inizio rosso e giallo


Francisco González Ledesma

 

Insieme a Manuel Vazquez Montalbàn è considerato il più importante autore poliziesco spagnolo, ed è certamente uno dei più grandi scrittori europei.
Nato a Barcellona nel 1927, fin da giovanissimo si è dedicato alla letteratura, alternandola alla sua professione di avvocato, ma più volte ha dovuto subire la censura del regime franchista.
Giornalista (è stato redattore capo di La Vanguardia, il più diffuso quotidiano della Catalogna), non è propriamente uno scrittore di genere, dato che ha scritto diverse opere (narrativa e saggistica) slegate dal giallo, e tuttavia il suo ispettore Méndez è diventato il protagonista di una fortunata e originalissima serie poliziesca.
È morto a Barcellona nel 2015.

Méndez, irascibile e beffardo, si è impegnato al massimo a non fare carriera e ama ancora fare servizio in strada e passare le notti nei quartieri malfamati di Barcellona, dove soltanto i cani possono tenergli compagnia. E, anche se ormai è una vecchia carogna, i cani randagi, coi loro occhi umidi e imploranti nella notte, lo commuovono ancora.
A volte Méndez si presenta dicendo "Sono un poliziotto, anche se non dei migliori", e infatti rispettare le consegne dei superiori è uno dei pochi errori che Méndez non compie mai, perché "lui era un cane di strada, e i cani di strada non obbediscono agli ordini" e poi Méndez "amava le strade e tutto ciò che contenevano." "Ma se nei luoghi in cui mangiava Méndez c'era sempre il pericolo di morte per intossicazione, nei luoghi in cui Méndez pensava c'era sempre il pericolo che un'idea, qualsiasi idea, fosse catturata da quei tentacoli che tutti sappiamo esistere nell'aria."
"Il suo mondo si sta spegnendo, Méndez. I vecchi caffè di Barcellona in cui si proclamava la Repubblica e in cui lei vedeva finire le giornate hanno chiuso, molti a causa delle nuove norme igieniche. Il vecchio Raval non è più quello di una volta: hanno aperto un viale, hanno inaugurato negozi di prodotti dietetici, se ne sono andate le maîtresse e sono arrivati i dentisti. Non lo chiamano più nemmeno Barrio Chino. Il fatto è che il paese ha perso la serietà, amico Méndez. Le vecchie puttane che le raccontavano la vita sono morte, sono tornate a casa, si sono sposate in municipio con una collega o sono deputate in Parlamento." Che Gonzàlez Ledesma sia uno scrittore di razza lo si avverte immediatamente: gioca a meraviglia coi suoi personaggi (tra cui, ovviamente, l'amatissima Barcellona), spiazza continuamente il lettore passando dal realismo crudo alle scorribande surreali, è incontenibile - a volte in modo eccessivo, come una paella troppo forte - nelle descrizioni paradossali, nell'ironia candida e spietata, nei dialoghi beffardi e onirici, nel sarcasmo sussurrato,
Col suo grande amico, e compagno di lotta, Vasquez Montalbàn, ha in comune una vita vissuta intensamente, e un distacco profondo e dolente - nell'anima prim'ancora che nella scrittura - nei confronti di un mondo che ha dimenticato troppo in fretta le strade dei nostri padri.
E in Non si deve morire due volte è struggente l'incontro, dopo tanti anni, tra il poliziotto ed il vecchio comunista che Méndez aveva dovuto arrestare, al tempo di Franco, ma che poi in tribunale, mentendo al giudice, aveva aiutato a far (quasi) assolvere.

  • Expediente Barcelona, 1983
  • Le strade dei nostri padri (Las calles de nuestros padres, 1984) Hobby & Work, 2000
  • Cronaca sentimentale in rosso (Crónica sentimental en rojo, 1984) Mondadori, 1992
  • Soldados (Soldados, 1985) Meridiano zero, 2009
  • La Dama del Kashmir (La Dama de Cachemira, 1986) Mondadori, 1991; Giano, 2009
  • Storia di un dio da marciapiede (Historia de Dios en una esquina, 1991) Mondadori, 1993; Giano, 2009
  • Il peccato (El pecado o algo parecido, 2002) Giano, 2012
  • Cinque donne e mezzo (Cinco mujeres y media, 2005) Giunti, 2009
  • Méndez, 2006
  • Mistero di strada (Una novela de barrio, 2007) Giano, 2008
  • Non si deve morire due volte (No hay que morir dos veces, 2009) Giano, 2010

