Servizi segreti italiani

1890 - 1925 Ufficio I Ufficio Informazioni Militari
1919 - 1974 Divisione Affari Generali e Riservati della Direzione generale della Pubblica Sicurezza
1925 - 1945 SIM Servizio Informazioni Militare
1943 - 199? Noto Servizio o Anello (SIM)
1946 - 1949 Ufficio I dello Stato Maggiore della Difesa
1949 - 1966 SIFAR Servizio Informazioni Forze Armate
1966 - 1977 SID Servizio Informazioni Difesa
1977 - 2007 SISMI Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare
1977 - 2007 SISDE Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica
2007 -          AISE Agenzia Informazioni e Sicurezza Estera
2007 -          AISI Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna

 

Questa suddivisione è in realtà approssimativa, perché accanto (o dentro) ai servizi "ufficiali" hanno sempre operato strutture più o meno clandestine, o comunque mantenute riservate, per compiti e operazioni talmente illegali che... Talvolta questi reparti erano più importanti del servizio stesso.

 

Ufficio I Ufficio Informazioni Militari: 1890 - 1925

Le prime strutture dell'intelligence del Regno di Sardegna e poi d'Italia, approssimative e non coordinate tra loro, vengono unificate in un organismo di polizia politica e controspionaggio, che assunse particolare importanza con lo scoppio della 1a guerra mondiale.

Divisione Affari Generali e Riservati: 1919 - 1974

Frutto della riorganizzazione delle prime strutture civili di sorveglianza politica e controspionaggio, sarà poi subordinata al principale strumento di polizia politica, di grandissima efficienza, l'OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo). Dopo il 1945 assunse un ruolo essenziale rispetto alla politica di contrasto ai comunisti (strategia della tensione). L'Ufficio, dal 1971 diretto con notevole abilità da F. U. D'Amato, fu sciolto dopo la strage di Brescia.

SIM Servizio Informazioni Militare: 1925 - 1945

Il servizio unificò gli organismi informativi delle varie forze armate, con compiti di spionagggio militare e controspionaggio. Le funzioni di polizia politica, però, vennero affidate a un corpo specifico, l'OVRA. Con la guerra civile spagnola e negli anni successivi le due strutture dovettero coordinarsi per contrastare l'antifascismo, ma prevalente fu la funzione dell'OVRA. Durante il conflitto mondiale il SIM operò con abilità ed efficienza, conseguendo importanti risultati, come ad esempio, nel 1941, il furto dei codici segreti americani. Significativo il fatto che il servizio fornisse ai vertici del regime fascista informazioni precise e aggiornate, non semplici "veline"; da notare che i rapporti con la controparte tedesca, l'Abwehr, non furono molto collaborativi.
Dopo l'8 settembre 1943, in base alla nuova situazione geopolitica, il SIM fu ovviamente ristrutturato, sotto la supervisione dei servizi britannici (SOE, Speciale Operations Executive, e SIS, Secret Intelligence Service) e statunitensi (OSS, Office of Strategic Services, che diverrà CIA nel 1947). Fu anche creata anche l'ORI, Organizzazione Resistenza Italiana, per le esigenze della guerriglia partigiana (privilegiando i rapporti con le formazioni anticomuniste), ma tra i due organismi la reciproca diffidenza prevalse sulla collaborazione.
Anche la Repubblica Sociale si dotò di un servizio segreto, peraltro abbastanza inefficace, il Servizio Informazioni Difesa (omonimo del futuro SID).

Noto Servizio o Anello: 1943 - 199?

Struttura interna al SIM, ma segreta e parallela, scoperta solo nel 1996, in funzione strettamente anticomunista, e diretta inizialmente dal famigerato gen. Roatta. Disponendo di un numero limitato di agenti, sovente utilizzava elementi del neofascismo e della mafia. Divenne una sorta di anello di congiunzione fra servizi, ambienti politici e grandi imprese, e prese parte a operazioni segrete particolarmente delicate (caso Moro, rapimento Cirillo, fuga di Kappler). Pare che dal 1965 l'Anello facesse capo politicamente ad Andreotti (in una intervista del 2011 Gelli dichiarò: "Io avevo la P2, Cossiga la Gladio e Andreotti l'Anello.").

