Tesi di Lione

Introduzione


1. La trasformazione dei partiti comunisti, nei quali si raccoglie l'avanguardia della classe operaia, in partiti bolscevichi, si può considerare, nel momento presente, come il compito fondamentale dell'Internazionale comunista. Questo compito deve essere posto in relazione con lo sviluppo storico del movimento operaio internazionale, e in particolare con la lotta svoltasi nell'interno di esso, tra il marxismo e le correnti che costituivano una deviazione dai principi e dalla pratica della lotta di classe rivoluzionaria. In Italia il compito di creare un partito bolscevico assume tutto il rilievo che è necessario soltanto se si tengono presenti le vicende del movimento operaio dai suoi inizi e le deficienze fondamentali che in esse si sono rivelate.

2. La nascita del movimento operaio ebbe luogo in ogni paese in forme diverse. Di comune vi fu in ogni luogo la spontanea ribellione del proletariato contro il capitalismo. Questa ribellione assunse però in ogni nazione una forma specifica, la quale era il riflesso e conseguenza delle particolari caratteristiche nazionali degli elementi che, provenendo dalla piccola borghesia e dai contadini, avevano contribuito a formare la grande massa del proletariato industriale. Il marxismo costituì l'elemento cosciente, scientifico e superiore al particolarismo delle varie tendenze di carattere e origine nazionale e condusse contro di esse una lotta nel campo teorico e nel campo dell'organizzazione.

Tutto il processo formativo della I Internazionale ebbe come cardine questa lotta, la quale si conchiuse con la espulsione del bakuninismo dalla Internazionale. Quando la I Internazionale cessò di esistere, il marxismo aveva ormai trionfato nel movimento operaio. La II Internazionale si formò infatti di partiti i quali si richiamavano tutti al marxismo e lo prendevano come fondamento della loro tattica in tutte le questioni essenziali. Dopo la vittoria del marxismo, le tendenze di carattere nazionale delle quali esso aveva trionfato cercarono di manifestarsi per altra via, risorgendo nel seno stesso del marxismo come forme di revisionismo.

Questo processo fu favorito dallo sviluppo della fase imperialistica del capitalismo. Sono strettamente connessi con questo fenomeno i seguenti tre fatti: il venir meno nelle file del movimento operaio della critica dello Stato, parte essenziale della dottrina marxista, alla quale si sostituiscono le utopie democratiche; il formarsi di un'aristocrazia operaia; un nuovo spostamento di masse dalla piccola borghesia e dai contadini al proletariato, quindi una nuova diffusione tra il proletariato di correnti ideologiche di carattere nazionale, contrastanti col marxismo. Il processo di degenerazione della II Internazionale assunse così la forma di una lotta contro il marxismo che si svolgeva nell'interno del marxismo stesso. Esso culminò nello sfacelo provocato dalla guerra.

Il solo partito che si salvò dalla degenerazione è il Partito bolscevico, il quale riuscì a mantenersi alla testa del movimento operaio del proprio paese, espulse dal proprio seno le tendenze antimarxiste ed elaborò, attraverso le esperienze di tre rivoluzioni, il leninismo, che è il marxismo dell'epoca del capitalismo monopolista, delle guerre imperialiste e della rivoluzione proletaria. Viene così storicamente determinata la posizione del Partito bolscevico nella fondazione e a capo della III Internazionale, e sono posti i termini del problema di richiamare l'avanguardia del proletariato alla dottrina e alla pratica del marxismo rivoluzionario, superando e liquidando completamente ogni corrente antimarxista.

3. In Italia le origini e le vicende del movimento operaio furono tali che non si costituì mai, prima della guerra, una corrente di sinistra marxista che avesse un carattere di permanenza e di continuità. Il carattere originario del movimento operaio italiano fu molto confuso; vi confluirono tendenze diverse, dall'idealismo mazziniano al generico umanitarismo dei cooperatori e dei fautori della mutualità e al bakuninismo, il quale sosteneva che esistevano in Italia, anche prima dello sviluppo del capitalismo, le condizioni per passare direttamente al socialismo. La tarda origine e la debolezza dell'industrialismo fecero mancare l'elemento chiarificatore dato dalla esistenza di un forte proletariato, ed ebbero come conseguenza, che anche la scissione degli anarchici dai socialisti si ebbe con un ritardo di una ventina d'anni (1892, Congresso di Genova).

Nel Partito socialista italiano come uscì dal Congresso di Genova due erano le correnti dominanti. Da una parte vi era un gruppo di intellettuali che non rappresentavano più della tendenza a una riforma democratica dello Stato: il loro marxismo non andava oltre il proposito di suscitare e organizzare le forze del proletariato per farle servire alla instaurazione della democrazia (Turati, Bissolati, ecc.). Dall'altra parte un gruppo più direttamente collegato con il movimento proletario, rappresentante una tendenza operaia, ma sfornito di qualsiasi adeguata coscienza teorica (Lazzari). Fino al '900 il partito non si propose altri fini che di carattere democratico. Conquistata nel '900, la libertà di organizzazione e iniziatasi una fase democratica, fu evidente la incapacità di tutti i gruppi che lo componevano a dargli una fisionomia di un partito marxista del proletariato. Gli elementi intellettuali si staccarono anzi sempre più dalla classe operaia, né ebbe un risultato il tentativo, dovuto a un altro strato di intellettuali e piccoli borghesi, di costituire una sinistra marxista che prese forma nel sindacalismo.

Come reazione a questo tentativo trionfò in seno al partito la frazione integralista, la quale fu la espressione, nel suo vuoto verbalismo conciliatorista, di una caratteristica fondamentale del movimento operaio italiano, che si spiega essa pure con la debolezza dell'industrialismo, e con la deficiente coscienza critica del proletariato. Il rivoluzionarismo degli anni precedenti la guerra mantenne intatta questa caratteristica, non riuscendo mai a superare i confini del generico popolarismo per giungere alla costruzione di un partito di classe operaia e alla applicazione del metodo della lotta di classe. Nel seno di questa corrente rivoluzionaria si incominciò, già prima della guerra, a differenziare il gruppo di "estrema sinistra" il quale sosteneva le tesi del marxismo rivoluzionario, in modo saltuario però e senza riuscire ad esercitare sullo sviluppo del movimento operaio una influenza reale.

In questo modo si spiega il carattere negativo ed equivoco che ebbe la opposizione del Partito socialista alla guerra e si spiega come il Partito socialista si trovasse, dopo la guerra, davanti ad una situazione rivoluzionaria immediata, senza avere né risolto, né posto nessuno dei problemi fondamentali che la organizzazione politica del proletariato deve risolvere per attuare i suoi compiti: in prima linea il problema della "scelta della classe" e della forma organizzativa ad essa adeguata; poi il problema del programma del partito, quello della sua ideologia, e infine i problemi di strategia e di tattica la cui risoluzione porta a stringere attorno al proletariato le forze che gli sono naturalmente alleate nella lotta contro lo Stato e a guidarlo alla conquista del potere. La accumulazione sistematica di una esperienza che possa contribuire in modo positivo alla risoluzione di questi problemi si inizia in Italia soltanto dopo la guerra.
Soltanto col Congresso di Livorno sono poste le basi costitutive del partito di classe del proletariato il quale, per diventare un partito bolscevico e attuare in pieno la sua funzione, deve liquidare tutte le tendenze antimarxiste tradizionalmente proprie del movimento operaio.