piccolo dizionario marxista

contraddizione


Il termine compare nel Marx pubblicista del 1842 con una accentuazione filosofica tipica del lessico dei giovani hegeliani. Contraddizione è ciò che si oppone al realizzarsi di una idea. Nel caso specifico si tratta dell'idea liberalradicale di uno stato che, lontano dal modello feudale della Prussia, realizzi la coincidenza hegeliana di reale e razionale. Lo stesso significato del termine è riscontrabile nella polemica sui viticoltori della Mosella nella quale Marx denunzia la grave contraddizione sussistente tra il mondo reale e quello statuale, gravato e distorto da forme burocratiche. Contraddizione sta quindi ad indicare un ostacolo alla realizzazione del razionale.
La prima critica marxiana al concetto di contraddizione in Hegel deriva dal modello della critica di Feuerbach ad Hegel. La contraddizione in Hegel è una forma astratta sempre superata, nella sintesi, dell'idea. Al contrario la contraddizione può indicare una situazione materiale ciò che Marx chiama la «sostanzialità della contraddizione» della quale è impossibile pensare un «superamento» nell'astratto. «L'errore principale di Hegel consiste in ciò: ch'egli assume la contraddizione del fenomeno come unità nell'essenza, nell'idea laddove essa contraddizione ha la sua ragione in qualcosa di più profondo, cioè in una sostanziale contraddizione» (C HP, 102). Sempre con una forte accentuazione del suo aspetto concreto, Marx, nella Questione ebraica, vede la contraddizione come l'opposizione reale di figure sociali diverse il cui superamento non avviene nell'astratto, ma nell'emancipazione dalla società nel cui interno si genera la contraddizione: «La contraddizione nella quale si trova l'uomo religioso con l'uomo politico, è la medesima contraddizione nella quale si trova il bourgeois con il citoyen, nella quale si trova il membro della società civile con la sua pelle di leone politico» (QE, 167). In un quadro economico Engels, nei Lineamenti di una critica dell' economia politica (1843-44), mette, invece, in luce la contraddizione sussistente nella concezione della concorrenza propria dell'economia politica. In essa appare come interesse generale e interesse particolare si oppongono. L'interesse particolare reclama il monopolio di determinate merci prodotte nella società, mentre l'interesse generale richiede l'abolizione di ogni forma monopolistica che impedisce la libera circolazione delle merci nel mercato. «La contraddizione della concorrenza sta in ciò, che ciascuno deve desiderare il monopolio, mentre la comunità in quanto tale viene danneggiata dal monopolio e quindi deve eliminarlo» (SCE, 469).
È evidente che la contraddizione degli interessi economici serve qui per criticare l'ottimismo dell'economia classica.È sul terreno della critica dell'economia politica che Marx usa in modo teoricamente rilevante la contraddizione. In generale si può dire che egli, hegelianamente, trasferisce la contraddizione dalla logica dell'intelletto alla logica della ragione. Questo modello applicato al caso specifico dell'economia politica conduce a trasformare le contraddizioni del tipo «proprietà-non proprietà» a livello sociale laddove esse sostanzialmente si producano e dove, sempre hegelianamente, possono aver risoluzione. La classica opposizione proprietà-non proprietà nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 diviene una contraddizione concreta nel momento in cui viene dislocata dal campo astratto dell'economia a quello sociale. Allora la proprietà viene intesa come capitale e la nonproprietà come lavoro e, a sua volta, la contraddizione viene posta a livello di classe: la classe dei capitalisti e la classe dei proletari costretti ad alienare l'oggetto del proprio lavoro. «Ma l'opposizione fra non proprietà e proprietà è un'opposizione ancora indifferente, non colta nella sua relazione attiva, nel suo rapporto interno e non ancora come contraddizione, finché non è concepita comeopposizione di lavoro e capitale» (MEF, 320).
Ma, in tal modo, si delinea una contraddizione costruita, al proprio interno, su altre contraddizioni. Infatti, associando lavoro con proletariato si ha la contraddizione tra ciò che crea la proprietà (il lavoro) e l'esclusione di chi ne dovrebbe essere il naturale possessore, e la contraddizione tra il capitale che è l'oggettivazione del lavoro e i capitalisti che, per prassi sociale, non lavorano. Tali contraddizioni esprimono, così, la proprietà privata come contraddizione totale che si frappone tra l'uomo e il suo prodotto (l'oggetto del lavoro) impedendo all'uomo di realizzarsi come tale nel lavoro, cioè nella trasformazione della natura. Evidentemente, secondo l'ottica feuerbachiana di Marx, ciò significa porre come necessaria la risoluzione della contraddizione e, quindi, il suo superamento nella prospettiva del ritorno dell'uomo alla sua pienezza cioè all'idea di uomo. «Ma il lavoro, l'essenza soggettiva della proprietà privata, in quanto esclusione della proprietà, o il capitale, il lavoro oggettivo, l quanto esclusione del lavoro, sono la proprietà privata come sviluppato rapporto di contraddizione però rapporto energico, motivo di risoluzione» (MEF, 321).
