piccolo dizionario marxista

società civile


Il termine giunge a Marx dalla tradizione hegeliana e compare nella critica marxiana alla filosofia hegeliana del diritto. In Hegel (sia nell' Enciclopedia che nella Filosofia del diritto), la società civile vie ne considerata come un momento particolare rispetto allo stato ritenuto come la realizzazione concreta dell'idea e dello spirito.
La società civile rappresenta la sfera della particolarità e la sua funzione è quella di connettere i singoli individui in una struttura sociale in grado di conciliare la soddisfazione dei bisogni particolari con quelli de gli altri uomini (universalità del bisogno). Ciò si realizza, secondo Hegel, tramite l'amministrazione della giustizia, gli organi di polizia e le corporazioni, fermo restando però che la vera universalità trova il suo compimento solamente nello stato.
Perciò per Hegel - secondo Marx - nella Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico (1843): «Famiglia e società civile sono intese come sfere del concetto dello stato, come le sfere della sua finità, come la sua finità. È lo stato che si scinde in esse, che le presuppone» (C HP, 7). Ne discende che la società civile è un momento necessario ed ideale dell'essenza dello stato, una semplice este riorità finita di una entità infinita (lo stato) che è la vera realtà. A questa prospettiva filosofica Marx contrappone una critica radicale fondata e sulla filosofia feuerbachiana e sull'esperienza, maturata nell'attività pubblicistica, dei problemi della società civile. La strumentazione di Feuerbach, trasposta dalla indagine religiosa a quella filosofica, permette infatti a Marx di individuare, nel sistema di Hegel, una nuova e più raffinata forma di teologia. D'altra parte l'interesse verso i problemi contingenti e reali della vita sociale gli consente di circoscrivere un campo teorico in cui far emergere, dietro il travestimento idealistico-statuale, la complessa ed articolata tensione del reale. In questo senso, come gli attributi dell'umano si trasformano nel soggetto divino, ugualmente, nel pensiero speculativo, i soggetti divengono predicati ed i predicati soggetti: la società civile da presupposto dello stato appa re come un prodotto interno dello stato. «... il reale rapporto della famiglia e della società civile con lo stato è inteso come interna, immaginaria attività dello stato. Famiglia e società civile sono i presupposti dello stato, sono essi propriamente gli elementi attivi, Ma nella speculazione diventa il contrario: mentre l'idea è trasformata in soggetto, quivi i soggetti reali, la società civile, la famiglia ... diventano dei momenti obiettivi dell'idea, irreali, allegorici» (C HP, 8).
L'unico scopo della società civile, così come della famiglia, diviene, nell'impianto hegeliano, la finitezza come condizione del suo superamento nell'infinitezza; «... l'idea reale si umilia nella "finità " della famiglia e della società civile soltanto per produrre e godere -dal superamento di essa finità- la sua infinità» (C HP, 9). Il mutamento della società civile allo stato politico che segna l'inizio del mondo moderno e della concezione moderna dello stato, si risolve in un panlogismo mistico ed astratto. Inoltre considerando la società civile come una determinazione dell'idea statuale, gli uomini che la costituiscono vengono considerati animati dall'interesse particolare (a differenza dei cittadini dello stato che vivono ed esplicano la loro esistenza nell'universalità). I contrasti tra i membri della società civile vengono ascritti conseguentemente alla conflittualità hobbesiana degli egoismi che, come tale, si caratterizza categorialmente e non può trovare nella società altro contenimento che la costrizione; la libertà è invece propria della statualità. Si crea in questo modo una separazione radicale e conflittuale tra società civile (stato privato) e stato politico, separazione mascherata nella condizione necessaria della società civile come momento della processualità dialettica. «Egli ha presupposto la separazione della società civile dallo stato politico e l'ha sviluppata come momento necessario dell'idea, come assoluta verità razionale» (C HP, 83).
L'opposizione assume così la determinazione codificata di fissità e di immutabilità e, non a caso, l'interesse generale dello stato viene fatto valere attraverso l'amministrazione, la giustizia e la polizia. Queste, per Hegel, sono modalità caratteristiche della società civile e della sua organizzazione, mentre per Marx rappresentano l'intervento diretto dello stato, come esterno e trascendente, nella società civile. «La "polizia" e i "tribunali" e l"'amministrazione" non sono deputati dalla stessa società civile, che in essi e per essi amministra il suo proprio generale interesse bensì delegati dallo stato per amministrare lo stato entro la società civile.» (C HP, 56). Conseguentemente se la società civile come stato privato vuoI acquistare un significato politico deve rinunciare alla caratteristica del suo essere privata: «. ..la società civile si deve completamente staccare da se stessa in quanto società civile, in quanto stato privato, e far valere una parte del suo essere che non solo non ha niente in comune con l'esistenza civile reale del suo essere, ma che le è direttamente opposta» (C HP, 87).
