inizio rosso e giallo


Andrea G. Pinketts

 

All'anagrafe Pinchetti Andrea Giovanni, milanese, classe 1961.
Giusto per dare una regolata a questo ego smisurato. Che non si limita alle sgradevoli copertine, ma pervade quasi ogni pagina, e non solo nella vitalità del protagonista/alter ego: è il linguaggio stesso a celebrare la colta esuberanza dell'autore.
Per fortuna il Pinchetti non si limita a épater les bourgeois, perché scrivere davvero sa, e le trame funamboliche abbastanza divertono.

Pinketts è morto nel 2018.

 

 

  • Lazzaro, vieni fuori, Metropolis, 1992; Feltrinelli, 1997, 2002
  • Il vizio dell'agnello, Feltrinelli, 1994
  • Il senso della frase, Feltrinelli, 1995
  • Io, non io, neanche lui, Feltrinelli, 1996
  • Un saluto ai ricci, Il Minotauro, 1996 - scritto con Silvia Noto
  • Il conto dell'ultima cena, Mondadori, 1998, 2001, 2007
  • E chi porta le cicogne?, EL, 1999
  • L'assenza dell'assenzio, Mondadori, 1999
  • Il dente del pregiudizio, Mondadori, 2000
  • Fuggevole Turchese, Mondadori, 2001
  • Sangue di yogurt, Mondadori, 2002
  • Nonostante Clizia, Mondadori, 2003
  • I vizi di Pinketts, Edizioni BD, 2004
  • L'ultimo dei neuroni, Mondadori, 2005
  • Laida Odius, BD, 2005 - storia a fumetti illustrata da Maurizio Rosenzweig
  • Ho fatto giardino, Mondadori, 2006
  • La fiaba di Bernadette che non ha visto la Madonna, Albatros, 2007, 2008
  • Depilando Pilar, Mondadori, 2011
  • E l'allodola disse al gufo: «Io sono sveglia e tu?», Europa ed., 2012 - scritto con Laura Avalle
  • Mi piace il Bar, Barbera, 2013; Melville, 2018
  • Ho una tresca con la tipa nella vasca, Mondadori, 2014
  • La capanna dello zio Rom, Mondadori, 2016

 

il suo sito

 

Antonella Viale

Andrea G. Pinketts: I miei bar, come chiese sconsacrate

 

 

Genova. Questa volta non è un romanzo, sta tra l'autobiografia e il memoir, il libro Mi piace il bar! (Barbera, 2013, 110 pp., 13.90 Eur) che Eden Phillpotts, reduce dallo stress di scegliere tra decine di bellezze la miss Muretto 2013, presenterà a Imperia questa sera, lunedì 5 agosto (Le Grotte, ore 20.30).
Pinketts è un grande scrittore, ha iniziato una rivoluzione del linguaggio spesso sottovalutata, sto aspettando che la porti a termine. E ci conto. Perché non è soltanto un creatore di storie in cui è facile rispecchiarsi, è un innovatore sul piano linguistico ed è un creatore sensibile e raffinato, acuto e pungente, attento a tutto ciò che accade e magicamente capace di amalgamare il contemporaneo con un passato che i più giovani non hanno visto.
Pinketts ha scritto la storia d'Italia come Montalbán quella di Spagna, basta saperlo leggere senza lasciarsi soggiogare soltanto dalle trame. E questo ultimo libro racconta sia la nostra storia, sia un percorso creativo parecchio originale attraverso i bar di mezzo mondo. Quelli dove Pinketts ha scritto e spesso trovato ispirazione.

Dove hai scritto il tuo primo romanzo:
Lazzaro vieni fuori? Al famoso Le trottoir di Milano?
È uno dei pochi libri iniziati a casa, il primo novembre 1984. Mi aveva colpito la suggestione di Lazzaro mescolato con il giorno dei santi, l'ho continuato perché il giorno dopo era quello dei morti: siccome mi occupo di santi e morti, mi è sembrata una situazione particolarmente fertile per dare vita a un personaggio. Poi l'ho continuato nei bar, ma Le trottoir non esisteva ancora. Da allora la tradizione vuole che ogni mio romanzo veda la prima luce il giorno dei santi. Quando ho saltato il primo novembre, non ho scritto niente per tutto l'anno. È una specie di tradizione masochista: mi sono suo costretto all'ansia febbrile di Halloween, cioè la notte delle delle streghe che precede la creazione. Peraltro Lazzaro è ambientato in Trentino, quindi completamente atipico rispetto ai miei luoghi, e in un Trentino inventato, un luogo della memoria, un omaggio a mia nonna che ci è nata. Ma mi piaceva anche l'idea dell'uomo di città, quale sono, alle prese con una natura ostile.

