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              Amnesty 
                International fornisce dei dati agghiaccianti. Una ricerca della 
                Harvard University ha stabilito che nel mondo per le donne dai 
                16 ai 44 anni la violenza è la prima causa di morte, 
                un'incidenza maggiore degli incidenti stradali, del cancro e delle 
                guerre.  
                E come se fosse un cancro, la violenza contro le donne assume 
                varie forme: violenza domestica, sfruttamento della prostituzione, 
                stupri, mutilazione dei genitali, sfruttamento lavorativo e, nei 
                casi più estremi, il genocidio: «mancano all'appello» 
                più di 60 milioni di donne, eliminate con l'aborto e l'infanticidio 
                selettivo, una pratica molto diffusa in Cina, dove lo Stato ha 
                imposto alle famiglie il figlio unico.  
                L'Onu ha calcolato che una donna su tre viene regolarmente 
                picchiata da un famigliare, solitamente il marito. Sono 
                120 milioni le donne che hanno subito l'escissione dei genitali 
                esterni. E il 70% delle donne vittime di omicidio sono 
                state uccise dal loro partner.  
                Più drammatici i dati provenienti dai Paesi poveri, dove 
                la violenza contro le donne spesso rientra nei gesti quotidiani 
                della vita comunitaria: in una provincia del Kenia, il 42% ammette 
                di essere regolarmente picchiata dal marito, mentre in Sudafrica 
                ogni 23 secondi una donna subisce violenza sessuale. Tra il 2002 
                e il 2003, nella Repubblica democratica del Congo 5mila donne 
                vennero stuprate per motivi legati al conflitto 
                etnico. 
              La 
                  guerra solitamente rende il corpo femminile più 
                vulnerabile agli abusi: la Lega delle donne irachene ha denunciato 
                che nel periodo aprile-agosto 2003, almeno 400 donne sono state 
                rapite, stuprate e vendute. 
              Anche 
                la povertà incide di più sui destini 
                delle donne che su quello degli uomini: in Nepal sono 10mila le 
                ragazzine che ogni anno vengono vendute dalle famiglie per essere 
                avviate al mercato della prostituzione. Accade così anche 
                in Asia sudorientale, dove in periodi di carestia i villaggi più 
                poveri cedono le loro figlie per qualche pugno di riso. 
              La 
                  tratta delle donne raggiunge cifre da capogiro: 
                solo in Europa ne sbarcano 500mila all'anno, costrette a vendersi 
                per strada o all'accattonaggio. 
                
              Non 
                ultimi vengono i cosiddetti "crimini d'onore", 
                i quali puniscono le donne che violino le norme della comunità: 
                si va dallo sfregio con l'acido compiuto sui volti delle donne 
                del Bangladesh alle lapidazioni delle adultere in alcuni Paesi 
                arabi. In Pakistan nel 1999 1000 donne furono uccise per "mondarle 
                dal peccato". Le case moderne e pulite delle occidentali 
                non le riparano dalla violenza. In Belgio, ad esempio, più 
                del 50% ha dichiarato di aver subito qualche forma di abuso da 
                parte dei loro partner; in Gran Bretagna, i servizi di pronto 
                soccorso ricevono mediamente una chiamata al minuto per violenze 
                sulle donne in ambito domestico, mentre in Russia in 14mila vengono 
                uccise dai loro famigliari. In Israele è più probabile 
                che una donna venga uccisa da un conoscente che da un estraneo.  
                Numeri tremendi. Che non migliorano se passiamo all'America: secondo 
                il governo di Washington, ogni 15 secondi un uomo picchia una 
                donna, il che fa 700mila in un anno. Incredibili le statistiche 
                sulla violenza sessuale: sempre secondo l'Oms, tra il 14 e il 
                20 per cento delle donne statunitensi è vittima di uno 
                stupro durante il corso della propria vita, una cifra che si avvicina 
                molto a quelle del Canada e della Nuova Zelanda. 
              L'Italia 
                non si discosta dalle statistiche occidentali
              In 
                caso di omicidio, nel 64% dei casi la vittima è una donna. 
                L'aggressore è solitamente il coniuge, il convivente o 
                l'ex compagno (70%). Sono 714mila, ossia un 4%, le donne tra i 
                14 e i 59 che hanno dichiarato di aver subito uno stupro o un 
                tentato stupro nel corso della loro vita. Il 6% degli abusi sessuali 
                avviene all'interno della famiglia. 
              Nonostante 
                il tema degli abusi sulle donne abbia ricevuto grande attenzione 
                negli ultimi anni, specialmente a partire dalla Convenzione 
                per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro 
                le donne (Cedaw), adottata nel 1979 dall'Assemblea generale 
                dell'Onu, e dalla Quarta Conferenza sulle Donne di Pechino del 
                1995, gli abusi non diminuiscono: molti Paesi non riconoscono 
                il problema oppure lo inseriscono nel codice penale come un reato 
                contro la persona e non contro le donne. 
                
