Gianni D'Elia

La febbre di Pietro, la febbre della sinistra

Pietro commuove, verso di lui si sente solo un moto d'amore. L'affetto verso Pietro credo che sia comune a molti compagni della sinistra italiana, nuova e vecchia. E pare un affetto molto più lungo della diretta conoscenza di Pietro, che per me risale al 1998.
Una Festa dell'Unità, a Bologna, dove si parlava dell'attualità della poesia leopardiana. Dirlo in un'ltalia così, sembra quasi assurdo. Dietro la nostra Costituzione, che oggi la destra sconcia a quel modo, c'è la grande cultura italiana, umiliata da questa politica vergognosa. Una cultura, che facendo politica, non ha mai dimenticato l'unità dell'essere umano; una cultura che vorrebbe ritornare a contare qualcosa, dentro la politica, a cominciare dall'educazione dei giovani, che devono essere strappati alla idiozia imperante. Ecco, Pietro è stato ed è anche poeta, perche quella sua generazione, e anche quella classe politica d'opposizione a cui appartiene, non ha mai abiurato dall'umanesimo, perché non ha mai abiurato dall'umano, e dalla giustizia umana.

L'alta febbre del fare, così il poeta Ingrao; bastano i suoi titoli illuminanti, dopo questo, che resta un contrassegno dell'azione poetica e politica, disegnate in un'utopia concreta, esistenziale: la condivisione, il comunismo spirituale, sui nodi marxiani di storia e natura, per una liberazione possibile dalla necessità e dal dominio dell'uno su tutti. Questo affetto comune verso di lui, è dunque qualcosa di politico e di poetico insieme; è la nostra cultura migliore, nell'unità del fare e del dire, del trovare, che noi amiamo in lui.
Il compagno disarmato è un trovare ideologico, che ci serve oggi, nella lotta di adesso, come ieri. Per i compagni giovani del decennio dopo il '68, Ingrao resta la sinistra del PCI, l'alternativa che non c'è stata, il disarmo come antico nodo del suo pensiero politico: il disarmo militare, europeo e mondiale, non certo il disarmo ideologico e organizzativo della democrazia di base, antifascista e repubblicana, non repubblichina!
Il cinema, la poesia, la politica viva, non sono stati forse anche gli amori dei nuovi compagni, dopo Ingrao? Come in una sequenza di Bertolucci, padre e figli, lui è giovane per intuito, per aspettativa, per consonanza con chi è venuto dopo, con gli stessi sogni e le stesse passioni: la pace. Chi ha gridato più forte con la ragione, in questi anni brutti, contro la guerra, sono stati in Italia due poeti diversi: Pietro Ingrao e Mario Luzi. E se altri facessero altrettanto?
Diciamo grazie a Pietro Ingrao, per avere tenuto unite, da sempre, la cultura alla politica, la poesia alla sinistra.
Abbiamo bisogno di entrambe, per sconfiggere i barbari...

l'Unità, 26 marzo 2005