Tra gli altri libri non della serie Méndez, si segnala Soldados (Meridiano zero, 1999), dove si mescolano con intelligenza e crudeltà il noir e il politico: come ha detto egli stesso, "i personaggi di questo romanzo hanno la sensazione di avere un dovere da compiere, e lo compiono fino in fondo. In questo senso sono come dei soldati e Soldados è un romanzo del periodo di transizione: la transizione politica in Spagna è stato il fenomeno più interessante d’Europa, no? È stato una specie di miracolo aver legalizzato il Partito Comunista, aver fermato i militari. E ho l’impressione, quando si legge Soldados che si arrivi a conoscere meglio la Barcellona autentica che non è certo la Barcellona dei giochi olimpici di qualche anno fa: un luogo spietato e sentimentale, tenero e osceno, squisito e orribile. Come tutti i luoghi storici, insomma."

http://gonzalezledesma.blogspot.com/

Ambretta Sampietro

Méndez ed io


Una chiacchierata con Francisco González Ledesma ospite di
Tutti i colori del giallo, la rassegna di Massagno (Svizzera), a un tavolino di Piazza Riforma e passeggiando nel centro storico di Lugano.

Come è nato il poliziotto Ricardo Méndez?

Da giovane lavoravo sia come avvocato difensore sia come giornalista, quindi solo come giornalista perché non potevo sopportare la vita dell’avvocato sempre in mezzo a liti anche se guadagnavo molto bene. Lavorando solo come giornalista lavoravo di meno ma ero più felice. Nell’esercizio di queste professioni ho avuto la possibilità di conoscere quattro poliziotti che mi avevano colpito in modo particolare: grazie a loro è nato Méndez. Uno era campione di tiro con la pistola, guardaspalle del capitano generale ma un giorno si era dimenticato la pistola a casa. Un altro quando arrestava qualcuno nel Barrio Chino allungava la mano con il distintivo gridando “Polizia”. Regolarmente glielo facevano volare via dicendo “quale polizia?”. Il terzo portava sempre una pistola a salve e delle pietre in tasca. Quando inseguiva qualcuno gli gridava l’altolà, sparava a salve e tirava le pietre. L’inseguito credendosi colpito si gettava a terra gridando “mi hai ammazzato”. L’ultimo lo incontrai in Italia, a Taormina ad un congresso sulla mafia. Non aveva la camera e gli offrii di dividere la mia. Non l’avevo ancora vista, c’era un letto matrimoniale. Passammo la notte in bianco a parlare e mi confidò quanto fosse difficile la vita del poliziotto, gli appostamenti e la giustizia non sempre giusta.

E gli altri personaggi?

La maggior parte sono persone che conosco per aver vissuto in un periodo difficile. Sono figlio della guerra civile, ho visto la sofferenza nelle strade di Barcellona, la Barcellona delle strade è la più autentica e tutti i miei personaggi sono veri, presi dalla strada.

C’è qualcosa di lei nei suoi libri?
Ho vissuto diverse vite, dalle varie fasi della mia vita ho assorbito dalle persone che ho incontrato e ho dato loro qualcosa di me. Ho anche conosciuto diversi aspetti e quartieri di Barcellona.

Come sceglie i luoghi dove ambienta i suoi libri?

La città di Barcellona è un vero e proprio personaggio delle mie storie, mi piace molto anche Madrid ma, salvo una puntata in Egitto in Un dio da marciapiede, li ambiento principalmente a Barcellona. Mi piace scrivere della mia città che ha sofferto molto durante la guerra cercando di riscattarsi dalla sottomissione difendendo con dignità le sue tradizioni e la sua lingua. Durante la guerra Mussolini ci bombardava quasi ogni giorno dalle basi sull’isola di Maiorca.

E le storie che racconta, sono storie vere affrontate nella sua professione di avvocato e giornalista?

Sono per lo più storie vere o rielaborazioni di storie vere, quelle dei poliziotti, dei delinquenti, delle madri di famiglia, dei bambini poveri e delle donne ingannate.

Pensa che le storie pubblicate in Italia e scritte negli anni novanta siano ancora attuali? Le ha adeguate ai tempi?
Sono sempre attuali, Barcellona non è cambiata, i problemi sono sempre gli stessi. Non ho cambiato niente.