In questi termini tuttavia la contradizione marxiana si presenta come una classica contraddizione filosofica in cui l'opposizione che si genera all'interno del sociale trova la sua soluzione nell'astratta concezione dell'idea di uomo.
Dietro il linguaggio feuerbachiano è chiara e lettamente individuabile la matrice hegeliana. Ciò appare con evidenza nella Sacra Famiglia dove la classe proletaria si fa portatrice della necessità storica del superamento della contraddizione. «Per usare un'espressione di Hegel, essa è nell'abiezione la rivolta contro questa abiezione, una rivolta a cui essa è spinta necessariamente dalla contraddizione della sua natura umana con la situazione della sua vita, la quale situazione è la negazione aperta, decisa, completa, di questa natura» (SF, 37).
Tale superamento è, in ultima analisi, la realizzazione dell'essenza umana che deve essere universalmente affermata nella sua totalità. La contraddizione diviene perciò storica e quindi necessariamente diretta al superamento in quanto vi è contraddizione tra l'essenza e la sua obbiettivazione. Nonostante gli elementi astratti presenti in questa concezione, Marx, avendo trasferito la contraddizione in una forma sociale, è già in grado di criticare la forma della contraddizione tra ideale e reale tipica dei giovani hegeliani, e che gli era già stata propria. Secondo Marx, Bauer risolve la contraddizione sociale nella contraddizione generale della forma politica della società, ritenendo, con ciò, di raggiungere l'essenza umana e di attuare il superamento della contraddizione. In realtà, si ha, unicamente, un nuovo modello di stato che, in quanto funzionale alla società lasciata sussistere nelle sue forme alienate e neganti, perciò, l'essenza dell'uomo, permane nella contraddizione. «Ora, il signor Bauer incorre in una svista veramente fondamentale, quando crede, mediante la concezione e la critica di questa contraddizione in quanto una contraddizione "generale", di elevarsi dalla essenza politica all'essenza umana. Egli si è elevato solo dalla mezza emancipazione politica all'emancipazione politica intera, dallo stato rappresentativo costituzionale allo stato rappresentativo democratico» (SF, 192).
Dalla posizione teorica di una contraddizione interna all'essenza umana e alla necessità di una sua realizzazione storica Marx si emancipa nelle sue Tesi su Feuerbach. Allontanandosi da Feuerbach e dalla sua riproposizione, in termini mutati, della macchina hegeliana Marx sottolinea l'importanza della concretezza materiale contro ogni forma di astrazione filosofica. Il fondamento terreno l'essenza umana non può perciò essere riproposto nella sua forma ideale per riscontrarne la contraddittorietà con il mondo reale. La contraddizione, in ultima analisi, non possiede più una valenza filosofica; è al contrario, una contraddizione reale nel reale ed in esso va risolta. Ciò che appare come una contraddizione tra ideale e reale è, in realtà, la proiezione di una contraddizione nella realtà. «Ma il fatto che il fondamento mondano si distacchi da se stesso e si costruisca nelle nuvole come un regno fisso ed indipendente, è da spiegarsi soltanto con l'autodissociazione e con l'auto-contraddittorietà di questo fondamento mondano. Questo fondamento deve essere perciò in se stesso tanto compreso nella sua contraddizione, quanto rivoluzionato praticamente» (TF, 4).
È nell'Ideologia tedesca (1845-46) che vi è la prima elaborazione della contraddizione storica come derivata dal processo di sviluppo delle forze produttive e l'analisi delle altre forme sociali di contraddizione proprie della società borghese, cioè dei rapporti sociali che caratterizzano la produzione. La stessa contraddizione sussistente tra le «forme dello spirito» ed i rapporti esistenti che era poi il presupposto feuerbachiano va vista in questo quadro. «Ma anche quando questa teoria, teologia, filosofia, morale, ecc. entrano in contraddizione con i rapporti esistenti, ciò può accadere soltanto per il fatto che i rapporti sociali esistenti sono entrati in contraddizione con le forze produttive esistenti» (IT , 30).