Qual è il libro che ami di più e in che bar lo hai scritto?

Come dice il titolo di un dramma di Arthur Miller: erano tutti miei figli. Ogni libro era il libro perfetto per me, nel momento in cui l'ho scritto. Ogni libro era perfetto nel momento in cui l'ho concepito e quando è stato scodellato dall'editoria. Nel '90, quando ho scritto Il senso della frase, non avrei immaginato che sarebbe uscito nel '95 e, quando l'ho riletto, ho ritrovato proprio quell'anno: Gianna Nannini, Edoardo Bennato, Cattolica, i Mondiali. Il '95 era già un'epoca totalmente diversa. Per cui mi sono reso conto che i mondiali del '90 non li aveva vinti l'Italia, ma io, Gianna Nannini e Edoardo Bennato. Un romanzo che ricordo particolarmente è L'assenza dell'assenzio, iniziato proprio nel '95: il primo libro iniziato a Le trottoir.

Equesto memoir sui bar che hai appena pubblicato?
Ho iniziato a fare lo scrittore - ero un ottimo pugile - perché così potevo comunque prendere a pugni un mucchio di gente, ma anche bere e fumare, nel frattempo questa allure di scrittore mi rende interessante agli occhi di avvenenti fanciulle. Meglio uccidere con la penna spaccando i cuori, che uccidere con la spada. Il libro è una sorta di autobiografia etilica che racconta con la mia voce l'evolversi dei bar del mondo, dagli anni '80 a oggi. Ma soprattutto del concetto di bar. Che è una chiesa sconsacrata per certi versi: il bar è un culto pagano ma ha molti fedeli, adepti e perpetue.

Qual è l'evoluzione del concetto di bar?

In questo libro ho cercato di analizzare, quasi da entomologo, il concetto di bar come se fosse insetto: mi sono accorto che i bar non sono insetti, ma sono infestati da persone. Esiste la tela del ragno del seduttore matricolato e la resa totale del milite ignoto, infatti non lo conosci.

Quali sono i tuoi bar di riferimento nel Ponente ligure?

Ho scritto Fuggevole turchese tra il bar della Suerte a Laigueglia e il Caffè Roma di Alassio: è il mio unico libro marittimo, la mia risposta a Ventimila leghe sotto i mari. Sempre alla Suerte ho iniziato Depilando Pilàr. Ma il mio bar storico del Ponente è il Saloon di Laigueglia.

L'immaginario collettivo vede lo scrittore come un essere solitario, chiuso nella sua stanza, davanti al computer. Tu invece lavori in mezzo alla gente, interagisci, ti distrai. Sei uno scrittore anomalo, almeno per la nostra epoca: come fai?
Scrivere è sicuramente qualcosa che appartiene all'essere profondamente solo e non c'è posto migliore per sentirsi solo che in mezzo a una folla di groupie. Nel momento in cui l'idea diventa parola, tutto ciò che è circostante resta il circo, mentre tu sei lo stante. È allora che avviene il miracolo: la moltiplicazione dei pani e dei Pinketts. Il concetto da cui parte questo libro è, direi, biblico. Perché Noè, salvato da un suggerimento di Dio, costruisce un'arca grazie alla quale riesce a approdare a quello che sarà il suo mondo: la prima cosa che farà, sarà edificare una sorta di altare per ringraziamento e la seconda sarà piantare una vigna. L'uomo delle caverne diventa un animale sociale nel momento in cui dalle caverne si trasferisce alle taverne cioè ai bar, che in fondo sono le altre chiese. Anche nei periodi di crisi i bar e le taverne non saranno mai vuoti. Perché la gente ha bisogno di spirito, che sia divino o alcolico è irrilevante.

A proposito di anomalie, parlando di te, che scrivi con carta e penna, si può tornare alla vecchia cara parola manoscritto, sostituita ormai da dattiloscritto. È quasi emozionante. Come se non fosse cambiato niente...
Ma si vede la differenza.

grazie a: http://www.mentelocale.it/

 

Daniele D'Aquino

Intervista ad Andrea G. Pinketts

 

Qual è il tuo rapporto con il fumetto?

Il rapporto è antichissimo. Ho iniziato a leggerli a 5 anni, contemporaneamente ai libri e quindi non mi limitavo a guardare le figure, come invece spesso accade da bambini. Ho sempre creduto perciò alla poetica possente della coesistenza tra disegno e testo. Ad esempio tra Magnus e Bunker non è che ritenessi più grande l’uno o l’altro, vedevo solo il matrimonio riuscito.
Poi con il passare degli anni sono diventato un vero appassionato e scrivendo in un periodo in cui il linguaggio della letteratura è per fortuna contaminato, nelle mie storie ci sono il cinema, i videoclip e tutte le suggestioni del mondo della comunicazione, tra cui anche il fumetto.