SIFAR Servizio Informazioni Forze Armate: 1949 - 1966

Sempre sotto la supervisione dei servizi britannici e statunitensi, nell'immediato dopoguerra venne rivista tutta la situazione, e, oltre a specifici reparti nell'ambito di ciascuna forza armata (SIOS, Servizio Informazioni operative e Situazione), fu costituita un'unica struttura dipendente dallo Stato Maggiore della Difesa, il SIFAR, per lo spionaggio ed il controspionaggio.
In realtà questo servizio segreto operò anche come vera e propria polizia politica, e, diretto dal gen. Giovanni De Lorenze dal 1962, intraprese un capillare lavoro di schedatura (circa 150.000 fascicoli) di politici, dirigenti sindacali, membri delle varie organizzazioni di sinistra. De Lorenzo riteneva che il compito prioritario dei servizio fosse contrastare i comunisti, o comunque qualsivoglia svolta a sinistra nel governo del Paese, e a tal fine preparò - di concerto con il Presidente della Repubblica Mario Segni - il cosiddetto Piano Solo, cioè l'intervento dei militari, e all'inizio solo dei Carabinieri, per occupare i centri istituzionali e di comunicazione ed arrestare migliaia di uomini delle sinistre.
Questo disegno, e lo scandalo scoppiato dopo la scoperta delle schedatue illegali, portò allo scioglimento del servizio nel 1966.

SID Servizio Informazioni Difesa: 1966 - 1977

Il servizio aveva un diverso nome e nuovi dirigenti, ma in realtà il suo funzionamento, tecnico e politico, non si discostava dal predecessore, e, anzi, si accentuarono gli elementi di illegalità e numerose furono le azioni legate alla strategia della tensione: copertura delle responsabilità negli attentati, depistaggi, infiltrazione politica, rapporti con la mafia e la P2, assistenza logistica in vari complotti, ecc.. I massimi dirigenti del SID furono indagati dalla magistratura ed il suo capo, il gen. Miceli, nel 1974 venne arrestato per cospirazione. Il servizio fu quindi sciolto ed il settore venne completamente riformato, con la creazione di due agenzie separate, per lo spionaggio esterno e per il controspionaggio.

SISMI Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Militare: 1977 - 2007

Anche in questo caso, però, la riforma fu più di natura tecnica e organizzativa, mentre rimanevano intatti i tanti lati oscuri e anticostituzionali del servizio, tant'è che nel 1981 il suo capo, il gen. Santovito, risultò iscritto alla P2, al pari di quasi tutti i dirigenti dei servizi e di numerosi generali. All'interno del servizio fu creata una struttura supersegreta agli ordini del direttore, il SUPERSISMI, per i compiti più delicati.

SISDE Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica: 1977 - 200ì

Per la prima volta viene creato un servizio, di controspionaggio, di natura civile, dipendente dal Ministero dell'Interno e non dallo Stato Maggiore: la presenza di due servizi distinti avrebbe dovuto garantire un maggior controllo (da parte di un Comitato governativo di coordinamento) e impedire le deviazioni, ma anche in questo caso... I vertici del servizio risultarono anch'essi affiliati alla P2. E nel 2007 ancora una volta cambia tutto.


AISE Agenzia Informazioni e Sicurezza Estera: 2007 -

AISI Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna: 2007 -


Sull'attuale situazione un tot di rassicuranti informazioni sul sito del  Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e qui un quadro riassuntivo

 


Il 19 ottobre 1984 le manette scattavano ai polsi del generale Pietro Musumeci, ex-capo dell’Ufficio controllo e sicurezza del SISMI, dei colonnelli Giuseppe Belmonte e Secondo D’Eliseo e del capitano Valentino Artinghelli, tutti funzionari o ex-funzionari del SISMI.
Le accuse, gravissime, erano di associazione a delinquere, peculato, favoreggiamento personale, interesse privato in atti d’ufficio e detenzione di armi ed esplosivi.

