Antonio Gramsci

Elementi di politica

Diversa posizione degli intellettuali di tipo urbano e di tipo rurale

[Q 12, p. 1520 (IN, p. 11)]

Gli intellettuali di tipo urbano sono concresciuti con l’industria e sono legati alle sue fortune. La loro funzione può essere paragonata a quella degli ufficiali subalterni dell’esercito: non hanno nessuna iniziativa autonoma nell’elaborare i piani di costruzione; mettono in rapporto, articolandola, la massa strumentale 1] con l’imprenditore, elaborano l’esecuzione immediata del piano di produzione stabilito dallo stato maggiore dell’industria, controllandone le fasi lavorative elementari. Nella loro media generale gli intellettuali urbani sono molto standardizzati; gli altri intellettuali urbani si confondono sempre più col vero e proprio stato maggiore industriale.

Gli intellettuali di tipo rurale sono in gran parte “tradizionali” cioè legati alla massa sociale campagnola e piccolo borghese di città (specialmente dei centri minori) non ancora elaborata e messa in movimento dal sistema capitalistico: questo tipo di intellettuale mette a contatto la massa contadina con l’amministrazione statale o locale (avvocati, notai, ecc.) e per questa stessa funzione ha una grande funzione politico-sociale, perché la mediazione professionale è difficilmente scindibile dalla mediazione politica. Inoltre: nella campagna l’intellettuale (prete, avvocato, maestro, notaio, medico, ecc.) ha un medio tenore di vita superiore o almeno diverso da quello del medio contadino e perciò rappresenta per questo un modello sociale nell’aspirazione a uscire dalla sua condizione e a migliorarla. Il contadino pensa sempre che almeno un suo figlio potrebbe diventare intellettuale (specialmente prete), cioè diventare un signore, elevando il grado sociale della famiglia e facilitandone la vita economica con le aderenze che non potrà non avere tra gli altri signori. L’atteggiamento del contadino verso l’intellettuale è duplice e pare contraddittorio: egli ammira la posizione sociale dell’intellettuale e in generale dell’impiegato statale, ma finge talvolta di disprezzarla, cioè la sua ammirazione è intrisa istintivamente da elementi di invidia e di rabbia appassionata. Non si comprende nulla della vita collettiva dei contadini e dei germi e fermenti di sviluppo che vi esistono se non si prende in considerazione, non si studia in concreto e non si approfondisce, questa subordinazione effettiva agli intellettuali: ogni sviluppo organico delle masse contadine, fino a un certo punto, è legato ai .movimenti degli intellettuali e ne dipende.

Altro è il caso per gli intellettuali urbani: i tecnici di fabbrica non esplicano nessuna funzione politica sulle loro masse strumentali, o almeno è questa una fase già superata; talvolta avviene proprio il contrario, che le masse strumentali, almeno attraverso i loro propri intellettuali organici, esercitano un influsso politico sui tecnici.

Il punto centrale della quistione rimane la distinzione tra intellettuali come categoria organica di ogni gruppo sociale fondamentale e intellettuali come categoria tradizionale; distinzione da cui scaturisce tutta una serie di problemi e di possibili ricerche storiche.

Il problema più interessante è quello che riguarda, se considerato da questo punto di vista, il partito politico moderno, le sue origini reali, i suoi sviluppi, le sue forme. Cosa diventa il partito politico in ordine al problema degli intellettuali? Occorre fare alcune distinzioni: 1) per alcuni gruppi sociali il partito politico è niente altro che il modo proprio di elaborare la propria categoria di intellettuali organici (che si formano così e non possono non formarsi, dati i caratteri generali e le condizioni di formazione, di vita e di sviluppo del gruppo sociale dato) direttamente nel campo politico e filosofico e non già nel campo della tecnica produttiva; 2] 2) il partito politico, per tutti i gruppi, è appunto il meccanismo che nella società civile compie la stessa funzione che compie lo Stato in misura più vasta e più sinteticamente nella società politica, cioè procura la saldatura tra intellettuali organici di un dato gruppo, quello dominante, e intellettuali tradizionali; e questa funzione il partito compie appunto in dipendenza della sua funzione fondamentale che è quella di elaborare i propri componenti, elementi di un gruppo sociale nato e sviluppato come “economico”, fino a farli diventare intellettuali politici qualificati, dirigenti, organizzatori di tutte le attività e le funzioni inerenti all’organico sviluppo di una società integrale, civile e politica. Si può dire anzi che nel suo ambito il partito politico compia la sua funzione molto più compiutamente e organicamente di quanto lo Stato compia la sua in ambito più vasto: un intellettuale che entra a far parte del partito politico di un determinato gruppo sociale, si confonde con gli intellettuali organici del gruppo stesso, si lega strettamente al gruppo, ciò che non avviene attraverso la partecipazione alla vita statale che mediocremente e talvolta affatto. Anzi, avviene che molti intellettuali pensino di essere lo Stato: credenza, che, data la massa imponente della categoria, ha talvolta conseguenze notevoli e porta a complicazioni spiacevoli per il gruppo fondamentale economico che realmente è lo Stato. 3]

