I rifiuti solidi urbani



1. I RIFIUTI SOLIDI URBANI



Nel decennio 1995 - 2004 la quantità annua di rifiuti solidi urbani (RSU) in Italia, e quindi proporzionalmente anche nella provincia di Udine, è cresciuta di oltre 5 milioni di tonnellate superando quota 30 milioni. La responsabilità di ciò è da ascriversi alle politiche commerciali più o meno consapevolmente alimentate da comportamenti individuali dei consumatori.
Tra il 1995 ed il 2003 la produzione di rifiuti urbani è passata dai 449 kg/persona l’anno, ai 524 kg/pro capite l’anno, corrispondenti ad una media di 1,4 kg/pro capite/giorno.
In 20 anni il consumo pro capite giornaliero di imballaggi è passato da circa 100 grammi agli attuali 500 e circa la metà di ciò che si acquista diventa rifiuto nel giro di due giorni.
Il settore alimentare utilizza il 60-70% dei circa 15 milioni di tonnellate annue di imballaggi, prodotte per il mercato interno, che finiscono a coprire circa il 40% in peso dei rifiuti ed oltre il 60% in volumi!
Un fenomeno certamente rilevante, ai fini della produzione di rifiuti domestici, è rappresentato dall'esplosione dei consumi di acqua in bottiglia.
In Italia il 70% della popolazione consuma acqua in bottiglia, in quantità di circa 172 litri/anno/persona.
Dei 10 miliardi di litri di acqua imbottigliata all'anno, il 70% circa è in PET ed il rimanente 30% in vetro è destinato soprattutto ad attività di ristorazione.
Oltre agli imballaggi alimentari, ogni anno si consumano circa 400.000 tonnellate di contenitori in plastica per liquidi ad uso casalingo (prodotti cosmetici, prodotti per l'igiene della persona e della casa) che rappresentano il 30-40% del totale degli imballaggi primari.
Nonostante l'entrata in vigore della nuova normativa sui rifiuti abbia portato ad una crescita significativa della raccolta differenziata e del riciclaggio, molte amministrazioni hanno investito soprattutto sui sistemi di smaltimento finale anche in assenza del raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata fissati dalla normativa.
In molte regioni del centro e del meridione il servizio dei rifiuti è sotto commissariamento e in molti casi gli RSU vengono trasferiti da una regione all'altra o inviati all'estero.
La mancanza di una chiara strategia nazionale di pianificazione e controllo delle politiche di gestione del settore ha favorito l'ingresso di associazioni malavitose la cui attività si è progressivamente radicata in molte regioni d'Italia.
D'altro canto, l'equiparazione dell'energia elettrica da incenerimento, a quella prodotta da fonti rinnovabili, ha creato un mercato distorto e distratto circa il 60% della tariffa A3 che gli utenti pagano per lo sviluppo di energie pulite alternative.
Si ritiene piuttosto necessario estendere la tassa sulle discariche anche agli altri impianti di smaltimento finale inclusi quelli con recupero di energia.



2. I CONCETTI ISPIRATORI DELLA POLITICA DELL'UNIONE

I partiti dell'Unione si impegnano a garantire il principio dell'autosufficienza territoriale nella gestione degli RSU ribadendo il principio secondo il quale la soluzione dei problemi deve essere trovata a livello locale, eventualmente attraverso consorzi di comuni.
Per quanto riguarda le politiche di gestione si propone di agire su tre cardini principali:



1. Riduzione a monte del rifiuto urbano e della disomogeneità dei materiali degli imballaggi.
La riduzione a monte della quantità di RSU prodotti è possibile anzitutto favorendo azioni virtuose da parte delle aziende e della piccola e grande distribuzione.
Si prevede l'incentivo nella riduzione della quantità degli imballaggi usati, valutandoli non solo per il loro valore di mercato ma per un più ampio impatto ambientale favorendo l'uso di materiali con le migliori performance in termini complessivi, inclusi i costi energetici di produzjone, riuso, riciclo e smaltimento.
Inoltre verrà data priorità ai progetti che incentivano l'uso di contenitori a rendere, sia per prodotti alimentari (latte, acqua, vino, olio) che per quelli della pulizia della casa.
Impulso deve essere dato all'estensione della vendita sfusa dei prodotti attraverso distributori a spina, mentre devono essere penalizzati prodotti usa e getta.
2. separazione della materia organica dalla filiera degli RSU.
È necessario considerare che la presenza degli scarti alimentari, nei rifiuti di origine domestica rappresenta il problema maggiore dal punto di vista sanitario e più in generale sociale.
È infatti questa frazione che, in condizioni di normale gestione dei rifiuti, determina la produzione di cattivi odori e di liquame di percolazione con possibili rischi sanitari, soprattutto nel periodo estivo.
In fase di smaltimento finale in discarica tal quale, la frazione umida è responsabile della produzione di percolato, che può inquinare le falde, e della produzione di biogas.
Nel caso dell'incenerimento, la sua presenza favorisce la formazione dei microinquinanti più pericolosi come gli organoclorurarti (PCDD/F, PCB, HCB).
La separazione a monte della materia organica in condizioni opportune consente, al contrario, di poterla utilizzare per la produzione di biogas (costituito prevalentemente da metano) che può essere usato per alimentare impianti di cogenerazione o per l'autotrazione.
La frazione in uscita è inoltre utilizzabile come compost da usare in agricoltura, in preferenza nelle aree che sono soggette a desertificazione per perdita di suolo organico.
3. estensione sul territorio nazionale di politiche spinte di raccolta differenziata della frazione secca dei RSU finalizzata al recupero dei materiali prendendo spunto dalle realtà territoriali che si sono organizzate in maniera da ridurre drasticamente la frazione da inviare allo smalti mento finale.
Per quanto concerne la fiscalità del sistema, sia in linea teorica che dall'esperienza pratica si può apprezzare come il passaggio da tassa a tariffa puntuale, dove effettuata, abbia contribuito a ridurre la quantità di rifiuti da smaltire ed abbia nel contempo determinato un incremento notevole della raccolta differenziata di qualità.
A tutt'oggi le interpretazioni sul sistema tariffario non sono omogenee ed in alcuni casi il contributo viene ancora calcolato in maniera induttiva o su parametri che non consentono il raggiungimento degli obiettivi desiderati.
Si ritiene quindi auspicabile una modifica del sistema tariffario che preveda l'applicazione di aliquote di sconti della tassa, sulla base della quantità di materiale inviata al riciclo.



4. LE PROPOSTE DELL'UNIONE



Le forze politiche dell'Unione si impegnano quindi a promuovere:



1. promuovere le modifiche legislative, a livello nazionale, necessarie ad escludere l'incenerimento dei rifiuti dalle fonti di produzione di energia assimilata alle rinnovabili;
2. promuovere, sempre a livello nazionale l’estensione della tassa sulle discariche agli altri impianti di smaltimento finale;
3. attuare la modifica di prelievo fiscale per il sevizio degli RSU che premi effettivamente chi opera la raccolta differenziata domestica.
Ciò è realizzabile stabilendo una tassa massima per persona/anno da cui detrarre la parte di contributi delle filiere di riciclaggio fino ad una quota minima che comprenda i costi fissi medi di gestione dei servizi essenziali;
4. per contenere i prezzi del servizio, sempre a livello nazionale, auspicare una revisione dell'aliquota IVA attualmente al 10%;
5. defiscalizzare i sistemi in grado di garantire la massima qualità e quantità di raccolta differenziata;
6. definire un accordo quadro con i produttori e gli utilizzatori di imballaggi plastici per ridurre il numero dei polimeri dei beni usa e getta al fine di facilitare il recupero  della materia da avviare alla filiera del riciclaggio;
7. incentivare la grande e piccola distribuzione, anche attraverso facilitazioni finanziarie, alla diffusione di beni alla "spina";
8. incentivare il sistema cauzionale per il recupero di imballaggi a perdere;
9. disincentivare l'overpackaging anche attraverso una valutazione del contributo per lo smaltimento che tenga conto del reale impatto ambientale, al fine di favorire i materiali con le migliori performance in termini complessivi, inclusi i costi energetici;
10. promuovere, ancora a livello nazionale, l’incentivazione del mercato di prodotti riciclati, anche attraverso l'applicazione della normativa esistente;
11. favorire le pratiche di raccolta differenziata della materia organica a monte, per garantire alta qualità del prodotto;
12. favorire la produzione di impianti per la produzione di energia elettrica e calore attraverso l'uso di biogas derivante dalla digestione anaerobica della materia organica;
13. incentivare l'uso del biogas prodotto dalla materia organica per l'autotrazione;
14. incentivare, anche attraverso strumenti finanziari, l'uso di compost da RSU in agricoltura;
15. garantire il mantenimento della separazione della filiera degli RSU con quella dei
rifiuti speciali;
16. avviare la raccolta differenziata di nuove tipologie di rifiuti (RAEE e veicoli fuori uso) anche attraverso il sistema consortile sulla scorta del CONAI.