Si apriva così un’altra delle pagine sconvolgenti sulle attività dei nostri servizi segreti. Divenivano atti giudiziari tutte le accuse comparse sulla stampa circa gravi depistaggi operati dal SISMI a danno dei giudici che indagavano sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, e altre vicende che avevano avuto come protagonisti uomini del servizio segreto insieme con esponenti dell’alta criminalità.
L’iter giudiziario ebbe uno sviluppo insolitamente rapido per i tempi usualmente molto lenti della giustizia italiana. L’istruttoria si concluse nel giro di pochi mesi e il 12 giugno 1985 si svolse la prima udienza del processo in corte d'Assise. Il 29 luglio succesivo fu emessa la sentenza. Un verdetto che tracciava un quadro completo di tutte le operazioni illegali condotte dagli imputati e che sembrava pienamente coerente con i dati acquisiti, ma che fu poi in parte riformato in appello. Nella sentenza i giudici cercavano anzitutto di definire esattamente i lineamenti del gruppo di potere ed affermavano: “Si è parlato al riguardo di una “struttura parallela deviata”, da intendersi come uno spezzone dell’organismo di sicurezza che si muoveva degradandolo ed alterandone la funzione. La definizione è esatta, anche se più compiutamente, con riferimento a ciò che accadeva dentro e fuori il SISMI, sarebbe meglio dire che si era formato un centro di potere arbitrario ed occulto, comprendente più persone, alcune organicamente inserite nel Servizio ed altre esterne ad esso, ma tra loro unite dall’intesa programmatica di abusare del servizio stesso per conseguire finalità proprie ed incompatibili con quelle istituzionali”.
I giudici evidenziavano poi come l’eccezionale ampiezza dei poteri attribuiti ai servizi presupponga l’assoluta fedeltà alla Repubblica delle persone chiamate ad esercitare questi poteri. L’esatto contrario di quel che era accaduto nel periodo 1978-81. Si era giunti, ad esempio, a consentire l’uso degli aerei del servizio al pregiudicato Domenico Balducci, che fu anche “assistito” da agenti del SISMI - secondo quanto affermato dal pubblico ministero - in occasione del transito attraverso gli uffici di frontiera degli aeroporti di Roma. L’assistenza di fatto significava l’eliminazione di tutte le procedure doganali.

Questo è solo uno degli esempi di commistione tra gli uomini del cosiddetto “SUPERSISMI” e ambienti dell’alta criminalità. Né, d’altro canto, i rapporti con il crimine esaurivano la gamma di attività devianti del gruppo di potere.
Nel giugno 1980, secondo quanto scrive Francesco Pazienza [di fatto il responsabile del SUPERSISMI], confermato dai giudici - alcuni esponenti del partito repubblicano statunitense chiesero al SISMI di aiutarli a rendere pubblici i contatti libici di Billy Carter, il fratello del presidente degli Stati Uniti. Poiché si era in periodo preelettorale (le elezioni per il rinnovo della Presidenza erano fissate in novembre), l’intervento del SISMI avrebbe rappresentato una chiara interferenza negli affari interni di un paese amico, perciò il servizio ufficialmente rifiutò ogni collaborazione. A quel punto Santovito [capo del SISMI dal 1978 al 1981] incaricò Pazienza di condurre a termine l’operazione. A questo scopo fu avvicinato l’avvocato Michele Papa, esponente di un’associazione siciliana che aveva contatti con Gheddafi, e le notizie raccolte furono inviate ad Alexander Haig e a Michael Ledeen, e successivamente riutilizzate in una manovra scandalistica che contribuì alla mancata rielezione di Jimmy Carter e alla nomina di Ronald Reagan alla presidenza degli Stati Uniti. L’operazione fu condotta da Pazienza, ma i supporti tecnici, apparecchi di registrazione, operazioni per la eliminazione dei rumori di fondo, denaro per l’acquisto di foto compromettenti, furono tutti forniti dal SISMI.

L’attività del gruppo di potere era ormai a tal punto illegale che, per ammissione dello stesso colonnella Belmonte - riferita ai giudici dal maresciallo Sanapo - venivano costruite “false informative (ad esempio relative a contatti con libici o con persone che non davano garanzie) a proposito degli altri appartenenti al servizio, in modo da costringere gli accusati in una posizione, di imbarazzo”. La vittima più illustre fu il generale Pasquale Notarnicola, capo della Prima divisione del SISMI: secondo Francesco Pazienza il capo del servizio segreto francese, De Marenches, avrebbe avvertito Santovito nel gennaio 1981 che Notarnicola era in contatto con i servizi segreti libici. Naturalmente non vi era nulla di vero, corno avrebbe poi scoperto il generale Lugaresi, nel frattempo divenuto capo del servizio.

