Roberto Calvi

 

 

«Quando Sindona... trasferisce la sua attività al di là dell’Atlantico, in Italia cresce e si afferma Roberto Calvi che ne acquisisce l’eredità oltre che la tutela condizionante di Getti e Ortolani». La continuità dei banchieri P2 in un ruolo unico è delineata precisamente nella relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 con queste parole. Più avanti la Commissione Anseimi precisa ancora: «... Mentre Sindona viene estromesso definitivamente dall’Italia, e poi arrestato, si estende e si rafforza la rete P2 nel settore degli affari e Calvi diventa il principale braccio operativo nel settore finanziario per tutte le necessità previste dai programmi della P2. Il gruppo Ambrosiano assume cosi unastruttura particolarmente funzionale per far da tramite ad ogni tipo di transazione articolandosi in Italia ed all’estero in una serie di società bancarie e finanziarie... in modo da impedire a stessi esecutori materiali (degli ordini provenienti dal centro) la percezione del quadrocomplessivo».

È la descrizione di un servizio segreto, o di un complotto. La Commissione aggiunge sconsolatamente: «Non è ancora disponibile, e forse non lo sarà mai, una visione completa dette operazioni...»

La questione se Roberto Calvi come banchiere sia stato un prodotto spontaneo o una figura costruita pezzo per pezzo è molto dibattuta.

In un servizio dal titolo significativo “Storia di O.” (O sta per Ortolani) la rivista Critica Sociale ha scritto nel 1980 che la sera, in Via Condotti 9, nello studio dell’avvocato Umberto Ortolani una cena “storica”. I commensali erano Calvi, Sindona, Gelli e Ortolani. Scopo del convivio: stabilire un patto di azione in base al quale Calvi sarebbe stato aiutato, grazie agli appoggi vaticani di cui godeva Ortolani, a far carriera nel Banco Ambrosiano, mentre Sindona lo avrebbe appoggiato dall’esterno, diventando suo socio in affari in tutte le operazioni che avrebbero fatto in futuro e pilotandone l’ascesa. Gelli garantiva le coperture politiche ad ogni livello ed in ogni scacchiere. Nessuno ha smentito Critica Sociale. Una ricostruzione attenta dei fatti sembra provare che il “fenomeno Calvi” è stato anch’esso, come il “fenomeno Sindona”, un prodotto prefabbricato.
Un episodio riportato a suo tempo dalla stampa sembra convalidare ulteriormente questa ipotesi. Ecco il breve racconto che porta il titolo “A un passo dalla verità”: «... nel carcere di Lodi, nella notte fra il 2 e il 3 luglio 1981 Calvi, sfibrato da un mese e mezzo di carcere, è convinto di essere prossimo ad una severa condanna; sfiduciato, e sicuro di essere stato abbandonato da tutti fa chiamare alcuni magistrati milanesi. Incalzato dalle domande dei magistrati, che vogliono sapere di più sui rapporti tra Calvi, Getti e Ortolani, il “banchiere dagli occhi di ghiaccio” scoppia in lacrime. Dinanzi ai tre giovani magistrati sbalorditi e all’avvocato Giandomenico Pisapia anch’egli presente alla deposizione, Calvi, alternando lunghe pause a profondi sospiri, fa un’importante ammissione: “Io sono l’ultima ruota del carro, cercate di capire. Il Banco Ambrosiano non è mio. Sono soltanto al servizio di qualcun altro”. “Ma chi la comanda, di chi è il Banco?” chiedono con insistenza i magistrati convinti ormai di essere vicini atta verità. “Di più non posso dirvi” risponde Calvi, che ormai si sta riprendendo; poi lo sconforto passa e il banchiere recupera: il suo sguardo ritorna controllato, l’attimo di debolezza è svanito».

