IDROGENO? SÌ GRAZIE, MA...

 

SOSTENIBILITA' SOLIDARIETA'
ECONOMIA P A C E
ENERGIE RIFIUTI
INQUINAMENTO O G M
TRASPORTI LIBRI

 

 

 

Luigi Zanotto

Non metto in dubbio che il clima da biculturalismo degli anni cinquanta della mia infanzia non sia ancora terminato, e quindi, al fine di contribuire al suo superamento, invito chi parla di energia a documentarsi adeguatamente, in vista del possibile incontro in lettura con un fisico, come il sottoscritto. Fermo restando che ineccepibile appare l'utilizzo dell'idrogeno come combustibile "pulito" (effettivamente non inquinante e totalmente riciclabile), la domanda che sorge spontanea attiene al modo di produrlo.
La produzione industriale dell'idrogeno avviene per mezzo dell'elettrolisi dell'acqua, con un utilizzo di corrente elettrica non indifferente. Le quantità di idrogeno necessarie alla produzione energetica non sono irrilevanti, e, di conseguenza, non lo è l'utilizzo di corrente elettrica per produrlo. La domanda, quindi, si traduce in questi termini: "Come produciamo tanta corrente elettrica senza inquinare?"
Se è vero che il sole potrebbe risolvere il problema, è anche vero che pare poco proponibile la costruzione di qualche maxi centrale solare in qualche zona desertica, inevitabilmente soggetta a domini territoriali e boccone troppo ambito per tutti e difficilmente condivisibile. Una centrale solare efficiente non si può costruire ovunque, e le piccole centraline fotovoltaiche sono ancora ben lungi dall'essere la soluzione, a causa del rendimento ancora limitato. (È vero che il monopolio del silicio fotovoltaico appartiene alla Exxon?).
Lasciando perdere le utopie come le centrali eoliche (forse in qualche zona della Slovenia o della Grecia) e le soluzioni ad alto rischio, come le centrali a biogas, che possono essere una valida soluzione a livello di aziende agricole, ma diventano pericolose e di difficile gestione se di grandi dimensioni, lasciando perdere le grosse centrali idroelettriche (Vajont insegna), rimangono le piccole centrali idroelettriche, dal rendimento prossimo al 100% (l'Enel ne mise a suo tempo fuori uso, con tanto di betonata nelle turbine per 25000 Mw), oppure le attuali centrali termoelettriche (tutte inquinanti e con un rendimento non superiore al 40%), oppure le famigerate centrali nucleari.
In attesa della fusione nucleare controllata, che sempre più somiglia ali'avvento del Regno dei Cieli, resta la fissione. [v. sotto]
Una buona costruzione (vedi centrali italiane) può scongiurare incidenti. (Chernobyl, ammesso che di incidente si trattasse, fu un episodio dovuto all'imbecillità umana volta in forma di potere). Inoltre il problema vero, cioè le scorie, può essere almeno in gran parte risolto incrementando le centrali a reattore autofertilizzante, che producono scorie ad alta radioattività, ma a breve emivita.
Non dimentichiamo, infine alcuni particolari, come i seguenti. Una qualunque nave militare di grosse dimensioni o un sottomarino possiedono all'interno un reattore nucleare come quello di una centrale, solo più piccolo, e sono bersagli dichiarati; se non corriamo rapidamente ai ripari, gli elettrodotti dovranno essere aumentati, potenziando gli impianti nucleari dei nostri fornitori (loro lo hanno capito quali sono le fonti realistiche e quali i sogni), che non sempre possiedono la nostra tecnologia in merito; centrali nucleari, non necessariamente ben costruite, sono a pochi chilometri da noi, oltre confine, e le radiazioni e le ceneri radioattive non si preoccupano dei passaporti.
A livello internazionale c'è stato un ripensamento e un'autocritica da parte degli antinuclearisti, consci del fatto che petrolio e carbone restano le uniche realtà applicabili su larga scala. Non dimentichiamo che i paesi in via di sviluppo non si curano minimamente dell'inquinamento e che la loro dissipazione di energia rischia di diventare di gran lunga la più importante, anche per gli insediamenti industriali di chi, in casa sua, si preoccupa del rispetto dell'ambiente.
Forse consolerà sapere che, alla fine degli anni '60 il Cervello elettronico (così allora si chiamava) del M.I.T., interrogato sulla risolubilità del problema ecologico, in pieno Massachussets, rispose "Non è possibile in un sistema capitalistico".