La tecnica di propagare notizie false e poi di raccoglierle in un dossier non fu applicata soltanto nei confronti di ufficiali del servizio. Essa, del resto, non era nuova nella storia dei servizi segreti militari. All’epoca di De Lorenzo, la commissione presieduta dal generale Beolchini aveva accertato che veniva svolto proprio questo tipo di attività.
Ora emergeva che il gruppo di potere aveva inventato un presunto tentativo di golpe che sarebbe stato preparato dal generale Ferrara, consigliere militare del presidente della repubblica Pertini, con la complicità del generale Lugaresi, all’epoca non ancora capo del SISMI.
Il 25 luglio 1985, come abbiamo detto, la quinta corte d’Assise di Roma riconosceva gli imputati responsabili di tutte le accuse formulate e li condannava a varie pene, anche detentive. Successivamente, il 14 marzo 1986, la seconda corte d'Assise d’appello di Roma assolveva tutti gli imputati dal delitto di associazione per delinquere per insussistenza del fatto e li condannava per peculato e altri reati minori. Era una sentenza che faceva discutere. Pur concordando con i giudici del primo grado nella valutazione dei fatti specifici, i magistrati d’appello negavano l’esistenza di strutture separate giuridicamente rilevanti e riconducevano tutta l’attività del gruppo di imputati a motivazioni di personale e illecito interesse economico.
All’indomani della sentenza d’appello, il comitato parlamentare sui servizi d’informazione e sicurezza prendeva posizione pubblicamente puntualizzando che tale sentenza non modificava le proprie valutazioni politiche e confermando che all’interno del servizio si erano verificate gravi deviazioni e degenerazioni che non erano state commesse solo per realizzare peculato, ma avevano gravemente danneggiato la prevenzione degli atti di terrorismo contro l’ordinamento costituzionale, il funzionamento della giustizia e le stesse possibilità di accertamento delle responsabilità.

A questo punto possiamo tentare un’analisi delle variazioni intervenute negli anni nelle strutture occulte e parallele dei servizi segreti.

• L’operato del gruppo di potere costituitosi all’interno del SISMI tra il 1978 e il 1981 con a capo Santovito e Musumeci si differenzia da altri precedenti episodi di cosiddetta “deviazione” dei servizi segreti per la molteplicità di attività esplicate.
Nel 1962-64 il generale De Lorenzo e il SIFAR predisposero principalmente un’attività di schedatura dei cittadini e di preparazione di un possibile colpo di Stato; negli anni settanta i dirigenti del SID esplicarono soprattutto azioni volte a proteggere eversori di destra e sospetti autori di stragi. Gli ufficiali del SISMI che ne costituirono le strutture occulte nel 1978-81 spaziarono dalla trattativa trilaterale con BR e camorra per la liberazione di Cirillo al depistaggi .dei giudici impegnati nelle indagini sulla strage del 2 agosto, dalla cosiddetta “operazione Billygate” al peculato, dalle macchinazioni nei confronti dei collaboratori del capo dello Stato alla diffusione di notizie calunniose attraverso la stampa da loro stessi finanziata.
A somiglianza della P2 - della quale la struttura era peraltro un'articolazione - il SUPERSISMI svolgeva insomma un amplissimo ventaglio di attività, tutte direttamente o indirettamente finalizzate a intervenire nella sfera politica, il che era con tutta evidenza incompatibile con le finalità d’istituto.
D’altro canto ciò è comprensibile: di fronte a un paese che è andato crescendo e la cui realtà si è fatta sempre più complessa, anche le strutture occulte si sono dovute adeguare. Se venti anni prima l’arma per mantenere la situazione sotto controllo era stata la schedatura dei cittadini (con riserva di attuare un colpo di Stato nel caso se ne fosse ravvisata la necessità), negli anni ottanta una struttura che volesse realmente controllare un paese, doveva interessarsi di vari settori nevralgici, ed entrare in contatto con ambienti diversi, primi fra tutti quello della finanza internazionale e della grande criminalità. Anche se, nel caso delle illegalità attribuite a precedenti dirigenti dei servizi segreti, è lecito sospettare che sia stata portata alla luce solo una minima parte dell’attività stessa.
È infatti credibile che quando un gruppo di potere si pone su un piano di illegalità non limiti le proprie “deviazioni” a quelle programmate per il raggiungimento degli scopi prefissati, ma presumibilmente operi, o lasci operare, in maniera spregiudicata in ogni campo.

grazie a: G. Cipriani, G. De Lutiis, A. Giannuli, Servizi segreti, Avvenimenti, n. 21, 1993

 

Curiosamente in rete si trova molto poco in termini di video sul SUPERSISMI, a parte le balle che racconta il suo capo, Francesco Pazienza.

