piccolo dizionario marxista

bisogno

v. anche A. Heller, Il concetto marxiano di bisogno

Il concetto di bisogno compare nell'Introduzione a Per la critica della filosofia del diritto di Hegel.
Il termine tipico del linguaggio dell'economia giunge va a Marx nella mediazione di Hegel. Questi considerava il bisogno come il nucleo centrale dell'organizzazione economica e come ciò che costituiva il primo momento della società civile. Hegel infatti associava il bisogno alla proprietà privata tramite il lavoro risolvendo l'appagamento dei bisogni individuali nell'appropriazione e nel consumo. Di fatto ciò significava da un Iato considerare il bisogno come base naturale della proprietà privata (il suo appagamento), dall'altro come la base per la costruzione delle strutture giuridiche della società civile. Esse, infatti, avrebbero avuto il compito di regolare, in una normativa, l'appagamento e il consumo.
Marx, al contrario, applicando gli strumenti feuerbachiani, pensa il bisogno nell'ambito della demistificazione dell'idea hegeliana di stato e del problema dell'emancipazione politica dell'uomo nella società civile. In questo quadro teorico al bisogno hegeliano che, di fatto, secondo Marx, strutturava le relazioni alienate della società, si contrappongono i bisogni radicali dell'uomo. Essi sono le condizioni, anche se inattuabili nella Germania ancora feudale, per una «rivoluzione radicale» che possa attuare il «completo recupero del l'uomo» cioè la sua emancipazione umana. «Una rivoluzione radicale può essere soltanto la rivoluzione dei bisogni radicali, dei quali sembrano mancare proprio i presupposti ed il terreno da cui sorgere» (CDH, 199). Infatti la via per cui la teoria, secondo Marx, penetrando nelle masse, può trasformarsi in prassi emancipatrice, cioè, rivoluzionaria, sta proprio nel realizzare i bisogni del popolo.
«Le rivoluzioni, infatti, hanno bisogno di un elemento passivo, di un fondamento materiale, la teoria viene realizzata in un popolo soltanto nella misura in cui essa ne realizza i bisogni» (ivi, 198). Questo tuttavia mette in luce la tendenza di Marx a sottolineare il carattere valutativo del bisogno. Esso diviene il criterio di misura tramite cui si determina la possibilità della formazione di una attività rivoluzionaria. Chiaramente la introduzione di un giudizio di valore in un campo teorico si traduce in una accentuazione della tensione morale. Il bisogno tende a trasformarsi così in un imperativo morale, cioè nell'«imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti nei quali l'uomo è un essere degradato, assoggettato. ..» ( ivi )
Nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx analizza il concetto di bisogno nell'ambito della critica ai fondamenti dell'economia politica.
Essa infatti considerava il bisogno solo in relazione all'aumento del processo produttivo finalizzandolo allo sviluppo e all'incremento della domanda e del l'offerta. Questo significava ritenerlo il principale sostegno del mercato ma soprattutto la causa dell'accrescimento del capitale cioè dell'accumulazione della ricchezza. Quest'ultima, per Marx, genera negli uomini la necessità di crearsi reciprocamente nuovi bisogni, il cui appagamento si concreta da un lato nella dipendenza da un bisogno esterno ed artificiale, dall'altro in un progressivo aumento del l'estraniazione.
«Ogni uomo si propone di creare all'altro un nuovo bisogno, per costringerlo a un nuovo sacrificio, per ridurlo in una nuova dipendenza e indurlo a un nuovo modo di godimento e però di rovina economica. Ognuno cerca di creare sopra l'altro una estranea forza sostanziale, per trovare in ciò la soddisfazione del suo egoistico bisogno» (MEF, 334). Nel primo caso la spinta al bisogno è determinata unicamente dal meccanismo produttivo che vede nel consumo fine a se stesso e in costante aumento la modalità della sua riproduzione. Nel secondo caso l'uomo si abbrutisce e s'impoverisce per il possesso e il godimento di oggetti da lui prodotti, ma che, non appartenendogli, gli si rivelano ostili. In ambedue i casi il bisogno si concreta solo in bisogno di ricchezza cioè di denaro.