Una nuova politica per la gestione integrata del ciclo dei Rifiuti



Una nuova politica per la gestione integrata del sistema rifiuti deve fondarsi su alcuni concetti di carattere generale che dovranno, prioritariamente, guidare la nostra azione.
È importante aver ben chiaro il concetto essenziale ed innovativo che lo smaltimento è divenuto con il Decreto Ronchi solamente la fase RESIDUALE del sistema di gestione dei Rifiuti.
Dobbiamo focalizzare ed impegnare la nostra azione per ridurre, recuperare, riciclare i rifiuti ed avviare una politica fiscale incentrata sulla Tariffa.
Il privilegio all’opzione del recupero di materia ("riciclaggio" in senso lato) rispetto a quella del recupero energetico, è stato definito dalla normativa Europea di settore sulla base di una serie di considerazioni tecniche:

  • il riciclaggio, necessitando della separazione dei rifiuti alla fonte, coinvolge direttamente gli utilizzatori dei beni e quindi è uno strumento insostituibile di crescita della consapevolezza del problema dello smaltimento dei rifiuti negli stessi consumatori, creando quindi i presupposti per un'azione indotta di prevenzione (minore acquisto di prodotti non riciclabili);
  • in linea di massima il riciclaggio, oltre a permettere un minor consumo di risorse e materie prime, consente un risparmio energetico superiore a quello ottenibile con termodistruzione e relativo recupero di energia; .
  • il riciclaggio consente di ridurre l'impatto ambientale relativo alle emissioni degli impianti di termodistruzione;
  • il sistema del riciclaggio consente di creare una serie di attività ad elevata intensità di manodopera ("Labour intensive"), sia nella fase di raccolta (es. raccolte porta a porta), sia nell'eventuale fase di selezione dei materiali (es. selezione manuale del secco leggero), con benefici occupazionali di interesse non trascurabile.