A livello individuale si ricava che esiste una frattura, nella medesima persona, tra cittadino e membro della società civile, tra la determinazione burocratica e quella sociale. L'esistenza di cittadino politico comporta così la negazione del proprio essere sociale, allo stesso modo in cui la presunta universalità dello stato politico riafferma I'isolamento dell'individuo dal suo mondo reale e l'astra zione dalla sua umanità.
«La separazione della società civile dallo stato politico appare nèùecessariamente come una separazione del cittadino politico, del cittadino dello stato, dalla società civile, dalla sua propria effettiva empirica realtà, che in quanto idealista dello stato egli è un tutto altro ente, diverso dalla sua realtà, distinto, opposto.» (C HP, 88).
D'altra parte, tuttavia, secondo Marx, la separazione tra società civile e stato politico non ha fatto altro che evidenziare, all'interno della società civile, la separazione tra il sociale ed il politico, la scomparsa cioè dell'identità medioevale tra stato privato e condizione politica. Proprio perché la società civile non esiste come corpo statale e politico, essa deve porre come non esistente la sua esistenza comune, cioè la sua organizzazione privata: al suo interno allora i diversi stati civili sono la realizzazione e l'esistenza dello stato privato estraneo a quello politico. Questo processo iniziato con l'avvento delle monarchie assolute (gli stati nazionali) è culminato, secondo Marx, nella Rivoluzione francese, quando le classi politiche furono trasfor mate in sociali, facendo differenze sociali delle dif ferenze private. In questo senso la società civile è il luogo casuale e privato dove l'attività del singolo si risolve nella fruizione e nel godimento. Tutte le differenti «situazioni» della società civile appartengono all'inessenziale, a ciò che, per sua natura, è privo di universalità spirituale.
«Il principio della condizione civile ossia della società civile è il godimento, la capacità di fruire. Nell'acquistare significato politico il membro della società civile si stacca dal suo stato, dalla sua effettiva posizione priva ta; è colà soltanto che perviene come uomo ad aver significato, ovvero la sua determinazione come membro dello stato, come ente sociale, si manifesta quale sua determinazione umana. Giacché tutte le altre sue determinazioni, nella società civile, appaiono come inessenziali all'uomo, all'individuo, come determinazioni esteriori, necessarie, è vero, alla sua esistenza d'assieme, cioè quale legame con l'assieme, ma legame di cui può altrettanto bene sbarazzarsi in seguito» (C HP, 91).
Il problema del giovane Marx che scrive la Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico è di dare allo stato una vera universalità e non una universalità presupposta. La vera universalità dello stato non è l'astratta volontà universale, ma la concreta universalizzazione della volontà dei cittadini. La critica dello stato di Hegel conduce allo stato di diritto, la critica dello stato è quindi sempre politica. In questo testo Marx, dopo aver mostrato come la partecipazione dei membri della società civile allo stato politico nella forma della rappresentanza per «stati» ( Stiinde ) non sia per nulla, come vuole Hegel, la mediazione tra i due, ma la prova che l'astratta universalità dello stato, nella realtà, dipende) dalle volontà particolari della società civile, afferma la necessità dell'allargamento del suffragio universale.
Nella misura in cui la società civile partecipa globalmente al potere legislativo, cioè alla totalità dello stato politico, essa si politicizza facendo «... dell'esistenza politica la propria esistenza reale. La tendenza della società civile a trasformarsi in società politica, o a fare della società politica la società reale, si manifesta come la tendenza della partecipazione il più possibile generale al potere legislativo» (C HP, 133).
Il suffragio universale appare perciò come la modalità di superamento del divario tra il sociale e il politico che, in Marx, significa il divario tra i problemi reali della società e la loro immaginaria soluzione statuale. «S'intende quindi da sé che l'elezione costituisce l'interesse politico fondamentale della società civile reale» (C HP, 135).
Essa tramite il suffragio universale (che, a sua volta, veicola quella che il giovane Marx chiama la «vera democrazia» ) nega e supera l'astrazione che la caratterizzava come il luogo del privato rispetto al pubblico statale. Con la riforma elettorale, quindi con un avvenimento politico, si dissolverebbero stato e società civile ricostruendo l'unità di individuale e universale che, peraltro, era il proposito hegeliano.
«Quando la società civile ha realmente posto la sua esistenza politica come la sua vera esistenza, ha contemporaneamente posto la sua esistenza civile, nella sua distinzione da quella politica, come inessenziale ...La riforma elettorale è, dunque, entro lo stato politico astratto, l'istanza del dissolvimento di questo, come parimenti del dissol vimento della società civile» (C HP, 136).