FISSIONE NUCLEARE: divisione di un nucleo atomico pesante in due parti (o, più raramente, tre), approssimativamente uguali fra loro. Può awenire spontaneamente o a causa del bombardamento di neutroni (è il caso più diffuso), particelle cariche, raggi gamma (fissione nucleare indotta).
Il processo di fissione nucleare genera un'enorme quantità di energia; nelle centrali nucleari questo avviene in modo controllato e il calore prodotto dalla reazione viene trasformato in energia elettrica: da 1 g di uranio-235 (il combustibile nucleare più importante) si ottengono circa 80 miliardi di joule di energia (circa 20 milioni di kilocalorie), equivalenti alla combustione di ca 3 t di antracite.
La reazione di fissione
La fissione nucleare può avvenire in nuclei con numero di massa superiore a 100 (il numero di massa indica il numero totale di neutroni e protoni contenuti nel nucleo), ma è molto più probabile in nuclei con numero di massa pari a ca 230: nelle centrali nucleari si utilizzano due isotopi diversi dell'uranio, uno con un numero di massa pari a 238 e l'altro pari a 235 (è questo il nucleo che più facilmente subisce il processo di fissione). Nella fissione nucleare indotta, il neutrone che incide sul nucleo e ne viene assorbito cede la propria energia al nucleo stesso, aumentando l'energia interna dei suoi componenti (protoni e neutroni); il nucleo acquista un'anomala forma allungata.
Questa è una situazione instabile e nel giro di una frazione di secondo (meno di 10-12 s) il nucleo si divide in due emettendo due o tre neutroni. La massa totale dei due nuclei prodotti nella f. n. è inferiore a quella del nucleo di partenza: questo difetto di massa è l'origine dell'energia prodotta nella reazione, perché la massa persa si trasforma in energia secondo l'equazione di Einstein (E = mc2).
Per poter iniziare la reazione di fissione nucleare dell'uranio, il neutrone dev'essere di bassa energia (neutrone lento): per questo vengono usate particolari sostanze dette moderatori che rallentano i neutroni più veloci. In genere si usano come moderatori l'acqua, la grafite, l'acqua pesante (acqua in cui gli atomi di idrogeno sono sostituiti con atomi di deuterio).
La reazione a catena
I neutroni emessi durante la fissione nucleare possono a loro volta incidere su altri nuclei e produrre altre reazioni di fissione: in questo modo si ottiene una reazione a catena. Nel caso in cui la reazione si sviluppi in modo incontrollato, la produzione di energia è esplosiva, come avviene nelle bombe atomiche. Nelle centrali nucleari si utilizzano sostanze particolari che assorbono i neutroni in eccesso permettendo così che la reazione proceda a tasso costante. In qualche caso i neutroni emessi non provocano la fissione nucleare in altri nuclei ma una diversa reazione nucleare, per es. quella che a partire da un nucleo di uranio-238 genera un nucleo di plutonio, radioattivo ed estremamente pericoloso.

FUSIONE NUCLEARE: processo in cui nuclei di basso numero atomico (per es., idrogeno, 1 1 H, cioè con numero atomico 1) si uniscono e formano un nucleo di numero atomico superiore (per es., elio, 2 4 He, numero atomico 4).
La fusione nucleare libera enormi quantità di energia perché la massa del nucleo risultante è minore della somma delle masse dei nuclei iniziali: la differenza di massa si trasforma in energia secondo l'equazione di Einstein E = mc2 .
Reazioni di fusione nucleare avvengono spontaneamente al centro delle stelle, cui forniscono tutta l'energia. Finora, sulla Terra, si è riusciti a innescare la reazione in modo incontrollato e quindi esplosivo (bombe H), oppure per brevissimi istanti in particolari reattori sperimentali. Si pensa che nel futuro la fusione nucleare controllata possa generare energia in grande quantità e con impatto ambientale entro limiti accettabili.