              Statistiche 
                e dati sulla violenza contro donne e minori 
                Una breve riflessione 
                 
                a cura di Donata Bianchi (Associazione Artemisia) 
               
                1. 
                Alcuni dati sulle violenze alle donne
               
              La 
                violenza sessuale e i maltrattamenti (fisico, psicologico ed economico) 
                nei confronti delle donne interessano aspetti relazionali e comportamenti 
                sociali che rimangono in gran parte sommersi, lontani dallo sguardo 
                dell’osservatore, anche quello più attento. 
                La percezione sociale del fenomeno è ancora oggi piuttosto 
                limitata come ha confermato una indagine relativamente recente 
                di Eurobarometro, svolta per conto della Commissione 
                Europea (1999, European and their views on domestic violence against 
                women, Eurobarometer 51.0). Solo poco più di un quinto 
                (22%) del campione di popolazione europea intervistato risponde 
                affermativamente alla domanda se ha mai sentito di una vittima 
                di una qualche forma di violenza nell’ambito familiare o 
                nella cerchia di amici e conoscenti; tra i rispondenti italiani 
                del campione, la quota di coloro che a tale domanda si esprime 
                affermativamente è ancora più bassa, pari all’11,6% 
                degli italiani intervistati. 
                 
                La difficoltà di emersione del fenomeno è legata: 
                 
• a elementi di pregiudizio culturale e di discriminazione 
                sociale di genere. Un elemento, quest’ultimo, che 
                influisce anche sulla natura del fenomeno, infatti, sull’aspetto 
                di genere, dalle poche ricerche disponibili condotte su fonti 
                ufficiali, che confrontano la violenza sulle donne e quella sui 
                minori (Terragni 1997; Terragni 1998), emerge sia la caratteristica 
                di genere delle violenze (sono prevalentemente di sesso maschile 
                gli autori delle violenze) che la continuità tra violenze 
                sulle donne e violenze sui minori (sia perché la maggior 
                parte dei minori aggrediti sono di sesso femminile, sia perché 
                molto spesso la violenza su una donna coinvolge anche i figli 
                di lei o viceversa);  
• alla vergogna, alla paura di ritorsioni, 
                al timore di non venire credute e all’isolamento delle vittime; 
• alla difficoltà di riuscire a far valere realmente 
                tutti gli strumenti di tutela e protezione esistenti. 
                Il processo, come spesso è stato segnalato, può 
                trasformarsi, infatti, in una ulteriore violenza nei confronti 
                delle donne, non a caso si usa oggi fare riferimento al rischio 
                di “vittimizzazione secondaria”; 
• al fatto che numerose donne, come confermano molte ricerche, 
                non riconoscono le esperienze che subiscono come atti di vittimizzazione 
                e secondo parametri che corrispondano alle definizioni giuridiche. 
                Questo accresce il loro isolamento, rendendo le loro esperienze 
                ancora più invisibili.
              Se 
                la violenza contro le donne, in tutte le sue forme, è ancora 
                oggi un fenomeno difficile da far emergere, esso rimane inevitabilmente 
                ancor più difficile da misurare.  
                Negli Stati Uniti e in molti pesi europei le indagini sulla vittimizzazione 
                costituiscono lo strumento più utilizzato per colmare il 
                gap tra i casi noti, cioè quelli che sono stati oggetto 
                di denuncia, e il cosiddetto “sommerso”.
              1.1 
                Italia 
                 