 





Milena Gabanelli

Intervista a Francesco Pazienza sul SUPERSISMI


 

"Io, Gelli (P2) e la strage di Bologna", le verità della super-spia Francesco Pazienza

 

"Che fine ha fatto?" mi chiedo guardando la foto su un catalogo che sto per buttare. Il suo nome era comparso sui giornali nel 1982 con la qualifica di "faccendiere". Le ultime tracce le trovo su internet: uscito dal carcere di Livorno, sta scontando gli ultimi mesi di pena presso la Pubblica Assistenza di Lerici. Francesco Pazienza ha scontato 10 anni per depistaggio alle indagini sulla strage di Bologna, altri 3 per il crac Ambrosiano e associazione a delinquere. Amico di Noriega, frequentatore dei servizi segreti francesi, americani e sudamericani, nel 1980 è a capo del Super SISMI.

BRaccio destro di Licio Gelli, il suo ambiente è il sottobosco di confine fra l'alta finanza e l'alta criminalità, l'alta politica e il Vaticano. Protagonista delle vicende più tragiche della storia italiana degli anni '80, è depositario di informazioni mai rivelate, altre raccontate a modo suo. Laureato in medicina a Taranto, non ha mai indossato un camice. Negli anni '70 vive a Parigi e fa intermediazioni d'affari per il miliardario greco Ghertsos. Poi l'incontro con il capo del SISMI, Santovito. Grandi alberghi, yacht, belle donne, sigari rigorosamente cubani e tagliasigari d'oro... Un'altra epoca. Adesso (2009) ha 62 anni e fuma le Capri, mentre cammina da uomo libero sul lungomare di Lerici.

Cominciamo dall'inizio: come avviene l'incontro con Santovito?
"Me lo presentò l'ingegner Berarducci, oggi segretario generale dell'Eurispes. Santovito era suo zio, e mi chiese di fare il suo consulente internazionale".
 
E perché Santovito le dà questo incarico senza conoscerlo prima?
"Sa, io parlavo diverse lingue e avevo un sacco di relazioni in giro per il mondo. Normalmente non avviene così, ma all'epoca era quasi tutto improntato all'improvvisazione".

E in cambio cosa riceveva?
"Rimborso spese. Siccome non avevo bisogno di soldi, era quello che volevo: se volevo andare a New York in Concorde, andavo in Concorde. Mi sembrava tutto molto avventuroso".

Si dice che lei sia stato determinante nella sconfitta di Carter contro Reagan.
"La storia comincia con Mike Ledeen a Washington, che mi aveva presentato Santovito; lui dirigeva il Washington Quarterly e faceva capo ad una lobby legata ai repubblicani (e alla Cia-ndr). Così gli dico: "Guarda che quando c'è stata la festa per l'anniversario della rivoluzione libica, il fratello di Carter ha fraternizzato con George Habbash", che era il capo del Flp. E a quel punto disse: "Se tu mi dai le prove , noi possiamo fare l'ira di Dio"".

E le prove come se le era procurate?
"Attraverso un giornalista siciliano, Giuseppe Settineri, che io mandai con un microfono addosso ad intervistare l'avvocato Papa, che faceva il lobbista e aveva partecipato alla festa di Gheddafi. Lui raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo. Le foto dei festini me le avevano fornite Michele Papa e Federico Umberto D'Amato, la testa degli affari riservati del Viminale".

Il Viminale ha dunque interferito nelle elezioni di un paese alleato?
"Sissignore, però la débacle ci sarebbe stata ugualmente, ma non in misura così massiccia".

Lei, che non è un militare, diventa capo del Super SISMI. Cos'era?
"Il Super SISMI ero io con un gruppo di persone che gestivo in prima persona".

Marzo 1981, le BR sequestrano l'assessore campano Cirillo. Lei che ruolo ha avuto?
"Un ruolo importante. Fui sollecitato da Piccoli, allora segretario della Dc. Incontrai ad Acerra il numero due della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, Nicola Nuzzo. Mi disse che in dieci giorni Cirillo sarebbe stato liberato, e così è stato".