Le reazioni di fusione nucleare

Perché avvenga la fusione nucleare, i nuclei devono avvicinarsi fra loro vincendo la forza di repulsione elettrostatica dovuta alla loro carica positiva: normalmente questo è possibile solo in gas a temperature di milioni o decine di milioni di gradi, in cui i nuclei si muovono ad altissima velocità a causa del violento moto di agitazione termica. In queste condizioni le particelle sono ionizzate (cioè elettricamente cariche perche gli atomi hanno perso completamente o in parte gli elettroni) e il gas viene detto Q/asma. Quando i nuclei sono molto vicini fra loro, la forza forte (una delle quattro forze fondamentali della natura) predomina sulla forza elettrostatica e, poiché è attrattiva, i nuclei si uniscono. Nelle reazioni più comuni all'interno delle stelle, quattro nuclei di idrogeno (cioè quattro protoni) formano un nucleo di elio (composto da due protoni e due neutroni) secondo due diverse serie di reazioni, che dipendono dalla temperatura: in una, i quattro nuclei si uniscono direttamente, anche se in momenti successivi; nell'altra, partecipa alla reazione anche un nucleo di carbonio che torna libero alla fine della reazione stessa.
Negli esperimenti di fusione nucleare controllata non si utilizzano i nuclei di idrogeno ma quelli dei suoi isotopi: deuterio (formato da un protone e un neutrone e indicato come 21H) e trizio (un protone e due neutroni 31H).

I reattori per la fusione nucleare controllata
Devono essere in grado di trattenere (confinare) il plasma e di riscaldarlo fino alle temperature di decine di milioni di gradi necessarie per iniziare una reazione che si autosostenga. Nessun materiale resiste a temperature così alte e quasi tutti i tipf di reattore utilizzano un campo magnetico per confinare il plasma: dato che le sue particelle sono elettricamente cariche, risentono della forza di Lorentz che curva le loro traiettorie e le mantiene entro uno spazio determinato (nel tipo di reattore chiamato tokamak, il plasma rimane all'interno di un toro, cioè entro una sorta di ciambella). Il riscaldamento del plasma avviene facendolo attraversare da una corrente estremamente intensa oppure bombardandolo con fasci laser di potenza. In alcuni tipi di reattori, per iniziare la reazione si bombarda una pastiglia solida di deuterio e trizio.


Fusione nucleare: l’alternativa troppo a lungo rimandata

Una tecnologia che offre vantaggi illimitati, presenta una sfida tecnologica non indifferente e richiede soprattutto una nuova volontà politica.

La fusione nucleare presenta concrete prospettive per la risoluzione dei principali problemi energetici dell’economia mondiale, consentendole di entrare in una fase di rapida espansione.
All’inizio degli anni Settanta gli esperti del settore nucleare ritenevano molto ragionevolmente che nel giro di uno o massimo due decenni la fusione termonucleare avrebbe provveduto ovunque al fabbisogno di potenza elettrica e sarebbe stata ampiamente utilizzata anche nelle applicazioni industriali dirette. L’energia di fissione era considerata di conseguenza una soluzione transitoria, non tanto per i presunti rischi, quanto per i costi derivanti dalla sicurezza e dallo stoccaggio delle scorie.
Il vero nucleare sarebbe dovuto essere la fusione, perché i grandi vantaggi tecnici ed economici che presenta sono evidenti.
A quell’epoca Lyndon LaRouche costituì la Fondazione per l’Energia di Fusione, a cui aderirono ricercatori famosi, allo scopo di promuovere gli spunti più originali ed innovativi della ricerca ed in particolare favorire una fruttuosa coordinazione tra i diversi approcci, dato che alcuni dei problemi affrontati rappresentano una vera e propria sfida alle concezioni vigenti della fisica.

Mentre LaRouche proponeva di bruciare le tappe con un “programma d’urto”, la generale tendenza al post-industriale dell’ultimo trentennio ha decretato una costante riduzione dei fondi alla ricerca, relegando la fusione tra le curiosità delle fonti di energia alternative come l’eolica e la solare.

I vantaggi della fusione: 

• È la forma più “concentrata” di energia che si conosca, e per questo motivo prospetta tutta una serie di nuove applicazioni dirette oltre alla produzione di potenza elettrica. (Prima tra tutte la propulsione spaziale).

• È l’energia più pulita che si conosca, non avendo scorie radioattive né dispersione termica apprezzabile

• È l’energia più sicura, in quanto ogni interferenza nel processo di fusione conduce inevitabilmente allo spegnimento della reazione

• Come tecnologia matura sarà realizzabile quasi ovunque giacché non dipende dalla disponibilità di materie prime: il suo “carburante” si estrae dall’acqua.

Come mostra lo schema, si tratta di costringere due atomi a fondersi l’uno con l’altro. La reazione produce un nuovo atomo più pesante di elio, l’emissione di una particella e lo sprigionamento di molta energia.