La critica marxiana perciò riproduce, in un campo teorico feuerbachiano, una problematica tipicamente hegeliana. Marx vede infatti nell'idea politica di una democrazia attuata tramite il suffragio, la composi zione di una separazione e il superamento di una alienazione sorte sul terreno del reale: allo stato politico hegeliano si sostituisce una forma politica dello stato, l'azione concreta si risolve nello spazio politico dell'ideale.
Con la Questione ebraica (1844) la tematica baueriana dell'emancipazione religiosa dell'ebreo come presupposto per la sua emancipazione politica serve da pretesto a Marx per riesaminare il problema della società civile. Il punto nodale è ora rappresentato dal principio costitutivo che è alla base della società civile e della sua struttura.
L'emancipazione politica dalla religione, attuata nella sfera della statualità - almeno come si augurava Bauer - è infatti, per Marx, la consacrazione della politica come religiosità della società civile, mentre la forma tradizionale della religiosità si annulla nella privatezza della sua pratica. «La scissione dell'uomo nell'uomo pubblico e nell'uomo privato, il trasferimento della religione dallo stato alla società civile, non sono un gradino, sono il compimento dell'emancipazione politica che pertanto sopprime la religiosità reale dell'uomo tanto poco quanto poco tende a sopprimerla» (QE, 168).
Questo significa uno spostamento del luogo in cui si situano le cause dell'alienazione religiosa e del suo permanere. Nel rimando dallo stato alla società civile si evidenzia invece come il fenomeno dell'alienazione sia caratteristico della società civile e della modalità estraniata con cui essa struttura l'hegeliano sistema dei bisogni. Nella società civile il limite della particolarità e dell'egoismo è divenuto il principio ordinatore della separazione dell'uomo dal suo genere e, intersoggettivamente, dai suoi simili.
L'analisi marxiana, infatti, suggestionata dall'umanismo feuerbachiano da un lato e dal socialismo egualitario dall'altro (tradizione del socialismo utopico francese), individua nell'egoismo e nell'interesse la negazione, accentuata romanticamente, della socialità del genere e dei rapporti corretti tra uomo e uomo: «... il compimento dell'idealismo dello stato fu contemporaneamente il compimento del materialismo della società civile.» (QE, 181).
Proprio perche ciò che fonda la società civile è l'egoismo, cioè il denaro come essenza estraniata dell'uomo, «il bisogno pratico, l'egoismo, è il principio della società civile. ..Il dio del bisogno pratico e dell'egoismo è il denaro» (QE, 187), si pone la necessità di una alternativa al modello della rivoluzione politica, all'emancipazione baueriana, che lascia immutato, anzi, rafforzato il quadro co stitutivo della società civile. «La rivoluzione politica dissolve la vita civile nelle sue parti costitutive, senza rivoluzionare queste parti stesse ne sottoporle a critica» (QE, 181).
L'emancipazione politica diviene, quindi, una totale emancipazione umana che ha il suo luogo di realizzazione nella trasformazione naturale dei rapporti che esistono nella società civile. Nella Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel (1844) Marx dà a questo tema una prima dimensione storica. Ogni forma di emancipazione passa per la soppressione dei rapporti di estraneazione reciproca che derivano dall'assetto naturale della società civile. Per realizzare questo progetto, secondo Marx, è indispensabile la formazione: «... di una classe con catene radicali, di una classe della società civile la quale non sia una classe della società civile. ..di una sfera, infine, che non può emancipare se stessa senza emanciparsi da tutte le rimanenti sfere della società» (CDH, 202-203).
Questa classe è il proletariato. Essa, come portatrice, a livello universale, della necessità del ritorno dell'uomo a se stesso, è in grado di adempiere al proprio compito negando radicalmente la particolarità della propria condizione, cioè dissolvendo la società civile. «Questa dissoluzione della società in quanto ceto particolare è il proletariato» (CDH,
203).
In questo modo il proletariato come classe universale (tocca così al proletariato la definizione che in Hegel competeva alla burocrazia) è in antitesi con la società civile e con la sua struttura interna. Con l'azione storica del proletariato si dissolve la divisione tra società civile come sistema dei bisogni, e stato come astratta universalità giuridica che è tale proprio perche è proiezione del conflitto proprio della società civile. La società civile e lo stato non sono più separati come è accaduto per effetto della rivoluzione borghese, ma la società civile stessa introduce una eticità nella propria amministrazione, poiche il sistema dei bisogni è sottratto sia all'anarchia della produzione capitalistica che alla conflittualità delle classi sociali, ed è invece regolato dalla intelligenza sociale di una comunità di uomini liberi. Questo tema (che l'immagine filosofica della società che ha superato il capitalismo) rimane sostanzialmente inalterato dal Manifesto del partito comunista all'AntiDuhring di Engels ed è riassunto nella celebre espressione relativa al «salto dell'umanità dal regno della necessità al regno della libertà» (A, 273) (C.B.).