Uno dei più recenti e importanti studi condotto da AEA Technology per conto della Commissione Europea ("Opzioni nella gestione dei rifiuti e cambiamento cIimatico'), inteso a valutare gli impatti sul cambiamento climatico delle diverse opzioni di gestione dei RSU nell'Unione Europea, ha dato un esito molto importante rispetto al tema del confronto tra le diverse strategie di gestione dei RU.
Il punto forte dello studio è che - appunto - non compara semplicemente le opzioni di gestione per i singoli flussi di rifiuto, ma paragona invece differenti strategie e scenari(es.: raccolta differenziata spinta e compostaggio, rispetto a incenerimento del rifiuto misto, rispetto alla discarica). Il primo punto nel sommario cita: "Lo studio mostra che in generale la strategia raccolta differenziata dei RSU seguita dal riciclaggio (per carta, metalli, tessili e plastica) e il compostaggio/digestione anaerobica (per scarti biodegradabili) produce il minor flusso di gas serra/ in confronto con altre opzioni per il trattamento del rifiuto solido urbano tal quale. Se confrontato allo smaltimento del rifiuto non trattato in discarica, il compostaggio/digestione anaerobica degli scarti putrescibili e il riciclaggio della carta producono la riduzione più elevata del flusso netto di gas serra."
La necessità di recepire gli obiettivi del protocollo di Kyoto per la lotta all'effetto serra e al cambiamento climatico, è diventato un importante punto di vista nella definizione della politica ambientale.
Da questo punto di vista, bisogna sottolineare che la biomassa è stata troppo a lungo considerata esclusivamente come una potenziale risorsa energetica sostitutiva dei combustibili fossili.
Più di recente, invece, una valutazione approfondita su tali temi ha portato ad una valutazione scientificamente più equilibrata in cui, il ruolo della sostanza organica nel suolo viene considerata un fattore di rilievo nella strategia complessiva di lotta al cambiamento climatico.
Quello che scaturisce dalle valutazioni più recenti è che la fertilizzazione organica provoca nel tempo un accumulo di carbonio nel suolo, il che potrebbe fungere da meccanismo per la sottrazione, nel bilancio complessivo, di anidride carbonica all'atmosfera.
Alcuni calcoli hanno giustamente sottolineato il fatto che un aumento dello 0.15% del carbonio organico nei suoli arabili italiani, potrebbe fissare nel suolo la stessa quantità di carbonio che ad oggi è rilasciata in atmosfera per l'uso di combustibili fossili in un anno in Italia.
Sotto il profilo della modellizzazione degli effetti delle pratiche agronomiche, vanno sottolineate alcune recenti ricerche.
Oltre all'effetto diretto sul "sequestro" di carbonio nel suolo, la fertilizzazione organica consente:
- di sostituire almeno parzialmente la concimazione chimica (evitando il consumo di
combustibili fossili per la loro produzione e lo sviluppo di altri gas-serra come l'N20 in conseguenza della loro applicazione)
- di migliorare la lavorabilità del suolo (il che significa risparmiare energia nelle lavorazioni principali e complementari) .
- di migliorare la ritenzione idrica (diminuendo la richiesta di energia per l'irrigazione)
- di diminuire l'erosione e la conseguente mineralizzazione intensiva di sostanza organica negli strati superficiali (che determinerebbe un ulteriore trasferimento di anidride carbonica nell'atmosfera nel bilancio complessivo)
Questo tipo di considerazioni è adottato sempre più di frequente come principio guida per le decisioni politiche in campo ambientale.
Coerentemente con esse, i Gruppi di Lavoro su "Agricoltura" e "Suolo" nell'ECCP (Programma Europeo sul Cambiamento Climatico) hanno raccomandato l'adozione - tra l'altro - di politiche e pratiche intese al recupero del ruolo centrale della fertilizzazione organica dei suoli, incluso il sostegno alle strategie di compostaggio.
La recente Comunicazione della Commissione Europea sulla Strategia per il Suolo, inoltre, focalizza in particolare l'importanza della sostanza organica, oltre che per il sequestro di carbonio nei suoli, anche per la lotta alla desertificazione ed all'erosione, l'aumento della biodiversità e per l'esaltazione del ruolo ambientale dei suoli.
Conseguentemente ai principi in precedenza evidenziati, la gestione dei rifiuti non può più essere concepita senza una differenziazione mirata dei flussi di raccolta (raccolta differenziata e conferimenti separati) e dei flussi di smaltimento.
Non sono più proponibili sistemi organizzativi legati alla raccolta del rifiuto in modo indifferenziato, né sistemi di smaltimento legati a singole tecnologie progettate per il rifiuto tal quale o, peggio, al collocamento in discarica del rifiuto raccolto in modo indifferenziato.

Dalla legge di recepimento delle direttive europee (D. Lgs. 22/97, "Decreto Ronchi"), emerge quindi la necessità di realizzare un sistema integrato di gestione dei rifiuti, definibile come "l'insieme delle attività, delle strutture e degli interventi interconnessi tra loro, atti ad ottimizzare tutte le fasi della gestione dei rifiuti  in modo da ricavarne i migliori risultati sia organizzativi, sia in termini di riutilizzo anche energetico, sia nello smaltimento definitivo, con !'intento di minimizzare l'impatto ambientale, comunque presente nella gestione dei rifiuti'.
In specifico, in un sistema di tipo integrato, non si possono considerare le varie raccolte differenziate come "aggiuntive", cioè sovrapponibili l'una all'altra, ma si deve prevedere un complesso di raccolte in cui ognuna possa trarre il maggior giovamento dall'altra.