È indubitabile che il “fenomeno Calvi” comincia ad essere costruito a partire dal 1970 proprio dal “fenomeno Sindona”. A quell’epoca Roberto Calvi è solo uno stimato funzionario del Banco Ambrosiano che ha fatto molto meritoriamente tutta la carriera di un impiegato, partendo dai più bassi livelli. L’Ambrosiano è una vecchia banca cattolica fondata nel 1896 da un sacerdote su mandato del cardinale Ferrari, e conosciuta infatti come la banca dei preti; per aprirvi un conto all’origine bisognava presentare il certificato di battesimo e alla fine dell’anno veniva distribuita ai consiglieri di amministrazione una preghiera speciale per ringraziare l’Eterno dei buoni affari. Nell’epoca di Calvi la banca raccoglie i risparmi di circa 39.000 piccoli azionisti lombardi e veneti, controllati da una quindicina di azionisti maggiori, e raccoglie i depositi e il circolante di decine di migliaia di artigiani, piccoli e medi industriali attratti dalla fama di solidità e serietà della “banca dei preti”.

Sindona dirà e confermerà a più riprese di essere stato lui a suggerire la nomina di Roberto Calvi prima a direttore generale, e poi alla carica di amministratore delegato del Banco Ambrosiano, nel 197. È un dato di fatto che Sindona è molto ascoltato in Vaticano, e d’altronde ha come socio diretto nelle sue banche l'Istituto Opere di Religione o IOR, che negli anni settanta possiede il 49 per cento delle azioni della Finabank, una banca di Sindona con sede a Ginevra, e contemporaneamente è uno dei maggiori azionisti del Banco Ambrosiano. Calvi piace a Sindona perché, come dirà in una intervista a La Stampa (25 luglio 1982) ha «una mentalità bancaria di grande respiro»; un respiro grande abbastanza da arrivare alle Bahamas, in Argentina, a Hong Kong e altrove, affrontando l’avventura ed il rischio. L’arrivo di Roberto Calvi sulla scena dei grandi affari intemazionali, che è quello che ci interessa, avviene a poche settimane dalla sua nomina al vertice del Banco Ambrosiano, con la costituzione a Nassau, nelle isole Bahamas, paradiso fiscale dei Caraibi, della Cisalpine Overseas Bank, il cui primo presidente sarà il vescovo Paul Casimir Marcinkus, copresidente dello IOR, e il secondo Roberto Calvi. La nuova banca è una banca d’affari senza sportelli, cioè senza contatto con il pubblico, un ufficio ed una targa, che però nel suo primo anno di vita riceve la bellezza di 240 milioni di dollari di depositi.

Non abbiamo l’intenzione di annoiare il lettore con inestricabili questioni di maggioranze e minoranze. Ma ci si trova qui di fronte ad un problema chiave per interpretare la vicenda dei banchieri P2. La proprietà reale della Cisalpine Òverseas Bank alla sua fondazione è uno dei tanti misteri. Nel loro studio II banco paga, Leo Sisti e Gianfranco Modolo scrivono:

«Nel giro di tre mesi, agli inizi del 1971, Calvi crea una dopo l’altra le piazzeforti del suo impero: in Lussemburgo la Compendium SA.., poi destinata a trasformarsi in Ambrosiano Holding. La Compendium controlla tre diramazioni: la Ultrafin International Corporation di New York, con lo scopo di operare sui mercati azionari nordamericani in quanto possiede un seggio alla Borsa di Boston; l'Ultrafin A.G. a Zurigo, con l’obiettivo di procurare finanziamenti alle aziende italiane ed estere; infine la perla del gruppo, la Cisalpine Overseas alle Bahamas, oggi Ambrosiano Overseas».

 

 

Ma le cose stanno veramente così?
Poichè in una delle relazioni di minoranza dell'inchiesta parlamentare sulla P2 si cita la relazione della Banca d'Italia sull'ispezione condotta dalla Banca d'Italia stessa sul Banco Ambrosiano nel 1978, allegato 24, come la fonte di notizie diverse. Secondo questa relazione di minoranza la Compendium Société Anonime SA con sede al n. 14 di rue Aldringher, in Lussemburgo, risulterebbe avere una proprietà così suddivisa: 40% alla società Fasco (nella quale sono soci Sindona e lo IOR), 20% alla Banca del Gottardo (la cui proprietà è, a quel momento, per il 60% IOR e 40% Banco Ambrosiano) e infine 40% al Banco Ambrosianodi Milano.