Chi ha pagato?
"Non i servizi. Il giudice Alemi disse di aver scoperto che furono i costruttori napoletani a tirar fuori un miliardo e mezzo di lire, che finirono alle BR".

Piccoli cosa le ha dato per questa consulenza?
"Niente, assolutamente niente, eravamo amici, non c'era un discorso mercantilistico". (Del miliardo e mezzo, alle BR finiscono 1.450 milioni. Chi ha imbustato i soldi del riscatto sarebbe Pazienza, che, secondo vox populi, avrebbe taglieggiato le BR tenendo per sé 50 milioni).

A gennaio 1981 sul treno Taranto-Milano viene piazzata una valigia con esplosivo della stessa composizione di quello usato nella stazione di Bologna... Ci sono dei documenti intestati a un francese e un tedesco, indicati dai servizi come autori di stragi avvenute a Monaco e Parigi. Si scoprirà poi che si trattava di depistaggio.
"Il depistaggio è stato fatto dal SISMI per non fare emergere la vera verità della bomba di Bologna. Secondo l'allora procuratore Domenico Sica c'era di mezzo la Libia, e coinvolgerla in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l'Eni. Vada negli archivi delle sedute parlamentari: il 4 agosto 1980, Spadolini in persona presentò un'interrogazione parlamentare in cui attribuiva la bomba di Bologna a origini straniere mediorientali".

Ma qual era l'interesse mediorientale?
"L'Italia non poteva sottrarsi agli obblighi Nato, e quindi doveva fare un accordo con Malta, per proteggerla in caso di attacchi del colonnello Gheddafi. L'accordo fu firmato, e Gheddafi fece la ritorsione. Ustica porta la stessa firma. Me lo ha raccontato Domenico Sica. Quando tolgono il segreto di Stato la verità salterà fuori".

Lei è stato condannato a 10 anni per depistaggio, qualche prova a suo carico evidentemente c'era, i servizi segreti li comandava lei.
"Le prove a mio carico erano dovute al fatto che sono stato il braccio destro, mandato dagli americani, per sostituire Licio Gelli alla guida della P2. E siccome Gelli era il motore primo del depistaggio, io che ero il suo braccio destro, automaticamente...".

Quando è scoppiata la bomba a Bologna dov'era?
"A New York".

84 morti e 250 feriti, nel suo paese. Lei è consulente del SISMI, non ha pensato: "Adesso bisogna trovare chi è stato"?
"Io no. Perché non è mio compito. I servizi segreti sono come un'azienda. Giusto? Se tu ti occupi di una cosa, non è che dici "adesso parliamo di Bologna, parliamo di Ustica"...".

1982. Calvi viene impiccato sotto un ponte. Si è parlato di un suo coinvolgimento.
"Sì, e qual era il mio interesse? Io non sono stato mai neanche indagato nell'omicidio Calvi. La sua morte è un mistero anche per me, comunque non si uccide Calvi a livello di Banda della Magliana... E non mi venga a dire che l'MI5 non sapesse che Calvi si trovava a Londra da giorni! I giochi di potere erano molto più grossi. Capisce cosa voglio dire?".

No.
"La morte di Calvi e lo scandalo del Banco Ambrosiano avrebbero imbarazzato pesantemente il Vaticano, che insieme all'Arabia Saudita voleva Gerusalemme città aperta a tutte le religioni, e Israele era contrario. Poi c'era lo scontro politico interno italiano, c'erano i comunisti, che hanno preso una valanga di soldi dal Banco Ambrosiano. Non è così semplice dire è A, B o C".

Di chi erano i soldi che andavano verso la Polonia?
"Arrivavano dai conti misti Ior-Banco Ambrosiano. L'organizzatore era Marcinkus d'accordo con papa Wojtila. Sono stato io a mandare 4 milioni di dollari in Polonia".

Ma come ha fatto tecnicamente?
"Vicino a Trieste, abbiamo fatto preparare una Lada col doppio fondo e dentro c'erano 4 milioni di dollari di lingottini d'oro di credito svizzero. Era aprile 1981, un prete polacco venne a ritirare questa Lada e la portò a Danzica. Qual era il discorso? Agli operai in sciopero non potevamo dare gli zloty, né i dollari perché i servizi segreti polacchi se ne sarebbero accorti. Anche perché lei può fare il patriota come vuole, però se a casa ha 4 bambini e non ha come farli mangiare, lo sciopero non lo fa. Giusto?".