                Le statistiche giudiziarie, come accade con le violenze sui minori, 
                fotografano solo la punta di un iceberg e in modo parziale poiché 
                solo una parte delle violenze subite dalle donne sono denunciate, 
                e le violenze che emergono hanno caratteristiche che non sembrano 
                corrispondere a quelle del fenomeno reale. Le violenze sessuali 
                commesse da estranei sono quelle maggiormente rappresentate, ma 
                dalle indagini e dalle stime disponibili si tratta, invece, del 
                tipo meno rilevante rispetto alla natura delle esperienze di vittimizzazione 
                vissute dalle donne. I dati giudiziari ci aiutano comunque ad 
                abbattere alcuni stereotipi: 
• la violenza sessuale non è un evento eccezionale 
                che accade in circostanze eccezionali, essa si verifica, al contrario, 
                in situazioni normali, spesso nei luoghi che dovrebbero essere 
                i più familiari e sicuri; 
• non capita solo “ad alcune donne”, ne sono 
                vittime donne di tutte le condizioni sociali, studentesse, casalinghe 
                e lavoratrici; 
• gli uomini non sono dei soggetti “speciali”, 
                solo in rari casi l’autore può essere identificato 
                come un maniaco o affetto da evidente psicopatologia; le donne 
                sono ben più spesso vittime di uomini normali (insegnanti, 
                datori di lavoro, medici, assistenti sociali, infermieri, ecc.), 
                conosciuti e con i quali esiste o esisteva un legame affettivo- 
                le donne sono vittime di una fiducia tradita . 
                Come scrive Carmine Ventimiglia (2001, in I generi della violenza. 
                Tipologie di violenza contro donne e minori e politiche di intervento, 
                F. Angeli, a cura di Del Giudice, Barbara e Adami) “lo 
                scenario prevalente delle violenze è uno scenario di fiducia 
                (smentita) ed è uno scenario quasi sempre di ordinarie 
                violenze, in taluni casi avviate addirittura prima del matrimonio 
                e nella gran parte dei casi con la caratteristica della continuità 
                nel tempo, di una lunga durata, con una pendolarità di 
                comportamenti che si consumano in una vana alternanza tra “petizioni” 
                (iniziali) di perdono da parte degli uomini e speranze di ravvedimento 
                coltivate dalle donne”.  
                Le violenze seguono un canovaccio comportamentale, basato su una 
                strategia di controllo, che le studiose e le operatrici hanno 
                definito il ciclo della violenza. Il ciclo della violenza è 
                una dinamica ricorsiva in modo variabile nella quale la Walker 
                (1979, Walker L. E. A., The battered woman, New York, 
                Harper & Row) ha identificato le tre note fasi denominate: 
                crescita della tensione (appaiono i primi conflitti con forte 
                tensione psicologica e inizio di uno stato di allerta da parte 
                della donna), esplosione della violenza (si manifestano atti di 
                maltrattamento sempre più grave con rapida escalation), 
                luna di miele (l’aggressore è colto da paura, senso 
                di colpa, timore di reazioni da parte della donna perciò 
                si giustifica e tenta delle spiegazioni per il suo comportamento, 
                cercando di ottenere il perdono della donna) .
                Indagine 
                Istat sulle molestie e le violenze sessuali 
                 