In questi termini il controllo reale della Compendium apparterrebbe a Sindona e Marcinkus, con lo stesso Marcinkus in funzione di ago della bilancia. Da ciò deriverebbe che quando Calvi crea a Nassau la Cisalpine Overseas Bank agisce per conto di Sindona e Marcinkus, cioè appare come un esecutore che agisce nel quadro di progetti stabiliti da altri. L’associazione del trio Sindona-Calvi-Marcinkus nella Cisalpine risponde anche, ragionando, a una certa logica. Infatti vediamo riuniti nella banca d’affari di Nassau Michele Sindona, con i suoi vasti collegamenti intemazionali che vanno dai servizi segreti alla potenza finanziaria della destra economica USA, alla mafia, alla massoneria intemazionale; l’Istituto Opere di Religione del Vaticano con la sua doppia potenzialità, cioè quella di rastrellare capitali in ogni parte del mondo attraverso la catena delle banche cattoliche, e di muovere capitali di qualunque ordine nel più assoluto segreto al di fuori di ogni controllo avvalendosi dei privilegi di Stato indipendente della Santa Sede di cui lo IOR è emanazione, e infine il Banco Ambrosiano, con la sua rispettabilità secolare, copertura eccellente per operazioni occulte delle quali non debba essere conosciuta la matrice reale.

È il momento in cui Sindona incomincia a preoccupare gli ambienti economici italiani con i suoi maneggi pilotati dagli Stati Uniti; nessuno sospetterà, o pochi sospetteranno, che le operazioni realizzate da Calvi con la “Centrale” tra il 1971 e il 1976, non furono realizzate per conto dell'Ambrosiano, ma per conto di Sindona e Marcinkus, effettivi proprietari e controllori della “Compendium” e quindi della “Centrale”.

Fra le operazioni compiute attraverso la Centrale prima del ‘76, vi sono giust’appunto quelle che sono servite per costruire le basi nazionali dell'impero Calvi. È infatti la Centrale che acquisisce nel 1972 il pacchetto di maggioranza del Credito Varesino, una delle più solide banche private lombarde, della compagnia di assicurazioni Toro, con cui arriveranno nel gruppo Ambrosiano i pacchi di controllo di cinque altre banche: Banco d’Imperia, Banca Mobiliare Piemontese, Banca Rosemberg e Colorni, Banca Morgan Vonwiller e Banca Passadore, quattro compagnie di assicurazione, la Toro già detta e poi Vittoria, Alleanza Securitas, Esperia, e infine della Banca Cattolica del Veneto, il più importante istituto di credito delle tre Venezie.

Questa ultima operazione cela un vero giallo.

La Banca Cattolica del Veneto, infatti, era di proprietà dello IOR, che deteneva il 51,5 per cento del pacchetto azionario, vale a dire la maggioranza assoluta. Presidente dello IOR, nel 1972, era monsignor Paul Marcinkus, mentre presidente della Banca Cattolica del Veneto era un altro finanziere del Vaticano, Massimo Spada, il quale era stato in precedenza a sua volta segretario amministrativo dell’Istituto Opere di Religione, è in quel momento era membro del consiglio di amministrazione nelle banche di Sindona. Lo IOR cedette alla Centrale il 37,5 per cento del pacchetto azionario, tenendosi il 14 per cento. A operazione conclusa, in fondo, ciò che cambiava era più l’apparenza che la sostanza, in quanto lo IOR continuava indirettamente a detenere il controllo dell’istituto; ma il cambio di gestione non convinse il clero veneto, e soprattutto l’allora Patriarca di Venezia, Albino Luciani, il quale fece fare delle indagini e venne a sapere un sacco di cose su Calvi e Sindona. Ne fu indignato al punto da ritirare subito tutti i fondi della diocesi dalle casse della Banca Cattolica.