Parlavi di Magnus e Bunker…sin da piccolo perciò ti interessava il genere nero.


Certo, ma non solo Satanik e Kriminal. Leggevo anche quelli della Edifumetto, illustrati da grandi autori tipo Leone Frollo… non so, le varie Isabelle, le Jacule, i fumetti per militari e ragazzi insomma.
Io sono un cultore della cultura popolare, ma ovviamente anche all’interno della cultura popolare ci sono cose che mi piacciono di più e altre di meno, perché alcune hanno un innegabile valore estetico.
Altre, pur essendo brutte e sporche (non parlo di contenuti), hanno comunque un qualche fascino.

Il fascino del trash…
Esatto. Come i film di Franco e Ciccio: io preferisco Ultimo tango a Zagarolo piuttosto che Ultimo tango a Parigi [ride]

Concordo! Ti sei mai cimentato come sceneggiatore di fumetti?

Ho creato insieme a Maurizio Rosenzweigg un personaggio che si chiamava Laida Odius, protagonista di una miniserie di 4 storie pubblicata nel 1985 dalla Phoenix di Daniele Brolli.
Si trattava di un travestitone con una doppia vita: di giorno fa il lattaio e di notte è una specie di killer pagato da poveracci per uccidere altri poveracci.

La tue sceneggiature sono iperdettagliate oppure lasci parecchia libertà al disegnatore?

Sceneggio all’americana, il cosiddetto storytelling. Ragion per cui scrivo il fumetto come se fosse un racconto, specificando alcuni particolari e i dialoghi. Se il disegnatore vuole aggiungere qualcosa, è a sua discrezione. L’importante è che non tolga nulla, poiché potrebbe togliere qualcosa di fondamentale.

Hai mai pensato di scrivere per Bonelli?

Me lo hanno chiesto più volte, però, scrivendo romanzi ininterrottamente, ho troppo rispetto per il fumetto per realizzarlo nei ritagli di tempo o prenderlo sotto gamba.
Sono pressatissimo nella stesura dei miei libri e il momento in cui mi dedicherò a un fumetto sarà l’anno in cui deciderò di non fare nient’altro e tutte le mie energie saranno su quello.

Neanche un soggetto, come nel caso del tuo collega Lucarelli con Dylan Dog?

Lo farei volentieri, Dylan Dog poi è un personaggio che si presta benissimo alle storie che posso inventare.
Ma ti ripeto, è una questione di tempo. Come hai visto per fare un’intervista ci sono volute quattro telefonate! C’è una frase nel telefilm A-team, detta da George Peppard quando vede andare a rotoli tutto ciò che ha progettato: Adoro i piani ben riusciti.
Ecco, io faccio dei grandi piani e poi ci sono sempre degli imprevisti continui. [ride]

Pensi che il rigido formato bonelliano e la sua serialità, possano costituire una costrizione alla creatività dell’autore?

Non credo, ci si può adattare. È un altro tipo di professionismo, è come scrivere storie a puntate. Io ho lavorato per giornali, anche quotidiani, che ti chiedevano la storia a puntate e bisognava quindi entrare nella meccanica del colpo di scena dosato, dell’elemento di riconoscibilità che non spiazza il lettore ma fa in modo che si affezioni.

Il tuo alter ego Lazzaro Sant’Andrea, protagonista di quasi tutti i tuoi romanzi, è finito anche sulle pagine di Lazarus Ledd. Com’è nata la collaborazione con Ade Capone?

Siamo diventati amici ad un Dylan Dog Horror Fest, credo quello del 1987, e poi nel 1992, quando lui ha iniziato a lavorare al progetto di Lazarus Ledd, c’era venuto in mente di far incontrare questi due Lazzari.

Hai fornito idee nella stesura delle storie?

Sì, soprattutto all’inizio, nella prima apparizione in Milano Rosso Sangue del 1997. Ci siamo incontrati per vedere come far coesistere i linguaggi senza che uno dei due prevaricasse sull’altro.

Sono previste altre storie con Lazzaro e Lazarus?

In questo periodo c’è il solito problema di tempo, sia per Ade, sia per me. Probabilmente però, visto che ci è stato anche richiesto, prima o poi i due si rincontreranno.

Ma le tue incursioni nel fumetto non finiscono qui...