La contraddizione perde così il suo fondamento coscienziale che era proprio della filosofia hegeliana per trovare la sua origine nella forma sociale della produzione. La divisione del lavoro sta dunque «a monte» della contraddizione, e perciò, solo abolendo la divisione del lavoro, sarà possibile superare la contraddizione e, con essa, recuperare positivamente il lavoro, il godimento e la produzione non più contraddittoria.
«... questi tre momenti, la forza produttiva, la situazione sociale e la coscienza possono e debbono entrare in contraddizione fra loro, perche con la divisione del lavoro si dà la possibilità anzi, la realtà, che l'attività spirituale e l'attività materiale, il godimento e il lavoro, la produzione e il consumo tocchino ad individui diversi, e la possibilità che essi non entrino in contraddizione sta solo nel tornare ad abolire la divisione del lavoro» (IT , 31).
Marx fa dunque risalire alla divisione del lavoro non solo l'origine della contraddizione che oppone la produzione, i rapporti sociali esistenti e la vita spirituale ed intellettuale dell'uomo, ma anche l'opposizione tra l'interesse del singolo e quello della collettività a cui il singolo appartiene. Questa contraddizione investe la reciprocità articolata di rapporti che costruiscono la concreta articolazione del sociale, e quindi l'individuo che agisce e vive materialmente.
Dal punto di vista della «concezione materialistica della storia» la contraddizione è sempre veduta come contraddizione tra lo sviluppo delle forze produttive e i rapporti sociali che non sono in grado di essere paralleli a questo sviluppo. Per esempio lo sviluppo capitalistico che trasforma la società feudale in società borghese è incompatibile con la normalizzazione dei rapporti sociali che regolano la produzione all'interno delle corporazioni.
Ma la forma della contraddizione è caratteristica di tutto il processo storico: di volta in volta, ha dato luogo ad esiti rivoluzionari che hanno provocato assestamenti sociali nei quali si è riprodotta la divisione in classi. Il momento storico contemporaneo è, invece, quello, in cui questa contraddizione si pone nella sua forma essenziale, in modo che la sua risoluzione potrà aprire una nuova forma della storia stessa: il comunismo.
Nella società contemporanea i rapporti sociali che sono propri del capitalismo sono regolati dalla proprietà privata, mentre lo sviluppo delle forze produttive porta a una socializzazione sempre più vasta della produzione e a una polarizzazione essenziale dei rapporti tra le classi: un numero sempre crescente di proletari e un numero sempre più ristretto di capitalisti che detengono la proprietà dei mezzi di produzione.
La contraddizione quindi non passa né per l'intelletto soggettivo né per la volontà soggettiva: essa è contraddizione nella oggettività. La rivoluzione che è\l'atto risolutivo della contraddizione ha quindi le sue radici nel processo storico. L'agente storico della rivoluzione il proletariato deve solo portare alla coscienza di sé la sua oggettività storica, e il risultato della rivoluzione - il comunismo - è inscritto nella linea saliente della dialettica storica.
Questo è il modello teorico della contraddizione.
La sua emergenza politica non è tuttavia direttamente condizionata dalle forme locali della contraddizione. «Secondo la nostra concezione, dunque, tutte le collisioni della storia hanno la loro origine nella contraddizione tra le forze produttive e la forma di relazioni. D'altronde non è necessario che per provocare delle collisioni in un paese questa contraddizione sia spinta all'estremo in questo paese stesso. La concorrenza con paesi industrialmente più progrediti, provocata dall'allargamento delle relazioni internazionali, è sufficiente per generare una contraddizione analoga anche nei paesi con industria meno sviluppata» (IT, 61).
D'altro canto nel modello teorico stesso si riproduce la forma stessa della contraddizione di tipo hegeliano: la contraddizione interessa l'intero sociale e si svolge attraverso un processo lineare e totale di negazione. Il fatto che la contraddizione sia stata portata dalla dialettica dell'idea alla dialettica sociale non altera il meccanismo stesso della contraddizione e quindi la sua forma teorica. Il concetto di contraddizione muterà luogo in Marx, esso transiterà dalla concezione generale della storia all'analisi delle modalità contraddittorie provocate dalla logica dello sviluppo del capitale. Ma a questo livello sono anche necessari altri concetti che sono specificatamente pertinenti all'analisi del capitale come caduta tendenziale del saggio di profitto, le varie forme di crisi ecc. Un'altra ripresa del concetto di contraddizione si ha nell'AntiDühring di Engels e negli altri scritti raccolti sotto il titolo Dialettica della natura dove la contraddizione viene assimilata sia alla dialettica oggettiva della natura sia alla forma progressiva ed evolutiva del sapere scientifico.