«Il bisogno di denaro è quindi il vero bisogno prodotto dall'economia politica e l'unico che essa produca.» (ivi)
In ultima analisi il bisogno come categoria dell'economia politica classica è il bisogno quantitativo di ricchezza. Marx, invece, pensando il bisogno nel quadro dell'analisi del lavoro alienato, mette in luce come, nell'economia politica, il bisogno sia la conseguenza dell'alienazione dell'uomo dalla sua essenza. Il bisogno di ricchezza, secondo Marx, non deve essere ridotto a una dimensione materia le e quantitativa (il denaro), ma deve valere come la modalità qualitativa tramite cui l'uomo esprime in maniera multiforme la ricchezza della sua esistenza. «Si vede come al posto della ricchezza e della miseria (che sono argomento) della economia politica sorga l'uomo ricco e il bisogno umano ricco. L'uomo ricco è al contempo l'uomo bisogno so di una totalità di manifestazioni di vita umana. L'uomo nel quale la sua propria realizzazione esiste come interna necessità, come bisogno.» (ivi 331-2)
Parallelamente alla critica dell'economia politica la teoria marxiana si stacca definitivamente dalla struttura hegeliana del bisogno mantenendone però l'impianto teorico a livello formale. AII'associazione hegeliana bisogno-proprietà privata tramite il lavoro si sostituisce la associazione bisogno- essenza dell'uomo, in cui il lavoro liberato dall'alienazione, è il mediatore positivo. In ambedue le proposizioni (hegeliana e marxiana) il termine medio - il lavoro - svolge un ruolo teoricamente dipendente. Esso in realtà si identifica con il secondo termine della proposizione: il lavoro di Hegel è omogeneo alla proprietà privata, mentre il lavoro marxiano, in quanto trasformatore della natura, coincide con l'essenza dell'uomo. Di conseguenza il concetto di bisogno si trova collegato immediatamente e in relazione di stretta dipendenza col secondo termine della proposizione, che lo determina secondo le proprie caratteristiche facendone una propria categoria derivata. In Hegel il bisogno diviene, in relazione alla proprietà privata, una categoria economica di valore; in Marx, in relazione all'essenza dell'uomo, una categoria filosofica di valore. Il bisogno perciò, come categoria filosofica di valore consente di evidenziare sia il grado di alienazione raggiunto dall'uomo nel capitalismo, sia la necessità di realizzare i bisogni effettivamente umani, cioè l'essenza stessa dell'uomo.
Partendo da questa posizione Marx, nei Manoscritti del '44, mostra come lo sviluppo produttivo aumenti i bisogni e, parallelamente, le modalità di appagamento a scapito però dei bisogni umani che vengono artificialmente ridotti alla pura necessità della sopravvivenza, cioè vengono resi astratti.
«Come l'aumento dei bisogni e dei mezzi per soddisfarli generi la mancanza dei bisogni e la mancanza di mezzi, ciò l'economista... lo dimostra 1) quando riduce il bisogno dell'operaio al sostentamento più indispensabile e miserabile della vita fisica, e la sua attività al movimento meccanico più astratto, e però dice: l'uomo non ha alcun altro bisogno ne di attività ne di consumo. ..2) quando calcola come norma, anzi come norma generale, la vita (l'esistenza) la più indigente possibile: come norma generale in quanto valida per la massa degli uomini...» (ivi, 336) Questa considerazione porta Marx a respingere ogni distinzione o classificazione introdotta nella società fra il bisogno raffinato e il bisogno ritenuto necessario. Essi sono prodotti dal la medesima alienazione che agisce nel sociale e che li rende complementari gli uni agli altri: «... questa alienazione si mostra nel fatto che il raffinamento dei bisogni e dei mezzi relativi che avviene per un verso, produce per l'altro verso l'imbarbarimento bestiale, la completa rozza e astratta semplicità del bisogno...» (ivi, 335)
La società capitalista, in realtà, nega all'uomo, secondo Marx, i bisogni più elementari costringendolo solo a ritenere necessari quelli che sono collegati primamente al mantenimento della sua stessa esistenza. «Persino il bisogno di aria libera cessa, per l'operaio, di essere un bisogno... La luce, l'aria ecc., la più elementare pulizia animale cessa di essere un bisogno per l'uomo» (ivi). Di fatto questo significa, per l'uomo una regressione ad uno stadio quasi preanimale. «Non solo l'uomo non ha più bisogni umani, anche i bisogni animali cessano in lui.» (ivi, 335-6) Le stesse caratteristiche più proprie dell'uomo e inerenti alla sua appartenenza al genere vengono soffocate e ridotte dalla necessità di soddisfare i bisogni primari. «Il senso, costretto al rozzo bisogno pratico ha anch'esso soltanto una sensibilità limitata.» (ivi, 329) Come correlato, i bisogni sociali di comunicare, di socializzare si riducono progressivamente rendendo l'uomo estraneo a sé e alla propria specie, mentre se ne sviluppano altri come il bisogno religioso che occupa, astrattamente, lo spazio pertinente alla varietà delle doti umane. Nell'estraneazione della società infine il bisogno egoistico dell'individuo prende il sopravvento sul bisogno umano trasformando l'altro uomo nel mezzo del proprio personale appagamento e facendo di questo comportamento una regola morale e un principio sociale. «La società quale appare all'economista è la società civile, in cui ogni individuo è un insieme di bisogni ed è solo per l'altro individuo, come l'altro è solo per lui, in quanto divengono reciprocamente un mezzo» (ivi, 334).