                Nel 1997/98 l’Italia ha condotto per la prima volta grazie 
                all’Istat un’indagine sulla vittimizzazione (Indagine 
                sulla sicurezza dei cittadini, Istat, 1998), che ha confermato 
                quanto stimato in ricerche su piccoli campioni o dai Centri antiviolenza 
                italiani. 
                Nell’indagine Istat (riguardante la rilevazione di alcuni 
                reati contro la persona e contro il patrimonio, la percezione 
                della sicurezza nel proprio ambiente di vita e le misure di protezione 
                adottate per difendersi dalla diffusione della criminalità) 
                un’attenzione particolare è stata dedicata ad approfondire 
                gli aspetti relativi ad alcuni tipi di molestie (telefonate oscene, 
                esibizionismo, ricatti sul lavoro e molestie fisiche) e alle violenze 
                sessuali (tentato stupro e stupro). La ricerca ha lasciato fuori 
                dal campo di osservazione un’ampia gamma di violenze, in 
                particolare i maltrattamenti di tipo economico, psicologico e 
                fisico, le molestie verbali, lo stalking (atti di persecuzione 
                quali, telefonate ripetute e insistenti telefoniche, pedinamenti, 
                eccetera). L’assenza dei dati sui maltrattamenti familiari 
                diversi dalla violenza sessuale, costituisce un gap di sicuro 
                rilievo poiché la violenza domestica si colloca tra le 
                principali cause di malattia e di morte per le donne. L’Organizzazione 
                mondiale della Sanità stima che nei paesi industrializzati 
                la violenza domestica provochi nelle donne più danni fisici 
                che lo stupro e gli incidenti d’auto.
              Il 
                disegno di campionamento dell’Istat aveva previsto un campione 
                casuale di 50.000 famiglie, con selezione di soggetti dai 14 anni 
                e più. I dati ricavati da coloro che hanno accettato di 
                rispondere all’intervista telefonica (oltre l’80% 
                del campione) ha permesso di ottenere una base informativa che 
                ha portato l’Istat a stimare che sono 9 milioni e 420 mila 
                le donne da 14 a 59 anni che hanno subito almeno una molestia 
                sessuale rilevante nell’arco della vita.  
                 
                Le molestie maggiormente subite dalle donne: 
                 
• telefonate oscene, 33,4% 
• molestie fisiche, 24% 
• esibizionismo, 22,6% 
• ricatti sessuali sul lavoro, 4,2%
              
              Il 
                28,8% delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito un 
                solo tipo di molestia, il 15,7 % due tipi e il 7% tre tipi o più. 
                L’analisi condotta dall’Istat ha suddiviso le informazioni 
                tra molestie e violenze sessuali subite nel corso della vita e 
                relativamente agli ultimi tre anni. 
                Cosa emerge rispetto alle violenze sessuali? Scrive la ricercatrice 
                responsabile dell’indagine Multiscopo, Laura Linda Sabbadini: “…il fenomeno è caratterizzato da una 
                grande quota di sommerso. Se si analizzano i dati sulle donne 
                violentate nel corso della vita, non è stato denunciato 
                il 93,2% delle tentate violenze sessuali e l’82,7% degli 
                stupri.” La percentuale di non denunciato riguardante 
                gli stupri, diminuisce ai dati che l’Istat raccoglie sugli 
                eventi accaduti negli ultimi tre anni rispetto alla data della 
                rilevazione (68%), una tendenza che potrebbe evidenziare una presa 
                di coscienza femminile e una maggiore determinazione nell’affrontare 
                la situazione.  
                Comunque, per avere un’idea del sommerso, se tra il 1993 
                e il 1995 le denunce per violenza carnale sporte in Italia risultano 
                invece pari a 531, per un periodo di tempo pressoché analogo, 
                dai dati ottenuti dall’indagine l’Istat stima che 
                le donne che hanno subito stupro in Italia possono considerarsi 
                pari a 185.000. 
                Considerando le donne che hanno subito nel corso della vita una 
                tentata violenza o uno stupro (stimate in numero pari a 714.000), 
                emerge che il 15,5% ha denunciato il fatto se la violenza era 
                stata ad opera di estranei, mentre solo il 4% l’ha fatto 
                nel caso di persone conosciute, ma solo il 22% dei tentati stupri 
                e il 18% degli stupri è stato commesso da estranei. Solo 
                il 20,9% dei tentati stupri e l’11,6% degli stupri è 
                avvenuto per strada. La violenza sessuale avviene nei luoghi solitamente 
                considerati sicuri: a casa della donna, a casa di parenti, amici 
                o conoscenti. 
                Quindi 
                chi commette le violenze? 
                 
                Gli estranei sono solo una minoranza per quanto riguarda le violenze 
                sessuali (18,1%) e le tentate violenze sessuali (22,6%), salgono 
                invece al 66,8% per le molestie fisiche-. 
                La stragrande maggioranza sono persone vicine alla vittima, ad 
                esempio: 
                 
              
                 
                  Dati 
                      %  | 
                  violenze 
                      sessuali  | 
                  tentate 
                      violenze sessuali  | 
                  molestie 
                      fisiche  | 
                 
                 
                  | Amici | 
                  21,4  | 
                  25,1  | 
                  6,6  | 
                 
