inizio rosso e giallo

 

 

Rex Stout e Nero Wolfe


Quando Rex Stout (1986-1975) si rese conto - come ammetterà lui stesso - di "avere la stoffa del narratore, ma non quella del grande romanziere", abbandonò la letteratura d'avanguardia (si veda ad esempio Due rampe per l'abisso, Sellerio) che aveva coltivato negli anni '20 e si dedicò al poliziesco. Col risultato sorprendente di riuscire a fondere le due grandi scuole, quella inglese e quella americana: Nero Wolfe ed il suo validissimo assistente Archie Goodwin sono in qualche modo rappresentativi dei due mondi, e riescono a incontrarsi efficacemente.
Nero Wolfe ama leggere, mangiare in modo superlativo (mercè la competenza e la discrezione della terza persona che vive nella casa di arenaria della 35a, il cuoco Fritz Brenner), curare la propria ricchissima collezione di orchidee, e lavora (preferibilmente senza muoversi, e lasciando la propria abitazione solo in occasioni assolutamente straordinarie) solo per potersi permettere tutto ciò. Ma Goodwin non è solo il suo braccio (armato, all'occorrenza) e il suo filtro rispetto agli scocciatori: pensa, contraddice, riferisce con estrema precisione gli avvenimenti, coordina intelligentemente gli altri più o meno saltuari collaboratori; si fa licenziare un paio di volte perché si è permesso di spremere qualche goccia di limone sulla carne, ma viene riassunto perchè Wolfe non potrebbe tollerare di avere tra i piedi qualcuno che non conosca perfettamente, assecondandole, tutte le sue maniacali regole di vita. E quando fa un ottimo lavoro, il padrone commenta "Soddisfacente..."
I casi di Wolfe non seguono schemi prefissati, salvo la conclusione, che generalmente avviene nel modo più classico: dopo indagini più o meno movimentate, i vari protagonisti della vicenda, compreso l'ispettore Cramer della Squadra Omicidi, vengono riuniti non sulla scena del crimine (figurarsi se il sublime ciccione si sposta dal proprio lussuoso antro) bensì nello studio di Wolfe, che con logica micidiale ricostruisce i fatti e smaschera il colpevole.
È un po' come i pasti che Wolfe ama consumare: il rituale è identico, ma gli ingredienti variano sempre, o vengono ricombinati con sapiente fantasia, e Stout cucina il tutto con arguzia e uno stile brillante e contenuto al tempo stesso.

Alberto Tedeschi

Premessa a Re nero vince in sei mosse

Come si conviene a un buon padre che ama tutti i suoi figli in eguale misura, Rex Stout, creatore di Nero Wolfe e del suo scudiere Archie Goodwin, non ripudia i pochissimi romanzi gialli in cui i due famosi personaggi non figurano. Critici e lettori, tutti concordi, li giudicano opere minori, ma lui respinge il verdetto.

Questo non toglie che, dopo il tentativo di dare a Nero Wolfe un paio di fratelli (Tecumseh Fox e Alphabet Hicks) e una sorella (Dol Bonner), il Nostro abbia dedicato tutte le sue attenzioni ai due eroi che gli hanno procurato fama e prosperità.

In effetti, Stout è l'uomo delle decisioni drastiche. Quando esordì come scrittore, aveva, grandi ambizioni e il suo primo libro fu un romanzo sperimentale (How Like a God} che fu accolto con una certa perplessità e non raggiunse alte tirature.
Il romanzo è valido ancor oggi e, forse, Stout subì la sorte che spesso è riservata a chi è troppo all'avanguardia. Sta di fatto che si convinse (sono all'incirca le sue parole) «di avere la stoffa del narratore, ma non quella del grande romanziere». Così, optò definitivamente per la letteratura poliziesca, con enormi vantaggi degli appassionati del genere.

Nero Wolfe è stato definito il più convincente investigatore delta narrativa poliziesca dopo Sherlock Holmes, ed è un fatto che di lui, come di Holmes, vien fatto di parlare come se fosse un autentico personaggio in carne e ossa, specialmente per noi italiani che lo abbiamo visto impersonato da Tino Buazzelli. È noto che, ancor oggi, arrivano a Londra numerose lettere indirizzate «Signor Sherlock Holmes, 221 B, Baker Stree » Altrettanto accade per Nero Wolfe; ma ancor più numerose sono le lettere degli ammiratori che scrivono a Rex Stout. Ma che cosa gli scrivono? Che cosa vogliono? Ebbene, c'è chi aspira a diventare uno scrittore di gialli e gli chiede consigli. Chi sogna di fare il detective privato, oppure il coltivatore di orchidee, oppure ancora di diventare un grande cuoco, emulo di Fritz Brenner.