Tuttavia dall'estraneazione totale dell'uomo da se stesso nasce il bisogno, l'unico veramente necessario, secondo Marx, di recuperare la ricchezza della propria essenza. Il superamento dell'alienazione ristabilisce la vera natura del bisogno ed il fine che esso deve rappresentare. «Il bisogno o il godimento ha perciò perduto la sua natura egoistica, e la natura ha perduto la sua pura utilità dal momento che l'utile è divenuto utile umano» (ivi, 328). li bisogno, però, in quanto categoria filosofica di valore assume la caratteristica filosofica di necessità logica. Essa infatti è giustificata, in astratto, dalla realizzazione di una idea, l'essenza umana, che, di fatto riveste il ruolo di «assoluto hegeliano». La necessità del bisogno si trasforma nel bisogno della necessità. Conseguentemente la storia dell'uomo non è la storia dei bisogni concreti e diversificati in relazione allo sviluppo del processo produttivo, ma del realizzarsi storico del bisogno per eccellenza: l'essenza dell'uomo.
«L'intera storia è storia di preparazione, di sviluppo, affinché "l'uomo" divenga oggetto della coscienza sensibile e il bisogno dell"'uomo come uomo" di venga bisogno.» (ivi, 331)
Nell'Ideologia tedesca Marx pensa il bisogno dal punto di vista della storia della produzione. In questa direzione il bisogno perde la caratteristica ideologica di categoria filosofica astratta e si colloca nella storia dell'uomo come un fattore originario e dinamico di sviluppo. «Appare già dunque, fin dall'origine un legame materiale fra gli uomini, il quale è condizionato dai bisogni e dal modo di produzione ed è antico quanto gli stessi uomini» (IT, 29).
Nel collegamento con la produzione il bisogno si evidenzia sia come bisogno di produrre, sia come produzione del bisogno. Il bisogno di produrre, infatti, è all'origine dell'azione storica cioè dei presupposti per cui può esistere una storia. Esso sopperisce alle necessità primarie dell'esistenza umana, come il mangiare, il bere, l'abitazione, il vestire, ecc.
«La prima azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la produzione della vita materiale stessa, e questa è precisamente un'azione storica, una condizione fondamentale di qualsiasi storia, che ancora oggi, come millenni addietro, deve essere compiuta ogni giorno e ogni ora semplicemente per mantenere in vita gli uomini» (ivi, 27).
Allo stesso livello di «prima azione storica» si situa dopo il soddisfacimento dei bisogni primari la produzione di nuovi e più articolati bisogni. «Il secondo punto è che il primo bisogno soddisfatto, l'azione del soddisfarlo e lo strumento già acquistato di questo soddisfacimento portano a nuovi bisogni: e questa produzione di nuovi bisogni è la prima azione storica» (ivi, 28). Il progressivo aumento e differenziazione dei bisogni stabilisce dunque la linea di versificata e saliente della storia umana che con lo sviluppo delle forze produttive allontana l'uomo dalla condizione naturale. «Questo sviluppo delle forze produttive... è un presupposto pratico assolutamente necessario anche perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda...» (ivi, 34).