                 
                  | Conoscenti | 
                   
                      19,5  | 
                  18,5  | 
                  12,2  | 
                 
                 
                  | Fidanzato, ex fidanzato | 
                   
                      4,3  | 
                  6,9  | 
                  0,3  | 
                 
                 
                  |  Familiare | 
                  21,2  | 
                   
                      5,9  | 
                   
                      3,1  | 
                 
                 
                  | Persona ben conosciuta | 
                  4,6  | 
                  4,6  | 
                   | 
                 
                 
                  | Collega o datore di lavoro  | 
                  4,1  | 
                  8,5  | 
                  6,9  | 
                 
                 
                  | Altro                     | 
                  5,2  | 
                  6,7  | 
                  3,4  | 
                 
                 
                  | Non risponde  | 
                  3,2  | 
                  2,7  | 
                  0,7  | 
                 
               
              Sul 
                totale delle violenze ad opera di familiari, il 69,2% è 
                stupro.La violenza in famiglia è solitamente caratterizzata 
                da violenza ripetuta. Si tratta di una forma che l’indagine 
              proposta è riuscita a porre in luce con difficoltà. 
              B. 
                La ricerca dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna 
                 
                Nel 1997/98 la Casa delle donne di Bologna ha coordinato una ricerca 
                a livello regionale che ha coinvolto 15 enti tra Centri e Case 
                di accoglienza per donne vittime di violenza, che operano in Emilia 
                Romagna. Delle 1422 donne accolte dai centri nell’annodi 
                rilevazione, la quasi totalità sono vittime di violenze 
                da parte di mariti, conviventi o ex partner. In circa il 20% dei 
                casi le violenze sono esercitate da ex-partner nonostante siano 
                già stai definiti la separazione o il divorzio. La classe 
                di età a cui appartengono in modo prevalente le donne che 
                si sono rivolte ai centri è quella tra i 30 e i 49 anni 
                (62,8%). 
                Il campione esaminato ha confermato la lunga ripetizione nel tempo 
                delle violenze: in circa il 18% dei casi la durata oscilla tra 
                i 6 e i 10 anni; nel 21% supera i 10 anni. 
                 
                La ricerca condotta dalla Casa delle donne di Bologna conferma 
                i dati raccolti dalla Sabbadini con l’indagine Istat: 
                 
                1. solo il 7,1% delle violenze sono commesse da estranei; 
                2. prevalgono le violenze intrafamiliari, eventi non episodici, 
                bensì cronicizzatisi sia in termini di durata che di frequenza 
                (il 40% delle violenze intrafamiliari hanno una durata da 6 a 
                10 anni, e rispetto alla frequenza, sono episodi che nel 40,1% 
                dei casi si verificano “molte volte alla settimana”); 
                3. le denunce decrescono al crescere del rapporto di vicinanza 
                e conoscenza con l’autore delle violenze e più si 
                sale nella “collocazione socio-professionale e agli strumenti 
                di autotutela culturale e di credibilità sociale dell’uomo”.
              C. 
                La ricerca di Laura Terragni sulle denunce penali per violenza 
                carnale in Italia negli anni 1960 - 1995 
                 