Ma lei perché si portava su un aereo dei servizi segreti un ricercato per tentato omicidio, braccio destro di Pippo Calò, capo della banda della Magliana?
"Lei sta parlando di Balducci. Io sapevo che era uno strozzino, ma non è mai salito su un aereo dei servizi. Usava lo pseudonimo di Bergonzoni e una volta lo feci passare a Fiumicino mentre proveniva da Losanna. Era un favore che mi chiese il prefetto Umberto D'Amato, suo amico intimo". (Per questo "favore" Pazienza fu condannato per favoreggiamento e peculato: fu accertato che aveva trasportato, su un aereo dei servizi , il latitante Balducci sotto falso nome).

Nell'84 lei deposita da un notaio un documento intitolato "operazione ossa". "Ossa" starebbe per Onorata Società Sindona Andreotti. Che cos'era?
"All'epoca c'era il pericolo che Sindona potesse inventare dei coinvolgimenti di Andreotti in questioni di crimini organizzati. Bisognava capire cosa volesse fare Sindona per tirarsi fuori dai guai prima di rientrare in Italia quando si trovava nel carcere americano di New York".

Ci siete riusciti?
"Non c'è stato bisogno di fare nessuna misura attiva, ne abbiamo fatta una conoscitiva".

La misura attiva qualcuno l'ha fatta quando è finito nel carcere italiano...
"Qui parliamo del 1986. Nel carcere italiano ha bevuto un caffè di marca Pisciotta...".

Lei in quante carceri ha soggiornato?
"Alessandria, Parma e alla fine a Livorno.Complessivamente ho fatto 12 anni di carcere gratis".

Non si ritiene colpevole di nulla?
"Zero. Le racconto una cosa, 30 marzo 1994: un maggiore della Dia, nome M. cognome M. mi dice: "Lei è un uomo informatissimo, ci deve raccontare di come portava le lettere di Fabiola Moretti (compagna di De Pedis, componente della banda della Magliana, coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi-ndr) al senatore Andreotti, nel suo ufficio privato. Sa, fra poco esce la sentenza di Bologna, e noi la mettiamo a posto". Io gli ho detto: "A me di Andreotti non importa niente. Il problema è che quel che lei mi chiede di ricordare non è vero". Avevo il microfono addosso. Sa qual è la cosa comica? Che molti pensano che io sapessi di questo e di quell'altro e che non ho detto niente perché sono un duro. Non ho detto niente perché non sapevo. Capisce la differenza?".

Quando è uscito dal carcere dove è andato?
"A casa dei miei genitori, comunque non è un problema ricominciare da capo".

Cosa fa ora per sbarcare il lunario?
"Il consulente per transazioni internazionali. Sto trattando un cementificio in Africa".

Come pensa di ricostruirsi una credibilità?
"La storia non è finita, sta cominciando il secondo tempo".

 

Erano 25 anni che volevo incontrare il grande faccendiere. Una curiosità tutta personale, volevo vedere in faccia l'uomo che ha fatto da cerniera in tutti i misteri profondi di questo paese. Ci vuole grandezza anche per essere protagonisti di grandi drammi. Invece si incontrano delle comparse, figure che si dimenticano. Sembrano scelte apposta.

Cosa ricordo io di quel 2 agosto? Ero andata a prenotare delle cuccette. Nell'atrio tanta gente che andava e veniva, in un sabato di ferie, e i ragazzini che fanno sempre un gran casino, fra la biglietteria e il marciapiede del binario 1. L'immagine successiva non ha sonoro: è quella di un luogo irriconoscibile coperto dalla polvere. E poi il bianco di un lenzuolo che attraversa la città, appeso alle porte di un autobus. Per qualche anno, ho avuto paura tutte le volte che andavo in stazione. Da 15 anni prendo un treno tutte le settimane, vado di fretta, e non guardo mai lo squarcio coperto da un vetro, non guardo mai l'orologio fermo alle 10.25. Ogni anno il 2 agosto osservo da lontano la gente che si raduna per commemorare. Qualche volta mi viene da piangere.

Repubblica, 30 gennaio 2009