Affinché tale reazione possa aver luogo, occorre creare le condizioni in cui si vincono le enormi forze repulsive degli atomi: temperature di diversi milioni di gradi e un particolare stato di “confinamento”. Sono condizioni straordinarie che richiedono mezzi tecnologici qualitativamente nuovi. Le difficoltà principali della fusione si collocano qui, come rendere tecnicamente sfruttabile una reazione controllabilissima. La ricerca e lo sviluppo della fusione è un investimento nel futuro e per quanto i mezzi finanziari richiesti possano apparire ingenti la garanzia di copertura del futuro fabbisogno energetico e le innumerevoli ricadute tecnologiche garantiscono una indubbia economicità dell’impresa.

Storicamente le vie seguite dai ricercatori per creare le condizioni di fusione sono essenzialmente due: “il confinamento magnetico” e il “confinamento inerziale”. In passato sono stati seguiti diversi percorsi d’indagine, che hanno prodotto risultati ed esperienze interessanti, ma il continuo ridimensionamento dei finanziamenti non ha permesso di arrivare a dei veri e propri prototipi dimostrativi.

“Confinamento magnetico”, l’ITER

Oggi la ricerca sulla fusione si concentra essenzialmente su un progetto principale, l’International Thermonuclear Experimental Reactor, ITER, nel quale uniscono gli sforzi l’Unione Europea, il Canada, il Giappone e la Federazione Russa.

Il progetto risale al 1985. Fu presentato nel contesto dell’incontro al vertice tra Reagan e Gorbaciov in cui fu approvata la costruzione del primo reattore a fusione sperimentale secondo una proposta formulata dallo scienziato russo E.P. Velikhov. Successivamente l’Unione Europea, il Giappone ed in Canada furono invitati ad unirsi in questa impresa che raccoglie le esperienze degli scienziati di una quindicina di paesi nel campo dei plasmi ad alta temperatura e nell’ingegneristica dei reattori.

Il primo progetto, che si riproponeva degli obiettivi davvero ambiziosi, fu completato nel 1997 con un preventivo complessivo di 8 miliardi di dollari. Nel clima politico generalmente deciso a ridurre i bilanci per la ricerca la somma fu giudicata eccessiva e già l’anno successivo gli esperti avevano messo a punto un nuovo progetto di massima nel quale, pur rinunciando ad alcuni obiettivi del progetto, si prospettava di mettere a punto un reattore capace di generare centinaia di megawatt di potenza per un certo tempo, riducendo i costi del 40 o 50 per cento.

Il completamento della nuova progettazione ingegneristica esigeva una proroga, e le parti dovevano rinnovare i loro accordi per tre anni, dal 1998 al 2001, per avere il progetto definitivo da sottoporre all’approvazione per la costruzione.

Negli USA però il Ministero dell’Energia non riuscì ad ottenere lo stanziamento aggiuntivo di 12 milioni di dollari necessario per restare nel progetto ITER. Gli stanziamenti previsti si fermavano al 1998, e l’amministrazione Clinton non volle intervenire presso il Congresso affinché approvasse la proroga.

Gli altri partner dell’ITER dovettero quindi completare la progettazione del prototipo senza gli Stati Uniti sui quali però il Giappone ha continuato a fare pressioni affinché rientrino nel progetto.

Il 3 aprile 2001 la Commissione Atomica Giapponese ha approvato un documento ufficiale della Commissione Speciale dell’ITER dello stesso Giappone in cui si afferma: “Allo stato attuale è difficile stimare con precisione i costi complessivi per la realizzazione dell’energia di fusione. E soprattutto è pressoché impossibile stimare i profitti derivanti dalla realizzazione dell’energia di fusione. Si comprende però che l’investimento nello sviluppo dell’energia di fusione è considerato come una polizza assicurativa che garantisce un maggiore grado di libertà all’umanità nel futuro”.

Il 17 luglio 2001 la International Atomic Energy Agency (IAEA) ha ufficialmente sancito il completamento della progettazione dell’ITER in cui vede “una tappa decisiva nella ricerca per la fusione”. L’IAEA ha notato inoltre che l’ITER “sarà in grado di generare 500 megawatt di potenza di fusione per alcune centinaia di secondi”, e che potrebbe “condurre alla costruzione di un impianto dimostrativo per generare grandi quantità di elettricità”.