                Il tasso medio di denunce (numero di denunce per 100.000 abitanti) 
                in Italia negli anni Sessanta è pari a 3,54; scende a 2,36 
                negli anni Settanta, decresce ulteriormente negli anni Ottanta 
                per risalire nel quinquennio 1990-95, 2,89. Nel passato un peso 
                significativo avevano le regioni del Sud dove le denunce per violenza 
                apparivano numericamente ben al di sopra della media nazionale 
                (6,49 in Campania contro il dato nazionale di 3,54). Molte denunce 
                sporte in quegli anni, secondo la Terragni, riguardavano forme 
                di violenza contro ragazze molto giovani da parte di pretendenti 
                che successivamente non acconsentivano a sposare la ragazza. Le 
                modificazioni culturali avvenute in Italia negli anni successivi 
                hanno segnato un cambiamento nella natura degli eventi denunciati, 
                come segnale, specialmente nel Sud, di una modificazione nei rapporti 
                di genre e nel sistema dei codici dell’onore familiare. 
                Per quanto riguarda l’aumento delle denunce nel corso della 
                prima metà degli anni Novanta, si può ipotizzare 
                che abbiano pesato un complesso di fattori, quali: una maggiore 
                consapevolezza da parte delle donne, una, sebbene poco diffusa, 
                nuova sensibilità da parte dei servizi e delle istituzioni, 
                la creazione di servizi specifici di aiuto (i centri antiviolenza), 
                un sensibile, seppure limitato, aumento delle denunce contro ignoti, 
                ossia contro autori del tutto sconosciuti alla vittima, cosa avvenuta 
                in particolare in alcune regioni del Centro-nord, segnale, questo, 
                che per la Terragni potrebbe essere riconducibile ad un deteriorarsi 
                delle condizioni di vivibilità e sicurezza di alcune aree 
                metropolitane. L’indagine della Terragni, compiuta in alcuni 
                Tribunali ordinari penali, tiene conto anche delle violenze commesse 
                su minori, che nel campione preso in esame costituisce la quota 
                più ampia. In questo caso la relazione più frequente 
                è quella padre/figlia, con tutte le caratteristiche note 
                dell’abuso sessuale intrafamiliare: la violenza tende ad 
                avere inizio quando la bambina è molto piccola; vi è 
                un crescendo degli atti abusivi che diventano via via sempre più 
                intrusivi sino allo stupro; se nel nucleo sono presenti più 
                figlie o figli, è piuttosto frequente che l’abuso 
                tenda a reiterarsi su più minori; il tipo di coercizione 
                varia molto, ma il dato più comune è l’assenza 
                di forza fisica sebbene il contesto familiare sia di per sé 
                di tipo violento: il padre esercita spesso vari tipi di violenza 
                domestica sulla madre delle/dei minori. 
                Le violenze sessuali denunciate da donne contro i propri mariti 
                sono una realtà piuttosto rara, ciò può essere 
                determinato anche dal fatto che nel nostro ordinamento lo stupro 
                contro la moglie non si presenta come una fattispecie ben delineata. 
                “Inoltre, dal momento che la violenza tende a essere inserita 
                in un contesto più generale di maltrattamento, è 
                frequente che il coniuge venga imputato per questo tipo di reato 
                e non solo, o anche, per quello di violenza fisica”. Una 
                molla che può far scattare la denuncia è anche l’associazione 
                alla violenza sessuale di pratiche connesse alla produzione di 
                materiale pornografico. 
                Anche la ricerca della Terragni alza il velo su una realtà 
                che vede le donne vittime di persone conosciute,familiari, partner, 
                conoscenti, nei loro contesti quotidiani e normali di vita: “La 
                violenza prende forma all’interno delle dimensioni quotidiane 
                dell’esistenza: non è un pericolo esterno, improvviso, 
                ma una forma reiterata di abuso che avviene tra le pareti domestiche 
                o nei luoghi più vicini alla donna. I vincoli di affetto, 
                la dipendenza, la paura, ma anche l’imbarazzo, sono tra 
                i fattori che rendono più difficile portare alla luce queste 
                violenze”.
              1.2 
                Uno sguardo a livello internazionale attraverso il Rapporto 
                dell’Organizzazione mondiale della sanità (Ottobre 
                2002) World 
                Report on Violence and Health
              Il 
                Rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità 
                su Violenza e Salute costituisce un importante contributo verso 
                una comprensione più approfondita del fenomeno della violenza 
                e del suo impatto sulla società. Esso individua una serie 
                di linee di azioni prioritarie che fanno perno attorno ai vari 
                livelli della prevenzione. Uno degli aspetti più innovativi 
                del lavoro della WHO è nello stesso tipo di orientamento 
                adottato in quanto la violenza è considerata come un problema 
                di salute pubblica di rilievo mondiale, e da ciò deriva 
                uno sguardo nuovo sul problema che sfida gli approcci sino ad 
                oggi adottati, specialmente in materia di politiche di contrasto. 
                Il lavoro svolto dall’OMS ha un’importanza eccezionale 
                anche in considerazione dello sforzo di raccolta e di analisi 
                dei dati, drammaticamente carenti, frammentati e difficilmente 
                comparabili. 
                Il Rapporto presta attenzione non solo alla dimensione quantitativa 
                dei fenomeni ma affronta anche le cause della violenza e i fattori 
                di rischio correlati alle varie tipologie, presenta i vari tipi 
                di intervento e di risposte adottati per contrastarla e cerca 
                di fornire elementi di valutazione della loro efficacia, individuando 
                e proponendo strategie e metodologie per la prevenzione delle 
                violenze e la riduzione delle conseguenze sociali e sulla salute 
                degli individui.  
                Del fenomeno si tiene conto nella molteplicità delle sue 
                forme, il Rapporto, infatti, si concentra su sette espressioni: 
                la violenza giovanile, l’abuso e la trascuratezza sui minori, 
                la violenza nelle relazioni da parte del partner, la violenza 
                sugli anziani, la violenza sessuale, la violenza auto-inflitta 
                e i suicidi, e la violenza collettiva nelle guerre e nei conflitti 
                armati.
              L’approccio 
                di Salute Pubblica alla violenza adottato dall’OMS. Sintesi 
                delle caratteristiche principali.
              La violenza è un problema 
                di SALUTE PUBBLICA: essa va affrontata secondo un approccio interdisciplinare 
                e scientifico, che includa e integri la medicina, l’epidemiologia, 
                la sociologia, la psicologia, la criminologia, l’educazione 
                e l’economia. L’approccio di salute pubblica alla violenza 
                enfatizza l’azione collettiva e cooperativa e deve essere 
                giocato in tanti settori della vita pubblica.Questo approccio 
                comporta l’applicazione di un metodo scientifico, basato 
                su requisiti rigorosi: 
                A. Studiare il fenomeno in tutti i suoi 
                aspetti, tramite la raccolta dei dati sulla sua dimensione, le 
                caratteristiche e le conseguenze sulla vita degli individui e 
                la società. 
                B. Investigare il perché la violenza 
                si verifichi per determinare:  
                - le cause e le correlazioni;  
                - i 
                fattori che ne aumentano o riducono il rischio;  
                - i fattori che 
                possono modificare il fenomeno attraverso l’assunzione di 
                interventi specifici 
                C. Sperimentare strategie di prevenzione, 
                usando le informazioni che derivano dalla progettazione, realizzazione, 
                monitoraggio e valutazione delle misure e dei programmi già 
                adottati 
                D. Valorizzare e promuovere gli interventi che hanno dimostrato 
                maggiore efficacia, disseminare le informazioni e adottare sistemi 
              standardizzati di valutazione dell’impatto degli interventi. 
              A. La violenza da parte del partner (breve sintesi) 
                 