Nella stessa linea Marx nella Miseria della filosofia ribadisce contro Proudhon che il bisogno nasce dalla collocazione sociale e quindi dall'organizzazione sociale. Nel consumatore infatti i bisogni «sono determinati dalla sua posizione sociale, la quale dipende anch'essa dall'organizzazione sociale nel suo complesso» (MF, 117). D'altronde: «Gli stessi bisogni naturali cambiano continuamente. Basta pensare alla varietà dei prodotti che servono da principale nutrimento verso i vari popoli!» (ivi, 116). Il bisogno tende, già nelle prime forme di organizzazione sociale, a dipendere meno da un quadro naturale e più da un quadro sociale. La relazione bisogno-produzione prende la forma dialettica di produzione-bisogno: «Il più spesso i bisogni nascono direttamente dalla produzione o da uno stato di cose basato sulla produzione» (ivi, 118).
È infatti la produzione che, raggiunto nel capitalismo il suo massimo sviluppo genera il bisogno di universalità, cioè di uno sviluppo totale ed omogeneo dell'uomo. Esso non rappresenta né un postuIato morale, né un'idea filosofica, ma la conseguenza del lavoro che, perduta ogni sua caratteristica individuale veicola nel suo essere l'universale mezzo di sfruttamento, l'universale necessità di mutamento. «Ciò che caratterizza la divisione del lavoro nella fabbrica meccanizzata è che il lavoro vi ha perduto ogni carattere di specializzazione. Ma dal momento che ogni sviluppo speciale cessa, il bisogno di universalità, la tendenza verso uno sviluppo integrale dell'individuo, comincia a farsi sentire» (ivi, 200).
Nel Manifesto del partito comunista è I'associazione bisogno-produzione a permettere di spiegare le trasformazioni della produzione nella storia.
L'aumento costante del bisogno è infatti ciò che entra in collisione con la struttura organizzata della società, quando i rapporti sociali esistenti non permettono l'estensione del mercato. Questo avvenne, per l'organizzazione feudale, dinanzi all'incapacità ii rispondere alle esigenze sorte dalle scoperte geografiche e dall'impulso derivato per l'industria e il commercio. «L'organizzazione feudale o corporativa dell'industria da quel momento non bastò più ai bisogni che andavano crescendo col crescere dei nuovi mercati» (M, 487).
Nei Grundrisse Marx riprende intorno ai bisogni ma problematica che aveva le sue radici sia nei Manoscritti economico-filosofici del 1844 che nella Ideologia tedesca. Vi sono bisogni sociali che sono connessi con l'allargamento del mercato e quindi con l'accumulazione del capitale. Questi bisogni che appartengono al processo di crescita del capitale sono socialmente differenti dal bisogno che caratterizza la riproduzione materiale dell'operaio e che, tradotto in valori di scambio, costituisce il suo salario. «Ciò che dal lato del capitale appare come plusvalore, dal lato dell'operaio appare esattamente come pluslavoro che va oltre il suo bisogno di operaio e quindi oltre il suo bisogno immediato di conservare il suo esser vivente» (Q, 277).