Qualcuno ha domandato a Rex Stout se, nel creare quel suo monumentale investigatore, abbia avuto in mente un modello.
«No» ha risposto Stout «non ho mai collocato in una delle mie storie il ritratto dal vero di una determinata persona di mia conoscenza. Con ciò, non dico che non vada fatto, dico soltanto che a me non è successo.»
«Nero Wolfe» ha detto un critico «è una personalità unica, perchè tale è il suo creatore. Nero è imprevedibile, capriccioso e un tantino grottesco, poiché ha in sé tutte le bizzarrie del suo autore il quale gli ha prestato le proprie svariatissime esperienze di vita.»
In realtà, l'irriverenza è una delle poche caratteristiche comuni a Wolfe e a Stout. Wolfe è sedentario e irascibile; Stout è dinamico e affabile. Wolfe è un misogino dichiarato; Stout adora sua moglie ed è tutt'altro che indifferente alle belle ragazze. Wolfe è un casalingo ineiterato; Stout è un accanito pescatore e ha la passione di vagabondare sia in campagna sia in città. Fisicamente, poi, i due sono agli antipodi: monumentale e pigro Wolfe, asciutto e scattante Stout. Wolfe rasato, mentre Stout ha quella sua ispida barbetta che, secondo un giornalista del "New York Post", avrebbe preso a prestito da un caprone, o addirittura da George Bernard Shaw.
Una certa somiglianza fra i due la si ravvisa, se mai, sul piano intellettuale: accaniti polemisti entrambi, dediti alle battaglie verbali, non disdegnano sofismi, cavilli e paradossi pur di avere l'ultima parola..
E ancora, gli hobby di Rex Stout assomigliano a quelli di Nero Wolfe. A parte il fatto che coltiva amorosamente ogni sorta di fiori nel suo giardino, Stout dichiara: «Le mie passioni sono: i libri, la buona cucina, la musica, gli Stati Uniti d'America e la mia famiglia.» E aggiunge: «Quanto alle mie avversioni, eccole: i politicanti, i predicatori, le persone cerimoniose, quelle che vivono senza lavorare, le menti ristrette, il cinema, la televisione, i rumori molesti, l'untuosità.»

A Rex Stout, l'autore che è riuscito a fondere felicemente il poliziesco classico e il romanzo d'azione, è stata rivolta una domanda molto impegnativa: «Secondo lei, la detective story nella forma da lei prediletta potrà sopravvivere a lungo?» «Tutto dipende dal fatto che gli autori dotati vogliano o no, in avvenire, dedicarsi a questo tipo di narrativa» ha risposto Stout. «Da cinquant'anni, non passa un mese senza che qualcuno reciti il de profundis al romanzo in genere. Eppure, basta guardarsi attorno per convincersi che il romanzo è più vivo che mai. Qualunque forma di composizione letteraria, qualunque forma di narrativa possono sopravvivere, finché ci saranno scrittori di talento disposti a dedicarvisi.»

(...)

da: Rex Stout, Re Nero vince in sei mosse, A. Mondadori, 1973

 