In quest'ottica la separazione spinta delle frazioni più pesanti o problematiche (come l'organico) può permettere la "ritaratura" del sistema dell'indifferenziato e semplificare e ottimizzare i trattamenti successivi.
Si pensi ad esempio al maggior potere calorifico del rifiuto indifferenziato se privato dell'organico e alla necessità di pretrattamenti meno spinti.
Il sistema integrato sarà quindi costituito da un approccio integrato tra strategie di raccolta differenziata e modalità di raccolta della frazione residua, nonché dalla disponibilità di una serie di impianti, discariche e strutture di servizio per il trattamento dei rifiuti urbani residui. Per quanto riguarda le opzioni tecnologiche, si fa riferimento al principio della" migliore opzione per l'ambiente tenendo conto dei costi economici e sociali' sancito dal D. Lgs 22/97.
Verifica e monitoraggio dei risultati ottenuti dalle azioni del "Piano di riduzione" nell'ambito degli impegni assunti nel quadro delle procedure avviate dalla Provincia per la definizione della propria Agenda XXI.
Si possono individuare strumenti specifici per influenzare il fenomeno dell'aumento dei rifiuti urbani.
Si tratta di misure in parte dirette e in parte indirette, ma che è necessario pianificare in modo unitario e integrato, per valutare l'adeguatezza dei singoli strumenti e, in secondo luogo, gli effetti complessivi, in modo da poterle aggiornare e adeguare nel tempo e alle situazioni.
La prevenzione della generazione dei rifiuti può essere affrontata ad esempio attraverso misure che incidono direttamente sui prezzi dei servizi e dei processi di gestione dei rifiuti quali la tariffazione puntuale dei servizi di raccolta nei confronti dei cittadini-utenti.
Bisogna quindi individuare le azioni concretamente attivabili dall'Ente Provinciale per incentivare ulteriormente la prevenzione della produzione di rifiuti.
Alcune amministrazioni comunali, provinciali o regionali italiane hanno deciso di puntare ad incentivare la riduzione dei rifiuti prodotti, dandosi come obiettivo l'inversione del trend di crescita dei rifiuti.
Anche partendo dalle diverse esperienze maturate in tutta Italia, si evidenzia come insostituibile il ruolo dell'ente pubblico territoriale nell'influenzare, canalizzare ed organizzare la coscienza ecologica latente in una parte estremamente significativa della popolazione arrivando all'obiettivo di porre le basi a cambiamenti di stili di vita, di consumo e quindi anche a modi di commerciare e produrre.
Le esperienza cui si può fare riferimento sono chiaramente quelle che hanno un respiro locale e che possono essere concretizzati su ambiti territoriali.

Per incidere sull'evoluzione delle quantità e nell'impatto dei rifiuti prodotti, è necessario agire su due livelli:
- sui cittadini, sulle loro abitudini al consumo e sulla loro sensibilità ambientale;
- sui prodotti, sulla loro filiera di consumo, distribuzione e quindi, di conseguenza, produzione.
Le principali azioni che dobbiamo promuovere per la riduzione dei rifiuti si possono ricondurre ai seguenti assi di intervento:
- attivazione di specifiche azioni di prevenzione della formazione dei rifiuti;
- applicazioni di sistemi tariffari che consentano di applicare il principio "chi inquina paga” ­
- adozione di sistemi organizzativi che consentano di meglio controllare i flussi, con particolare riferimento ai rifiuti provenenti dalle utenze non domestiche;
Per la definizione puntuale delle strategie di riduzione le Provincia dovrà organizzare tavoli di concertazione per la riduzione della produzione dei rifiuti che coinvolgerà le amministrazioni comunali e le associazioni di categoria di industriali, artigiani, grande e piccola distribuzione, consumatori, ambientalisti.
In quest'ottica si identifica lo strumento dell'Agenda 21, già avviata a livello provinciale ed in diversi ambiti comunali, per la realizzazione di accordi con il mondo produttivo e per la ricerca della condivisione degli obiettivi e delle strategie operative da parte di tutti gli stakeholder del territorio.

