Zygmunt Bauman

Modus vivendi

Laterza, 2007

Il mondo di Bauman, dove è stato liquidato anche l’uomo

Umberto Galimberti

Da anni Bauman va ripetendo che oggi viviamo in una società liquida, dove le strutture che delimitano lo spazio delle scelte individuali si dissolvono, le istituzioni che garantiscono la continuità delle abitudini e dei comportamenti si scompongono, e le nuove forme sociali e istituzionali che le sostituiscono hanno poco tempo per solidificarsi, per cui non si hanno quadri di riferimento che non siano di breve periodo.

Un secondo fattore di liquidità è costituito dalla separazione tra potere e politica, nel senso che il potere non è più incarnato dallo Stato e dalle sue istituzioni democraticamente elette, ma si è trasferito nei potentati economici che prescindono da qualsiasi legittimazione democratica, per cui quando Marx diceva a suo tempo che i governi erano comitati d’affari al servizio dei potentati economici forse sbagliava solo per difetto. Quando la competizione è tra lo Stato e il mercato, il potere non ha alcun dubbio dove collocarsi.

L’impotenza dello Stato riduce la protezione e l’assicurazione pubblica che lo Stato garantiva e la solidarietà collassa.

Le città, che un tempo erano luoghi di abitazione e di radicamento sono diventate luoghi di scambio e di agglomerati di sconosciuti, senza più quel tessuto sociale che creava quel rapporto fiduciario fra gli abitanti del territorio, i quali, anche se non si conoscevano, sapevano di sottostare a quella legge non scritta che era l’uso e il costume degli abitanti della città. Più che una “struttura” solida, la società è diventata una “rete” dove ci si scambia messaggi funzionali, informazioni utili, senza più uno straccio di autentica comunicazione.

Il pensiero, che è alla base della progettazione e dell’ideazione di lungo periodo, è sostituito da “trovate” di breve periodo, sfruttamenti di “opportunità”, capacità di inserirsi in circostanze opportune favorevoli.

Nulla quindi che dia garanzia di continuità, all’interno della quale, costruire percorsi di formazione, perché nessuna delle esperienze passate sembra rivestire una qualche utilità per percorsi che di volta in volta si improvvisano.

In un contesto del genere quel che si richiede al singolo individuo non è più la “conformità a norme”, peraltro scarse e spesso contraddittorie, ma la “flessibilità” e la prontezza a cambiare tattiche e stili a breve scadenza, salvo poi pagare personalmente il conto delle proprie scelte, che avvengono all’interno di uno scenario le cui coordinate sfuggono, perché trascendono la capacità di comprensione e di azione dei singoli individui.

La diagnosi di Bauman è perfetta, la terapia non è indicata perché, scrive Bauman: “Le risposte sarebbero perentorie, premature e potenzialmente fuorvianti”. Ma forse la società non è tanto liquida come pensa Bauman.

Al contrario a me pare solida, anzi solidissima, dove però la solidità è data non più dal fattore umano, ma dal fattore tecnico.

La tecnica, infatti, oggi non è più un “mezzo” nelle mani dell’uomo, ma, per effetto della sua espansione, è diventata il vero soggetto della storia che ha ridotto l’uomo a semplice funzionario dei suoi apparati, regolati da quegli unici criteri che sono la produttività e l’efficienza. È chiaro a questo punto che il potere non è più una competenza della politica, perché la politica per decidere guarda l’economia, e questa, per decidere guarda le risorse tecnologiche, per cui luogo della decisione finisce con l’essere la tecnica.

La tecnica non conosce il pensiero che “pensa”, ma solo il pensiero che “calcola”, che fa di conto, che tende a ottimizzare l’impiego minimo dei mezzi per il maggior raggiungimento di scopi.

Che cosa sia bello, cosa sia buono, cosa sia vero, cosa sia giusto, oggi non lo sappiamo più, non perché la società è liquida, ma perché il pensiero è stato solidificato e ristretto alla ricognizione e al perseguimento esclusivo dell’”utile”.