                La violenza da partner del partner è riconosciuta essere 
                una forma di abuso ricorrente e trasversale a tutte comunità 
                umane, a prescindere dalla cultura di riferimento e dalle condizioni 
                socioeconomiche della popolazione. Essa comprende forme di maltrattamento 
                economico, psicologico, fisico e sessuale. 
                L’OMS afferma che la maggior parte degli atti violenti vedono 
                una donna nel ruolo di vittima e un soggetto di sesso maschile 
                in quello di aggressore. L’analisi di 48 indagini campionarie 
                realizzate in vari paesi del mondo, rivela che in alcuni casi 
                si arriva sino a percentuali pari al 69% del campione di donne 
                intervistate, che riporta di essere stata vittima di violenza 
                da parte del partner almeno una volta nella vita. 
                La maggior parte delle vittime subisce più forme di violenza, 
                per esempio uno studio condotto in Giappone su un campione di 
                613 donne ha calcolato che meno del 10% era stato vittima solo 
                di maltrattamento fisico, mentre il 57% aveva sofferto forme multiple 
                di violenza, in specifico: maltrattamento fisico, psicologico 
                e abuso sessuale in età minore. 
È molto alta la percentuale di donne che mantiene il segreto 
                sulla violenza domestica di cui è vittima, una situazione 
                che anche nelle statistiche rese disponibili dall’Oms si 
                rivela un situazione che tende a cronicizzarsi e ad aggravarsi 
                nel tempo in assenza di interventi di protezione. 
                In uno studio condotto in Gran Bretagna su un campione di 430 
                donne, il 38% delle vittime di maltrattamento fisico da parte 
                del partner non aveva mai parlato con alcuno, il 46% si era confidata 
                con amici, il 31 con familiari e solo il 22% aveva segnalato la 
                violenza alla polizia. 
                La bassa incidenza delle denunce è un dato ricorrente a 
                livello mondiale: in Australia segnala, in media,solo il 19% delle 
                donne; in Canada il 26%; in Cile il 16%; nella Repubblica di Moldavia 
                il 6%. 
                Si chiude nel silenzio il 68% delle donne del Bangladesh e il 
                47% delle donne egiziane. 
                 