L'applicazione della Tariffa

Il passaggio dalla TARSU alla tariffa per l'igiene urbana è un'occasione peri Comuni per superare un'impostazione della propria contabilità di tipo finanziario (basata cioè sulla logica "entrate-uscite" passando ad una reddituale (basata sulla logica "costi-ricavi), che consente di mettere a punto scelte trasparenti di politica gestionale e tariffaria, in grado di sostenere una gestione integrata del settore, premiando la riduzione ed il recupero dei rifiuti.
In merito alle azioni che riguardano le incentivazioni tariffarie, si ritiene utile approfondire le possibili positive ricadute dell'applicazione puntuale della tariffa.
Con questo termine si fa riferimento a sistemi di rilevazione e quantificazione della produzione dei rifiuti riferiti ad ogni singola utenza (eventualmente aggregata a livello di singolo edificio) e non applicati ad interi quartieri o aggregazioni comunali, tali da poter esercitare un'effettiva azione premiante alla partecipazione ai programmi di riduzione e raccolta differenziata messi in atto dall'Amministrazione Comunale.
Infatti, esaminando vari studi relativi alle problematiche connesse all'attivazione della tariffazione del servizio di raccolta, si è potuto rilevare che il modello organizzativo "integrato" della raccolta differenziata che fa perno sulla domiciliarizzazione e sulla personalizzazione del servizio, è quello che permette più facilmente di raggiungere gli obiettivi fissati dal decreto Ronchi e di incentivare la riduzione della produzione di rifiuti,
poiché consente l'applicazione del principio "chi inquina paga", ossia la correlazione (con tutti gli opportuni meccanismi dl flessibilità e compensazione) tra prezzo del servizio e quantità di rifiuto prodotto.
Si sottolinea, a questo proposito, come la quantificazione dei rifiuti prodotti avvenga preferibilmente anche per ragioni di semplicità operativa, espressa come volume (tariffazione volumetrica del servizio).
Pertanto l'applicazione della tariffazione volumetrica costituisce un fattore di successo delle politiche di riduzione, sia attraverso l'incentivazione verso la pratica del compostaggio domestico degli scarti verdi e della frazione organica, sia grazie ad una maggiore responsabilizzazione dell'utente al momento dell'acquisto, orientando le preferenze verso i beni di consumo che utilizzano imballaggi più contenuti e razionali.
Le effettive possibilità di ridurre il consumo di sovraimballaggi e di imballaggi a perdere sono però legate alla possibilità, da parte dei consumatori, di poter scegliere tra diverse opzioni di consumo (ad esempio vuoto a rendere o a perdere) per poter usufruire dei vantaggi del nuovo sistema di tariffazione (meno rifiuti = minori costi).
Ma in Italia tale possibilità di scelta è ormai quasi del tutto assente e le misure di corresponsabilizzazione delle imprese produttrici di imballaggi per il supporto economico ai Comuni per la raccolta differenziata degli imballaggi (introdotte dal D. Lgs. 22/97) non hanno però incentivato delle reali innovazioni che puntassero alla riduzione quantitativa della produzione di imballaggi.
In altri paesi viceversa (soprattutto in Germania ed Austria ma in generale nel nord­Europa) si è invece assistito ad un profondo processo di innovazione economica ed organizzativa presso la grande distribuzione organizzata (GDO) indotti da norme più efficaci in materia di imballaggi.
Non a caso in Italia le uniche eccezioni sono rappresentate dalle aree del paese dove è già stata adottata la tariffazione volumetrica della produzione dei rifiuti per ogni singolo condominio. In queste zone la grande distribuzione ha rapidamente assunto l'esigenza di riprogettare la filiera degli imballaggi per rispondere alle nuove esigenze manifestate dai cittadini-consumatori.
Infatti la tariffazione dei servizi è lo strumento più potente che si può attualmente applicare in Italia per creare un circuito virtuoso che premia i cittadini che orientano le proprie scelte di consumo verso prodotti che consentono di diminuire la produzione di rifiuti (in particolare di imballaggi superflui).
Infatti la grande distribuzione è da sempre assai attenta alle nuove esigenze dei propri potenziali clienti ed è quindi naturale che le prime azioni di contenimento della produzione di imballaggi (adozione del vuoto a rendere in policarbonato per il latte ed in PET di adeguato spessore per le bibite, ecc.) siano state adottate da varie Entità provinciali sulla base di quanto già realizzato dalla Provincia di Bolzano (dove l'Amministrazione Provinciale ha fortemente incentivato l'adozione della tariffazione puntuale di tipo volumetrica).