Con un gesto clamoroso, trasferì il conto corrente ufficiale del Patriarcato in una piccola banca locale, il Banco di San Marco. Pochi giorni dopo l’elezione di Luciani al Pontificato, Il Mondo, (31 agosto 1978), pubblicò una lettera aperta intitolata: Vostra Santità, è giusto? in cui si chiedeva un intervento per imporre “ordine e moralità” alle finanze Vaticane, che comprendevano, affermava il giornale, “speculazioni in acque torbide”. Nella lettera si ponevano al nuovo Papa alcune domande: «... è giusto che il Vaticano operi sui mercati come uno speculatore? È giusto che il Vaticano abbia una banca le cui operazioni aiutano l’esportazione illegale di capitali dall’Italia ad altri paesi?». Si citavano esplicitamente i legami della finanza vaticana con «i più cinici operatori finanziari del mondo, da Sindona ai dirigenti della Continental Illinois Bank di Chicago» e si terminava con un ultimo esplicito riferimento alla scandalosa presenza nella Cisalpine Overseas Bank di Nassau, banca speculativa impiantata in un paradiso fiscale, del vescovo Marcinkus.
David A. Yallop, che ha scritto il famoso libro In God’s name (“In nome di Dio”) per ricostruire le circostanze della morte di Luciani, crede di sapere che dopo l'elezione di Albino Luciani al pontificato, i banchieri della P2, Gelli, Ortolani e Calvi si riunirono d’urgenza a Buenos Aires per discutere le conseguenze della presenza di Luciani in San Pietro. La prima conseguenza era la sempre piu probabile defenestrazione di Marcinkus dallo IOR. La rivista americana Newsweek si era già fatta eco di queste voci raccolte in Vaticano, dove d’altronde già circolava la notizia che il nuovo Papa intendeva allontanare da Roma un centinaio di prelati iscritti a logge massoniche.
Il giorno precedente alla sua morte, racconta David A. Yallop, «... Papa Luciani disse al segretario di Stato cardinale Villot che Marcinkus doveva essere rimosso immediatamente. Non tra una settimana o tra un mese, ma il giorno dopo...». Quindi Yallop riferisce le parole esatte di Luciani: «Ci sono altri cambiamenti all’interno dell’Istituto Opere di Religione che voglio veder attuati immediatamente: Mennini, De Strobel e monsignor De Bonis (i vertici dello IOR a fianco di Marcinkus n.d.r.) devono essere sostituiti immediatamente... Voglio che tutti i nostri legami con il gruppo del Banco Ambrosiano siano rescissi e questo taglio deve avvenire nell’immediato futuro...». Era il tardo pomeriggio del 28 settembre 1978.

Alle otto Luciani cena con i suoi assistenti, padre Lorenzi e Magee, servito a tavola da suor Vincenza e suor Assunta; dopo il telegiornale, parla a lungo al telefono cori il cardinale Giovanni Colombo di Milano, “pieno di serenità e di speranza”; dopo la telefonata, lavora un po’ ad un discorso che dovrà tenere ai gesuiti due giorni dopo e ne sottolinea qualche passo saliente che dovrà pronunciare, come ad esempio: «dovete preoccuparvi dei grandi problemi economici e sociali che turbano oggi l’umanità...». Mancano pochi minuti alle 21,30 quando Papa Luciani entranella propria stanza salutando per l'ultima volta i suoi assistenti. È Papa solo da 33 giorni.

 

Conclude Yallop:"Fu trovato morto il mattino seguente. Le circostanze della scopertar endono chiaro che .. .le menzogne avevano un unico scopo: ocultare il fatto che Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I, è stato assassinato ad un’ora imprcisata fra le 21,30 del 28 settembre e le 4,30 del 29 settembre 1978». Nessuno saprà mai se Paia Luciani è stato assassinato veramente o se lo è portato via il Caso. Un Papa è Dio in terra. Non si può fare l’autopsia a Dio. Perciò non si è fatta l’autopsia ad Alibino Luciani.