Dove hanno più successo i suoi libri fuori dalla Spagna?
In Francia, dove tutta la mia opera è stata pubblicata principalmente da Gallimard. Tutto quello che scrivo viene immediatamente pubblicato in Francia dove il pubblico è molto attento alle novità librarie, anche quando in Spagna erano proibiti dalla censura.
Mi sento a casa sia in Francia che in Italia perché sono paesi che amo molto e dove i lettori mi seguono con affetto e mi scrivono parecchie lettere.
La biblioteca de la Bòbila, una biblioteca pubblica di Barcellona mi ha dedicato un sito internet [da questo sito è tratta l'intervista] . Mi piace molto il contatto con i lettori, da loro imparo molto.

Come è organizzata ora la sua vita?
La mia vita è sempre stata caotica, avvocato al mattino, giornalista al pomeriggio e scrittore di notte. Dormivo solo quattro ore. Ho lottato e lavorato come un cane, ora vivo più tranquillo. Sono in pensione da 14 anni, il giorno in cui ho lasciato il giornale ho pianto. Ora ho più tempo per leggere, la mia vita è sempre caotica se non ci fosse mia moglie Rosa a organizzarla non so come farei.

Cosa legge Francisco González Ledesma?

Leggo noiosissimi libri di diritto per dovere. Sono consulente giuridico esperto in diritto catalano e svolgo ancora questa attività. La mia educazione letteraria deriva dai grandi classici francesi del diciannovesimo secolo, Alexandre Dumas, Maurice Druon, Jacques D’Ormesson (direttore de Le Figaro che racconta storie molto tenere), ho letto quasi tutta la letteratura gialla nordamericana e sudamericana. Mi piace molto Lajos Zilahy. Ho la casa piena di libri; a un mio amico la moglie chiese “o i libri o me” e lui rispose “i libri”.

Interviene la moglie Rosa: “Io non faccio mai questa domanda…”
Legge scrittori italiani?
Mi è piaciuto molto Alberto Moravia. Ho letto anche Curzio Malaparte. Non sono molti gli scrittori italiani tradotti ed è difficile trovare i libri.

Dedica molto tempo alla scrittura?
Ora ne dedico di più. Quasi tutti i libri pubblicati in Italia sono frutto di ore rubate al sonno. Lo facevo perché scrivere dava un senso alla mia vita, per questo valeva la pena vivere.

Quando uscirà il suo prossimo libro?
In Italia sta per uscire No hay que morir dos veces, è una storia molto dura, non si muore mai finché la gente ci ricorda e si deve fare in modo di non morire dimenticati. In gennaio ho iniziato a scrivere un nuovo libro, ma non mi piaceva perché non mi sembrava sincero e l’ho appena stracciato.

Ha contatti con gli altri scrittori spagnoli di ”novela negra”?
In generale sono tutti miei amici, in particolare quelli di Barcellona. Ci stimiamo tutti reciprocamente, a volte anche con una sana invidia.

Ha vissuto molti periodi storici, il franchismo, la destra di Felipe Gonzales e la sinistra di Zapatero. Quale periodo le è sembrato migliore per la letteratura e in quale vorrebbe vivere?

Non durante il regime franchista: ero bandito dalla censura e non potevo pubblicare. Franco era un dittatore terribile, uccise moltissime persone. Ma non ho mai perso la speranza e ho sempre continuato a lavorare e a scrivere. Mi piace molto questo periodo di democrazia, tra destra e sinistra economicamente la differenza è minima, la si avverte maggiormente nei costumi con la liberalizzazione dell’aborto e del matrimonio omosessuale. Come avvocato la parola “matrimonio” se non è tra un uomo e una donna mi disturba. Avrei preferito “unione”. Ho lottato molto contro Franco insieme a Vasquez Montalbàn, avevamo fondato il sindacato degli scrittori clandestini, ma mi sono reso conto che i politici vogliono solo vivere bene.

Si sente molto la crisi economica in Spagna?
Si, la crisi è tremenda e la soffrono le classi popolari mentre i ricchi continuano a essere ricchi. In Spagna vivevamo al di sopra delle nostre possibilità, ora il governo non ha nessun piano per toglierci dalle difficoltà. Spero che la Spagna abbia abbastanza fortuna per riuscire a uscirne.

Vuole dire grazie a qualcuno?
Si, ero un figlio della guerra, morto di fame e i miei genitori non mi potevano mantenere. Mia zia Victoria, la sorella di mia madre, mi prese con sé, mi allevò e mi fece studiare. Anche altre persone mi hanno aiutato nella vita, ma la lista sarebbe troppo lunga.