La forma stessa del capitale richiede per la sua riproduzione di sviluppare artificialmente i bisogni sociali e in questo processo espansivo lo stesso pluslavoro (cioè quella parte di lavoro che va al di là della quota quantitativamente necessaria per la sopravvivenza materiale) diviene un bisogno individuale. «Il grande ruolo storico del capitale è di creare questo lavoro eccedente, che è lavoro superfluo dal punto di vista del puro e semplice valore d'uso, della pura e semplice sussistenza. E la sua funzione storica è compiuta non appena da un Iato i bisogni sono sviluppati a tal punto che il lavoro eccedente, al di là del necessario, è divenuto esso stesso un bisogno universale, il frutto cioè dei bisogni individuali stessi. ..» (ivi)
Marx opera così una distinzione netta tra i bisogni prodotti dalla società cioè socialmente e storicamente determinati ed i bisogni naturali. I secondi rappresentano i bisogni necessari all'uomo come essere naturale, i primi, invece, tipici del capitalismo soddisfano i bisogni naturali necessari e ne creano altri articolati e complessi e maggiormente estesi. «In quanto aspirazione incessante alla forma generale della ricchezza spinge però il lavoro oltre i limiti del suo bisogno naturale, e in tal modo crea gli elementi materiali per lo sviluppo di una individualità ricca che è universale nella produzione quanto lo è nel suo consumo, di un'individualità ricca che è universale nella produzione quanto lo è nel suo consumo, di un'individualità il cui lavoro perciò non si presenta nemmeno più come lavoro, ma come pieno dispiegarsi dell'attività stessa, di un'attività nella quale la necessità naturale nella sua forma immediata è scomparsa; al bisogno naturale è infatti subentrato un bisogno generato storicamente» (ivi, 278). Così Marx specifica i bisogni storicamente prodotti: «...la scoperta, la creazione e il soddisfacimento di nuovi bisogni generati dalla società stessa; la formazione di tutte le qualità dell'uomo sociale e la produzione di esso come uomo per quanto è possibile ricco di bisogni perche ricco di qualità e di relazioni... tutto ciò è condizione della produzione fondata sul capitale» (ivi, 376).
Tuttavia la suddivisione tra bisogni naturali e bisogni socialmente determinati porta con sé una contraddizione. Infatti i bisogni naturali e necessari alla sopravvivenza sono anch'essi socialmente determinati nella misura in cui sussiste una oggettiva differenza, rimarcata dallo stesso Marx, tra i bisogni fondamentali di un selvaggio e di un operaio dell' 800. Il concetto di bisogno naturale e necessario non può che assumere una valenza indicativa e genericamente valutativa, pena la caduta in una categorizzazione astratta e del tutto irreale. Di contro il bisogno socialmente determinato ed il suo sviluppo, giudicato positivamente da Marx, come arricchimento di qualità e relazioni umane, avviene all'interno del modo di produzione capitalistico.
Questo significa che lo sviluppo umano avviene all'interno dell'estraniazione medesima, il cui fine è solo l'accumulazione del capitale. «poiché lo scopo del lavoro non è un prodotto particolare che sta in un rapporto particolare con i bisogni particolari dell'individuo, ma è denaro, ossia la ricchezza nella sua forma generale, anzitutto la laboriosità dell'individuo non ha limiti; essa è indifferente alla propria particolarità, e assume ogni forma che serve allo scopo; è ricca di inventiva nella creazione di nuovi oggetti destinati al bisogno sociale ecc.» (ivi, 163).
Nel Capitale Marx si serve del concetto di bisogni sia per determinare il concetto di valore d'uso, sia per indicare come «bisogno dell'operaio» il livello materiale della riproduzione della forza lavoro. La soddisfazione del bisogno tramite la qualità contenuta nella merce esprime il valore d'uso. «La merce è in primo luogo un oggetto esterno, una cosa che mediante le sue qualità soddisfa bisogni umani di qualsiasi tipo» (C,I, 67). Ugualmente il lavoratore aliena al capitalista il valore d'uso che egli produce nel processo produtt\vo ricevendo va lore di scambio. Ciò che, a sua volta, permette al capitalista di fissare il valore di scambio da corrispondere è il bisogno del lavoratore di cui la sopravvivenza fisica è la base. Di fatto il valore d'uso che serve al lavoratore per soddisfare i propri bisogni, nel modo di produzione capitalista, è funzionale solo alla valorizzazione del capitale.
«La legge dell'accumulazione capitalista mistificata in legge di natura esprime dunque in realtà il fatto che la sua natura esclude ogni diminuzione del grado di sfruttamento del lavoro o ogni aumento del prezzo del lavoro che siano tali da esporre a un serio pericolo la costante riproduzione del rapporto capitalistico e la sua riproduzione su scala sempre più allargata. Non può essere diversamente in un modo di produzione entro il quale l'operaio esiste per i bisogni di valorizzazione di valori esistenti, invece che, viceversa la ricchezza materiale per i bisogni di sviluppo dell'operaio» (ivi, 679 680).