Il nuovo Papa, il polacco Wojtyla, non darà motivi di preoccupazione ai banchieri. Al contrario.

Torniamo ora alla questione del apporto di causa ed effetto fra il ritiro di Sindona dalla scena italiana e l'ascesa di Calvi.
C’è una constatazione preliminare da fare: nei tre anni fra il 1971 e il 1973, mentre Sindona portava a termine le operazioni Centrale, Franklin Bank, Generale Immobiliare e Talcott, investendo complessivamente oltre 180 milioni di dollari, Roberto Calvi procedeva alla conquista dei Credito Varesino, della Banca Cattolica del Veneto e della Toro Assicurazioni per altri 170 milioni di dollari; totale 350 milioni di dollari.

Se il contenuto della relazione d minoranza sulla proprietà della Compendium Société Anonime SA del Lussemburgo, proprietaria del pacchetto di controlli della Centrale, è esatto, in questo caso non sembra che siano stati utilizzati capitali deil'Ambrosiano per costruire il cosidetto “impero Calvi”, bensì capitali di provenienza misteriosa. Dopo la morte di Calvi, e di Sindona, le speranze di poter giungere a una verità su questo punto sono fortemente ridotte, quasi nulle. Per evitare di almanaccare oziosamente faremo come al solito un semplice elenco di fatti. Per quanto riguarda la nostra inchiesta sarebbe anche inutile attardarci in una descrizione minuziosa dell'impero Calvi. Ci basta darne la dimensione. Cercheremo invece di comprenderle le caratteristiche e gli scopi.

Il cosiddetto “impero Calvi” al momento della morte del banchiere era costituito da due corpi distinti, uniti da tenui, aggrovigliati, e non di rado inafferrabili fili: il corpo nazionale e quello estero. In Italia Ì’“impero Calvi” era costituito da una rete di solide banche e istituti finanziari ed assicurativi, che a loro volta detenevano in portafoglio centinaia di pacchetti azionari, di controllo e di minoranza, di una miriade di società. Il Banco Ambrosiano, con la Banca Cattolica del Veneto, il Credito Varesino, la Banca Passadore, e altri istituti minori, era certamente il primo gruppo bancario privato del nostro paese, con circa 14 mila miliardi di depositi; come abbiamo visto, comprendeva anche la Centrale, fra le più importanti società finanziarie italiane, e il gruppo Toro Assicurazioni (trecento miliardi di premi incassati ogni anno).
Quanto alle partecipazioni nell’industria, nel solo campo editoriale deteneva il controllo di 6 quotidiani, fra cui il più importante d’Italia, il Corriere della Sera. Si presentava perciò sul mercato finanziario internazionale come una entità largamente credibile.

Prima di analizzare altri aspetti vogliamo prendere atto di due problemi, che in verità sono quelli che hanno monopolizzato l’attenzione generale in Italia, negli ultimi quattro anni, e sono stati ampiamente sviscerati: quello dei rapporti che sono esistiti fra il mondo politico italiano e l’enorme forza finanziaria della P2 e quello delle connivenze e protezioni di cui i banchieri P2 hanno beneficiato, e senza le quali né il fenomeno Sindona né il fenomeno Calvi avrebbero potuto esistere.

Vi sono due tipi di rapporto dei banchieri P2 con la politica nazionale: uno palese e uno occulto. Sia in Sindona che in Calvi le relazioni palesi con la politica italiana mostrano un carattere meramente strumentale. Come abbiamo visto Sindona è scopertamente a favore della Democrazia Cristiana; ma agisce anche nell’epoca in cui la DC è una forza sì in via di logoramento, ma ancora egemone; la DC esercita un'efficiente protezione, e l’obiettivo americano è consolidarne l’egemonia; Calvi, che gli succede, agisce in un periodo diverso e le sue relazioni politiche sono più articolate; dispensa prestiti in quasi tutte le direzioni, con ovvie preferenze per la DC, ma senza apparenti preclusioni. Il problema di Calvi è non avere ostacoli in Italia mentre la sua proiezione è all’estero.

