe circostanze, e che l'esito di tutta la lotta in generale può essere previsto solo considerando che, in fin dei conti, il capitalismo stesso educa e addestra alla lotta l'enorme maggioranza della popolazione del globo.

L'esito della lotta dipende, in ultima analisi, dal fatto che la Russia, l'India, la Cina, ecc. costituiscono l'enorme maggioranza della popolazione. Ed è appunto questa maggioranza che negli ultimi anni, con una rapidità mai vista, è entrata in lotta per la propria liberazione, sicché in questo senso non può sorgere ombra di dubbio sul risultato finale della lotta mondiale. In questo senso la vittoria definitiva del socialismo è senza dubbio pienamente assicurata.

Ma quel che c'interessa non è l'ineluttabilità della vittoria finale del socialismo. Ci interessa la tattica alla quale dobbiamo attenerci noi, Partito comunista russo, noi, potere sovietico della Russia, per impedire agli Stati controrivoluzionari dell'Europa occidentale di schiacciarci. Affinché ci sia possibile resistere sino al prossimo conflitto armato tra l'Occidente controrivoluzionario imperialistico e l'Oriente rivoluzionario e nazionalista, tra gli Stati più civili del mondo e gli Stati arretrati come quelli dell'Oriente, che peraltro costituiscono la maggioranza, è necessario che questa maggioranza faccia in tempo a diventare civile. Anche noi non abbiamo un grado sufficiente di civiltà per passare direttamente al socialismo, pur essendoci da noi le premesse politiche.

Dobbiamo attenerci a questa tattica oppure attuare per la nostra salvezza la politica seguente.

Ci dobbiamo sforzare di costruire uno Stato in cui gli operai mantengano la loro direzione sui contadini, godano della fiducia dei contadini e con la più grande economia eliminino dai rapporti sociali ogni traccia di sperpero.

Dobbiamo ridurre il nostro apparato statale in modo da fare la massima economia. Dobbiamo eliminare ogni traccia di quello che la Russia zarista ed il suo apparato burocratico e capitalistico ha lasciato in così larga misura in eredità al nostro apparato.

Non sarà questo il regno della grettezza contadina?

No. Se la classe operaia continuerà a dirigere i contadini, avremo la possibilità, gestendo il nostro Stato con la massima economia, di far sì che ogni più piccolo risparmio serva a sviluppare la nostra industria meccanica, a sviluppare l'elettrificazione, l'estrazione idraulica della torba, a condurre a termine la centrale elettrica del Volkhov, ecc..

Questa e solo questa è la nostra speranza. Solo allora, per dirla con una metafora, saremo in grado di passare da un cavallo all'altro, e precisamente dalla povera rozza contadina del mugik, dal ronzino dell'economia, adatto a un paese contadino rovinato, al cavallo che il proletariato cerca e non può non cercare per sé, al cavallo della grande industria meccanica, dell'elettrificazione, della centrale elettrica del Volkhov, ecc..

Ecco come nella mia mente lego il piano generale del nostro lavoro, della nostra politica, della nostra tattica, della nostra strategia con i compiti dell'ispezione operaia e contadina riorganizzata. Ecco che cosa, secondo me, giustifica le cure eccezionali, l'attenzione eccezionale che noi dobbiamo dedicare all'Ispezione operaia e contadina, ponendola su un piano eccezionalmente elevato, dandole un gruppo dirigente che abbia gli stessi diritti del Comitato centrale, ecc..

Ci giustifica il fatto che soltanto epurando al massimo il nostro apparato, riducendolo al massimo - il che è assolutamente necessario - saremo veramente in grado di resistere. Inoltre, saremo in grado di resistere non già restando al livello di un paese a piccola economia contadina, al livello di questa ristrettezza generale, ma a un livello che immancabilmente si eleverà fino alla grande industria meccanica.

Ecco quali sono gli altri compiti che vorrei affidare alla nostra Ispezione operaia e contadina. Ecco perché progetto la fusione di un autorevolissimo organismo dirigente del partito con un "semplice" Commissariato del popolo.

Lenin

2 marzo 1923

* Dal 1921 il responsabile di questo Commissariato del popolo era Stalin, ed è esattamente a lui che - non certo a caso - sono indirizzate queste durissime critiche. Si vedano qui il Testamento di Lenin e Lo stalinismo.