Marco Pollilo

Introduzione a Nero Wolfe: il profumo del delitto

All'inizio, di solito, fa finta di non sentire e va avanti a leggere sprofondato nella gigantesca poltrona dietro la sua scrivania. Poi, quando Archie Goodwin continua imperterrito a illustrare con dovizia di particolari la precaria condizione del conto in banca, prima sbuffa, poi grugnisce, poi (ma non sempre) muggisce, e infine, l'indice della mano destra ficcato tra le pagine a mo' di segnalibro, lo sguardo fiammeggiante, "tacete!" sibila, e in quel momento Nero Wolfe sa, inconsciamente, che di lì a poco dovrà incominciare a lavorare. E questo per il pachidermico investigatore di New York se proprio non è un dramma poco ci manca.
C'è la soddisfazione, è vero, di consegnare un assassino alla giustìzia, c'è il conforto di incassare quello che Archie di solito definisce un discreto gruzzolo (in realtà alcune migliaia di dollari), c'è il piacere di poter confermare al proprio io di essere ancora un genio, ma tutto ciò vale ben poco in confronto al delizioso stato di dolce far niente, in giornate pigramente passate in tranquille sedute con le orchidee, in pranzi luculliani e in distensive quanto istruttive letture. Ma non si vive di sole orchidee, ci sono gli stipendi da pagare: quello di Archie Goodwin (quanto guadagni non si sa, pare non l'abbia mai detto per motivi fiscali), quello del cuoco Fritz Brenner (più di mille dollari al mese), e quello (circa cinquecento dollari al mese) di Theodore Horstmann, il "balio" delle orchidee. E poi Fritz sarà anche "la perla della famiglia" come lo chiama affettuosamente Archie, ma per la sua straordinaria cucina non bada certo a spese; come farebbe altrimenti ad accogliere ogni volta senza batter ciglio, e con un preavviso di soli pochi minuti, l'ordine di apparecchiare per quattro o cinque ospiti inaspettati? Ma Fritz, tutti lo sanno, ha un carattere d'oro ed è, probabilmente, il più felice degli abitanti della vecchia casa di arenaria grigio-rossastra al numero 922 della 35° strada Ovest, non lontano dal fiume Hudson. L'unica sua preoccupazione sono le donne: lui sospetta che ogni persona del gentil sesso che varca la soglia della casa miri, in realtà, alla sua cucina. Per fortuna sotto questo aspetto Nero Wolfe non gli da preoccupazioni; la sua misoginia è proverbiale quasi quanto la sua grassezza, anche se una donna c'é per la quale Nero fa eccezione: Theodolinda (Dol per gli amici) Bonner. Occhi color zucchero caramellato, lunghe ciglia scure, ottima investigatrice privata, ricca di buon senso, Dol Bonner è l'unico esemplare di sesso femminile che Wolfe riesce a guardare senza ag grottare automaticamente la fronte. E di Dol il misogino Nero si serve, ogni tanto, perfino per motivi professionali, anche se di norma le sue preferenze vanno ad altri tre investigatori. Saul Panzer (piccolo, magro, le spalle cascanti, naso e orecchie giganteschi, trasandato, sembra uno spazzino municipale ma in realtà è di gran lunga il migliore agente investigativo di New York dopo Wolfe: tariffa, dieci dollari l'ora); Fred Durkin (grosso, massiccio, con un faccione onesto e aperto, gran lavoratore, ma dalla testa in su non ci sa fare quando si trova alle prese con un lavoretto che richiede delle reazioni scelte: tariffa, sette dollari e mezzo l'ora); Orrie Cather (occhi neri e languidi, labbra sinuose, alto, bello, intelligente, in qualunque situazione le sue reazioni sono sufficientemente veloci, solo che a volte ha le reazioni giuste, altre volte quelle sbagliate: tariffa, sette dollari e mezzo l'ora).
Poi c'è Archie Goodwin, segretario, assistente, braccio destro, autista, galoppino, guardia del corpo, biografo, eccetera eccetera di Nero Wolfe, e investigatore egli stesso. Nato in una fattoria dell'Ohio il 23 ottobre 1912, quindi vent'anni dopo il suo principale, è bello, giovane, scattante, entusiasta, intelligente, s'invaghisce (o quasi) di tutte le belle donne che incontra, gioca a poker, ramino e biliardo, va a ballare al Flamingo e ha una relazione (o almeno così pare, visto che apertamente non l'ha mai ammesso) con Lily Rowan (alta, bionda, occhi azzurri, multimilionaria, nonché proprietaria di ampie tenute e di favolosi ranch). Una delle sue doti principali è la memoria prodigiosa: è capace di ripetere parola per parola intere conversazioni con più persone di durata anche superiore all'ora. Un'altra delle sue caratteristiche è quella di finire con una certa frequenza in prigione, accusato dall'astioso sergente Purley Stebbins o dall'iracondo tenente George Rowcliff di nascondere (cosa che in effetti fa con assidua regolarità) qualche importantissima prova. Per il resto il buon Archie non ha nulla di inconsueto. Fa colazione ogni mattina alle otto e mezzo in cucina assaporando le deliziose frittelle di Fritz e sorseggiando spremuta d'arancia; legge il "Tìmes" e la "Gazette", ogni tanto va alla partita, ed è amico fraterno di Lon Cohen (molto bruno, quasi olivastro, pelle tesa sul volto minuto, occhi neri infossati, capelli scuri pettinati ali'indietro sulla testa a uovo, sempre indaffaratissimo, il secondo miglior giocatore di poker dopo Saul Panzer), giornalista della "Gazette" e, di tanto in tanto, prezioso informatore di quanto è racchiuso negli ordinatissimi archivi del suo giornale.