Progetti a lunga durata non se ne possono fare, per la semplice ragione che la tecnica conosce solo quel tempo breve che è il recente passato e l’immediato futuro.

Infatti, perché uno scopo non sia un sogno i mezzi devono essere disponibili oggi, e perché un mezzo sia davvero tale è necessario che lo scopo sia a portata di mano, qui nell’immediato.

Nell’età della tecnica i rapporti umani sono diventati rapporti “funzionali”. I biglietti da visita sono buoni indicatori, non perché riportano il nostro nome, ma perché segnalano la nostra funzione. Noi ci incontriamo solo come funzionari di apparati. Anche le colazioni sono diventate “colazioni di lavoro”. Altro che società liquida. Siamo tutti incatenati alle nostre professioni che ci danno identità e socializzazione, anche se gli incontri che ci propiziano più che “sociali” sono “professionali”. E se nell’Ottocento Marx poteva dire che: “L’uomo non aveva nulla da perdere tranne le sue catene”, oggi potremmo dire che “senza queste catene saremmo persi“.

Questa è la situazione. Il libro di Bauman è bellissimo. La condizione umana, dipinta come un inferno, invoca un’utopia che la possa riscattare. Ma tutto ciò non dipende dalla liquidità in cui si sono dissolti i nostri legami sociali, ma dalla rigidità in cui sono stati costretti.

Innanzitutto dall’economia, che ha eretto il denaro a generatore simbolico di tutti i valori, e poi dalla tecnica che ha ridotto gli uomini a semplici funzionari dei suoi apparati, indicando nella macchina il modello da imitare in termini di efficienza e funzionalità, perché la macchina non ha “inconvenienti umani”.



Corrado Augias

Il mondo di Bauman, 'liquido' e durissimo


Zygmunt Bauman si conferma negli anni non solo felicemente prolifico, ma anche molto lucido nelle sue analisi sul tipo di mondo nel quale ci è capitato di vivere. Questo Modus vivendi ha come sottotitolo Inferno e utopia del mondo liquido.

L'idea folgorante del sociologo polacco è stata proprio quella d'individuare nella "liquidità" la nostra caratteristica sociale di fondo. Liquido vuol dire mutevole, per molti aspetti incerto. Ecco perché, spiega nel volume, "le forme sociali non riescono più a conservare a lungo la loro forma, esse si scompongono e si sciolgono più in fretta del tempo necessario a fargliene assumere una". Altra caratteristica importante è la separazione tra potere e politica. Molta parte del potere di agire con efficacia di cui lo Stato moderno disponeva in precedenza, si sta spostando verso lo spazio globale, per sua natura refrattario ai controlli politici. Così "l'assenza di controllo politico trasforma i poteri da poco emancipatisi in una fonte di incertezza profonda". Mentre il mercato s'è fatto globale e procede con regole (e capricci) suoi, la politica è rimasta locale. E quelle "assicurazioni pubbliche" che lo Stato garantiva contro "l'insuccesso o la cattiva sorte individuali" vanno progressivamente riducendosi. La conseguenza è che lo Stato delega ad altri soggetti un volume crescente di funzioni. La progressiva scomparsa del pensiero e dell'azione di lungo periodo riduce la storia politica e le vite degli individui a una serie di progetti a breve termine per cui diventa sempre più difficile combinarli "in sequenze compatibili con i concetti di "sviluppo", "maturazione", "carriera", "progresso"". Alla fine una serie di circostanze così volatili va a pesare sulle spalle degli individui, da cui "ci si aspettano ora "scelte libere" e la capacità di sopportare le conseguenze di tali scelte". Un altro libro appena uscito ci aiuta a capire la figura dello stesso autore: Il pensiero di Zygmunt Bauman di Keith Tester. È una lettura critica che ricostruisce il pensiero e la biografia del grande sociologo, dalla Polonia socialista degli anni Cinquanta a oggi. La sua eccentricità rispetto alla sociologia accademica, la sua preoccupazione costante di mettere l'uomo al centro delle sue analisi.

il Venerdì di Repubblica, 8 giugno 2007

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