La determinazione dei bisogni naturali è perciò collegata con il valore della forza lavoro. Tuttavia, differentemente dai Grundrisse, essi non sono tutt'uno con i bisogni necessari. Infatti i bisogni naturali, pur differendo a secondo delle diversità etniche, climatiche ecc., sono l'ovvia base, il concetto limite della sopravvivenza, i bisogni necessari sono invece ritenuti da Marx particolarmente importanti. Essi non dipendono dalla sopravvivenza, ma sorgono ed aumentano storicamente in relazione allo sviluppo produttivo. I bisogni necessari possono perciò essere culturali, artistici, morali ecc., ma in tutti i casi essi rappresentano le condizioni necessarie per la vita normale dell'uomo. «I bisogni naturali, come nutrimento, vestiario, riscaldamento, alloggio, ecc. sono differenti di volta in volta a secondo delle peculiarità climatiche e delle altre peculiarità naturali dei vari paesi. D'altra parte, il volume dei cosiddetti bisogni necessari, come pure il modo di soddisfarli è anch'esso un prodotto della storia, e dipende quindi in gran parte dal grado d'incivilimento di un paese, e fra l'altro anche ed essenzialmente, dalle condizioni, e quindi anche dalle abitudini e dalle esigenze fra le quali si è formata la classe dei liberi lavoratori. Dunque la determinazione del valore della forza lavoro, al contrario che per le altre merci, contiene un elemento storico e morale» (ivi, 204).
Nel Capitale Marx, molto spesso fa riferimento ai bisogni sociali. Essi rappresentano i bisogni effettivi di una umanità sviluppata e socializzata e dovrebbero essere la misura reale della qualità e della quantità della produzione. Di fatto in questa accezione corrispondono ai bisogni necessari. In realtà nel modo di produzione capitalistico avviene il contrario: sono la produzione ed il profitto a regolare il bisogno. «L'estensione o la riduzione della produzione non viene decisa in base al rapporto fra la produzione e i bisogni sociali, i bisogni di una umanità socialmente sviluppata, ma in base all'appropriazione del lavoro non pagato ed al rapporto fra questo lavoro non pagato ed il lavoro oggettivato in generale, o per usare un'espressione capitalistica, in base al profitto... Si arresta non quando i bisogni sono soddisfatti, ma quando la produzione e la realizzazione del profitto impongono questo arresto» (C, 11, 312). Il bisogno sociale in questo senso è perciò collegato alle leggi del mercato, cioè della domanda e dell'offerta. Esso riproduce solo i rapporti economici esistenti fra le classi senza veicolare i bisogni sociali. «..."il bisogno sociale", ossia ciò che regola il principio della domanda, risulta essenzialmente dal rapporto che esiste fra le diverse classi e dalla loro rispettiva posizione economica, vale a dire dipende innanzitutto dal rapporto fra il plusvalore complessivo ed il salario...» (ivi, 224). In questa direzione il rapporto tra bisogno sociale e domanda di mercato esprime solo apparentemente una corrispondenza e un equilibrio.
In realtà il bisogno sociale (riferito alla domanda) muta in relazione alle variazioni della domanda di merci sul mercato, cioè in funzione della produzione di plusvalore. Questo si risolve di fatto nel soddisfacimento del bisogno delle classi dominanti. «Sembra dunque che la domanda rappresenti un bisogno sociale determinato di una certa grandezza, che esige, per essere soddisfatto, la presenza sul mercato di una quantità determinata di un certo articolo. Ma la determinazione quantitativa di questo bisogno è assolutamente elastica e fluttuante. Il suo carattere di fissità è puramente apparente. Qualora i mezzi di sussistenza diminuissero di prezzo o aumentasse il salario monetario, gli operai accrescerebbero il loro consumo ed in conseguenza il "bisogno sociale" di queste merci diventerebbe più intenso, anche non tenendo conto dei poveri, ecc., la cui "domanda" rimane sempre inferiore ai ristretti limiti dei loro bisogni fisici» (ivi, 232)
I bisogni sociali della classe operaia, secondo Marx, troveranno una adeguata corrispondenza solo nella futura organizzazione della produzione fondata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione.
«È solo quando la società controlla efficacemente la produzione, regolandola in anticipo, che essa crea il legame fra la misura del tempo di lavoro sociale dedicato alla produzione di un articolo determinato e la estensione del bisogno sociale che tale articolo deve soddisfare.» (ivi, 231)