Ma se Goodwin è il braccio, le gambe, i! registratore e (all'occorrenza) il pugno, Nero Wolfe è, senza dubbio, la mente.
Il signor Wolfe, come lo chiamano rispettosamente i suoi subalterni, non ride, non stringe le mani alle persone, non si alza in piedi quando qualcuno entra nel suo ufficio (la scusa ufficiale è la sua mole, oltre 140 chili), non parla di lavoro quando è a tavola, non ama il telefono, non esce di casa se proprio non ci è costretto. Lui siede nell'enorme poltrona dietro alla sua scrivania, ascolta i rapporti di Archie, impartisce istruzioni, sta a sentire con gli occhi stretti a fessura quanto hanno da dirgli i suoi clienti, li interrompe ("Zitto!", "Silenzio!"), si irrita ("Assurdo!", "Pfui!", "Sciocchezze!"), si diverte (solleva impercettibilmente un angolo della bocca), si compiace ("Soddisfacente" o, eccezionalmente, "Eccellente"), beve birra leccandosi la schiuma dalle labbra, e pensa. Poi un bei giorno chiude gli occhi, allaccia le mani sull'immensa pancia e astraendosi dal resto del mondo incomincia a far andare le labbra su e giù, su e giù. Quando riemerge dal suo apparente torpore, si può star certi che nel suo cervello tutto è ormai chiaro: ancora poche ore e il colpevole sarà smascherato.

Eppure questo burbero misantropo riesce a fare anche tenerezza.
La mattina, quando fa la prima colazione in camera alle otto e un quarto leggendo il "Tìmes" a piedi nudi in pigiama (di seta gialla) o in vestaglia (di lana a rigoni gialli e neri); o quando, senza sgarrare di un minuto, ogni giorno (tranne la domenica) dalle 9 alle 11 e dalle 16 alle 18 accudisce, avvolto in una enorme tuta da lavoro (gialla), le sue diecimila e passa piante di orchidee nell'attrezzatissima serra sul tetto. O ancora quando, costretto a spostarsi in automobile, siede disperato, gli occhi fissi a! centro della strada, quasi sempre sul sedile posteriore per evitare di attraversare il parabrezza al momento dell'inevitabile scontro, mentre Archie guida con mano sicura la vecchia Heron del '61. Ci si può persino affezionare a questo irascibile brontolone; ne sanno qualcosa Archie, Fritz, Theodore, Saul Panzer, la stessa Lily Rowan, il dottor Vollmer (suo medico personale) e l'avvocato Nathaniel Parker (suo legale di fiducia).
In fin dei conti Wolfe è un genio, e i geni possono pur fare un po' di capricci, comportarsi da prime donne. Le sere di riunione, per esempio, (o di congresso, come le chiama Archie) quelle in cui tutti i personaggi implicati nella vicenda di turno vengono radunati nell'ufficio di Wolfe per ascoltare la spiegazione del caso seduti nelle poltroncine di cuoio giallo e in quella di pelle rossa, e in cui l'ispettore Fergus Cramer della Squadra Omicidi (corpulento e ingombrante con un faccione rosso e occhi grigi scettici e acuti, con un puzzolente sigaro spento sempre in bocca) potrà finalmente stringere le manette ai polsi dell'assassino, Wolfe arriva sempre buon ultimo. Seduto in cucina, non si muove finché tutti gli ospiti non sono arrivati e non si sono accomodati. Poi, quando non c'é più nessuno che manca all'appello, eccolo che avanza senza salutare, gira intorno alla scrivania, si siede nella poltrona, lancia uno sguardo circolare tutto intorno, zittisce chi (immancabilmente) accenna una più o meno timida protesta, e inizia a parlare. Il colpevole è spacciato.

da: Rex Stout, Nero Wolfe: il profumo del delitto, A. Mondadori, 1979