Che tutti i membri di un partito politico debbano essere considerati come intellettuali, ecco un’ affermazione che può prestarsi allo scherzo e alla caricatura; pure, se si riflette, niente di più esatto. Sarà da fare distinzione di gradi, un partito potrà avere una maggiore o minore composizione del grado più alto o di quello più basso, non è ciò che importa: importa la funzione che è direttiva e organizzativa, cioè educativa, cioè intellettuale. Un commerciante non entra a far parte di un partito politico per fare del commercio, né un industriale per produrre di più e a costi diminuiti, né un contadino per apprendere nuovi metodi di coltivare la terra, anche se alcuni aspetti di queste esigenze del commerciante, dell’industriale, del contadino possono trovare soddisfazione nel partito politico. Per questi scopi, entro certi limiti, esiste il sindacato professionale, in cui l’attività economico-corporativa del commerciante, dell’industriale, del contadino, trova il suo quadro più adatto. Nel partito politico gli elementi di un gruppo sociale economico superano questo momento del loro sviluppo storico e diventano agenti di attività generali, di carattere nazionale e internazionale. Questa funzione del partito politico dovrebbe apparire molto più chiara da un’analisi storica concreta del come si sono sviluppate le categorie organiche degli intellettuali e quelle tradizionali, sia nel terreno delle varie storie nazionali, sia in quello dello sviluppo dei vari gruppi sociali più importanti nel quadro delle diverse nazioni; specialmente di quei gruppi la cui attività economica è stata prevalentemente strumentale. […]

Quando si distingue tra intellettuali e non-intellettuali, in realtà ci si riferisce solo alla immediata funzione sociale della categoria professionale degli intellettuali, cioè si tiene conto della direzione in cui grava il peso maggiore della attività specifica professionale, se nell’elaborazione intellettuale o nello sforzo muscolare-nervoso. Ciò significa che, se si può parlare di intellettuali, non si può parlare di non-intellettuali, perché non-intellettuali non esistono. Ma lo stesso rapporto tra sforzo di elaborazione intellettuale-cerebrale e sforzo muscolare-nervoso non è sempre uguale, quindi si hanno diversi gradi di attività specifica intellettuale. Non c’è attività umana da cui si possa escludere ogni intervento intellettuale, non si può separare l’homo faber dall’homo sapiens. 4] Ogni uomo, infine, all’infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un “filosofo”, un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare.

Il problema della creazione di un nuovo ceto intellettuale consiste pertanto nell’elaborare criticamente l’attività intellettuale che in ognuno esiste in un certo grado di sviluppo, modificando il suo rapporto con lo sforzo muscolare-nervoso verso un nuovo equilibrio e ottenendo che lo stesso sforzo muscolare-nervoso, in quanto elemento di un’attività pratica generale, che innova perpetuamente il mondo fisico e sociale, diventi il fondamento di una nuova e integrale concezione del mondo. Il tipo tradizionale e volgarizzato dell’intellettuale è dato dal letterato, dal filosofo, dall’artista. Perciò i giornalisti, che ritengono di essere letterati, filosofi, artisti, ritengono anche di essere i ”veri” intellettuali. Nel mondo moderno, l’educazione tecnica, strettamente legata al lavoro industriale anche il più primitivo e squalificato, deve formare la base del nuovo tipo di intellettuale. 

Su questa base ha lavorato l’Ordine Nuovo settimanale per sviluppare certe forme di nuovo intellettualismo e per determinare i nuovi concetti, e questa non è stata una delle minori ragioni del suo successo, perché una tale impostazione corrispondeva ad aspirazioni latenti e era conforme allo sviluppo delle forme reali di vita. Il modo di essere del nuovo intellettuale non può più consistere nell’eloquenza, motrice esteriore e momentanea degli affetti e delle passioni, ma nel mescolarsi attivamente alla vita pratica, come costruttore, organizzatore, “persuasore permanentemente” - perché non puro oratore - e tuttavia superiore allo spirito astratto matematico; dalla tecnica-lavoro. giunge alla tecnica-scienza e alla concezione umanistica storica, senza la quale si rimane “specialista” e non si diventa “dirigente” (specialista + politico). 5]

[1] Gli operai. La situazione, naturalmente, è oggi del tutto cambiata: da vari decenni, sulla spinta delle nuove forme di organizzazione del lavoro concepite negli USA e in Giappone, i tecnici e i quadri hanno assunto nuove funzioni, non più soltanto tecniche ma di organizzazione del consenso degli operai verso la “missione aziendale” (al fine di aumentare la produttività). In ogni caso, qui come altrove occorre tenere ben conto dei profondissimi mutamenti intervenuti in tutta la struttura economica e sociale: basti pensare al ruolo - assolutamente impensabile ai tempi di G. - assunto dal terziario avanzato, dalle tecnologie computerizzate, dalla new economy.
[2] La classe operaia attraverso il suo partito crea i propri intellettuali organici. “Nel campo della tecnica produttiva si formano quegli strati che si può dire corrispondano ai graduati dì truppa nell’esercito, cioè gli operai qualificati o specializzati in città e, in modo più complesso, i mezzadri e coloni in campagna.”
[3] Talvolta possono sorgere delle contraddizioni tra certi uomini politici che dirigono ufficialmente lo Stato e le forze economiche di cui in realtà sono gli strumenti (o, come disse spesso G., “i commessi”).
[4] Letteralmente “uomo fabbro”, per indicare il lavoro manuale, e “uomo sapiente”, per indicare l’attività intellettuale.
[5] Il tipo d’intellettuale qui configurato da G. è l’intellettuale organicamente collegato con l’organizzazione politica della classe operaia. Questo nuovo tipo d’intellettuale non può avere nulla a che fare con le tradizionali figure di capi politici che si affidavano prevalentemente all’oratoria e al “sentimento”. Al contrario, la conoscenza dei problemi della produzione, della tecnica e dell’economia, deve accompagnarsi in lui ad una visione generale (umanistico-storica) della realtà da modificare.