                Le conseguenze della violenza sono estremamente gravi: danni a 
                livello fisico, difficoltà relazionali, disturbi psicologici, 
                invalidità permanenti, sino alla morte. La violenza domestica 
                causa gravi danni anche sulla salute riproduttiva delle donne 
                Studi fatti in Australia, Canada, Israele, Sud Africa e Stati 
                Uniti dimostrano che tra il 40 e il 70% degli omicidi con vittime 
                adulte di sesso femminile sono avvenuti per mano del partner, 
                molto spesso all’interno di una relazione di tipo abusivo, 
                contro il 4% di omicidi maschili effettuati da donne, partner 
                o ex-partner. 
                Gravi sono gli effetti anche sui minori esposti ad assistere alla 
                violenza sulla madre da parte del padre o del convivente della 
                donna. La “witnessing violence” è un fenomeno 
                grave e diffuso, ma scarsamente rilevato, colludendo così 
                con il perpetuarsi del ciclo intergenerazionale della violenza. 
                Ricerche svolte in Brasile, Cambogia, Canada, Cile, Colombia, 
                USA, Spagna, Nicaragua, eccetera, hanno mostrato tassi più 
                alti di violenza domestica tra le donne i cui mariti erano stati 
                essi stessi o bambini maltrattati o bambini esposti alla violenza 
                sulla propria madre.
              B. 
                La violenza sessuale 
                 
                In questa categoria l’OMS include una variegata gamma di 
                atti che vanno dallo stupro, alla violenza sessuale all’interno 
                della coppia, sino all’abuso sessuale e allo sfruttamento 
                nella prostituzione. 
                I dati disponibili dimostrano che, a seconda del campione di popolazione 
                sul quale sono realizzati gli studi, da una a quattro donne riporta 
                di aver subito violenza sessuale da parte del partner: il 23% 
                delle donne residenti in North London, intervistate nell’ambito 
                di un’indagine sulla vittimizzazione, rispose di aver subito 
                un tentato stupro o uno stupro nel corso della loro vita. 
                Stando a ciò che oggi si conosce sullo sfruttamento sessuale 
                a fini commerciali, sarebbero centinaia di migliaia le donne e 
                le bambine vittime della tratta per lo sfruttamento e la riduzione 
                in schiavitù nel mercato della prostituzione, oppure esposte 
                e vittime di violenza in ambiente scolastico, sul luogo di lavoro 
                in strutture sanitarie, centri di accoglienza. La violenza sessuale 
                produce drammatiche conseguenze a breve e a lungo termine sulla 
                salute fisica e mentale delle vittime. Genera danni fisici, sulla 
                salute riproduttiva, accresce il rischio di suicidio e di contrarre 
                malattie sessualmente trasmissibili. 
                A livello mondiale, le violenze sessuali denunciate sono solo 
                la piccola punta di un iceberg la cui parte sommersa rimane difficilmente 
                stimabile. 
                La violenza domestica di tipo non sessuale si associa costantemente 
                ad atti anche di violenza sessuale, che sovente le donne faticano 
                a riconoscere come tali perché avvengono all’interno 
                di un legame affettivo legalmente riconosciuto. In Messico e negli 
                USA, tra il 40 e il 52% delle donne vittime di violenza domestica 
                è stato anche vittima di violenza sessuale o costretto 
                a rapporti sessuali a cui ha acconsentito dietro forti pressioni 
                e coercizioni da parte del partner. 
                Esistono ricerche che sembrano confermare l’esistenza di 
                un forte collegamento tra abuso in età minore e violenze 
                sessuali subite in età adulta. Da uno studio nazionale 
                realizzato negli USA , è emerso che le donne vittime di 
                stupro prima dei 18 anni avevano una probabilità doppia 
                di rimanere vittime di stupro anche in età adulta, una 
                volta confrontate con un campione di donne che non aveva subito 
                abuso nell’infanzia (18,3% contro 8,7%).
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