Cerca, cioè, la finzione “democratica”. Una doppiezza calcolata. Sul piano occulto, Sindona è schierato, come co-protagonista, con la destra militare golpista inquadrata nella P2 e con le forze fasciste e monarchiche affini; Calvi, sul piano occulto, nella politica interna, opera al servizio della P2, in un disegno parimenti reazionario, ma con prospettive più generali. Ha l'incarico di impadronirsi, nell’epoca dell’esplosione dei mass-media, del controllo monopolistco dei mezzi di informazione. La manovra per la conquista del gruppo Rizzoli-Corriere della Sera è un'operazione spionistica, in tutti i suoi aspetti, attuata da Calvi, pilotata da Licio Gelli e Umberto Ortolani.

Ma l’analisi della vicenda Calvi nell’ottica puramente italiana minaccia di non condurre a nulla. Se si vuol far partire l’analisi dai soli fatti concreti, gli elementi inconfutabili da prendere in esame sono innanzitutto la massa enorme di denaro che é sparita e dove è sparita. La stampa più recente dice: «Secondo la stima della Banca d’Italia, resa nota dall’allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, il “buco” dell’Ambrosiano ammontava a 1200 milioni di dollari (circa 1900 miliardi di lire), ripartito in uguale misura tra le attività italiane e quelle estere. Dei 601 milioni di dollari di debiti esteri (960 miliardi di lire), ne sono stati pagati 213, all’incirca 400 milioni, con recuperi effettuati presso lo IOR, con la vendita d alcuni cespiti (Banco del Gottardo, azioni Italmobiliare). Sia liquidatori italiani sia quelli esteri si contendono poi i 30 milioni di dollari di Tassan Din depositati a Dublino e i 110 miliioni di franchi svizzeri di Gelli depositati a Ginevra.
Ma all’appello manca l’intera quota italiana di perdite, cioè quasi mille miliardi di lire e gli inquirenti si imbattono in grosse difficoltà nelI’accertare sia i responsabili che i beneficiati da questo fiume di denaro
». (3 aprile 1986).
Le perdite sono italiane, ma la voragine che le ha ingoiate si trova comunque all’estero. Anche i debiti esteri che sono stati coperti vendendo questo e quello restano comunque sempre una enorme massa di denaro scomparsa. La soluzione contabile non risolve affatto la questione politica: la funzione della rete di banche ed istituti finanziari concentrati attorno all’Ambrosiano è stata quella di fornire, con la sua credibilità, la copertura e forse, ma non necessariamente in modo integrale, la base finanziaria, per l’espansione delll“impero” estero. Questo ha una dimensione ed un ruolo ben diverso. Si tratta di una rete di decine di diverse entità, banche, istituti finanziari ed assicurativi, che operano su scala mondiale, in Lussemburgo, a Parigi, Lilla, New York, Buenos Aires, San Paulo del Brasile, Lima, Managua, Lugano, Hong Kong, Nassau, che hanno pompato prestiti da 250 banche e istituti finanziari esteri, garantiti dal gruppo bancario nazionale.

Come tutto il “sistema P2”, il gruppo detto Ambrosiano all’estero non è più una banca italiana nel senso proprio del termine, ha perso ogni dipendenza dagli interessi originari.

È una caratteristica comune a tutto il sistema dei banchieri e affaristi P2: Umberto Ortolani è cittadino brasiliano, Lido Geli è cittadino argentino, Robertc Calvi ha il passaporto diplomatico del Nicaragua di Somoza, e anche Francesco Pazienza ha una nazionalità aggiuntiva, panamense, Roberto Memmo è cittadino USA, dopo essere state cittadino di El Salvador.