A questo punto resta solo da decidere, forse entro la fine del 2002, il paese che ospiterà questo reattore, il cui costo è stato stimato dal direttore del progetto Robert Aymar attorno ai 4 miliardi di dollari e la cui costruzione dovrebbe durare quattro anni. 

“Confinamento inerziale”, la macchina-Z

Un metodo alternativo, quello del “confinamento inerziale”, prevede l’innesco di microesplosioni, dello stesso tipo della bomba all’idrogeno, i cui effetti sono contenuti nella camera di reazione. Le microesplosioni sono ripetute in successione, tanto frequentemente da dare un flusso continuo di energia. Il carburante è rappresentato da minuscole pillole, le “pellet”. L’innesco, dovuto ad una forte scarica di energia, deve avvenire tanto rapidamente da provocare le reazioni di fusione nella “pellet” prima che si frantumi in frammenti che volano via per inerzia o che il plasma che si produce possa disperdersi senza dare vita alle reazioni di fusione.

Le condizioni di innesco nella fusione a confinamento inerziale, hanno fatto dei rapidi progressi grazie allo sviluppo dei laser. Inoltre, sul piano politico questo tipo di ricerca gode del favore degli ambienti militari che preferiscono rinunciare ai costosissimi test atomici su scala reale e usare i risultati della ricerca in laboratorio per migliorare questo tipo di arma.

Anche se la parte più importante della ricerca è coperta dal segreto, gli sviluppi del settore sono notevoli. Nel 1978 si calcolava che per l’innesco di una “pellet” grande come un grano di pepe occorresse un laser di 100 Terawatt di potenza (da “somministrare” però solo per una durata inimmaginabilmente breve: 10 nanosecondi). I laser di allora erano ancora lontani da tale potenza. Oggi si calcola invece che la potenza necessaria per l’innesco sia maggiore, 500 Terawatt. Un sistema laser di tale potenza è attualmente in costruzione negli USA presso la National Ignition Facility (NIF).

A ciò si aggiungano i laser di potenza superiore ai 1000 Terawatt, la nuova generazione di laser dell’ultimo decennio. Si tratta dei cosiddetti “Petawatt Laser” (laser nell’ordine del milione di miliardi di watt di potenza). La scarica emessa dai Laser Petawatt è sì potentissima, ma dura solo un centesimo dei 10 Nanosecondi necessari. In ogni caso essi possono essere integrati come “rinforzo” al raggio laser principale ad alta potenza del reattore di fusione.

Una nuova prospettiva, molto promettente, è stata aperta dall’impiego dell’effetto pinch nella fusione a confinamento inerziale. L’idea di fondo è semplice e geniale. Il plasma è composto di particelle cariche negativamente e positivamente ed è quindi possibile farlo attraversare da corrente elettrica. Dato che una corrente elettrica genera un campo magnetico che l’avvolge, il campo magnetico prodotto dal plasma attraversato da corrente avvolge il plasma e lo “strizza”. Questo “strizzamento”, o “pinch”, comporta una maggiore concentrazione del flusso elettrico nel plasma che a sua volta induce un campo magnetico ancora più forte e quindi un “pinch” ancora maggiore, ecc.

All’idea si lavora al “Sandia National Laboratory” negli USA. I ricercatori del centro impiegano un Plasmapinch in una cavità per produrre i raggi X con cui bruciare la pellet. L’energia immessa viene concentrata in energia raggiante, che è almeno tre volte più efficiente dei laser ad alta potenza, un fattore di notevole importanza per le applicazioni economiche del reattore.

Nel laboratorio di Sandia, nel New Mexico, è stata messa a punto una “macchina Z”, capace di generare una scarica che può raggiungere i 20 milioni di Ampere. In tal modo sulla pellet vengono scaricati 290 terawatt di energia. Il pinch che si ottiene con i raggi X si è rivelato particolarmente stabile, tanto che i ricercatori sono convinti che si possa presto raggiungere una scarica della durata di alcuni nanosecondi, quando l’intensità di corrente si porta a 60 milioni di Ampere, ciò che occorre per raggiungere la “ignizione” della Fusione.

All’atto pratico sarebbe già possibile progettare questo esperimento di accensione, il cui costo complessivo è stimato nell’ordine dei 400 milioni di dollari. È meno di quanto possa sembrare: il costo complessivo del salto di generazione dei computer per il fatidico anno 2000 per l’economia americana è stato 250 volte maggiore.

[Solidarietà, anno X n. 2, luglio 2002]