L'Amministrazione Provinciale ha d'altronde incentivato tali azioni promuovendo anche il progetto del "Marchio ecologico" in collaborazione con la locale Unione Commercio Turismo e Servizi.
È quindi evidente che nell'elaborazione dei criteri della programmazione nazionale si individui come elemento centrale dell'azione di contenimento della produzione dei rifiuti, la valutazione della massima diffusione dei sistemi domiciliarizzati di raccolta, comunque già molto diffusi in provincia e di una loro ulteriore evoluzione con l’introduzione della tariffazione poiché consente l'applicazione del principio "chi inquina paga", ossia la correlazione (con tutti gli opportuni meccanismi di flessibilità e compensazione) tra prezzo del servizio e quantità di rifiuto prodotto.
Si sottolinea, a questo proposito, come la quantificazione dei rifiuti prodotti avvenga preferibilmente, anche per ragioni di semplicità operativa, espressa come volume (tariffazione volumetrica del servizio).
Pertanto l'applicazione della tariffazione volumetrica costituisce un fattore di successo delle politiche di riduzione, sia attraverso l'incentivazione verso la pratica del compostaggio domestico degli scarti verdi e della frazione organica, sia grazie ad una maggiore responsabilizzazione dell'utente al momento dell'acquisto, orientando le preferenze verso i beni di consumo che utilizzano imballaggi più contenuti e razionali.
Le effettive possibilità di ridurre il consumo di sovraimballaggi e di imballaggi a perdere sono però legate alla possibilità, da parte dei consumatori, di poter scegliere tra diverse opzioni di consumo (ad esempio vuoto a rendere o a perdere) per poter usufruire dei vantaggi del nuovo sistema di tariffazione (meno rifiuti = minori costi). Ma in Italia tale possibilità di scelta è ormai quasi del tutto assente e le misure di corresponsabilizzazione delle imprese produttrici di imballaggi per il supporto economico ai Comuni per la raccolta differenziata degli imballaggi (introdotte dal D. Lgs. 22/97) non hanno però incentivato delle reali innovazioni che puntassero alla riduzione quantitativa della produzione di imballaggi.
In altri paesi viceversa (soprattutto in Germania ed Austria ma in generale nel nord­Europa) si è invece assistito ad un profondo processo di innovazione economica ed organizzativa presso la grande distribuzione organizzata (GDO) indotti da norme più efficaci in materia di imballaggi.
Non a caso in Italia le uniche eccezioni sono rappresentate dalle aree del paese dove è già stata adottata la tariffazione volumetrica della produzione dei rifiuti per ogni singolo condominio. In queste zone la grande distribuzione ha rapidamente assunto l'esigenza di riprogettare la filiera degli imballaggi per rispondere alle nuove esigenze manifestate dai cittadini-consumatori. Infatti la tariffazione dei servizi è lo strumento più potente che si può attualmente applicare in Italia per creare un circuito virtuoso che premia i cittadini che orientano le proprie scelte di consumo verso prodotti che consentono di diminuire la produzione di rifiuti (in particolare di imballaggi superflui).
Infatti la grande distribuzione è da sempre assai attenta alle nuove esigenze dei propri potenziali clienti ed è quindi naturale che le prime azioni di contenimento della produzione di imballaggi (adozione del vuoto a rendere in policarbonato per il latte ed in PEr di adeguato spessore per le bibite ecc.) siano state adottate da varie Entità provinciali sulla base di quanto già realizzato dalla Provincia di Bolzano (dove l'Amministrazione Provinciale ha fortemente incentivato l'adozione della tariffazione puntuale di tipo volumetrica). L'Amministrazione Provinciale ha d'altronde incentivato tali azioni promuovendo anche il progetto del "Marchio ecologico" in collaborazione con la locale Unione Commercio Turismo e Servizi. .
È quindi evidente che nell'elaborazione dei criteri della programmazione nazionale si individui come elemento centrale dell'azion'e di contenimento della produzione dei rifiuti, la valutazione della massima diffusione dei sistemi domiciliarizzati di raccolta, comunque già molto diffusi in provincia e di una loro ulteriore evoluzione con l’introduzione della tariffazione puntuale.