La funzione reale dell'impero Calvi è dunque quella di strumentalizzare l’economia, il risparmio, la moneta italiani, mettendoli al servizio di interessi extra nazionali esattamente come nel caso dell'impero Sindona:
Gli affari esteri del gruppo Ambrosiano fanno parte di un altro sistema, quello dei gruppi finanziari intemazionali, integrati nel sistema di dominio politico-militare “occidentale”, leggi americano, e nelle sue “covert actions”. L’attività estera finanziaria e speculativa delle banche di Calvi è senza rapporto con le tecniche finanziarie e i tassi di interesse correnti. Si intreccia infatti con quelle operazioni che vanno ad affondare le mani nelle ricchezze dei popoli: guerre, sbarchi, colpi di Stato, dittature militari, traffici di armi, speculazioni monetarie, esportazioni di capitali frutto delle rapine dei dittatori. Operazioni di cui per l’appunto i servizi segreti costituiscono l’ossatura. Ciò spiega perfettamente il “mistero” delle folgoranti carriere, che portano uomini del tutto sconosciuti e privi di speciale autonomia intellettuale a recitare la parte dei grandi banchieri.

Di tutti coloro che hanno affro tato questo tema solo Leo Sisti e Gianfranco Modolo ne II Banco paga si sono avvicinati al nocciolo della questione. Essi scrivono: «...di bandierine nelle Americhe, Calvi ne ha piantate parecchie in pochi anni. La prima è stata la Cisalpine Oversea Bank delle Bahamas, in seguito trasformata in Ambrosiano Overseas Ltd., poi è seguita l'Ultrafin International Corp. di New York. Quindi la penetrazione in Sudamerica: a Lima il Banco Ambrosiano Andino, a San Paolo del Brasile l'Ambrosiano Representaçao y Servicios, poi l’Ambrosiano Group Banco Commercial di Managua, l'Ambrosiano Group Promotion, Consulting Representative and Trading Co. nel paradiso fiscale di Panama e infine, l'Ambrosiano Group (Middle East) Ltd. di Nassau,...» cui vanno aggiunti il Grupo Ambrosiano Promociones y Servicios e il Banco Ambrosiano de America del Sur di Buenos Aires, in Argentina. «Lo sviluppo del Banco Ambrosiano in Sudamerica» proseguono Sisti e Modolo, è «anomalo per dimensioni... non obbedisce a scelte economiche vantaggiose...». Siamo arrivati al punto. Nella storia del banchiere Calvi, la vera domanda che esige una risposta è innahzittutto questa: quale è stato il motivo per cui il banchiere ha fatto investimenti che «non obbediscono a scelte economiche vantaggiose?».

Già il 30 maggio 1981 la Banca d’Italia aveva mandato una cortese lettera a Roberto Calvi pregandolo di far sapere a chi erano stati concessi i prestiti rilasciati dal Banco Andino del Perù, dall'Ambrosiano Group Banco Commercial del Nicaragua e dal Banco Ambrosiano Overseas di Nassau.
La Banca d’Italia esprimeva la curiosità di sapere dov'erano finiti 1 miliardo e 400 milioni di dollari, circa mila e 200 miliardi del momento.
I cronisti riferiscono che quando viene interrogato "il presidente dell'Ambrosiano non vuole rispondere, si appella alla legislazione internazionale, in particolare a quella svizzera e a quella delle Bahamas, dove vige un rigoroso segreto bancario. Gli uomini di Bankitalia insistono obiettando che i dati di cui entreranno eventualmente in possesso saranno scrupolosamente mantenuti segreti. Più Calvi insiste nei suoi dinieghi, più aumentano i sospetti...».

Ecco il “mistero”: in America latina il banchiere Calvi assolve il compito per cui è stato creato. In America latina il vero banchiere non è Calvi, è la P2.

da Maquis, maggio 1986 Pap

a

Su questo numero della rivista l'analisi prosegue esaminando dettagliatamente gli affari della P2 in America Latina