Ho fatto delle comparsate in Mister No, dove a Manaus gestisco il Pink Bar e in Martyn Mistère nelle sceneggiature di Cappi.
Una volta in fiera una ragazza molto carina che adesso si trova in Amazzonia a fare un documentario sulle lontre, guardandomi mi ha detto che le ricordavo un personaggio dei fumetti.
E io gli ho chiesto: Chi?
E lei fa: Ma no, non uno che esiste già. Tu sembri un fumetto [ride]
L’ho preso come un complimento e per ricambiare le ho detto che lei sembrava invece un cartone animato. Di solito sono più teneri, no?

Da poco è uscito il tuo ultimo libro, Sangue di yogurt, che raccoglie quattro storie brevi. Una di queste, Spara pure, è un papero, è illustrata splendidamente dal papà di Pedrito El Drito, il grande Antonio Terenghi, uno fra i maestri del fumetto italiano.

È una cosa che ho voluto fortemente per restituire a quelle storie pulp, autenticamente pulp, il sapore del fumetto vecchio stile, delle storie in cui le illustrazioni sono tutte shocking, sono tutte degli strilli di copertina.

L’anno scorso la Punto Zero annunciò l’uscita di I vizi di Pinkezz, un volume contenente cinque storie a fumetti, tratte da tuoi racconti. Ma sugli scaffali non ce n’è ancora traccia...

È una storia infinita, la sta seguendo Luca Crovi. Ogni due-tre mesi dovrebbe uscire, poi succede qualche intoppo.

Colpa forse della difficile situazione economica attraversata dalla Punto Zero…

Sarà quello, anche perché l’opera è pronta ed è anche molto bella. Tra l’altro abbiamo fatto una mostra a Siracusa, durante Giallo Mediterraneo, con un’esposizione di tavole originali.

Attualmente quali fumetti leggi?

Leggo tutto quello che trovo in edicola e in fumetteria. Sono molto affezionato a Bonelli (e poi abitando vicino Via Buonarroti vado a prendere gli albi direttamente lì). Mi piace molto Erinni, una serie bellissima scritta da Ade Capone e anche Gabriel di Riccardo Secchi, davvero originale e interessante. Ma anche Dago e Amanda non sono male.

Robin Wood quindi…

Sì, ma non tutto quello che scrive. Martin Hel secondo me è una puttanata.

Fumetti americani?

Certo, soprattutto per quanto riguarda le graphic novel oltreoceano ci sono degli autori straordinari.

Fumetti francesi? Manga?

Sì anche. Sono assolutamente ecumenico.
Come da scrittore cerco di far convogliare diversissimi linguaggi e suggestioni, così da lettore sono onnivoro.

Fumetto e giallo (il giallo come tutte le narrative di genere) sono stati accomunati per lungo tempo da una sorta di ostracismo intellettuale, che li faceva considerare prodotti minori.
Pensi che la situazione sia cambiata?


Sì, almeno da una decina d’anni. Credo che adesso siano assolutamente sdoganati… guarda l’Einaudi che pubblica libri a fumetti!

Hai un rapporto molto diretto con i lettori: sia in Fuggevole turchese sia in L’assenza dell’assenzio hai addirittura lasciato il tuo vero numero di cellulare!
È veramente un rapporto continuo. I miei lettori poi sono dei sostenitori agguerriti, con un grosso spirito critico, ma non tanto nei miei confronti, quanto verso i miei detrattori.
Qualche settimana fa una lettrice di Sette, il supplemento del Corriere della Sera, ha insinuato che secondo lei imitavo Pennac, cosa non vera, poiché le mie storie sono precedenti alle sue – io ho iniziato nell’84, mentre il primo romanzo di Pennac è del ’91.
Fatto sta che Sette è stata tempestata di e-mail di lettori pinkettsiani indignati.

A proposito di e-mail, qual è il tuo rapporto con Internet?


Non ho neanche un computer, ma sono uno strenuo difensore di Internet, perché per fortuna ho delle persone che lo usano per me e vedo che è uno strumento utilissimo.
Come trovo che sia utilissima una scavatrice se uno deve fare un buco. Solo che se anche mi serve un buco, preferisco non farlo io.

Progetti futuri?

Sarò in giro per qualche mese per promuovere Sangue di yogurt e poi riprenderò a lavorare sul romanzo che ho interrotto, Nonostante Clizia.

Niente fumetti, quindi.

Al momento no, sono veramente stremato, sto facendo avanti e indietro per l’Italia senza sosta. Con questo fottuto caldo [l'intervista è stata realizzata a metà Luglio, ndr] poi ho solo pensieri neri: mi verrebbe una storia alla Satanik!

grazie a: http://www.amazingcomics.it/ - 1.11.2002